Addio a Benedetto XVI, umile lavoratore nella vigna del Signore

Il Papa emerito, 95 anni, si è spento alle 9.34 nella sua residenza in Vaticano

Benedetto XVI
Vatican News

Benedetto XVI è tornato alla Casa del Padre. La Sala Stampa vaticana ha annunciato pochi minuti fa che la morte è sopravvenuta alle 9.34 nella residenza del Monastero Mater Ecclesiae, che il Papa emerito, 95.enne, aveva scelto come sua residenza dopo la rinuncia al ministero petrino avvenuta nel 2013.

“Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Non appena possibile seguiranno ulteriori informazioni”, si legge nella nota del direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, diffusa in mattinata.

Le notizie sul peggioramento
Già dai giorni scorsi le condizioni di salute del Papa emerito si erano aggravate per l’avanzare dell’età, come la Sala stampa aveva riferito aggiornando sull’evolversi della situazione.

Lo stesso Papa Francesco aveva voluto condividere pubblicamente la notizia sul peggioramento dello stato di salute del suo predecessore al termine dell’ultima udienza generale dell’anno, lo scorso 28 dicembre, quando aveva invitato a pregare per il Papa emerito, “molto ammalato”, perché il Signore potesse consolarlo e sostenerlo “in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”. E in tutti i continenti si erano subito moltiplicate le iniziative di preghiera con messaggi di solidarietà e vicinanza anche dal mondo non ecclesiale.

Celebrazioni Natale 2022 (fino all’Epifania) Parrocchia S. Agostino, S. Stefano e S. Teresa di Reggio Emilia

Orari delle celebrazioni fino all'Epifania - Santa Maria Nuova Viterbo

Mercoledì 21 dicembre in S. Agostino
dalle 20:30 alle 21:30 Novena di Natale con bimbi, ragazzi, giovani, famiglie e adulti.
Sacramento della Riconciliazione
Giovedì 22 dicembre dalle 16 alle 20 in S. Agostino
Venerdì 23 dicembre dalle 16 alle 20 in S. Stefano
Sabato 24 dicembre dalle 9.15 alle 12 in S. Teresa
Sabato 24 dicembre dalle 16 alle 18 S. Agostino
Celebrazione della Notte Santa
Sabato 24 dicembre – S. Agostino alle ore 24
Domenica 25 dicembre
Solennità di Natale orari festivi
Lunedì 26 dicembre – S. Stefano
S. Agostino ore 9 – S. Stefano ore 10 – S. Teresa ore 11
Sabato 31 dicembre
Te Deum in Ghiara alle 18:30
Domenica 1 gennaio 2023 Solennità Maria SS. Madre di Dio – orari festivi
Giovedì 5 gennaio 2023 Vigilia Solennità dell’Epifania
Messa prefestiva S. Agostino ore 1830
Venerdì 6 gennaio 2023 Solennità dell’Epifania
orari festivi
Domenica 8 gennaio 2023 – Festa del Battesimo di Gesù
orari festivi

Il santo del giorno 10 Dicembre Beata Vergine Maria di Loreto

In un’umile casa della Palestina l’incontro più prezioso, quello con Dio

Oggi la Chiesa festeggia la Beata Vergine Maria di Loreto - Positanonews

MATTEO LIUT

T ra le mura di un’umile casa della Palestina: lì ebbe inizio il capitolo più importante di tutta la storia della salvezza. In quella piccola dimora una giovane stupita diede il proprio assenso al progetto divino che le veniva annunciato da un angelo. Lì l’umanità intera riconosce la realizzazione della propria speranza più profonda: quella di poter incontrare Dio nella propria vita. Ed è quello che ognuno di noi cerca oggi nella propria quotidianità. Quelle mura sono custodite nel Santuario di Loreto, uno dei più amati dalla devozione popolare in Italia e non solo. Celebrando oggi la Vergine di Loreto la Chiesa intera ricorda l’importanza del messaggio affidato a questo antico luogo di culto marchigiano. Secondo la tradizione, infatti, la Santa Casa arrivò qui nel 1294, portata in modo miracoloso. Da quel momento i fedeli a Loreto hanno rivolto le proprie preghiere alla Madre di Dio, invocandola con quei titoli caratteristici che hanno poi composto le litanie lauretane. Per volontà di papa Benedetto XV la Beata Vergine di Loreto il 24 marzo 1920 è stata proclamata « Patrona principale presso Dio di tutti gli aeronautici». Il 7 ottobre 2019, inoltre, papa Francesco, tramite la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha decretato l’inserimento della memoria facoltativa della Beata Maria Vergine di Loreto nel Calendario romano alla data odierna, 10 dicembre.

Altri santi. San Mauro di Roma, martire (IV sec.); san Gregorio III, papa dal 731 al 741.

Letture. Romano. Sir 48,1-4.9-11; Sal 79; Mt 17,10-13.

Ambrosiano. Ger 23,1-8; Sal 88 (89); Eb 11,1-2.39-12,2a; Mt 21,28-32.

Bizantino. Gal 5,22-6,2; Lc 13,19-29.

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Vaticano. Al via il concorso per l’inno del Giubileo 2025

La partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Il testo, in lingua italiana, è stato scritto da Pierangelo Sequeri
Al via il concorso per l'inno del Giubileo 2025
da Avvenire

Quale sarà l’inno ufficiale del Giubileo 2025? A pochi mesi dal termine del concorso per definire il Logo, si pensa all’inno musicale dell’Anno Santo. La Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo del Dicastero per l’Evangelizzazione, a cui il Papa ha affidato l’organizzazione del prossimo Giubileo, ha così indetto un concorso internazionale per la composizione musicale di un Inno che esprima l’identità dell’evento giubilare.

Il motto giubilare scelto da papa Francesco, “Pellegrini di speranza”, potrà orientare musicisti in ogni parte del mondo a comporre una musica che sintetizzi questo tema particolare. L’inno dovrà musicare il testo proposto dal Dicastero, in lingua italiana, scritto da Pierangelo Sequeri. “Per partecipare – spiega la sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione – è necessario attenersi al regolamento del concorso, che descrive le caratteristiche necessarie: la destinazione liturgica, la possibilità di essere eseguito da una schola cantorum, come pure da un’assemblea liturgica. Il brano musicale ovviamente dovrà essere inedito. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti“.

Il bando può essere consultato sul sito www.iubilaeum2025.va/it/inno.html e sulla pagina web del Dicastero, www.pcpne.va. Dal 16 gennaio 2023 sarà possibile caricare la proposta sull’apposita pagina. Il termine ultimo per la presentazione della domanda di partecipazione è il 25 marzo 2023. La Commissione giudicante che verrà nominata successivamente valuterà le proposte per giungere a determinare la musica che comporrà l’inno del Giubileo 2025.

Ecco il testo da musicare

Pellegrini di speranza

Fiamma viva della mia speranza / questo canto giunga fino a Te! / Grembo eterno d’infinita vita / nel cammino io confido in Te.

Ogni lingua, popolo e nazione / trova luce nella tua Parola. / Figli e figlie fragili e dispersi / sono accolti nel tuo Figlio amato.

Fiamma viva della mia speranza / questo canto giunga fino a Te! / Grembo eterno d’infinita vita / nel cammino io confido in Te.

Dio ci guarda, tenero e paziente: / nasce l’alba di un futuro nuovo. / Nuovi Cieli Terra fatta nuova: / passa i muri Spirito di vita.

Fiamma viva della mia speranza / questo canto giunga fino a Te! / Grembo eterno d’infinita vita / nel cammino io confido in Te.

