Adozioni, non si sceglie l'etnia del nuovo figlio

«Il decreto di idoneità all’adozione non può essere emesso sulla base di riferimenti alla etnia dei minori adottanti, nè può contenere indicazioni relative a tale etnia». Lo ha stabilito ieri la Corte di Cassazione, che si è pronunciata su un caso sollevato dall’Aibi, associazione che si occupa di adozioni internazionali. L’Aibi si era rivolta alla Suprema corte dopo che un Tribunale della Sicilia aveva accordato l’idoneità ad una coppia di genitori nonostante si fossero rifiutati di adottare un bimbo di colore. D’ora in poi, dicono gli ermellini, scelte razziste di questo tipo non dovranno più essere ammesse. «Il bisogno di genitorialità dal quale nasce l’iniziativa del rapporto adottivo – si legge nella sentenza, che accoglie il ricorso della Procura della Cassazione – deve coniugarsi con l’accettazione della identità e della diversità del minore nell’ottica del perseguimento dei diritti fondamentali di questo». Un presupposto che, a detta dei supremi giudici, deve costituire «il criterio guida cui deve uniformarsi ogni percorso decisionale relativo ai minori, sia esso di competenza delle istituzioni pubbliche e private di assistenza sociale o dei giudici, delle autorità amministrative o degli organi legislativi». In sostanza, secondo la Cassazione, un giudice che si trovi davanti genitori che vogliono adottare un bimbo in base al colore della pelle, non può ignorare le «carenze nella capacità di accoglienza e inadeguatezza rispetto alle peculiarità del percorso di integrazione del minore straniero». Un percorso che, sottolineano ancora i magistrati di piazza Cavour, «proprio perchè si tratta di soggetto proveniente da comunità diversa per lingua, cultura, tradizioni, etnia, presenta particolari difficoltà connesse al radicale mutamento del contesto socio-culturale che gli è proprio». E quindi, semmai, ha necessità di una maggiore e non minore capacità di accoglienza, indipendentemente dal colore della pelle. A questo riguardo, scrivono sempre i giudici della Cassazione, il Tribunale dei minorenni, «oltre ad escludere la legittimità delle limitazioni poste dai richiedenti alla disponibilità all’adozione in funzione dell’etnia del minore, dovrà porsi anche il problema della compatibilità della relativa indicazione con la configurabilità di una generale idoneità all’adozione». In sostanza, la coppia che dovesse manifestare apertamente la preferenza per un’etnia piuttosto che un’altra, potrebbe anche incorrere nel giudizio di non ideoneità all’adozione. In proposito, proprio per accompagnare le coppie nel lungo e, a volte, faticoso cammino dell’adozione, la stessa Cassazione riconosce il «ruolo fondamentale» dei servizi sociali che, «guidando la coppia verso una più profonda consapevolezza del carattere solidaristico e non egoistico della scelta dell’adozione, possa prevenire opzioni di impronta discriminatoria, fornendo un sostegno psicologico che favorisca il superamento delle difficoltà cui gli aspiranti all’adozione vanno incontro vuoi per l’impreparazione all’accoglienza di un bimbo che non sia a propria immagine, vuoi per il timore di fenomeni di xenofobia che espongano a rischio l’integrazione del minore nell’ambiente sociale e creino in lui problemi di disadattamento». E concludono: «Laddove per ragioni oggettive l’inserimento del fanciullo nel contesto socio-culturale della famiglia di accoglienza si rivelasse contrario al suo “best interest”, non si darebbe neanche luogo alla adozione che questo interesse postula». Paolo Ferrarrio – avvenire