Sentenza storica dei giudici amministrativi di Catanzaro contro l’Agenzia regionale per l’ambiente: l’esame fissato il giorno successivo al parto «non poteva essere spostato»
Il regolamento del concorso prevedeva che l’esame orale fosse sostenuto in una sola data: il 13 novembre del 2008. E per Enza, che lo scritto lo aveva passato, ma che era incinta e aveva dato alla luce il suo bimbo proprio il giorno prima della prova, la commissione non ha fatto eccezioni. O quel giorno, o niente. Di nessun valore i telegrammi, le raccomandate, i certificati medici presentati dalla donna.
Enza è stata esclusa. Per fortuna, a porre rimedio all’ingiustizia di due anni fa, ha pensato ieri il Tar di Catanzaro. Che, con una sentenza storica per l’affermazione delle pari opportunità sul lavoro, ha accolto il ricorso della giovane mamma calabrese e annullato il concorso pubblico in questione, indetto dall’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria. Tutto da rifare, secondo i giudici, visto che sono stati palesemente violati «il diritto costituzionale delle donne ad avere un trattamento non discriminatorio, non- ché il diritto alla tutela della maternità». All’epoca dei fatti, l’agenzia aveva pubblicato un bando per la ricerca di due posti come dirigente biologo. Enza supera bene la prova scritta, ma quando escono le date dell’orale rimane spiazzata: l’esame è fissato per il 13 novembre e lei, incinta, sa che proprio quelli saranno i giorni del parto. Così, con largo anticipo, comunica alla commissione dell’Arpacal il suo ‘problema’, allegando il certificato medico e chiedendo il differimento della prova. Niente da fare: cinque giorni prima dell’esame la commissione risponde che no, non si può in nessun caso violare il regolamento, che prevede una sola data per l’orale. Al massimo, la prova potrà essere sostenuta in altra sede. Enza, nonostante la sua condizione, accetta e risponde immediatamente alla commissione, dando la sua disponibilità. Ma a quel punto silenzio, nessuna replica.
Un comportamento duramente contestato dal Tar di Catanzaro, che nella sentenza parla di «eccesso di potere derivante da travisamento, erroneità, manifesta illogicità ed omessa valutazione di elementi decisivi». E che oltre agli articoli della Costituzione violati (2, 3, 37 e 51) cita esplicitamente l’articolo 27 del Codice Pari Opportunità, laddove vieta trattamenti discriminatori nell’accesso la lavoro. «È una sentenza fondamentale – commenta la consigliera regionale di parità della Calabria, Stella Ciarletti, che ha sostenuto il ricorso–. Sottovalutare le esigenze della maternità è diventato un comportamento diffuso, un’abitudine. Andava interrotta». Ora Enza potrà sostenere il suo esame.
Viviana Daloiso – avvenire.it
Il regolamento del concorso prevedeva che l’esame orale fosse sostenuto in una sola data: il 13 novembre del 2008. E per Enza, che lo scritto lo aveva passato, ma che era incinta e aveva dato alla luce il suo bimbo proprio il giorno prima della prova, la commissione non ha fatto eccezioni. O quel giorno, o niente. Di nessun valore i telegrammi, le raccomandate, i certificati medici presentati dalla donna.
Enza è stata esclusa. Per fortuna, a porre rimedio all’ingiustizia di due anni fa, ha pensato ieri il Tar di Catanzaro. Che, con una sentenza storica per l’affermazione delle pari opportunità sul lavoro, ha accolto il ricorso della giovane mamma calabrese e annullato il concorso pubblico in questione, indetto dall’Arpacal, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria. Tutto da rifare, secondo i giudici, visto che sono stati palesemente violati «il diritto costituzionale delle donne ad avere un trattamento non discriminatorio, non- ché il diritto alla tutela della maternità». All’epoca dei fatti, l’agenzia aveva pubblicato un bando per la ricerca di due posti come dirigente biologo. Enza supera bene la prova scritta, ma quando escono le date dell’orale rimane spiazzata: l’esame è fissato per il 13 novembre e lei, incinta, sa che proprio quelli saranno i giorni del parto. Così, con largo anticipo, comunica alla commissione dell’Arpacal il suo ‘problema’, allegando il certificato medico e chiedendo il differimento della prova. Niente da fare: cinque giorni prima dell’esame la commissione risponde che no, non si può in nessun caso violare il regolamento, che prevede una sola data per l’orale. Al massimo, la prova potrà essere sostenuta in altra sede. Enza, nonostante la sua condizione, accetta e risponde immediatamente alla commissione, dando la sua disponibilità. Ma a quel punto silenzio, nessuna replica.
Un comportamento duramente contestato dal Tar di Catanzaro, che nella sentenza parla di «eccesso di potere derivante da travisamento, erroneità, manifesta illogicità ed omessa valutazione di elementi decisivi». E che oltre agli articoli della Costituzione violati (2, 3, 37 e 51) cita esplicitamente l’articolo 27 del Codice Pari Opportunità, laddove vieta trattamenti discriminatori nell’accesso la lavoro. «È una sentenza fondamentale – commenta la consigliera regionale di parità della Calabria, Stella Ciarletti, che ha sostenuto il ricorso–. Sottovalutare le esigenze della maternità è diventato un comportamento diffuso, un’abitudine. Andava interrotta». Ora Enza potrà sostenere il suo esame.
Viviana Daloiso – avvenire.it