30 anni dall'omicidio di monsignor Romero, Arcivescovo di San Salvador

di Gilberto Hernández García

SAN SALVADOR, lunedì, 22 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il 24 marzo ricorreranno 30 anni da quel fatidico giorno in cui la vita di monsignor Oscar Arnulfo Romero, allora Arcivescovo di San Salvador, fu stroncata sull’altare, mentre celebrava l’Eucaristia nella cappella dell’ospedale per malati di cancro Divina Provvidenza della capitale salvadoregna, nel contesto della cruenta guerra civile vissuta nel Paese centroamericano.

Il 15 agosto dello scorso anno (92° compleanno di monsignor Romero), la Chiesa cattolica salvadoregna ha avviato un ampio programma di attività commemorative sul tema "Monsignor Romero, speranza delle vittime", che ha incluso, oltre al congresso teologico "A 30 anni dal martirio di monsignor Romero: conversione e speranza", una serie di conferenze, marce, pellegrinaggi, celebrazioni liturgiche, l’emissione di francobolli con la sua immagine, l’esibizione di materiali filmati, la tradizionale Veglia della Luce e altre iniziative.

"Celebrare monsignor Romero è riportare al presente i suoi appelli alla trascendenza, al rifiuto dei nuovi idoli che assillano la società attuale, ad assumere la nostra fede con una profonda dimensione storica e a vedere nei volti vecchi e nuovi dell’esclusione il volto di Dio", ha dichiarato la Fondazione Romero in un comunicato.

Al fianco delle vittime

Il Cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nell’introduzione al libro "Oscar Romero: un Vescovo tra guerra fredda e rivoluzione", afferma che l’Arcivescovo salvadoregno "è stato assassinato per aver denunciato la violenza delle parti" coinvolte (il Governo e la guerriglia).

"Lo hanno ucciso in una società che precipitava confusamente nella guerra civile, perché durante molto tempo si era elusa la richiesta di giustizia e alla fine sia una parte che l’altra vedevano solo la soluzione delle armi".

"Dopo aver dedicato tutta la sua vita al servizio di Dio, Romero è diventato un profeta di giustizia e di pace. Le sue omelie, trasmesse via radio, erano seguite da tutto il Paese, da amici e avversari, perché Romero diceva la verità… perché era una voce umana, religiosa, fraterna. […] Riteneva che fosse suo dovere parlare con decisione a favore della pace, della giustizia, della riconciliazione".

Monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, postulatore della cuasa di beatificazione del Vescovo salvadoregno, ha detto due anni fa a "L’Osservatore Romano" che "monsignor Romero fu vittima della polarizzazione politica, che non lasciava spazio alla sua carità e pastoralità".

"Avverso sia alla violenza espressa dal governo militare sia a quella espressa dall’opposizione guerrigliera, visse come pastore il dramma del suo gregge".

Sul quotidiano vaticano, il presule aggiungeva che, al di là di ciò che si dice, monsignor Romero contava sulla solidarietà di due Pontefici (Paolo VI e Giovanni Paolo II), come documenta il diario dello stesso Vescovo, e ciò rappresenta un punto fermo per il processo di beatificazione.

Monsignor Paglia ricordava che lo stesso Giovanni Paolo II ha riconosciuto pubblicamente la sua figura quando ha visitato la sua tomba, e anche quando lo ha citato tra i martiri del XX secolo, pregando per l’"indimenticabile monsignor Oscar Romero, assassinato sull’altare".

La Giornata di monsignor Romero

Nel contesto del 30° anniversario dell’omicidio, l’Assemblea Legislativa di El Salvador ha approvato il 4 marzo scorso un decreto che istituisce il 24 marzo come "Giornata di monsignor Oscar Arnulfo Romero y Galdámez", con il beneplacito della Chiesa cattolica, delle Chiese storiche presenti nel Paese e di molte organizzazioni sociali.

La causa di beatificazione di Oscar Arnulfo Romero, i cui resti giacciono nella Cattedrale metropolitana della capitale salvadoregna, ha iniziato nel 1994 il suo processo diocesano, terminato nel 1996.

Il processo è stato presentato alla fase vaticana nello stesso anno, e nel 1997 è stato ricevuto da Roma il decreto attraverso il quale si accettava la causa come valida, visto che tutti i passi del processo diocesano sono stati compiuti secondo le norme stabilite.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]