Alza gli occhi, muoviti col vento, / serra il passo: viene Dio, nel tempo. / Guarda il Figlio che s’è fatto Uomo: / mille e mille trovano la via.

Fiamma viva della mia speranza / questo canto giunga fino a Te! / Grembo eterno d’infinita vita / nel cammino io confido in Te.

GIOVEDÌ 08 SETTEMBRE 2022 Messa del Giorno

NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA
Colore Liturgico Bianco

Antifona

Celebriamo con gioia la Natività della beata Vergine Maria:
da lei è sorto il sole di giustizia, Cristo, nostro Dio.

Si dice il Gloria.

 

Colletta

Concedi, o Signore, ai tuoi servi il dono della grazia celeste
e poiché la maternità della beata Vergine
ha segnato l’inizio della salvezza,
la festa della sua nascita accresca in noi la pace.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Prima Lettura

Partorirà colei che deve partorire.Dal libro del profeta Michèa
Mic 5,1-4a

E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me
colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui,
fino a quando partorirà colei che deve partorire;
e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele.
Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore,
con la maestà del nome del Signore, suo Dio.
Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande
fino agli estremi confini della terra.
Egli stesso sarà la pace!

Parola di Dio.

Oppure:

Quelli che Dio da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 8,28-30

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 12 (13)

R. Gioisco pienamente nel Signore.Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi. R.

Io nella tua fedeltà ho confidato;
esulterà il mio cuore nella tua salvezza,
canterò al Signore, che mi ha beneficato. R.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Beata sei tu, o Vergine Maria,
e degna di ogni lode:
da te è nato il sole di giustizia,
Cristo nostro Dio.

Alleluia.

Vangelo

Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,1-16.18-23

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa Dio con noi.

Parola del Signore.

Forma breve:
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,18-23

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa Dio con noi.

Parola del Signore.

Sulle offerte

Ci soccorra, o Signore,
l’umanità del tuo Figlio unigenito
che nascendo dalla Vergine
non diminuì ma consacrò l’integrità della Madre,
perché, liberandoci dalle nostre colpe,
ti renda gradita la nostra offerta.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

Antifona alla comunione

Ecco, la Vergine darà alla luce un Figlio:
egli salverà il suo popolo dai peccati. (Cf. Is 7,14; Mt 1,21)

Dopo la comunione

Esulti, o Signore, la tua Chiesa che hai nutrito
di questi santi misteri
nella gioiosa celebrazione della nascita
della beata Vergine Maria,
speranza e aurora di salvezza per il mondo intero.
Per Cristo nostro Signore.

20 nuovi cardinali. Concistoro del 27 agosto, tutto quello che c’è da sapere

Le scelte e i numeri dell’ottava creazione cardinalizia di papa Francesco. Sedici gli elettori, quattro gli ultraottantenni. Cinque gli italiani tra loro
Concistoro del 27 agosto, tutto quello che c'è da sapere

Cardinali provenienti da ogni parte del mondo. È stato convocato per sabato 27 agosto un Concistoro per la creazione di 20 nuovi cardinali, 16 dei quali con meno di ottant’anni e dunque elettori in un eventuale Conclave.

Si tratta dell’ottavo Concistoro del pontificato di Francesco: annunciato dal Papa stesso al termine del Regina Coeli domenica 29 maggio. «Ancora una volta il Papa sceglie di associare al collegio dei porporati – così si legge in un’analisi di Andrea Tornielli, direttore editoriale presso Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, su Vatican News – vescovi di ogni parte del mondo, prediligendo le periferie e senza tener conto di quelle sedi che un tempo venivano considerate tradizionalmente “cardinalizie”».

IL LIBRETTO DELLA CELEBRAZIONE

Cinque tra i nuovi cardinali sono di nazionalità italiana: in particolare il vescovo di Como, Oscar Cantoni, il prefetto apostolico di Ulaanbaatar in Mongolia, monsignor Giorgio Marengo, missionario della Consolata, nativo di Cuneo, l’arcivescovo emerito di Cagliari, Arrigo Miglio, il gesuita Gianfranco Ghirlanda, professore di Teologia, e monsignor Fortunato Frezza, Canonico di San Pietro. Se i primi due sono elettori, gli altri tre hanno superato gli 80 anni (monsignor Miglio e padre Ghirlanda, in realtà, li compiranno a luglio). Tra i 16 elettori, 3 sono cardinali di Curia, 13 invece vescovi residenziali. I tre capi Dicastero della Curia romana sono l’inglese Arthur Roche, prefetto della Congregazione per il Culto Divino; il coreano Lazzaro You Heung-sik, prefetto della Congregazione del Clero; lo spagnolo Fernando Vérgez Alzaga, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Governatorato. Insieme a loro Francesco ha elevato alla porpora: Jean-Marc Avelin, arcivescovo di Marsiglia; Peter Ebere Okpaleke, vescovo di Ekwulobia, in Nigeria; Leonardo Steiner, arcivescovo di Manhaus, in Brasile; Filipe Neri António Sebastião do Rosário Ferrão, arcivescovo di Goa e Damao, India; Robert W. McElroy, vescovo di San Diego, Usa; Virgílio do Carmo da Silva; arcivescovo di Timor orientale; Oscar Cantoni, vescovo di Como, Italia; Anthony Poola, arcivescovo di Hyderabad, India; Paulo César Costa, arcivescovo di Brasilia; Richard Kuuia Baawobr, arcivescovo di Wa, Ghana; William Seng Chye Goh; arcivescovo di Singapore; Adalberto Martínez Flores; arcivescovo di Asuncion, Paraguay.

I cardinali italiani: chi sono

Monsignor Giorgio Marengo, è nato il 7 giugno 1974 a Cuneo, in Italia. Dal 1993 al 1995 ha studiato Filosofia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e dal 1995 al 1998 Teologia nella Pontificia Università Gregoriana (Roma). Dal 2000 al 2006 ha compiuto ulteriori studi presso la Pontificia Università Urbaniana, conseguendo la Licenza e il Dottorato in Missionologia. Ha emesso la Professione Perpetua il 24 giugno 2000 come membro dell’I.M.C. ed è stato ordinato sacerdote il 26 maggio 2001. Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Ministero pastorale in Mongolia ad Arvaiheer (2000-2003); dal 2003: Assegnato alla Missione in Mongolia (il primo missionario dell’I.M.C. in Mongolia); dal 2016: Consigliere Regionale Asia, Superiore per la Mongolia e Parroco di Maria Madre della Misericordia ad Arvaiheer. Il 2 aprile 2020 il Santo Padre Francesco lo ha nominato Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia), con carattere vescovile assegnandogli la sede titolare di Castra Severiana.

Monsignor Oscar Cantoni è nato a Lenno, in provincia e diocesi di Como, il 1° settembre 1950. Dopo aver frequentato il Liceo Classico al Collegio Gallio di Como dei Padri Somaschi, è entrato nel Seminario di Como per intraprendere i corsi di teologia. Il 28 giugno 1975 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Como, sua diocesi di origine, da monsignor Teresio Ferraroni. Durante il suo ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: dal 1995 al 1986 è stato Responsabile dell’animazione vocazionale in diocesi; Collaboratore pastorale nella parrocchia Santa Maria Regina a Como; Cappellano delle Suore presso il Collegio S. Chiara a Muggiò; Insegnante di Religione nelle scuole secondarie di Como; dal 1990 al 2005 è stato direttore spirituale nel Seminario diocesano. L’11 luglio 2000 è stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità. Dal 2003 al 2005 è stato vicario episcopale per il Clero di Como. Il 25 gennaio 2005 è stato eletto alla sede vescovile di Crema e il 5 marzo dello stesso anno ha ricevuto la consacrazione episcopale da monsignor Alessandro Maggiolini. Il 4 ottobre 2016 papa Francesco lo ha nominato Vescovo della diocesi di Como (Italia). Membro della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, ha svolto l’incarico di visitatore dei Seminari e delegato nazionale dell’Ordo Virginum. Presso la CCEE è membro della Commissione per le Vocazioni. In diocesi di Como ha indetto l’XI sinodo diocesano, intitolato “Testimoni e annunciatori della Misericordia di Dio”. Oltre a collaborare con Riviste di spiritualità, su argomenti vocazionali, ha pubblicato diversi libri per i giovani.

