In pellegrinaggio sui passi del nostro beato Rolando, da San Valentino a Marola

in la liberta.info

“Un gesto altamente educativo”. Così il nostro vescovo Massimo Camisasca definisce il pellegrinaggio diocesano proposto a tutti, e in particolare a studenti e universitari, sabato 1 e domenica 2 settembre 2018. Un cammino in compagnia, per affidare il nuovo anno scolastico al materno amore della Madonna e all’intercessione del Beato Rolando.
“Lungo il Cammino – prosegue il vescovo Massimo nella lettera di presentazione e di invito all’evento – i giovani saranno chiamati ad alzare lo sguardo verso alcune delle cime più belle dell’Appennino emiliano in cui riverbera la bellezza del creato; impareranno a muoversi verso una meta seguendo i passi di chi guida; vivranno un’intensa esperienza di vita comunitaria, nell’amicizia gioiosa, nell’aiuto reciproco, nel canto, nella preghiera”.
Per sottolineare l’importanza del gesto, il nostro Vescovo guiderà personalmente l’ultima parte del Cammino di Rolando, e, all’arrivo, entrerà con i pellegrini nella chiesa di Santa Maria Assunta a Marola, dove domenica 2 settembre celebrerà la Messa alle ore 12.00.

Seguiranno il pranzo, presso il Centro diocesano di spiritualità “Seminario di Marola”, e la festa insieme: il primo Rolando’s way awards party, con tutti i partecipanti e con coloro che saranno andati ad accoglierli.

 

“Sarà una gita affascinante – conclude Camisasca – ma non una gita come le altre, perché contiene una ricchezza più grande”.
La bellezza dei luoghi attraverso cui si svolge il Cammino sorprenderà spesso i pellegrini, come nel tratto suggestivo che va dal Lago dei Pini al Mulino del Tasso, oppure lungo la Faggiola, con una visuale panoramica su tutto l’arco dell’Appennino emiliano, dalla provincia di Parma a quella di Bologna, o ancora l’antico oratorio di San Giacomo, tra il verde dei castagni al margine di un dirupo.
Il Cammino di Rolando ha una lunghezza complessiva di 32 chilometri, immersi nella natura, lungo gli antichi sentieri matildici. Non vi sono difficoltà particolari da superare, ma è bene che i partecipanti abbiano una certa abitudine alle camminate, o un discreto allenamento sportivo.

L’equipaggiamento necessario è semplice: zaino, borraccia, scarpe adatte per escursioni, giubbotto impermeabile, tipo k way, mantella, berretto, sacco a pelo e quanto occorrente per il pernottamento in tenda (nella notte tra sabato e domenica). Le tende devono essere fornite alla partenza dai partecipanti, ma, per rendere più agevole il percorso, verranno trasportate alle diverse mete da un furgone, insieme agli zaini.

Si parte sabato 1 settembre, alle ore 8 (ritrovo ore 7,30), dalla Pieve di San Valentino (via Rontano 7, Castellarano) per raggiungere, domenica 2, la chiesa di Santa Maria a Marola (Carpineti).

L’iniziativa è promossa dalla Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, dal Comitato Amici di Rolando Rivi e dagli Escursionisti del Gers.

Custodia del creato: il messaggio della Chiesa italiana. Veglia diocesana sabato 1 settembre alle 21 a Masone

L’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del Lavoro, diretto da Chiara Franco, condivide con i lettori il messaggio per la 13a Giornata nazionale per la Custodia del creato, che si celebra il 1° settembre: è stato scritto da due Commissioni episcopali: quella per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace e quella per l’Ecumenismo e il Dialogo. Sabato 1 settembre alle 21 la veglia diocesana sarà ospitata dalla chiesa parrocchiale di Masone (si veda la locandina).

“Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno” (Gen. 8, 22). Con queste parole la Scrittura indica nell’alternanza dei tempi e delle stagioni un segno di quella stabilità del reale, che è garantita dalla fedeltà di Dio. Il successivo capitolo di Genesi simboleggerà tale realtà con l’arcobaleno: “Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future»” (Gen. 9, 12). L’arco nel cielo richiama il dono della terra come spazio abitabile: Dio promette un futuro in cui l’umanità e gli altri viventi possano fiorire nella pace.

