La Chiesa? Sempre a fianco dei poveri inediti «Gli emarginati sono carne della sua carne. Essa è criticata e sbeffeggiata: è la non-amata, la rifiutata dal mondo»: la testimonianza del prete fondatore del movimento Atd Quarto Mondo

DI JOSEPH WRESINSKI  – avvenire.it

La Chiesa non si disinteressa dei più poveri, non può. Certamente talvolta se ne discosta, ma questo bisogna comprenderlo. La miseria si presenta come il contrario della grazia. Per coloro che non conoscono l’uomo che la vive, quest’ultimo appare non come uomo del dolore, ma come uomo del disprezzo, del rigetto. Uomo a rischio, ignorante e disperato, che vive in una famiglia schiacciata, egli è allo stesso tempo divenuto un disturbatore per le nostre coscienze ben pulite ma indebolite e talora codarde. Come vederlo di primo acchito quale nostro eguale? Il che sarebbe permettergli di porre tante domande su noi stessi, sulla società di cui siamo parte pregnante, su tutto quel che viviamo e crediamo. Ammetteremmo così che egli porta i nostri peccati e vedere in lui un nostro eguale ci obbligherebbe in qualche modo ad abbracciare il lebbroso. Il cristianesimo, è vero, dovrebbe permettere un tale eroismo a tutti coloro che contamina. Non è più il tempo in cui si dava un significato al mendicante, al povero sfigurato, e in cui il lebbroso era proclamato figlio di Dio. La Chiesa proclama sempre che i più poveri sono carne della sua carne, la sua realtà profonda. Non è evidente che la Chiesa viva ciò senza debolezza. Io non ne sono però né angosciato né spinto alla rivolta. La Chiesa è i più poveri. Lo è per essenza. Anche i più poveri, presto o tardi, in modo più o meno concreto e duraturo, più o meno furtivo o pubblico, saranno riconosciuti da lei e accolti come i primi. La Chiesa è condannata, se posso dirlo, attraverso la sua storia, a ricordarsi, a riprendere coscienza della realtà che essa è, povertà, disprezzo, esclusione; che essa stessa è la non-amata, la rifiutata dal mondo. (…) Gesù, l’uomo più povero, è il contrario del miserabilismo. Egli ha preso la condizione dello schiavo, della miseria più totale, per affermare che mai l’uomo può essere scalfito. Che l’uomo rimane sempre libero di liberare i suoi fratelli. Noi non diciamo forse abbastanza che Gesù non è venuto semplicemente a liberare l’uomo. Egli è venuto e si è circondato di poveri che avrebbero liberato, con lui, gli uomini. Egli ha voluto che essi volessero, con lui, la liberazione di tutti, dei ricchi tanto quanto dei poveri. Ciò nonostante, noi dobbiamo innanzitutto riconoscere la scelta del Signore di assumere pienamente la condizione dell’uomo più disprezzato, stavo per dire: dell’uomo sottoproletario. Egli non lo fece solamente al momento della sua nascita e della sua morte, ma per tutta la sua vita. Egli ha vissuto da uomo misconosciuto e rigettato e ne aveva le maniere, il modo di reagire agli uomini e agli eventi. Le sue parole, le sue risposte, i suoi atti, tutto in lui denuncia l’uomo costantemente disprezzato. I Vangeli ci dipingono Gesù Cristo realmente a disagio nel mondo, come lo sono i sottoproletari oggi, sofferente come loro, poiché egli si comporta come loro di fronte al suo ambiente e si attira gli stessi sguardi e commenti. In tutto ciò Cristo non simulava, era loro. La Chiesa non è per questo una corte dei miracoli, una comunità rivolta su se stessa. Essa è l’essere stesso del Signore che, povero egli stesso, ha voluto che i più poveri fossero i difensori dei diritti di Dio, dunque dei diritti dell’uomo, che essi amano abbastanza per sacrificare la loro vita per tutti gli uomini. Gesù non ha semplicemente ricordato i diritti di tutti gli uomini perché essi sono figli di Dio. Egli ha voluto, grazie ai poveri, creare il contagio dell’amore. Perché l’amore corre un rischio calcolato su ciò che intralcia, blocca, impedisce l’essenziale. La Chiesa è il Signore che, per amore, si fa miserabile, ridicolizzato, perseguitato ed escluso. Per lui, i diritti dell’uomo si fondano nell’amore, altrimenti essi sono raggiro e oppressione indiretta. Perché i poveri conservino la loro autenticità e siano salvatori, egli non ha cessato di insegnare, di condividere l’amore, per tutto il tempo della sua vita sulla terra. Perché nessun uomo si perda, egli li ha impegnati a sacrificare la loro vita come egli ha sacrificato la sua. Solo i poveri, però, potevano accettare subito di pagare un tale prezzo. «Padre mio, ti ringrazio perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai potenti e le hai rivelate agli umili». Sì. La Chiesa è quella che il mondo sbeffeggerà, quella di cui non vorrà sapere. Io l’ho scoperto quando ero ancora bambino, cresciuto da mia madre, la donna più povera del quartiere Saint-Jacques ad Angers. Io ho imparato ad amare la Chiesa, perché mia madre era una donna di preghiera. Ogni mattina, mi mandava al Buon Pastore. Vi sono stato accolito dai 4 agli 11 anni. Amavo la bellezza della Chiesa, la serenità delle religiose. Malgrado ciò, per quanto bambino, presentivo la fragilità di quella comunità, la sua separazione con il quartiere. Mi dicevo: sono state già cacciate altre volte, può ancora succedere loro. Ricordiamo che, a quell’epoca, molti non nascondevano la loro ostilità alla Chiesa. Anche il vedere sempre le stesse persone a messa, il numero assai piccolo di uomini che vi assistevano, vedere il direttore della scuola detta «laica» frequentare un’altra parrocchia, per paura di essere giudicato male… questo mi faceva riflettere molto. Nella strada, dovunque, dei manifesti ridicolizzavano i religiosi, le religiose. Talora, dai commercianti, ci si burlava dei «bigotti». Il divario era grande fra il quartiere e quella chiesa che si trovava in mezzo. Certamente, si salutava il signor Curato per strada, ma io sentivo che tutto ciò non era affatto sincero. Mi dicevo: «Per tutte queste persone, la Chiesa non è niente». Crescendo, la debolezza della Chiesa mi appariva ancora più evidente: era talmente criticata e denigrata. Vedevo i sacerdoti e le religiose oggetto di beffe e anche, talora, insultati per strada. Quando, attorno al Vaticano II, sentii di nuovo accusare la Chiesa di essere pretenziosa, di possedere denaro e potere, sapevo che non era vero. Avevo subito io stesso troppi affronti, insulti alla mia veste per ingannarmi sulla potenza della Chiesa. Se i cristiani dessero prova di memoria, saprebbero che la Chiesa, come Gesù e i poveri, è alla mercé di tutti i poteri finanziari, politici e ideologici.