Monsignor Arrigo Miglio è nato a San Giorgio Canavese (TO) il 18 luglio 1942. Dopo gli studi nel Seminario di Ivrea e l’anno propedeutico nel Seminario di Torino, ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana ed il Pontificio Istituto Biblico in Roma, conseguendo la Licenza in Teologia e la Licenza in Sacra Scrittura.È stato ordinato presbitero il 23 settembre 1967. Dapprima vicario parrocchiale, poi parroco in Ivrea, ha diretto la “Casa dell’Ospitalità” nel medesimo centro, e quella alpina “Gino Pistoni” in Gressoney – St. Jean. Nel 1980 ha ricoperto l’incarico di Vicario per la pastorale e dal 1981 al 1992 quello di Vicario Generale di Ivrea, durante l’Episcopato di S.E. Mons. Luigi Bettazzi. È stato inoltre docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Vice assistente nazionale degli Scout e Assistente Generale dell’AGESCI, Assistente Ecclesiastico dell’Istituto secolare delle Missionarie dell’Amore Infinito. Eletto alla sede vescovile di Iglesias il 25 marzo 1992, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 25 aprile dello stesso anno. Il 20 febbraio 1999 è stato trasferito alla sede vescovile di Ivrea. Periodo in cui è stato Segretario della Conferenza Episcopale Piemontese e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani.Il 25 febbraio 2012 il Santo Padre Francesco lo ha nominato Arcivescovo Metropolita di Cagliari fino al 16 novembre 2019.

Il gesuita padre Gianfranco Ghirlanda è nato a Roma il 5 luglio 1942. Ha conseguito un dottorato in giurisprudenza all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in 1966. Nello stesso anno è entrato nella Compagnia di Gesù e ha compiuto gli studi di Teologia preso la Pontificia Università Gregoriana. È stato ordinato sacerdote 1973. Successivamente ha ottenuto la laura e il dottorato in Diritto Canonico presso la stessa Università. Dal 1975 ha insegnato Diritto Canonico all’Istituto di Studi Religiosi, alla Facoltà di Teologia e alla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana dove diventerà professore ordinario; dal 1995 al 2004 Decano della Facoltà di Diritto Canonico e dal 2004 al 2010 sarà Rettore della Pontificia Università Gregoriana. Ghirlanda ha servito la Santa Sede come consultore di varie Congregazioni e Consigli: la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica; della Congregazione per il Clero; del Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi; del Pontificio consiglio per i laici; della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli; della Congregazione dei Vescovi; della Congregazione per la Dottrina della Fede; membro del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita; prelato e avvocato presso il Supremo tribunale della Segnatura Apostolica; giudice della Corte d’appello dello Stato della Città del Vaticano. Ha collaborato anche nella stesura di alcune Costituzione Apostoliche.Ha pubblicato diversi libri e oltre 110 articoli specializzati principalmente in Diritto Canonico.Ha ricevuto il dottorato Honoris Causa presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università di Salamanca.

Monsignor Fortunato Frezza è nato a Roma il 6 febbraio 1942. In 1966 dopo gli studi nel Seminario minore di Bagnoregio e nel Seminario Maggiore di Viterbo è stato ordinato Sacerdote. Nel 1967 ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e in 1977 ha ottenuto la laura in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma con una tesi filologica sul libro del profeta Michea.Durante il suo ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: dal 1971 al 1984 è stato Parroco di Spicciano e contemporaneamente docente di Sacra Scrittura in vari istituti teologici: Pontificia Università Gregoriana (come Assistente), Seminario Regionale La Quercia Viterbo, diversi Istituti di scienze religiose (Albano, Civitacastellana, Viterbo), Studentato teologico internazionale dei Giuseppini del Murialdo a Viterbo e dei Salesiani in Terrasanta.Nel 1983 è stato assunto nella Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e dal 1997 al 2014 fu il suo Sotto-Segretario.Nel 1999 è stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità. In 2013 è stato nominato canonico della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano e in 2022 diventò Camerlengo del Capitolo di San Pietro in Vaticano.Ha svolto anche l’incarichi di Assistente Spirituale del Personale nella Direzione di Sanità e Igiene in Vaticano; l’assistenza spirituale a diversi monasteri di monache; cappellano della squadra di calcio A.S. Roma.Le sue pubblicazioni bibliografica contano al momento con 123 titoli in particolare nel campo biblico.

I cardinali ultraottantenni: chi sono

Riceveranno la berretta rossa anche quattro ultraottantenni, che dunque non entreranno in un eventuale Conclave. Jorge Enrique Jiménez Carvajal, arcivescovo emerito di Cartagena (Colombia); Arrigo Miglio, arcivescovo emerito di Cagliari; padre Gianfranco Ghirlanda SI, professore di Teologia, già rettore della Pontificia Università Gregoriana; monsignor Fortunato Frezza, canonico di San Pietro.
L’emerito di Gand, monsignor Luc Van Looy inizialmente era nella lista dei presuli ultraottantenni che avrebbero ricevuto la porpora nel Concistoro del 27 agosto. Ma al Papa ha chiesto di essere esonerato per non aver agito incisivamente in passato in casi di abusi.
“Per evitare che le vittime di tali abusi subissero nuovamente ferite dopo il suo cardinalato – spiegava la nota della Conferenza episcopale – monsignor Van Looy ha chiesto al Papa di esonerarlo dall’accettare tale nomina. Papa Francesco ha accolto la sua richiesta”.

Come è composto il collegio dei porporati

Il collegio dei porporati elettori si allarga dunque di numero rispetto al tetto di 120 fissato da Paolo VI, come già più volte accaduto. Attualmente il collegio è composto da 208 porporati, di cui 117 elettori e 91 non elettori.

Il 27 agosto salirà a 229 cardinali dei quali 132 sono elettori. Guardando agli ultimi tre pontificati, il collegio sarà costituito da 52 cardinali creati da Giovanni Paolo II (11 dei quali elettori); 64 creati da Benedetto XVI (38 dei quali elettori) e 113 creati da Francesco (83 dei quali elettori).

Dal punto di vista geografico i cardinali saranno distribuiti in questo modo: Europa, 107 cardinali, di cui 54 elettori; le Americhe, 60 cardinali, di cui 38 elettori; l’Asia, 30 cardinali, di cui 20 elettori; l’Africa, 27 cardinali, di cui 17 elettori; l’Oceania, 5 cardinali di cui 3 elettori.

Il concistoro per i nuovi cardinali di sabato 27 agosto precede l’incontro, previsto lunedì 29 e martedì 30 agosto: attorno al Papa riuniti tutti i cardinali del mondo per dialogare a proposito della nuova Costituzione Apostolica sulla Curia romana, “Praedicate Evangelium”, promulgata lo scorso 19 marzo, in vigore da domenica 5 giugno, festa di Pentecoste.

Avvenire

Mancanza di fede e nullità matrimoniale

di: Emanuele Tupputi – settimananews.it

Sono sempre più frequenti, nelle nostre parrocchie, i matrimoni celebrati tra una persona battezzata nella Chiesa cattolica e credente e una persona che, pur essendo stata battezzata nella Chiesa cattolica, non si dichiara più credente o ha dubbi di fede, o vive la fede senza un’assidua pratica sacramentale, che considerano facoltativa e liberamente disponibile[1].