Contro la rassegnazione

Oggi, però, ci sentiamo talvolta come se tale alleanza fosse intaccata: sempre più spesso la nostra terra – città, paesi, campagne – è devastata da fenomeni atmosferici di portata largamente superiore a ciò che eravamo abituati a considerare normale. Anche gli ultimi mesi hanno visto diverse aree del paese sconvolte da eventi metereologici estremi, che hanno spezzato vite e famiglie, comunità e culture – e le prime vittime sono spesso i poveri e le persone più fragili. Le stesse storie narrate da tanti migranti, che giungono nel nostro paese chiedendo accoglienza, parlano di fenomeni inediti che colpiscono – in modo spesso anche più drammatico – aree molto distanti del pianeta. Né il cambiamento climatico è l’unica minaccia legata alla crisi socio-ambientale: si pensi all’inquinamento diffuso ed ai drammi che talvolta esso porta con sé.

Così talvolta si fa strada un senso di impotenza e di disperazione, come fossimo di fronte ad un degrado inevitabile della nostra terra. Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’ invita però a non cedere alla rassegnazione. Proprio quei nn. 23-26, che testimoniano della gravità del mutamento climatico in atto, mettendo in guardia contro forme di negazionismo antiscientifico, evidenziano anche come esso sia legato in gran parte a comportamenti umani, che possiamo modificare. Il II capitolo della stessa Enciclica sottolinea d’altra parte come quel mondo creato, che ci è dato come dono buono, sia anche affidato alla cura delle nostre mani, per custodirne l’abitabilità preziosa. E c’è negli esseri umani “una capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori” (Enciclica Laudato si’, n.205).

laliberta.info

Messico. Trovato morto il sacerdote scomparso da giorni nel Michoacán

Trovato morto il sacerdote scomparso da giorni nel Michoacán

È stato trovato sabato scorso senza vita il corpo di padre Miguel Gerardo Flores Hernández, il sacerdote messicano della congregazione dei Missionari della Sacra famiglia, che era stato visto per l’ultima volta sabato 18 agosto nella zona di Uruapan, città dello Stato del Michoacán, nel territorio della diocesi di Zamora. Il religioso aveva celebrato la messa nella località di Matanguaran. Poi di lui non si era più saputo nulla, tanto che i religiosi della sua comunità, a Buenavista Tomatlán, e in particolare il parroco padre José Luis Segura, avevano denunciato alla Polizia la sua scomparsa.

Il corpo del sacerdote è stato trovato già in avanzato stato di decomposizione nella località di Nueva Italia, nel comune di Múgica. La morte di padre Flores è stata confermata in un comunicato dall’arcidiocesi di Morelia, nella quale si esprime la propria vicinanza ai Missionari della Sacra Famiglia e ai familiari del sacerdote ucciso.

Padre Flores Hernández era attualmente vicario parrocchiale nella parrocchia di Santa Caterina d’Alessandria, a Jucutacato (diocesi di Zamora). Non risulta che avesse ricevuto minacce.

avvenire

L’annuncio. Sarà Roma a ospitare nel 2021 l’Incontro mondiale delle famiglie

Genitori e figli all'Incontro mondiale delle famiglia a Dublino (foto Zunino)

Le famiglie del mondo tornano a Roma. Sarà la capitale italiana ad ospitare nel 2021 la decima edizione dell’Incontro mondiale delle famiglie. L’annuncio del Papa è arrivato nell’ultima giornata dell’appuntamento in terra irlandese. Una scelta che, se da una parte, interrompe l’alternanza tra i continenti rispettata fin dalla prima edizione, assicura però ampie garanzie per quanto riguarda gli standard organizzativi e la qualità dei contenuti. Aspetti che, dopo le straordinarie giornate milanesi del 2012, non sempre sono stati accompagnati con le attenzioni necessarie nelle ultime due edizioni. D’altra parte, il carico di competenze richiesto ormai agli Incontri mondiali, con approfondimenti che nella logica di Amoris laetitia investono argomenti, temi, problemi a 360 gradi (pastorale, teologia, spiritualità, psicologia, politica, scienza, antropologia, economia, sociologia, sport, medicina e tanto altro ancora) rendono disagevole avventurarsi in aree geografiche non del tutto collaudate. Un conto è la logica missionaria, un altro è garantire a questi Incontri mondiali quel livello di specializzazione e di qualità che, al di là delle difficoltà organizzative, danno senso all’evento e ne giustificano gli oneri. Da qui la scelta di un “usato sicuro” come Roma.

