Brasile: battaglia anti-corruzione delle Chiese alla vigilia delle elezioni

Anche se l’attenzione di tutti gli osservatori è concentrata sui sondaggi per capire chi sarà il successore di Luiz Iñacio "Lula" Da Silva alla guida del Paese, le elezioni politiche e presidenziali del 3 ottobre costituiscono anche un primo banco di prova della cosiddetta "Legge della fedina pulita", varata dal Congresso in maggio per moralizzare le istituzioni. La normativa è frutto del progetto d’iniziativa popolare del Movimento di lotta contro la corruzione elettorale (Mcce), una rete di 44 organizzazioni della società civile, con in testa la Conferenza episcopale (Cnbb) e il Consiglio nazionale delle Chiese cristiane (di cui fanno parte, oltre a quella cattolica, le Chiese luterana, presbiteriana unita, episcopaliana e siro-ortodossa), che avevano raccolto 1 milione e 700 firme, in gran parte grazie alla mobilitazione di diocesi e parrocchie. La "Legge della fedina pulita" impedisce di candidarsi a persone che abbiano subito condanne da parte di un giudice non monocratico (quindi solitamente in appello). Sarà ineleggibile per otto anni colui al quale siano stati comminati almeno due anni di carcere per reati dolosi (dall’omicidio all’acquisto di voti), quand’anche il condannato possa ricorrere a un’istanza giudiziaria superiore, nel qual caso spetterà al Supremo tribunale federale (Stf) esaminare i ricorsi in via urgente. Il divieto varrà anche per i funzionari pubblici licenziati per gravi irregolarità di servizio, i magistrati costretti alla pensione per motivi disciplinari o i parlamentari dimessisi per evitare una condanna definitiva in Cassazione che sola, in base alla legislazione precedente, li avrebbe esclusi da una ricandidatura. Attualmente 130 deputati su 513 e 21 senatori su 81 hanno procedimenti giudiziari pendenti e quasi lo stesso numero è oggetto di indagini da parte del Tribunale dei conti dell’Unione, ma dal 1988 solo uno è stato condannato dal Stf (cui spetta giudicare parlamentari, ministri e presidente della Repubblica), sebbene la corruzione costi alla nazione quasi 40 miliardi di dollari l’anno. La nuova normativa potrebbe escludere fino a 2 mila candidati, soprattutto uomini politici o amministratori locali – compresi alcuni potenti ex governatori – che intendessero farsi eleggere per sfuggire alla giustizia avvalendosi dell’immunità parlamentare. Tuttavia, almeno per questa tornata elettorale, dalla norma restano fuori gli imputati eletti prima di una sentenza di secondo grado, mentre di fatto i parlamentari accusati di reati, ma non ancora condannati dai tribunali ordinari, sono protetti dagli enormi ritardi del Stf. Aperto resta poi il problema della corretta applicazione della legge da parte delle corti di giustizia dei singoli Stati, sui quali spesso i notabili locali esercitano una notevole influenza, col rischio che la nuova normativa si trasformi in un’ulteriore arma politica contro gli oppositori. Come sottolinea l’analista Maria Nassif, «la "Legge della fedina pulita" è ottima. Il problema è che essa deve essere accompagnata da una spoliticizzazione dei tribunali degli Stati, altrimenti si rischiano grandi ingiustizie». A ogni modo, il quotidiano parigino Le Monde ha parlato di «una spettacolare vittoria politica e morale della società civile in un Paese in cui la corruzione e i suoi corollari – nepotismo, clientelismo, favoritismi – corrodono la vita pubblica a tutti i livelli, dai ministri al più modesto consigliere comunale». Un’iniziativa che dimostra le potenzialità della pressione popolare (attivata anche attraverso una petizione sul sito aavaz.org, sottoscritta da circa 3 milioni di persone), rivelatasi capace di imporre l’approvazione all’unanimità di una legge che, solo un mese prima del suo varo, molti giudicavano destinata a rimanere nei cassetti. «La mobilitazione della società, la sua alleanza coi mass media e il dialogo coi parlamentari che onorano il proprio mandato hanno aperto una prospettiva interessante», ha sostenuto Chico Whitaker, della Commissione Giustizia e pace della Cnbb e coordinatore del Mcce. «Possiamo usare i 300 comitati sorti nel Paese per cominciare a discutere una riforma della politica che comprenda temi come il finanziamento pubblico alle campagne elettorali, la fedeltà al partito, le coalizioni, il numero degli incarichi di fiducia in un gabinetto…». E dom Dimas Lara Barbosa, vescovo ausiliare di Rio de Janeiro e segretario della Cnbb, ha chiosato: «Lotteremo sempre più affinché l’etica prevalga nella politica e nella gestione della cosa pubblica».

 Mauro Castagnaro – Jesus 9/2010