Queste fattispecie creano non poche difficoltà tra i Pastori, i quali, da una parte, si pongono il problema di quale percorso di preparazione proporre a questi nubendi, dall’altra, si domandano che tipo di matrimonio celebrano e se assistono ad un matrimonio di fatto nullo, a causa della mancanza di fede di uno dei due nubendi.

Inoltre, con la pubblicazione del Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI) di papa Francesco si è divulgata un’errata interpretazione di un articolo del documento pontificio, precisamente l’articolo 14 § 1 delle Regole procedurali del MIDI[2] (dove si parla della mancanza della fede come circostanza che può essere considerata per la trattazione della nullità matrimoniale per mezzo del processo più breve davanti al vescovo), secondo cui si ritiene che la mancanza di fede possa essere invocata come un nuovo capo di nullità matrimoniale.

In realtà, così non è, in quanto è dottrina costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa che la situazione soggettiva di fede del nubendo, non incide sulla validità del sacramento del matrimonio (cf. Familiaris consortio n. 68). Secondo il Codice di diritto canonico, infatti, ciò che fa sorgere il sacramento del matrimonio è il consenso degli sposi, il quale consiste in un atto di volontà attraverso il quale si vuole costituire il patto coniugale (cf. can. 1057). Così, ciò che fa sorgere il matrimonio non è la fede degli sposi, ma la volontà di sposarsi secondo il disegno di Dio sul matrimonio.

Pertanto, un matrimonio si costituisce validamente anche se uno dei due nubendi (sebbene battezzato) si dichiara non credente, purché voglia celebrare un matrimonio come lo intende la Chiesa. Perciò non si richiede una fede piena e totale sull’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, ma si richiede di volere un matrimonio sacramentale come lo intende la Chiesa.

Questa affermazione, però, non significa chiedere ai nubendi non credenti un atto fede sul sacramento del matrimonio, bensì di verificare che la loro volontà sia orientata al contenuto del matrimonio come voluto da Dio.

Fare ciò che vuole fare la Chiesa significa volere, e quindi non escludere, che il matrimonio sia un patto tra un uomo e una donna, esclusivo e indissolubile, finalizzato al bene degli stessi sposi e a quello della prole. Qualora i pastori non riscontrassero questi requisiti, sono chiamati a differire la celebrazione del matrimonio o, in alcuni casi, a proibirla, poiché assisterebbero ad un matrimonio nullo per mancanza di volontà.

Alla luce di queste precisazioni, si comprende che la mancanza di fede non costituisce un nuovo capo di nullità e, nell’art. 14 § 1 del MIDI, tale mancanza viene menzionata «sia in quanto è alla base dell’errore che determina la volontà circa l’unità, l’indissolubilità o la sacramentarietà del matrimonio (per es.: “Voglio un matrimonio che si possa sciogliere o che non sia sacramentale”), sia in quanto causa o motivo per escludere il matrimonio o una sua proprietà/elemento essenziale (per es.: “Escludo il bonum coniugum, i figli, l’indissolubilità, la sacramentalità”). Tuttavia, non si può negare che la fede personale abbia un ruolo importante nel matrimonio cristiano.

La fede si colloca allora non direttamente al livello della validità del matrimonio, ma a quello della sua fruttuosità [NdA (cf. Sacrosanctum concilium, n. 59)]. Occorre quindi un’evangelizzazione o una catechesi pre e post-matrimoniale, perché ogni persona possa celebrare il matrimonio non soltanto validamente, ma anche fruttuosamente.

Non per nulla papa Francesco, nell’allocuzione alla Rota Romana del 21 gennaio 2017, ha insistito sulla formazione dei giovani a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio[3], parlando di “un nuovo catecumenato”.

Il papa ha ribadito questa idea nella sua allocuzione alla Sacra Rota del 29 gennaio 2018 con queste parole: “Ho già avuto modo di raccomandare l’impegno di un catecumenato matrimoniale, inteso come itinerario indispensabile dei giovani e delle coppie destinato a far rivivere la loro coscienza cristiana, sostenuta dalla grazia dei due sacramenti, battesimo e matrimonio”.

Dopo aver insistito sul fatto che “matrimonio e famiglia sono il futuro della Chiesa e della società” e che “la fede è luce che illumina non solo il presente, ma anche il futuro”, papa Francesco ha ricordato la necessità di “favorire uno stato di catecumenato permanente, affinché la coscienza dei battezzati sia aperta alla luce dello Spirito”.

L’intenzione sacramentale non è mai frutto di un automatismo, ma sempre di una coscienza illuminata dalla fede, come il risultato di una combinazione tra umano e divino. In questo senso, l’unione sponsale può dirsi vera solo se l’intenzione umana degli sposi è orientata a ciò che vogliono Cristo e la Chiesa»[4].

[1] Su questo tema si rinvia al documento della Commissione Teologica Internazionale, Reciprocità tra Fede e Sacramenti nell’economia sacramentale, pubblicato il 3 marzo 2020, il cui testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa Sede (www.vatican.va). Cf. anche: D. Marrone, «Fede e matrimonio. Il matrimonio tra battezzati non credenti», in L’amico del Clero 104 (2022/5), 282-286. In questo articolo l’A. evidenzia come la crisi sacramentale che è in atto ha a che fare: «con un più generale smarrimento del senso di Dio che imperversa in Occidente, con la perdita dei significati simbolici o la sua riduzione a pura emotività, con un certo tramonto della dimensione festiva del tempo e della vita perlopiù ridotto a puro godimento estetico nello stordimento del consumismo, con l’emorragia della pratica credente soprattutto tra i giovani, con l’avanzare di un secolarismo individualista che induce alla dimensione comunitaria, con l’incomprensibilità di cui gesti e parole cristiane, e in generale la stessa ars celebrandi, sono vittime. I motivi di una tale crisi sono variegati e numerosi e in generale ci riferisce ai modelli culturali del secolarismo occidentale, a quel graduale svuotamento di significati, di domande, di speranze e di sogni cui ci conduce il principio della merce di scambio che regola la nostra società e che – come già affermava il teologo tedesco Metz – ci vuole rendere tutti “analfabeti felici”, “adatti alla routine” […] La crisi sacramentale, a ben vedere, è complessa e ha radici profonde e lontane e richiede una riflessione generale e approfondita di tipo ecclesiale e pastorale. Pastorale significa, a mio avviso, anzitutto mettere al centro di ogni riflessione il compito fondamentale della Chiesa di annunciare il vangelo del matrimonio e della famiglia alle donne e agli uomini del nostro tempo […] un aspetto così determinante per la solidità e verità del sacramento nuziale, richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intellegibile e reale in loro la relazione tra «foedus» («patto») e «fides» («fede»). Occorre passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, ad una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus elevato da Cristo a sacramento».

[2] «Tra le circostanze che possono consentire la trattazione delle cause di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve […] si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà»: Francesco, Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, 32.

[3] NdA: A tal proposito è stato saggiamente evidenziato come il tempo della preparazione al matrimonio debba essere «un tempo favorevole per rinnovare il proprio incontro con la persona di Gesù Cristo, con il messaggio del Vangelo e con la dottrina della Chiesa. La finalità di questa preparazione consiste, quindi, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e vivere la realtà del sacramento del matrimonio che intendono celebrare, perché, lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede […] È necessario promuovere nei nubendi la consapevolezza che l’esperienza antropologia del patto coniugale è portatrice di un riferimento teologale, così da non poter essere assunta integralmente senza la minima apertura al trascendente. Abbiamo un chiaro riferimento di tutto questo al n. 52 della Lumen fidei: “Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore umano con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede”»: D. Marrone, «Fede e matrimonio. Il matrimonio tra battezzati non credenti», 286.