da Avvenire

Quando nei giorni scorsi il Papa – consapevole della complessità di quest’opera – ne ha parlato con il cardinale Angelo De Donatis, vicario per la diocesi di Roma, è apparso evidente che la volontà del Pontefice aveva già preso forma. E così da domani si metterà in moto la grande macchina dei preparativi. «Abbiamo poco più di due anni, sarà un’impresa di grande responsabilità – ha osservato a caldo monsignor Andrea Manto, responsabile del Centro famiglia della diocesi di Roma – non solo perché si tratterà della decima edizione, ma perché da Roma ci si attende giustamente il massimo». Tutti da definire luoghi e spazi, ma nella Capitale non mancano le strutture adeguate. Certo, le esperienze delle due precedenti edizioni romane (1994 e 2000), importanti a livello simbolico, non possono rappresentare riferimenti importanti sul piano organizzativo. Troppi anni sono trascorsi e troppe prospettive sono cambiate da quei giorni. Solo il significato ideale dell’Incontro mondiale delle famiglie rimane immutato.

Com’è noto Giovanni Paolo II prese la decisione di radunare una grande assise delle famiglie cattoliche all’indomani dell’annuncio dell’Onu che aveva indicato il 1994 come anno internazionale della famiglia.Non fu, quella di papa Wojtyla, una scelta in contrapposizione, come spesso si ricorda. Ma un contributo all’arricchimento del tema. Il cardinale Lopez Trujillo, allora presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ebbe parole calde di riconoscenza e di apprezzamento per la decisione dell’Onu. E nel giugno 1993 Giovanni Paolo II annunciò, ricevendo i partecipanti al Congresso internazionale di Famiglie Nuove dei Focolari, una grande mobilitazione di tutta la Chiesa per spiegare al mondo la verità e la bellezza del «Vangelo del matrimonio e della famiglia». Tanto che scelse per quella prima edizione un titolo significativo: “La famiglia al cuore della civiltà dell’amore”. Sintesi efficace di quello che il Papa pensava davvero della realtà familiare. Sei anni dopo – c’era stata nel frattempo l’edizione di Rio de Janeiro nel ’97 – l?Incontro mondiale tornò a Roma in occasione del Grande Giubileo del 2000. Mentre già si consolidavano le statistiche sull’inverno demografico, papa Wojtyla volle che il tema fosse “I figli primavera della famiglia e della Chiesa”.

Un evento dell'Incontro mondiale delle famiglia a Dublino (foto Zunino)

Dopo Dublino. Il Papa: in Irlanda fede più forte delle ferite degli abusi

Il Papa: in Irlanda fede più forte delle ferite degli abusi

«Bisogna accogliere potendo integrare ma anche vedere bene prima di respingere i migranti che finiscono nuovamente dai torturatori trafficanti di uomini». Di ritorno dall’incontro mondiale delle famiglie a Dublino Papa Francesco dialoga coi giornalisti sull’aereo della Aer Lingus che lo riporta in Vaticano. Parla dei migranti della Diciotti accolti dalla Cei, di pedofilia e delle accuse mossegli dall’ex nunzio a Washington Carlo Maria Viganò. Sul caso dice: «Leggete voi attentamente il comunicato e fatevi un giudizio, con la vostra maturità professionale». Sugli abusi invita tutti i cattolici a parlare affinché non esistano più coperture. Ma rivolto ai media invita a non offrire all’opinione pubblica dei colpevoli prima che venga accertata la colpa.

Lei ha ripetuto anche in questi giorni che l’accoglienza del migrante e dello straniero è sempre una sfida. Si è risolta la vicenda della nave Diciotti: c’è il suo zampino dietro questa soluzione?
Lo zampino è del diavolo non mio! No. Non ci ho messo lo zampino. Quello che ha fatto il lavoro con il ministro dell’Interno è stato il bravo padre Aldo (Bonaiuto, ndr), che segue l’opera della Comunità di don Benzi e lavora per la liberazione delle prostitute. È entrata subito anche la Conferenza episcopale italiana. Il cardinale Gualtiero Bassetti, che era qui e ha seguito la vicenda dall’Irlanda, e il sotto-segretario don Ivan Maffeis, che negoziava con il ministro. In gran parte, più di cento, li ha presi la Conferenza dei vescovi. Non so come sia stato il negoziato, se sotto l’ombrello del Vaticano, ma so che i migranti saranno accolti a Rocca di Papa, nella comunità Mondo Migliore e lì faranno quel lavoro che si fa per l’integrazione dei migranti. Quando sono andato all’università di Roma Tre, tra i ragazzi che mi avevano fatto domande c’era anche una delle tredici persone che erano sul volo di ritorno del mio viaggio a Lesbo e ora studia all’università. Questo è il lavoro d’integrazione.

