"Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna"

di CRISTIANA DOBNER
Michela Murgia nel libro Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Torino, Einaudi, 2011, pagine 170, euro 16)

Con una scrittura accattivante, Michela Murgia nel libro Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Torino, Einaudi, 2011, pagine 170, euro 16)
Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Torino, Einaudi, 2011, pagine 170, euro 16)
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affronta una tematica di fondamentale importanza e la conduce, passo passo, su diversi piani che slittano, si confrontano e si riaprono portando riflessioni, pensieri nuovi, testimonianze e spunti teologici. La stessa autrice ne è il filtro principale. Attraverso le sue scelte, dapprima legate all'infanzia e poi, via via, sempre più quelle di donna consapevole, veniamo a scoprire questi piani diversi: la donna Michela, la donna evangelica Maria, che si affrontano e confrontano con la storia di oggi, quella quotidiana della donna nella società e nella Chiesa. I sei capitoli del libro ruotano ciascuno intorno a un argomento preciso, mentre vengono solcati dai suddetti piani mobili e onnipresenti. Ne consegue una visione a tutto tondo della donna evangelica, della donna scrittrice, della donna odierna con tutte le problematiche che costantemente affiorano. Pagine incisive sulla morte e sul suo rifiuto, si alternano ad altre dove l'equilibrio teologico e riflessivo risuona quantomeno limitato e compromesso da una narrazione teologica unilaterale. Tuttavia, il discorso, qualunque discorso (per esempio sul dogma dell'Immacolata concezione), richiede una strumentazione che non sia solo narrativa, ma entri nel percorso storico e, soprattutto, nell'aspetto fondante suo proprio e non soggetto esclusivamente a un'interpretazione di "passaggio", perché troppo influenzata da correnti femministe odierne. Chi, come la sottoscritta, opera nel femminismo della differenza e ha potuto partecipare al convegno "Donna e uomo, l'humanum nella sua interezza" nel ventesimo della Mulieris dignitatem, se accetta l'espressione della coscienza dell'autrice, non può fare a meno di rilevarne il fianco debole e di indicare altre possibili letture del libro della Genesi, con tutta la ricchezza con cui i passi biblici connotano la donna. Occorre poi ricordare alla scrittrice la valorizzazione del sesso perché regolamentare il sesso tra coniugi significa dargli valore e non mortificarlo, perché la Chiesa non è sessuofobica. E, ancora, va sottolineata la grandezza di Giovanni Paolo II con la sua apertura al genio femminile, che non è trovata propagandistica ma realmente un dono alla donna di oggi. Vi sono poi alcuni importanti nodi teoretici e biblici da precisare. La stessa lettura del termine genesiaco etzer ("di fronte"), designando la donna, la costituisce come colei che agisce in nome di Dio, colei che gode della stessa forza e potenza di Dio di fronte all'Adam. Allora la lettura di assoggettamento si svigorisce da sé e balza in primo piano una persona che – come la Persona di Dio e per Suo dono – può agire nei confronti dell'uomo e della sua vicenda storica, come un essere attrezzato per il soccorso. Non è forse dimenticato il dono della teofania di Jahvhè alla sola donna, mentre Adam è colto dal tardemah (dal "sonno"), dono noto a lei sola nella libertà assoluta e che può restituire nella relazione di fede e nella concretezza della storia? Un'esegesi precisa di Maria di Nazaret la dimostra donna della grande battaglia nel suo "confrontare" l'annuncio dell'angelo con la storia in cui il Figlio si andava inserendo. La coscienza cristiana conosce una lucidità sua propria che, ovviamente, non va imposta. Ma coloro che la seguono apprendono ad amarla per la libertà cui conduce e per i frutti che arricchiscono la Chiesa e la società. La stessa testimonianza di Maria Goretti è passibile di una interpretazione ben più profonda. Non si deve, come fa Murgia, ridurla a un'educazione cattolica costrittiva che, in fin dei conti, sembra non rendere la donna donna, mentre la giovane e ignorante Maria possedeva una coscienza cristiana femminile cristallina e coraggiosa che attingeva alla sua fede in Dio, al suo sapersi e sentirsi figlia di Dio con il diritto di difendere la propria dignità femminile e di non cedere alla violenza. Gianna Beretta Molla – che si colloca su di un piano del tutto differente da quello della ragazzina delle paludi pontine, per maturità umana e culturale, per la sua professione di medico e di donna autenticamente innamorata del marito – non si piega a stilemi educativi inculcati dal "patriarcato" ecclesiastico, ma afferma, donando la vita, il valore stesso della vita, giocando sulla propria coscienza in totale pienezza. È conosciuto l'atteggiamento di tendenziale chiusura dei Padri della Chiesa verso la realtà femminile, esito della società e della cultura del tempo, mentre Gesù verso la donna fu tanto accogliente da riservarle quell'annuncio di risurrezione che, se fosse mancato, avrebbe reso vana la nostra fede. Devono invece essere ancora conosciute quelle orme femminili che, riportate alla luce e indicate in un percorso preciso, vengono a costituire la presenza della donna cristiana nei diversi ambiti sociali. Sottolineare, ad esempio, la cura utilizzando i termini filosoficamente altolocati e raffinati di Edith Stein, oppure semplicemente praticarla come fece Rita da Cascia, non significa rinchiudere la donna in una gabbia prescelta dal maschio, ma piuttosto cogliere il fondo dell'animo femminile che esplica questo suo dono in qualsiasi contesto umano e ambiente professionale. Le pagine dedicate all'estetica muliebre risaltano per la loro finezza introspettiva e per la chiarezza diagnostica in un frangente in cui i valori del corpo e della persona vengono stravolti e legati solo all'apparenza e a cosmesi che adulterano e non costruiscono la donna stessa. Le diverse figure di sante che nei secoli si sono succedute smentiscono però la presunta coercizione della donna asserita dal libro. Davvero, da Perpetua e Felicita fino a madre Teresa – passando per Chiara d'Assisi, Teresa d'Avila, Francesca Cabrini, Annalena Tondini – si può affermare, come fa Murgia, "mi disegnano così"? O non è forse vero che sono tutte donne le quali hanno accolto, riconoscendosi nel sì di Maria di Nazaret, il disegno dello Spirito? Scegliendo di radicarsi nella storia del loro secolo con "le ali di fuoco dell'amore", come esortava sant'Ambrogio. (©L'Osservatore Romano 12 giugno 2011)