Ambiente dono da rispettare

Il settimo comandamento esige il rispetto dell’integrità della creazione (Catechismo 2415)
L’attività economica, con cui l’uomo adatta a sé il creato, non è un dominio indiscriminato e abusivo. La signoria sul creato, accordata a lui dal Creatore, «esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione» (ivi). In questa l’uomo deve vedere il dono di Dio all’umanità di tutte le terre e di tutti i tempi. Così da consentire a tutti di beneficiarne, e non precluderne il beneficio con un uso predatore e inquinante. È questo un peccato contro Dio, del cui dono ci si appropria in maniera egoista e furtiva. E contro il prossimo – soprattutto delle future generazioni – privato di beni a lui destinati.
La sollecitudine ecologica deve essere nelle sensibilità etiche di tutti. Oggi più che mai e in modo impellente, per gli estesi e massicci interventi dell’uomo sul creato, l’espansione crescente dei consumi, la cultura dello spreco e del superfluo, gli squilibri ambientali in atto. Si prelevano risorse dal creato e si scaricano rifiuti, che la natura non riesce a smaltire. Questo dissesto è un evento umano, non naturale. Deve essere l’uomo a porvi rimedio. Per prima con una conversione morale e culturale: dall’indifferenza alla premura per il creato, dallo sperpero consumista al consumo sobrio ed ecocompatibile. E poi con politiche di risanamento ambientale e di giustizia ecologica a monte dei prelievi e a valle degli smaltimenti. Ponendo il rispetto dell’integrità della creazione come esigenza del settimo comandamento, il Catechismo ne fa un dovere di giustizia: occorre farsi carico dei costi ecologici. Non pagarli ma scaricarli su altri è un furto.
Tutti i beni del creato sono destinati all’uomo e affidati alla sua cura amorevole. In particolare gli animali, dotati di sensibilità, con cui l’uomo entra in relazioni di empatia. È legittimo servirsi di essi, ma mai abusare. Bisogna rispettare i legittimi interessi degli animali ed evitare loro sofferenze inutili e incresciose. Al tempo stesso occorre evitare quella sopravvalutazione degli animali che arriva a equipararli alle persone e a curarsi di essi più di queste.

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