[4] G-H. Ruyssen, «Mancanza di fede e nullità matrimoniale. La questione dei battezzati non credenti», in La Civiltà Cattolica II (2018), 444-445.

Sinodo e sindrome: un divertissement

di: Marcello Matté

Sinodo: camminare insieme. Sindrome: correre insieme. Concorrere e concorrenza. Nel gioco dei significati pregiudiziali, un invito per il cammino sinodale della Chiesa.

Sinodo e sindrome: termini entrambi di derivazione greca.

Sinodo: camminare insieme.

Sindrome: correre insieme.

Stiamo apprezzando di questi tempi il significato ricco di carica positiva della parola sinodo e lo abbiamo posto a titolo di un consistente lavoro di Chiesa.

Ci siamo detti che “cammino sinodale” rischia di essere una tautologia, ma ci siamo ripetuti tuttavia che il cammino di Chiesa non è evangelico o missionario se non è “cammino insieme”. Nella realtà del vissuto la tautologia è tutt’altro che scontata.

Sindrome è termine associato a significati allarmanti. Una costellazione di sintomi clinici, organici o psicologici, che denuncia una malattia, una diagnosi preoccupante, una terapia – se c’è – lunga e faticosa.

Com-ponendo i termini mi si affaccia una suggestione: camminare insieme annuncia un valore; correre insieme denuncia una patologia.

Trattenendo l’accostamento nell’ambito dell’esperienza ecclesiale di questo tempo, mi viene di pensare che il passo di Chiesa è quello del cammino, non quello della corsa.

Per ogni appello che ascolto – e apprezzo – a imprimere un’accelerata, sento il fiatone di quelli che non ce la fanno.

Se il sinodo diventa sindrome rischiamo di perdere il “syn”. E sarebbe una malattia.

Non si deve certo rinunciare a un cammino più energico e volitivo. Ma non lasciamo indietro nessuno che abbia dalla sua soltanto la buona volontà. E poco fiato.

Il termine “concorrenza” (traduzione letterale di sindrome) viene usato con significato ambivalente.

Il sostantivo concorrenza allude a una competizione, dove uno vince sull’altro. E, nei suoi riferimenti commerciali, sappiamo che concorrenza può comportare anche “farsi lo sgambetto”, “giocare scorretto”.

Il verbo concorrere, invece, disegna percorsi diversi che convergono verso un medesimo fine; elementi che finiscono per con-vergere.

La “comunione” (insieme) prevale sull’“ordine” (primo, secondo, terzo…).

Il Consiglio permanente della CEI ha pubblicato nel 1981 il celebre documento La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, entrato nella coscienza ecclesiale come Ripartire dagli ultimi.

Nel 1986 (dopo la nomina di Ruini a segretario della CEI?) mons. Chiarinelli commentava: «Nel 1981 siamo ripartiti dagli ultimi, ma siamo stati bravi: in nemmeno cinque anni abbiamo già raggiunto i primi».

Settimana News

Carlo e Helder: vescovi di una Chiesa del kairos

di: Flavio Lazzarin

In questi ultimi tempi mi succede frequentemente di ricordare i punti forti della predicazione del vescovo Carlo Ferrari, che condusse la Chiesa di Mantova dal 1967 al 1986.

Un vescovo che volle andare oltre il diritto canonico e la prassi ecclesiastica regolata dalla giurisdizione e scelse per lui il ministero dell’evangelizzatore, rompendo con la tradizione preconciliare che propiziava vescovi e presbiteri come governatori, organizzatori e dispensatori di norme e regole pastorali.

Non avremmo dovuto dimenticare le sue parole profetiche sostenute da attitudini e scelte inequivocabilmente decisive. Uomo del Concilio, tradusse radicalmente, nel suo servizio, la teologia della Lumen gentium, ispirato certamente dal nono capitolo, che ci parla della Chiesa come Popolo di Dio e ci rimanda alla parola di Gesù, che chiama i suoi discepoli “piccolo gregge” (Lc 12,32).

E quante volte, anche in documenti pastorali, Carlo insistette sull’urgenza di intendere e vivere la Chiesa come “piccolo resto di Israele”!

Indimenticabile la sua omelia, nel Giovedì Santo del 1976: “Dobbiamo avere il coraggio di coloro che sanno perdere, di coloro che accettano la sconfitta, di coloro che accettano il fallimento perché, se siamo inseriti nel mistero di nostro Signore Gesù Cristo, e perciò nel mistero della sua persona, non dobbiamo sfuggire alla sorte della sua persona. La Chiesa tutta intera non può sfuggire alle sorti del suo Salvatore. Noi siamo chiamati ad illuminare e ad animare le istituzioni, anche quelle del mondo, però non dobbiamo confidare in queste istituzioni, non dobbiamo appoggiarci a queste istituzioni, non dobbiamo cercare garanzie da queste istituzioni. Il Signore può compiere ancora un miracolo. Compisse il miracolo che i preti e i vescovi confidino, non in un partito che vince, ma in Gesù Cristo che è il Salvatore del mondo!” (OM 544).

È bene ricordare che il partito dei cattolici solo negli anni ’90 concludeva ingloriosamente la sua traiettoria di mezzo secolo di potere politico quasi indiscusso, perché coinvolto negli schemi corrotti tessuti tra politica e imprenditoria, rivelati dai processi di tangentopoli.

Il vescovo Ferrari fu esistenzialmente profetico anche in questo e sempre mantenne silenziosamente le distanze dai politici dello scudo crociato. Non li affrontava, ma non li frequentava. Non si trattava di una visione condizionata da letture ideologiche alternative, era, al contrario, frutto di una visione evangelica e conciliare della Chiesa.

La memoria del vescovo di Mantova – inevitabilmente per me – si confonde con la memoria di un altro santo servitore del Vangelo: Dom Helder Câmara. I due si conobbero ed ebbero l’opportunità di frequentarsi.

Esiste un racconto, di cui non trovo però conferma storica, su Carlo e Helder, che, durante una pausa dei lavori conciliari, avrebbero viaggiato insieme in un rapido pellegrinaggio ad Assisi. Qualcuno aumenta la notizia dicendo che alla guida dell’automobile c’era Ferrari.

E può anche trattarsi di un aneddoto polemicamente costruito, visto che si dice anche che l’auto fosse una potentissima Ferrari, fatto questo che, inizialmente, avrebbe potuto creare qualche perplessità in Helder, più atto a sentirsi a suo agio nelle catacombe di Domitilla, dove fu firmato il documento-sfida ai fratelli vescovi, che invitava ad una vita povera in una Chiesa povera.

Quello che mi preme sottolineare, però, è che, al di là delle curiosità potenzialmente polemiche, esiste tra i due un’incredibile affinità spirituale. Ferrari è il vescovo del “piccolo resto fedele”, cristologicamente candidato all’insuccesso e alla sconfitta.

Câmara, come ci racconta Eduardo Hornaeert, “quando aveva 69 anni, abbandonò la politica delle riunioni dei vescovi della Conferenza episcopale del Brasile – CNBB – per cominciare a militare in quello che lui stesso definì “minoranze abramitiche”. Questa fu un’idea geniale, in cui il principio del consenso vigente nella democrazia fu abbandonato a favore del principio delle minoranze, di piccoli gruppi minoritari, che seguono il cammino di Abramo, che vagano per il mondo senza potere, senza trionfi, senza vittorie.”

