Bisceglie Pierdavide soldato per passione Ora il figlio porterà il suo nome

DA BARI GAETANO CAMPIONE  – avvenire.it

Era un soldato. Orgoglioso di indos­sare la divisa e del suo lavoro. Quel­la di Pierdavide De Cillis, 33 anni, il caporalmaggiore artificiere di Bisceglie, morto in Afghanistan, è una storia contro­corrente. Dietro la scelta di arruolarsi nel­l’Esercito non c’era la ne­cessità di trovare un lavoro qualsiasi. Né lui partecipa­va alle missioni all’estero (questa era la settima volta che varcava il confine delle Alpi) per le indennità o per i soldi. De Cillis era diven­tato un «cittadino con le stellette» perché credeva in quello che faceva. Tanto da guadagnarsi la copertina di soldato-immagine dell’E­sercito nel calendario 2002. La moglie, Katia De Lucia, vuole che il ma­rito sia ricordato così. Lei ha trovato la for­za di leggere un messaggio: «Non sono suf­ficienti tutte le parole del mondo per e­sprimere ciò che provo in questo momen­to di dolore. Tuttavia desidero far sapere chi è Davide De Cillis, mio marito. Era un soldato prima di tutto, orgoglioso del suo lavoro, di essere un artificiere, una perso­na che conosceva il rischio ma che, espri­mendo sempre il massimo di ciò che face­va, riusciva ad ottenere il reale apprezza­mento da parte di tutti. Padre, marito, a­mico, fratello e figlio esemplare, vero, sin­cero e autentico». «Oggi vivo il momento del dramma, del do­lore autentico, dei perché senza risposta. Domani, il futuro sarà il vuoto, incol­mabile. Un vuoto triste, fat­to di silenzi e di ricercate ri­sposte da dare a nostra fi­glia Asia e al nostro piccolo Davide al quale racconterò le gesta di Davide De Cillis, caporal maggiore capo del­l’Esercito italiano». La ve­dova, infatti, è incinta al quarto mese e darà il nome del padre al bambino. Poi, l’abbraccio tra Nunzia, la madre del caporal maggiore e la nuora. I parenti di Davide sono partiti su un pullman messo a disposizione dai militari – raggiungeran­no oggi Ciampino per accogliere la salma del congiunto – e hanno voluto sottolineare come, quella del sottufficiale fosse »una passione e non un ripiego».