5 lezioni da non dimenticare quando parliamo di Sinodo e sinodalità

Sinodo

1. Dalla riforma del Sinodo (dei vescovi) alla sinodalità

Quando, nell’ottobre 2014, nacque il blog L’Indice del Sinodo (ora confluito come rubrica in Re-blog.it) per accompagnare il primo dei due Sinodi indetti da papa Francesco sulla famiglia, scrivevamo che «parlare di questo Sinodo» significava «ridare vigore e futuro alla stagione del Concilio». Infatti, con quell’evento non solo s’apriva la stagione del ripensamento dello strumento «Sinodo dei vescovi» a un reale confronto e a una maggiore partecipazione di tutto il corpo ecclesiale, ancorché confinata in alcuni momenti; ma anche si riprendeva un’istanza (la sinodalità, appunto) sviluppate dal Concilio e poi mai ripresa in forma compiuta o rielaborata concretamente nella vita delle Chiese locali.
Occorre essere consapevoli – scrive papa Francesco al n. 5 di Episcopalis communio, «che lo Spirito è elargito a ogni battezzato» e che si deve dare ascolto alla «voce di Cristo che parla attraverso l’intero popolo di Dio, rendendolo “infallibile in credendo” (esort. ap. Evangelii gaudium, n. 119)».

2. Su Sinodo e sinodalità si è sviluppata un’ampia letteratura (da leggere)

Dal punto di vista del magistero, i testi-base sono:

  • 1 ottobre 2018: istruzione sulla celebrazione delle assemblee sinodali e sull’attività della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi (norme applicative di Episcopalis communio).
  • 18 settembre 2018: costituzione apostolica Episcopalis communio sul Sinodo dei vescovi.
  • 17 ottobre 2015: il discorso di papa Francesco alla Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi.
  • 29 settembre 2006: promulgazione della versione aggiornata da Benedetto XVI dell’Ordo Synodi episcoporum.
  • 1967 promulgazione dell’Ordo Synodi episcoporum.
  • 15 settembre 1965: motu proprio Apostolica sollicitudo con il quale Paolo VI istituisce il Sinodo del vescovi.

Per quanto riguarda l’approfondimento e la riflessione teologica Il Regno ha pubblicato: di Severino Dianich «Chiesa, carismi e sinodalità: attraversati dalla storia» (Regno-att. 16,2019,493); di Rafael Luciani e Serena Noceti «L’Italia verso il Sinodo. Imparare un’ecclesialità sinodale» (Regno-att. 8,2021,257); di Hervé Legrand «La sinodalità non s’improvvisa» (Regno-att. 8,2021,265).

3. La sinodalità «dal basso» è stata spinta specialmente dallo scandalo della pedofilia

Nel febbraio 2020 si è aperta in Germania la I Assemblea del Cammino sinodale, con 4 forum (donna nella Chiesa, morale sessuale, il potere, la figura del sacerdote; cf. Regno-doc. 5,2020,158) che riflettono su altrettanti aspetti chiamati in causa dallo scandalo della pedofilia, così come sono stati messi in luce dalle inchieste diocesane e nazionali.
In Australia, dopo due anni di preparazione, nell’ottobre 2020 si è aperto un concilio plenario, il secondo dopo quello del 1937, come tentativo della Chiesa locale di dare risposta all’enorme crisi di sfiducia apertasi dopo le rivelazioni delle violenze sessuali sui minori e il lungo processo aperto dalle audizioni della Royal Commission (cf. Regno-doc. 15,2021,485). Stesse motivazioni che hanno portato anche la Chiesa irlandese a indire un Sinodo nel 2021.
A latere – nel senso che sono esperienze nate dalle Chiese locali non direttamente sulla spinta degli scandali – ci sono poi l’esperienza dell’Assemblea ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi (Città del Messico, 21-28 novembre 2021; cf. Regno-att. 22,2021,683) e l’Assemblea dei laici in Spagna (14-16 febbraio 2020; cf. Regno-att. 6,2020,143).