O come dice Marcelo Barros: “Il mondo non si trasformerà a partire dall’azione isolata di leaders illuminati, ma a partire dall’impegno comunitario di gruppi di resistenza e profezia… Dom Helder definiva questi gruppi “minoranze abramitiche, fecondi fermenti di una nuova umanità”.

In tutto questo riscopro oggi l’influenza innegabile della teologia di Paolo, espressa nella Lettera ai Romani, recentemente commentata anche da Giorgio Agamben.

Paolo ci parla, alla scuola dei profeti del Primo Testamento – soprattutto Isaia, Amos e Michea – del “kairos in cui sorge un resto conforme a un’elezione per grazia (Rom 11,5). Kairós che è il tempo messianico, l’adesso in cui può venire il Messia, come nella profezia messianica di Isaia 10,21-22: “Tornerà il resto, il resto di Giacobbe, al Dio forte. Poiché, quand’anche il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare, un resto soltanto ritornerà; uno sterminio è decretato, che farà traboccare la giustizia”.

Un piccolo resto, un resto fedele, minoranza abramitica, che non zela per affermare la sua identità e la sua missione di salvezza, che non si pensa, in un delirio universalistico, come il tutto, con gli annessi progetti di colonizzare, a fin di bene, tutta la realtà, tutta la storia.

Ma è resto che non si definisce nemmeno come una mera parte di una sinfonia di particolarità. Se è un resto fedele al tempo, inteso come kairós, vive infatti costantemente in amorosa, ma radicale, critica profetica, politica ed etica nei confronti dei poteri di questo mondo e, ovviamente, anche dei poteri che la comunità insiste da sempre a introiettare, negando agape, perdono, fraternità e sororità.

Così facendo, queste nascoste minoranze, assumono il rischio mortale della sequela di Gesù e ripropongono la sua sconfitta, unica porta che si apre alla Vita risuscitata.
sttimananews.it

Le domande che nutrono la fede: «La Chiesa a volte le teme ma sono un esercizio spirituale, soprattutto quando non conosci la risposta»

Le domande… le domande… sono loro il cruccio di padre Maurizio. Nella Chiesa è raro avere la possibilità di porre domande. Ecco perché da giovane prete, quando nel 2008 arrivò a Roma, ebbe l’intuizione dei “Cinque passi”. Un percorso di formazione che da quattordici anni richiama più di 500 giovani a incontro, oltre alle migliaia collegate in streaming da tutta Italia. Ogni anno si tengono cinque serate, ciascuna su un singolo tema, senza un filo conduttore unico. La prima mezz’ora è una catechesi. Dopo, chiunque e in qualsiasi momento, può porre domande in maniera anonima, scrivendole su un foglietto.

Quel cretino di un cristiano. Cinque passi al mistero

«Gli argomenti dei cinque incontri li scegliamo all’inizio dell’anno insieme alle persone che frequentano l’Oratorio di San Filippo Neri», spiega padre Maurizio. «Ognuno è libero di proporre, se ne parla e poi se serve si vota. Talvolta i temi che presento vengono bocciati, vedremo quest’anno… ora stiamo scegliendo i prossimi», commenta sorridendo. Tra gli argomenti possibili si spazia dal tema del corpo ai novissimi (cioè le “cose ultime” che stanno al termine della vita: la morte, il giudizio, l’aldilà), dalla gratitudine alla vecchiaia.

Incontro padre Maurizio Botta, 47 anni, piemontese di Biella, nella comunità dell’Oratorio di San Filippo Neri a Santa Maria in Vallicella – Chiesa Nuova, in pieno centro a Roma. Mi accoglie nella sua stanza, stracolma di libri. «Questo per me è fondamentale: lo studio, l’approfondimento. Una volta i preti erano uomini di cultura, oggi questo aspetto mi sembra si stia perdendo. Ma come fai a dialogare con la gente se non sei una persona ricca di interessi, di passioni?».

MISSIONARIO DEL DIALOGO

Proprio grazie alla preparazione e alla riflessione che precede ogni incontro padre Maurizio prova a confrontarsi con ogni tipo di domanda. «All’inizio mi preoccupava il fatto di espormi ai quesiti senza conoscerli prima. Poi, ho deciso di fidarmi di quello che Gesù dice nel Vangelo: lo Spirito Santo vi suggerirà cosa dire.

Il vero problema della Chiesa mi sembra che continui a essere la mancanza di fede. Io non ho paura delle domande, non perché sappia tutte le risposte, ma perché mi fido e cerco il confronto con dolcezza. Una domanda è sempre buona, mentre secondo me nella Chiesa abbiamo un problema con le domande, non c’è uno spazio in cui porle. Sono temute, eluse, fanno paura».

Riprende: «Per me è un esercizio spirituale, sono consapevole che espormi a una domanda può voler dire anche entrare in contatto con le ferite delle persone, con chi è arrabbiato con Dio o con la Chiesa. Molte volte, soprattutto all’inizio, mi sono sentito in difficoltà, mi tremava la voce, ma ora non temo di dire che su quell’argomento non ho una risposta, che ci devo riflettere: ecco perché sono tranquillo. In pratica in questo modo ti abitui a non vincere nella risposta. Io non voglio vincere, voglio confrontarmi».

Il dialogo aperto e disarmato è anche quello che cerca costantemente con i ragazzi e le ragazze delle scuole medie e superiori in cui insegna e con cui cerca di relazionarsi con un approccio «missionario esplorativo», spiega, «facendomi accompagnare alla scoperta del loro mondo, e un atteggiamento né giovanilistico, né giudicante, ma capace di mettersi sullo stesso piano, alla pari, con sincero interesse».

Come quando, ricorda, chiese a una ragazza del liceo di chi fosse il volto ritratto sulla maglietta che indossava; da quella domanda – questa volta posta da padre Maurizio – nacque un dialogo profondo su una canzone della cantautrice Billie Eilish.

La scuola è «una palestra, un’esperienza che ti stana» perché spesso c’è distanza tra la fede e i giovani «che però hanno una visione della religione meno ideologica rispetto al passato, a volte sono indifferenti, ma anche l’opposizione è superficiale, non è radicata ideologicamente come nel passato, c’è un terreno potenzialmente fertile, disponibilità».

Anche tra i banchi padre Maurizio si confronta ogni giorno con tematiche e domande di ogni tipo, che affronta nonostante si tenga lontano da mondi in cui i giovani sono immersi, come quello della tv e dei social media. «In questo sono molto pasoliniano. Pier Paolo Pasolini disse cose profetiche contro la tv: vent’anni di regime fascista non hanno cambiato il popolo come pochi anni di tv».

CERCASI ADULTI APPASSIONATI
Non si considera un sacerdote anti-tecnologico, ma solo contrario alla superficialità e alla dispersività di alcuni mezzi. «Non so se vale per tutti, ma a me aiuta stare lontano dai social», confida padre Botta. «Quando dico che non ho lo smartphone la gente mi guarda come se fossi il ragazzo di campagna o con la tenerezza con cui guardi un gattino – racconta prendendosi in giro – ma io ho fatto esperienza di dialoghi bellissimi a scuola, pur avendo 30 anni più dei miei studenti ed essendo un disadattato tecnologico. Vedo che si crea vera condivisione, vero interesse reciproco, in un dialogo alla pari. Invece sui social noto morbosità, assenza di realismo. Poi, il fatto che siano strutturati per creare dipendenza mi impedisce di fidarmi del mezzo in sé».

