Il 16 luglio ricorre una delle festività più sentite della Chiesa: la Madonna del Carmelo

La devozione alla Madonna del Carmelo è una delle più antiche e più amate dalla cristianità; è legata alla storia e ai valori spirituali dell’Ordine dei frati della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Carmelitani).

La festa liturgica fu istituita per commemorare l’apparizione del 16 luglio 1251 a san Simone Stock, all’epoca priore generale dell’ordine carmelitano, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare (dal latino scapula, spalla) in tessuto, rivelandogli notevoli privilegi connessi al suo culto.

La storia

Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il profeta Elia, che raccolse una comunità di uomini proprio sul monte Carmelo (in aramaico «giardino»), operò in difesa della purezza della fede in Dio, vincendo una sfida contro i sacerdoti del dio Baal. Qui, in seguito, si stabilirono delle comunità monastiche cristiane. I crociati, nell’XI secolo, trovarono in questo luogo dei religiosi, probabilmente di rito maronita, che si definivano eredi dei discepoli del profeta Elia e seguivano la regola di san Basilio.

Nel 1154 circa si ritirò sul monte il nobile francese Bertoldo, giunto in Palestina con il cugino Aimerio di Limoges, patriarca di Antiochia, e venne deciso di riunire gli eremiti a vita cenobitica. I religiosi edificarono una chiesetta in mezzo alle loro celle, dedicandola alla Vergine e presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Il Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame a Maria Santissima.

Il Monte Carmelo, dove la Tradizione afferma che qui la Sacra Famiglia sostò tornando dall’Egitto, è una catena montuosa, che si trova nell’Alta Galilea. È una regione dello Stato di Israele e che si sviluppa in direzione nordovest-sudest da Haifa a Jenin.

Fra il 1207 e il 1209, il patriarca latino di Gerusalemme (che allora aveva sede a San Giovanni d’Acri), Alberto di Vercelli, redasse per gli eremiti del Monte Carmelo i primi statuti (la cosiddetta regola primitiva o formula vitae). I Carmelitani non hanno mai riconosciuto a nessuno il titolo di fondatore. Rimanendo fedeli al modello che vedeva nel profeta Elia uno dei padri della vita monastica.

La regola, che prescriveva veglie notturne, digiuno, astinenza rigorosi, la pratica della povertà e del silenzio, venne approvata il 30 gennaio 1226 da papa Onorio III con la bolla Ut vivendi normam. A causa delle incursioni dei saraceni, intorno al 1235, i frati abbandonano l’Oriente per stabilirsi in Europa. Il loro primo convento trovò dimora a Messina, in località Ritiro.

San Simone Stock

Le notizie sulla vita di san Simone Stock (Aylesford, 1165 circa – Bordeaux, 16 maggio 1265) sono scarse. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, maturò la decisione di entrare fra i Carmelitani e, completati gli studi a Roma, venne ordinato sacerdote.

Intorno al 1247, quando aveva già 82 anni, è scelto come sesto priore generale dell’Ordine e si adoperò per riformare la regola dei Carmelitani, facendone un ordine mendicante: papa Innocenzo IV, nel 1251, approvò la nuova regola e garantì all’Ordine anche la particolare protezione da parte della Santa Sede.

Lo scapolare

Proprio a san Simone Stock, che propagò la devozione della Madonna del Carmelo e compose per Lei un bellissimo inno, il Flos Carmeli, la Madonna assicurò che a quanti si fossero spenti indossando lo scapolare sarebbero stati liberati dalle pene del Purgatorio, affermando:

«Questo è il privilegio per te e per i tuoi: chiunque morirà rivestendolo, sarà salvo».

La consacrazione alla Madonna, mediante lo scapolare, si traduce anzitutto nello sforzo di imitarla, almeno negli intenti, a fare ogni cosa come Lei l’avrebbe compiuta.

La Regina del Monte Carmelo è la patrona dei carmelitani e di coloro che si impegnano a vivere la spiritualità del Carmelo; è la protettrice di coloro che ne indossano lo scapolare ed è lo speciale sostegno, come già detto, delle anime del Purgatorio. Inoltre è patrona dei marinai.

