Armamenti, affondo del papa contro l’aumento delle spese militari: «Pazzia»

«Mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il 2% per cento del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia!».

Papa Francesco torna ancora una volta a denunciare gli investimenti per gli armamenti, rivolgendosi direttamente a quei Paesi europei che fanno parte della Nato e che hanno deciso di aumentare fino al 2% del Pil la spesa militare come la Germania e anche l’Italia (Francia e Regno Unito sono già sopra questa soglia). La scorsa settimana, infatti, la Camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza (contrari Alternativa, Europa Verde e Sinistra italiana) un ordine del giorno proposto dalla Lega che impegna il governo a portare dall’1,5% al 2% del Pil le spese militari entro il 2024 (cioè da 25 a 38 miliardi di euro l’anno). E mercoledì il presidente del Consiglio Mario Draghi lo ha ribadito nelle comunicazioni al Parlamento, alla vigilia degli incontri di ieri a Bruxelles con i vertici Nato, G7 e Consiglio europeo, alla presenza del presidente Usa Joe Biden: «Vogliamo adeguarci all’obiettivo che abbiamo promesso alla Nato», ovvero il 2% del Pil, ha detto il premier a Montecitorio.

«La buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, ma solo da una cultura della cura della persona e della sua dignità e della nostra casa comune», ha detto ieri papa Francesco ricevendo in Vaticano le partecipanti al 31° congresso del Centro femminile italiano. La «guerra vergognosa» che si sta combattendo in Ucraina «è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica», come «dimostra la storia degli ultimi settant’anni»: ci sono state diverse «guerre regionali» e ora «questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero». Ma il problema di base è lo stesso, ha aggiunto il pontefice: «si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri». Invece «la vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato, non facendo vedere i denti come adesso, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».

«Papa Francesco ieri ha ripetuto quello che ha detto più volte nelle ultime settimane e che ripete da tempo, come per esempio al convegno sul Mediterraneo frontiera di pace organizzato dalla Cei a Bari tre anni fa: “nelle convenzioni internazionali tanti Stati parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi in guerra, questa è la grande ipocrisia”», spiega al manifesto don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi. E aggiunge: «Quelli che hanno le mani spellate per i troppi applausi che hanno fatto al papa cosa dicono in questi giorni? Nulla! Sulle spese militari e sul commercio delle armi c’è un silenzio tombale. Verrebbe da pensare che la lobby delle armi sia cosi influente da riuscire a portare tutti dalla propria parte, ma non si può dire perché non ci sono le prove». Intanto si prepara una «missione di pace» – vera – da parte di alcune organizzazioni nonviolente e pacifiste del mondo cattolico e laico, come Comunità papa Giovanni XXIII, Rete italiana pace e disarmo, Pax Christi, Beati i costruttori di pace, Focsiv e Un ponte per. «Vengono momenti in cui “la pace attende i suoi artefici” e noi non possiamo disattenderla, non vogliamo restare spettatori e sentiamo l’obbligo di esporci in prima persona», spiegano le associazioni che il primo aprile partiranno per l’Ucraina, «per testimoniare con la nostra presenza sul campo la volontà di pace e per permettere a persone con fragilità, madri sole e soprattutto bambini, di lasciare il loro Paese in guerra e raggiungere l’Italia».
di Luca Kocci – Il Manifesto