Riprende: «Il fatto di non averli mi aiuta a vivere il silenzio, da cui nasce la vera comunicazione, mi apre, non mi chiude. La capacità di comunicare non risiede negli strumenti. I giovani desiderano solo adulti appassionati, che sappiano indicarti una meta. Come quando guardi l’Everest. Io cerco di far vedere che è bello, che deve essere stupendo andarci. Ma poi provarci è un’avventura, un percorso. Il mio compito come prete non è abbassare l’Everest ma indicare la sua bellezza e risvegliare la voglia di raggiungerlo».

CHI È PADRE MAURIZIO BOTTA – L’IDENTIKIT
Età: 47 anni

Vocazione: Sacerdotale

Congregazione: Oratorio di San Filippo Neri

Fede: Alimentata dal dubbio

IL CAMMINO DEI CINQUE PASSI

L’esperienza dei Cinque Passi al Mistero si svolge ogni anno nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma (Chiesa Nuova). Da quattordici anni richiama più di 500 giovani a incontro. Ogni anno si tengono cinque serate, ciascuna su un singolo tema, senza un filo conduttore unico. È possibile seguire gli incontri in streaming sul canale YouTube Oratorium.

>> L’ULTIMO LIBRO SULLE DOMANDE DELLA FEDE


Padre Maurizio Botta è un autore prolifico: ha scritto diversi libri fra cui – da ultimo – Quel cretino di un cristiano. Cinque Passi al Mistero, pubblicato da San Paolo lo scorso gennaio. Il testo, con la prefazione di Costanza Miriano, raccoglie le domande e le risposte degli incontri dell’edizione 2019-2020 del percorso dei Cinque passi. Fra i temi affrontati: il legame tra scienza e fede, la libertà e i suoi confini.

(Foto in testata: Stefano Dal Pozzolo/Contrasto)

QUEL CRETINO DI UN CRISTIANO, IL LIBRO SU Amazon

Assunzione. Il Papa: “La Madonna doni al mondo la pace”

Francesco ha invitato a invocare l’intercessione della “Regina della pace”, visitando, se possibile, un santuario mariano.
Il Papa: “La Madonna doni al mondo la pace”

Ansa

Nel giorno dedicato alla Vergine Maria, “continuiamo a invocare l’intercessione della Madonna perché Dio doni al mondo la pace, e preghiamo in particolare per il popolo ucraino”. Anche nel giorno della festa dell’Assunzione di Maria al cielo, Papa Francesco ricorda l’Ucraina, dove la guerra è arrivata al 173.mo giorno. Lo fa dopo la preghiera mariana dell’Angelus, recitata dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico, davanti ai pellegrini che in buon numero hanno pregato con lui in piazza San Pietro, in una bella giornata di sole ma non afosa. (Ascolta il servizio con la voce del Papa). Dopo aver esortato “quanti ne hanno la possibilità” a visitare “un santuario mariano per venerare la nostra Madre celeste”, il Papa sottolinea che “tanti romani e pellegrini si recano a Santa Maria Maggiore, per pregare davanti alla Salus Populi Romani”. Lì, ricorda, “si trova anche la statua della Vergine Regina della pace, posta dal Papa Benedetto XV”.

Continuiamo a invocare l’intercessione della Madonna perché Dio doni al mondo la pace, e preghiamo in particolare per il popolo ucraino.

Prima di questa preghiera, Francesco aveva augurato una buona festa dell’Assunta a tutti i presenti, “a coloro che sono in vacanza, come pure a tanti che non possono permettersi un periodo di distensione e alle persone sole e alle persone ammalate”, invitando a non dimenticarli. Ed aveva aggiunto: Penso con gratitudine in questi giorni a coloro che assicurano i servizi indispensabili per la collettività. Grazie per il vostro lavoro per noi!

Prima ancora, salutando romani e pellegrini di vari Paesi presenti in piazza, con famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni, aveva ricordato in particolare con un saluto “i giovani della Diocesi di Verona impegnati in un campo-scuola e i ragazzi dell’Immacolata, pure”.

All’Angelus della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Papa aveva spiegato il significato del Magnificat, il canto della Madre di Gesù tramandatoci dal Vangelo di Luca, che narra l’opera di Dio nella storia e annuncia, anche, un rovesciamento di valori profetizzando ciò che Gesù dirà. A primeggiare non sono il potere, il successo e il denaro. Maria è la prima creatura che in anima e corpo, taglia vincitrice il traguardo del Cielo

da Avvenire

Dissentire fa parte del processo di discernimento, senza per forza avere una valenza oppositiva

IL 19 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato arcivescovo di Torino. Mons. Roberto Repole, dopo un mese circa dall’ingresso in Diocesi, ha inviato una lettera ai suoi fedeli.

In genere le lettere pastorali sono molto lunghe, dove spesso si ripercorre tutta la storia della salvezza per giustificare le scelte che verranno proposte; dove non si interrogano i fedeli su cosa si potrebbe fare, ma si presuppone che i fedeli debbano assentire e attuare; dove spesso si usa un linguaggio “ecclesialese”, chiaramente non sempre comprensibile da una buona parte dei fedeli stessi. Ma soprattutto dove si danno indicazioni operative generali (a volte anche generiche), che poi a cascata, gli organi diocesani e i singoli fedeli dovranno tradurre in scelte concrete.

La lettera di Mons. Repole sembra un po’ diversa, almeno per due aspetti comunicativi. Innanzitutto sul piano del linguaggio. 7300 battute, spazi compresi sono una vero record di sintesi per questo genere si lettere. Una lettura, cioè, che si realizza in cinque minuti al massimo. Se davvero si scrive per farsi leggere sul serio da una intera comunità, oggi la brevità è uno dei requisiti fondamentali. Ancora. Nella foto del post si può notare come il cloud del testo mostri in primo piano parole di un linguaggio esistenziale, concreto e strettamente connesso al tema della lettera. Della serie: dritto al punto, con concretezza, chiarezza e comprensibilità. Leggendola per esteso ci si rende conto che è comprensibile anche da chi non è avvezzo a linguaggi ecclesialesi o particolarmente teologici.

Secondo, sul piano del metodo. Scrive Mons. Repole: “Facendo tesoro di quanto emerso in quei contesti, (le riunioni dei consiglio pastorali e presbiterali – ndr) di tante suggestioni, fatiche o desideri espressi da molti nelle più svariate circostanze, di quanto richiamato nei gruppi che sono stati attivati in occasione del cammino sinodale della Chiesa italiana oltre che, ovviamente, di una profonda convinzione personale, mi pare evidente che, tra i diversi aspetti sui quali occorre operare un discernimento ecclesiale e compiere delle scelte concrete, ce n’è uno che è assolutamente prioritario. Si tratta del ripensamento della presenza ecclesiale sul territorio”.

Intanto la decisione di affrontare un solo problema per volta (“un passo per volta” – si legge verso la fine della lettera), concreto e ritenuto prioritario. L’idea cioè che se davvero si vuole incidere sulla realtà ecclesiale non serve descrivere “vision” astratte e complessive, magari già preconfezionate dal “taglio” teologico del vescovo di turno, che poi gli altri devono realizzare. Bisogna invece prendere i problemi reali, decidendone la priorità e provare a muoverli nel concreto verso una loro soluzione che incarni più che una “vision”, una direzione di marcia della Chiesa, che nella lettera è molto chiara: “rinsaldare o creare delle strutture di corresponsabilità”.

Ma invece di descrivere dall’alto cosa sia la corresponsabilità, Mons. Repole prova a realizzarla dal basso con scelte operative. In questo stesso modo diventano molti interessanti altri due passaggi di metodo. Intanto il discernimento della priorità di questo problema non avviene nelle segrete stanze del vescovo, ma pur essendo lui a definirne il risultato, si realizza dopo aver ascoltato ciò che sale dal popolo di Dio, incontrato in tante situazioni diverse, formali e informali. La parola del vescovo, cioè si presenta sulla scena come l’ultima, a riguardo del problema, e non l’unica.