Numerosi sono gli appellativi a lei rivolti: Fiore del Carmelo, Vite fiorita, Stella del mare, Gloria del Libano, Madre illibata, Vanto e decoro del Carmelo, Signora del suffragio, Regina delle anime purganti, Pioggia ristoratrice dalla siccità, Splendore del cielo.

Preghiera alla Madonna del Carmelo

O Maria, Madre del Carmelo, a Te consacro tutta la mia vita quale piccolo tributo per le tante grazie e benedizioni che attraverso le tue mani ho ricevuto da Dio. Tu guardi con particolare benevolenza coloro che indossano il tuo Scapolare;

Ti supplico perciò di sostenere la mia fragilità con le tue virtù, d’ illuminare con la tua sapienza le tenebre della mia mente e di accrescere in me la fede, la speranza e la carità, affinché possa ogni giorno renderti il tributo di umile omaggio.

Il sacro Scapolare richiami su di me gli sguardi tuoi misericordiosi e sia pegno della tua particolare protezione nella lotta quotidiana, sì che possa rimanere fedele al Figlio tuo e a Te. Il tuo Scapolare mi tenga lontano da ogni peccato e mi doni ogni giorno la certezza che Tu sei vicino a me e il desiderio di imitare le tue virtù.

D’ora in poi cercherò di vivere in soave unione con il tuo Spirito e di offrire tutto a Dio per mezzo tuo. O Madre dilettissima, il tuo indefettibile amore!

Faccia sì che un giorno sia concesso anche a me, indegno peccatore, di trasformare il tuo Scapolare nell’eterna veste nuziale e di abitare con Te e con i Santi del Carmelo nel Regno del Figlio tuo. Così sia.

Pallacanestro Reggiana, il nuovo manager Coldebella

Il nuovo General Manager è stato presentato oggi nella sede di Pallacanestro Reggiana. Classe 1968, nativo di Castelfranco Veneto, Coldebella ha alle spalle una lunga e titolata carriera da giocatore. Le parole di Veronica Bartoli: “Claudio ha una mentalità aperta e proprio questo mi è piaciuto di lui, oltre al grande interesse mostrato per i giovani talenti”

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REGGIO EMILIA – Si è tenuta questa mattina la presentazione del nuovo General Manager di Pallacanestro Reggiana Claudio Coldebella, accolto dalla Presidente della squadra di basket di Reggio Veronica Bartoli. Classe 1968, nativo di Castelfranco Veneto (TV), Coldebella ha alle spalle una lunga e titolata carriera da giocatore, che lo ha visto vestire, tra le altre, le maglie di Virtus Bologna (con cui ha vinto tre scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa ed una Coppa delle Coppe), AEK Atene, Paok Salonicco ed Olimpia Milano. Coldebella ha anche rappresentato la Nazionale Italiana per 111 volte, conquistando una medaglia d’argento agli Europei del 1997 ed una d’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1993.

“Oggi è una giornata importante per la Pallacanestro Reggiana,” a dire queste parole è stata la Presidente di Pallacanestro Reggiana Veronica Bartoli. “Oggi inizia un nuovo capitolo. Prima di proseguire vorrei dare pieno sostegno alla popolazione colpita dall’alluvione di questi giorni. Ringrazio personalmente Alessandro dalla Salda e gli auguro un grosso in bocca al lupo per il suo nuovo inizio nel Napoli. Coldebella non ha bisogno di grandi presentazioni, visto il suo importante cv, ma ciò che sicuramento lo caratterizza è il suo essere innovativo la sua grande apertura verso i giovani talenti. Siamo molto contenti che abbia accettato questa avventura a Reggio Emilia.”

“Claudio,” continua Veronica Bartoli, “ha una mentalità aperta e proprio questo mi è piaciuto di lui, oltre al grande interesse mostrato per i giovani talenti. È multitasking. La società di Reggio vuole implementare questo carattere, per questo ci siamo ritrovati. Il nostro impegno è sempre stato costante in questi anni, nessuno si è mai tirato indietro. Anche quest’anno sarà lo stesso.”

Dove si vuole andare?  “Il sogno di tutti è chiaro,” Conclude la Bartoli. “Vogliamo iniziare un percorso che ci permetta di costruire qualcosa, anche per il futuro della città. Vogliamo divertirci, ma anche costruire qualcosa che rimanga.”