In tanti vedono un ricatto all’Europa sulla pelle di questa gente. Lei che cosa pensa?
Quello di accogliere i migranti è un principio vecchio quanto la Bibbia. Nel Deuteronomio, nei Comandamenti, Dio comanda questo: accogliere lo straniero. È nello spirito del cristianesimo e un principio morale. Non si può però accogliere alle belle étoile, ma in modo ragionevole, con prudenza. È un accogliere ragionevole, per questo bisogna coinvolgere tutta l’Europa. Ho capito questo con l’attentato in Belgio: i ragazzi che l’hanno compiuto erano belgi, figli di migranti, non integrati, ghettizzati. Non sono stati integrati. Per questo ho sottolineato: l’integrazione è la condizione per accogliere. Ne ho già parlato nel viaggio in Svezia perché la Svezia è stata un modello in questo. E poi, come pure ho detto, ci vuole la prudenza del governante per accogliere quanti possono essere integrati. Un popolo che può ricevere ma non integrare è meglio non riceva. E questo è il nodo nel dialogo oggi nell’Unione europea. Si deve continuare a dialogare, le soluzioni si trovano. Ho visto poi in un filmato clandestino registrato di nascosto dove si vede ciò che succede a coloro che vengono rimandati indietro e che sono ripresi dai trafficanti. È doloroso: le donne e i bambini sono venduti, ma gli uomini ricevono torture, le più sofisticate. Ho inviato il filmato ai miei due sottosegretari per le migrazioni. Per questo prima di rimandarli indietro, si deve pensare bene, bene, bene. Poi ci sono altri migranti donne, che vengono ingannate con promesse di lavoro, e che finiscono sul marciapiede, schiavizzate sotto minaccia dei trafficanti.

Lei ha detto in queste ore di essere stato colpito dalle parole del ministro irlandese per l’infanzia Katherine Zappone sulle Case per Madri e Bambini? Cosa le ha detto?
La ministra mi ha detto: “Santo Padre, abbiamo trovato fosse comuni di bambini, stiamo facendo delle indagini, e la Chiesa ha qualcosa a che fare con tutto ciò”. Mi ha detto questa cosa con molta educazione e rispetto, equilibrio. L’ho ringraziata. Mi ha inviato un memorandum, lo devo ancora studiare. Questo per me è stato un esempio di collaborazione costruttiva.

Cosa pensa del dossier appena pubblicato dall’ex nunzio Viganò? L’ex nunzio sostiene che le parlò esplicitamente degli abusi commessi dal cardinale McCarrick. È vero?
Ho letto questa mattina quel comunicato di Viganò. E sinceramente devo dirvi questo: leggete voi attentamente e fatevi un giudizio. Io non dirò una sola parola su questo perché il comunicato parla da sé e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni, con la vostra maturità professionale.

Che cosa è uscito dal suo incontro con le otto vittime di abusi?
Ci voleva fare questa riunione di ascolto. È stato per me doloroso. Ma è uscita da lì la proposta di chiedere perdono che ho fatto all’inizio della messa su cose concrete. Per esempio alcune cose che non le sapevo. Come quella delle mamme nubili alle quali venivano tolti i bambini e dati in adozione e alle quali le religiose di questi istituti dicevano loro che era peccato mortale ricercare poi figli, o i figli la propria madre e per questo motivo ho messo nella preghiera di perdono anche questo peccato contro il quarto comandamento. È per me doloroso, ma ho la consolazione di poter aiutare a chiarire queste cose.