4. Domanda: siamo capaci di dialogare? Ovvero, come gestiamo il disaccordo?

Già nell’ottobre del 2014 papa Francesco a inizio Sinodo invocava tre doni: quello dell’ascolto; quello della disponibilità al confronto sincero (poi precisato nell’invito a «parlare con parresia» e ad «ascoltare con umiltà»); quello dello sguardo fisso su Gesù, il solo atteggiamento che consenta di «tradurre il lavoro sinodale in indicazioni e percorsi per la pastorale della persona e della famiglia».
Poi, anche memore degli scambi non sempre fraterni che avvenivano dentro e fuori dal Sinodo, nel discorso in occasione 50° anniversario del Sinodo dei vescovi Francesco chiedeva di dare attenzione «al sensus fidei del popolo di Dio», ma anche di saperlo «distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica».
Sarebbe bene rileggere «La lezione del Vaticano II. Diversità e disaccordo nella Chiesa» di Joseph A. Komonchak (Regno-att. 4,2021,121): infatti, qui è sotteso un punto cruciale sul quale oggi si pongono le maggiori resistenze quando il papa chiede di vivere la sinodalità e quando le Chiese locali s’accingono a praticarla: il rapporto tra comunione e diversità.
In effetti lo stesso Francesco, in un appunto presentato da La Civiltà cattolica (5 settembre 2020), afferma che vi è il rischio che negli attuali sinodi il «cattivo spirito» condizioni «il discernimento, favorendo posizioni ideologiche (da una parte e dall’altra), favorendo estenuanti conflitti fra settori e, quel che è peggio, indebolendo la libertà di spirito così importante per un cammino sinodale».
Così, se da un lato sulle discussioni più spinose del Sinodo per l’Amazzonia (come l’ordinazione dei viri probati), il papa ha detto che non c’era stato «nessun discernimento», giustificando così l’aver avocato a sé la responsabilità di rimandare ogni decisione, rimane aperto il campo sul che fare quanto alle decisioni scaturite nei sinodi delle Chiese locali.
E qui torna in campo la questione della Chiesa tedesca.

5. Un fantasma s’aggira per il Sinodo. Ovvero: la sinodalità non è scontata

Ormai pare sia diventato il bersaglio preferito di chi della sinodalità proprio non vuol sentire parlare: il Cammino sinodale tedesco viene additato come esempio di totale cedimento allo spirito del mondo. Così le accuse del presidente dell’episcopato cattolico polacco e della Conferenza dei vescovi dei paesi nordici, di cui abbiamo parlato qui; ma anche – l’11 aprile – la lettera aperta (fraterna, s’intende!) di 74 prelati prevalentemente statunitensi e africani (con il curioso caso dei vescovi della Tanzania al completo) che accusano i testi prodotti dal Cammino sinodale d’essere influenzati «dall’analisi sociologica e dalle ideologie politiche contemporanee, inclusa quella del “gender” [sic]».
I documenti su cui i partecipanti hanno discusso e che poi sono stati votati – dicono in particolare i 74 presuli – «guardano alla Chiesa e alla sua missione attraverso le lenti del mondo piuttosto che attraverso le lenti delle verità rivelate nella Scrittura e nell’autorevole Tradizione della Chiesa». Interessante notare che le argomentazioni sono le medesime portate dai critici del Rapporto finale della Commissione indipendente francese (CIASE) sulla pedofilia (cf. Regno-att. 4,2022,79).
Mons. Bätzing ha dunque nuovamente risposto – il 14 aprile sul sito della Conferenza episcopale tedesca – ribadendo che la decisione d’intraprendere il Cammino sinodale è stata dettata dalla necessità d’affrontare le cause sistemiche degli abusi e del loro insabbiamento (cf. sopra, lezione n. 3), come «tentativo di rinnovare da parte nostra un annuncio credibile della buona novella». E domanda ai confratelli in che modo essi hanno pensato di rispondere a questo problema, in particolare all’abuso di potere, che da un lato è il pilastro sul quale s’innestano tutte le altre violenze e dall’altro è lungi da essere un problema ormai risolto.
«La partecipazione dei fedeli alle decisioni a tutti i livelli dell’azione ecclesiale (…) non danneggerà in nessun modo l’autorità del ministero gerarchico, ma credo anzi gli darà una nuova fondata accettazione presso il popolo di Dio».
Bätzing ha ammesso che ci sono state opinioni molto diverse su questioni come la benedizione delle coppie dello stesso sesso o l’ordinazione di donne diacono o sacerdoti; ma mentre le decisioni sinodali che riguardano la Chiesa tedesca saranno approvate ed entreranno in vigore, quelle che riguardano la Chiesa universale saranno considerate e offerte come proposte per la discussione comune.