“Sono molto emozionato di essere qui.” afferma Claudio Coldebella, nuovo manager di Pallacanestro Reggiana. “Quando parlo di progetto parlo anche di condivisione: quando entri in un club sai benissimo che i risultati arrivano con la condivisione. Anche io non posso non ringraziare Alessandro dalla Salda per l’importante lavoro svolto in questi anni. È stata una stagione che ha visto un pubblico numeroso: non mi va di parlare di stagione difficile. Tante volte diamo per scontato la presenza di un club talentuoso all’interno di una città: una squadra che riesce a fare bene, a livello nazionale e non solo, deve essere motivo di orgoglio per la città. Anche l’atteggiamento che ha avuto la società nei confronti di tifosi e giocatori è stato molto buono.”

“Di particolare importanza è la visione,” continua il nuovo manager, “che è alla base di tutto in un club sportivo. E’ necessario, prima di tutto capire cosa vogliamo fare per andare avanti, confidando in persone che possono sviluppare questa visione condivisa. Sono qui a condurre la squadra, assieme alla società e ai soci, verso una direzione, attraverso la condivisione e i confronti che sono fondamentali all’interno di un’azienda. Le idee ben chiare si portano avanti assieme e lo spirito è quello di partire dalla base, dai giovani.

Qual è l’identikit dell’allenatore che ha in mente? “Non abbiamo ancora parlato del tema allenatore. Prima occorre fare un’analisi, confrontandoci, con la volontà di capire dove vogliamo andare. Non possiamo contare solo sulle statistiche. Un allenatore ha tante caratteristiche, come il comunicare ecc.. sono tanti gli aspetti che possono caratterizzare un buon coach.”

L’entusiasmo mostrato dai tifosi,” afferma Coldebella, “è alla base di tutto ed è bellissimo. Entusiasmo vuol dire anche responsabilità. Le persone che ci mettono impegno nelle cose in cui credono sono un patrimonio. Questa è la più grande responsabilità, dare valore al talento e agli sforzi singoli.”

“Che società che ci aspettiamo nella prossima stagione? L’obiettivo è fare una squadra che sia compatibile con il difficile campionato italiano. In conclusione,” afferma Coldebella, “l’importante è creare valore, come ha detto la Presidente. Il valore non è solo firmare contratti, ma costruire un club che abbia degli asset. Il fatto di giocare in serie A, di avere uno sbocco europeo: questo è valoreIl mio compito è quello di tirarmi su le maniche, perché il nostro obiettivo è passare delle belle domeniche al PalaBigi.”

Beato Giuseppe Allamano Sacerdote, Fondatore. Santo del giorno 16 febbraio

Beato Giuseppe Allamano

Castelnuovo Don Bosco, Asti, 21 gennaio 1851 – Torino, 16 febbraio 1926

Ebbe san Giovanni Bosco come insegnante e san Giuseppe Cafasso per zio. Ordinato prete a Torino a 22 anni – era nato nel 1851 a Castelnuovo d’Asti – Giuseppe Allamano fu rettore del santuario più caro ai torinesi, la Consolata. Volle fondare un istituto dedicato all’annuncio «ad gentes». Nacquero così nel 1901 i Missionari della Consolata e nel 1909 le suore. Prima prova: il Kenya. Denunciò a Pio X l’insensibilità di fedeli e pastori sulla missione e chiese l’istituzione di una giornata. Lo fece Pio XI nel 1927, un anno dopo la morte di Allamano. E’ beato dal 1990. (Avvenire)

Etimologia: Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall’ebraico

Martirologio Romano: A Torino, beato Giuseppe Allamano, sacerdote, che, animato da instancabile zelo, fondò due Congregazioni delle Missioni della Consolata, l’una maschile e l’altra femminile, per la diffusione della fede.