Ma poi continua Mons. Repole: “Dobbiamo continuare a mantenere semplicemente tutte le infinite strutture di cui beneficiamo (locali, case, chiese, oratori…) anche se invece che servire a vivere una vita cristiana ed ecclesiale autentica ed essere degli strumenti per l’evangelizzazione costituiscono un peso insopportabile, per chi è chiamato a gestirle, rubando energie, serenità e gioia? Possiamo continuare a mantenere tutte le parrocchie, immaginando che vi si svolga tutto quello che vi si svolgeva nel passato, chiedendo ad un prete che invece di essere parroco di una comunità lo sia di diverse, senza però cambiare nulla? Come si può immaginare, facendo così, che i preti possano vivere una vita serena, possano trovare il tempo per coltivare la preghiera e la lettura e offrire un servizio qualificato, possano trovare la giusta serenità per incontrare le persone…? E come pensare che la loro vita possa risultare attrattiva per dei giovani oggi?”

Ecco l’altro aspetto interessante di metodo: il fatto che un vescovo si permetta di porre domande al suo popolo su come si potrebbe risolvere il problema. Certo, appaiono domande retoriche e forse lo sono, nel senso che è evidente quale sarebbe la risposta del Vescovo. Ma il fatto stesso che siano poste in forma di domanda autorizza e richiede che chi legge produca una sua risposta. E soprattutto che anche chi ha idee diverse da quelle del vescovo possa sentire che uno spazio comunicativo per dire la propria esiste, e che dissentire fa parte del processo di discernimento, senza per forza avere una valenza oppositiva.

vinonuovo.it

Come si vedono Rete e Chiesa dopo diciassette anni da blogger

Per quanto assai giovane Lucia Graziano, autrice di «Una penna spuntata», ha varcato una soglia cronologicamente significativa: da ieri può dire «di aver trascorso la maggior parte della vita a fare la blogger». Per celebrare un tale «scollinamento» ha immaginato, con la creatività che la contraddistingue, di intervistare la «sé medesima» di diciassette anni fa, facendosi aiutare dai follower per le domande ( bit.ly/3ucg9av ). Dalla consueta abbondanza di contenuti estraggo un’opinione sull’ambiente digitale in generale, e tre riferimenti ecclesiali. Affacciatasi online al tempo dei forum e dei blog, Lucia Graziano non apprezza i cambiamenti sopravvenuti nel tempo dei social, in cui tanto i dispositivi quanto le modalità di accesso favoriscono interventi superficiali e umorali. Di qui la sua fedeltà alla forma-blog, per quanto «di nicchia». Sul piano ecclesiale, la blogger sottolinea che «online si sta creando un microcosmo di credenti, che è un piccolo universo a parte. Nel bene e nel male». E poi cita con soddisfazione due casi di cui è stata protagonista. Il primo è di natura pubblica: nel periodo del lockdown, un suo post su un importante precedente storico, nell’Ottocento, di provvedimenti episcopali atti a contenere un’epidemia anche a costo di limitare l’accesso ai sacramenti venne ripreso da un vescovo (Šaško, ausiliare di Zagabria). Il secondo è di natura privata: una lettrice, riconoscendola come «cattolica praticante» e insieme come «persona amichevole», le chiese aiuto per accostarsi nuovamente alla Chiesa e segnatamente al sacramento della penitenza, privilegiandola rispetto ad altri blog «più propriamente confessionali» ma che le incutevano disagio. E con tale richiesta confermò Lucia Graziano nella scelta, sul blog e nella vita, di una precisa cifra stilistica: «Non apparire arroganti… con il parlare sempre di cose serie».
Avvenire

Suor Simona e una casa aperta agli ultimi

Al convegno nazionale della Caritas la testimonianza di chi ha fatto della fraternità uno stile di vita
Suor Simona Cherici a Rho

Suor Simona Cherici a Rho

Avvenire

La vecchia casa del prete su una montagna nell’aretino ha le porte sempre aperte da quando è stata sistemata dalla gente. Ed è diventata una famiglia per madri sole con bambini, disabili e persone sommerse dal disagio. L’avventura della Fraternità della visitazione a Pian di Scò, in provincia di Arezzo, è cominciata 20 anni fa per realizzare un desiderio. Quello di suor Simona Cherici, 53 anni, ex insegnante, suor Letizia, ex amministratore di una coop sociale e suor Lucia, ex sindacalista in una grande fabbrica di calzature. Ispirate dalla mistica, poetessa e assistente sociale francese Madeleine Delbrel, che scelse di vivere una fede ritrovata sulla strada e nelle banlieue operaie degli anni Trenta, hanno chiesto all’allora vescovo di Fiesole Luciano Giovannetti cosa potevano fare.

«Per noi è stato un padre – racconta suor Simona – e credette più di noi tre nel desiderio di vivere a porte aperte una vita fraterna». Le tre vie degli ultimi, del Vangelo e della creatività che le Caritas diocesane stanno cercando nel convegno nazionale di Rho, le tre suore le hanno trovate aprendo le porte di un rudere donato dal vescovo.

«Era inabitabile dopo 35 anni di abbandono – prosegue la religiosa –. Solo il tetto era stato rifatto grazie all’otto per mille. Poi è successo un miracolo. Lavoravamo in pastorale giovanile e abbiamo chiesto aiuto ai giovani. Hanno cominciato a venire a frotte con i campi di lavoro e la gente ha iniziato ad aprirci le cantine per regalarci i mobili usati e ognuno ci portava qualcosa. Questo ci ha permesso di aprire la casa in tre settimane». Durante i lavori le suore dormivano in un centro di accoglienza dove hanno fatto il primo incontro-chiave, la giovanissima Faisa, ragazza prostituita. «Entravamo per dormire la sera, mentre lei usciva. Ci ha insegnato tantissimo. Una notte ci disse che molti facevano l’amore con lei, ma nessuno l’amava. Dopo sei mesi l’hanno trovata morta di freddo in un giardino. Abbiamo solo potuto seppellirla. È lei la madrina della nostra casa».

A Pian di Scò oggi si accolgono mamme bambini e ragazze in gravissimo disagio, spesso in emergenza abitativa. Niente soldi pubblici per scelta, la Fraternità fa parte della Caritas, fa progetti e vive di offerte. È strutturata in modo tale che in ogni stanza stiano mamme di nazionalità diverse. «Tra le tensioni e le difficoltà, l’obiettivo è imparare che la diversità può essere scomoda, ma è una risorsa. Collaboriamo con i servizi, ma il 70% delle persone viene mandata dai centri di ascolto della Caritas e siamo in rete con associazioni e imprese per l’inserimento lavorativo in modo che dopo un anno le mamme possano camminare da sole pur seguite dai servizi». In questo momento in casa ci sono 21 ospiti. In 20 anni sono state accolte 800 persone, tra cui 150 bambini. Nella casa ne sono nati 39 .

«Tanti tornano a fare i volontari per restituire, questa è la nostra forza. I poveri sono fratelli, l’importante è progettare non solo con le equipe, ma co-progettare».

Una sera terribile un bambino di due anni affetto da malformazione cardiaca morì, proprio in braccio a suor Simona. La madre glielo diede, dicendo che non si svegliava. Due giorni fa la mamma è andata nella casa annunciando che aspettava un altro figlio, mettendo le mani della religiosa sul grembo come Maria con Elisabetta. «Ora fa la volontaria e si prende cura anche di me». Il bene è circolare e ha traiettorie imprevedibili.

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