Marie Collins, che è stata vittima di abusi, ha detto che lei adesso non è più favorevole all’istituzione di un tribunale in Vaticano per giudicare la responsabilità dei vescovi negli abusi. È così?
No. Non è così. Mary Collins, che stimo e a cui voglio bene, è un po fissata su questa idea. Il riferimento è al mio motu proprio “Come una madre amorevole” nel quale ho scritto che per giudicare il vescovo sarebbe bene fare un tribunale speciale. Però si è visto che questo non è percorribile e neanche conveniente. Un vescovo va giudicato sì da un tribunale ma non sempre dallo stesso, a motivo delle diverse culture dei vescovi dei diversi Paesi. È bene allora una giuria ad hoc per ogni vescovo, che non sia la stessa in ogni caso. Quando un vescovo va giudicato, il Papa istituisce la giuria migliore per quel vescovo e per quel caso. Funziona meglio così. Sono già stati giudicati parecchi vescovi. L’ultimo è stato l’arcivescovo di Guam, che ha presentato l’appello. E per il quale, essendo un caso molto, molto complicato, ho deciso di usare un privilegio che ho: quello ci avocarmi l’appello con l’aiuto di una commissione di canonisti. A breve avrò l’informativa. Adesso c’è anche un altro giudizio in corso e vediamo come finirà.

Nella sua Lettera al popolo di Dio lei invita tutti i fedeli a lottare contro gli abusi. Può dirci che cosa i cattolici concretamente possono fare?
Quando si vede qualcosa, bisogna parlare subito: questo deve fare il popolo di Dio! Tante volte sono i genitori a coprire l’abuso di un prete, perché non credono al figlio o alla figlia. Ogni settimana più o meno ricevo persone che hanno subito abusi. Ho ricevuto una vittima che da quarant’anni soffriva questa piaga di silenzio perché i genitori non avevano creduto. Bisogna parlare, questo è importante, con le persone giuste.

In Francia un prete chiede le dimissioni del cardinale Barbarin di Lione per aver coperto preti pedofili… Che ne pensa?
Se ci sono sospetti, prove o mezze prove, non vedo niente di male nel fare un’indagine, sempre che si faccia sul principio giuridico fondamentale del nemo malo nisi probetur, nessuno è cattivo se non lo si prova. Tante volte c’è la tentazione di considerare subito le persone colpevoli e creare un clima di colpevolezza, come fanno alcuni media – non voi. Per me è importante come si procede e come i media possono aiutare. Tre anni fa è scoppiato a Granada, in Spagna, il problema di un gruppetto di sette-otto sacerdoti accusati di abuso di minori e di orge. L’accusa l’avevo ricevuta io direttamente, da una lettera scritta da un giovane ventitreenne che lavorava in un collegio religioso di molto prestigio. Mi chiedeva cosa fare per denunciare. Gli risposi: “Vai dall’arcivescovo”. L’arcivescovo ha fatto tutto quello che doveva fare e il caso è arrivato anche al tribunale civile. I preti sono stati condannati sui media, si è creata un clima di ostilità e di odio verso di loro, hanno sofferto umiliazioni. La conclusione però è stata che erano tutti innocenti ed il denunciante è stato condannato a pagare le spese. Questi erano stati condannati dai media. Per questo il vostro lavoro è delicato, dovete dire le cose ma sempre con la presunzione legale di innocenza e non con la presunzione di colpevolezza.

In Irlanda come in altri Paesi sono state approvate leggi che permettono l’aborto. Lei come si sente?
Sull’aborto voi sapete che cosa penso. Ma non permetto mai di incominciare a discutere il problema dell’aborto dal fatto religioso. L’aborto non è un problema religioso, noi non siamo contro l’aborto per motivi religiosi. No. È un problema umano e va studiato dall’antropologia. È un problema antropologico, sull’eticità di far fuori un essere vivente per risolvere un problema.

Che cosa vorrebbe dire a un padre di una famiglia cattolica il cui figlio gli dice di essere omosessuale?
Dirò per prima cosa di pregare, poi di non condannare, di dialogare, di capire, fare spazio al figlio o alla figlia. Una cosa quando si manifesta da bambino, che ci sono tante cose da fare con la psichiatria, un’altra cosa quando si manifesta dopo vent’anni… ma mai direi che il silenzio è un rimedio. Ignorare un figlio o una figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità o maternità, se voi non siete in grado, chiedete aiuto. Non cacciatelo dalla famiglia, è una sfida seria.

avvenire