E’ concittadino di due santi: don Bosco, che l’ha avuto studente a Torino, e Giuseppe Cafasso, che è anche suo zio materno. Ordinato sacerdote in Torino a 22 anni, laureato in teologia a 23, direttore spirituale del seminario a 25, a 29 diventa rettore del santuario più caro ai torinesi (la “Consolata”) e del Convitto ecclesiastico per i neosacerdoti. Però il santuario è da riorganizzare e restaurare, il Convitto è in crisi gravissima. Con fatiche che non cesseranno mai, lui rivitalizza il santuario e fa rifiorire il Convitto, come quando vi insegnava il Cafasso.
Come il Cafasso, è un eccezionale formatore di caratteri, maestro di dottrina e di vita. Vede uscire dai seminari molti preti entusiasti di farsi missionari, ma ostacolati dalle diocesi, che danno volentieri alle missioni l’offerta, ma non gli uomini. E decide: i missionari se li farà lui. Fonderà un istituto apposito, ci ha già lavorato molto. Il suo progetto è apprezzato a Roma, ma poi ostacoli e contrattempi lo bloccano, per dieci anni. Pazientissimo, lui aspetta e lavora. Arriva poi il primo “sì” vescovile per il suo Istituto dei Missionari della Consolata nel 1901, e l’anno dopo parte per il Kenya la prima spedizione. Otto anni dopo nascono le Suore Missionarie della Consolata.
Lui sente però che sull’evangelizzazione bisogna scuotere l’intera Chiesa. E nel 1912, con l’adesione di altri capi di istituti missionari, denuncia a Pio X l’ignoranza dei fedeli sulla missione, per l’insensibilità diffusa nella gerarchia. Chiede al Papa di intervenire contro questo stato di cose e in particolare propone di istituire una giornata missionaria annuale, “con obbligo d’una predicazione intorno al dovere e ai modi di propagare la fede”. Declinano le forze di Pio X, scoppia la guerra nei Balcani… L’audace proposta cade.
Ma non per sempre: Pio XI Ratti realizzerà l’idea di Giuseppe Allamano, istituendo nel 1927 la Giornata missionaria mondiale. Lui è già morto, l’idea ha camminato. E altre cammineranno dopo, come i suoi missionari e missionarie (oltre duemila a fine XX secolo, in 25 Paesi di quattro Continenti). Da vivo, rimproverano a lui (e al suo preziosissimo vice, il teologo Giacomo Camisassa) di pensare troppo al lavoro “materiale”, di curare più l’insegnamento dei mestieri che le statistiche trionfali dei battesimi.
Lui è così, infatti: Vangelo e promozione umana, perseguiti con passione e con capacità. “Fare bene il bene”: ecco un altro suo motto. I suoi li vuole esperti in scienze “profane”. E anche quest’idea camminerà fino al Vaticano II, che ai teologi dirà di “collaborare con gli uomini che eccellono in altre scienze, mettendo in comune le loro forze e i loro punti di vista” (Gaudium et spes). E lui, Giuseppe Allamano, che dal 7 ottobre 1990 sarà beato, ripete biblicamente ai suoi: “Il sacerdote ignorante è idolo di tristezza e di amarezza per l’ira di Dio e la desolazione del popolo”.

Autore: Domenico Agasso fonte Famiglia Cristiana – in santoebeati.it

Santo del Giorno 15 Febbraio

Santi Faustino e Giovita Martiri 15 febbraio – Sec. II

La loro vita viene ricostruita, con l’aggiunta di diversi elementi leggendari, dalla «Legenda maior». Di storico vi è l’esistenza dei due giovani cavalieri, convertiti al cristianesimo, tra i primi evangelizzatori del Bresciano e morti martiri tra il 120 e il 134 al tempo dell’imperatore Adriano. La tradizione arricchisce di particolari il loro martirio. La loro conversione viene attribuita al vescovo Apollonio, lo stesso che poi ordina Faustino presbitero e Giovita diacono. Il loro successo nella predicazione, però, li espone all’odio dei maggiorenti di Brescia che invitano il governatore della Rezia Italico a eliminare i due col pretesto del mantenimento dell’ordine pubblico. La morte di Traiano, promotore della persecuzione, ritarda però i piani del governatore, che approfittando della visita del nuovo imperatore Adriano a Milano denuncia i due predicatori come nemici della religione pagana. Diversi eventi miracolosi li risparmiano dalla morte e spingono numerosi pagani – tra cui anche la moglie di Italico, Afra – a convertirsi. Portati a Milano, Roma e Napoli verranno decapitati infine a Brescia. (Avvenire)