Web. Le parole fanno più male delle botte. Nuove idee contro il cyberbullismo

Le iniziative messe in atto sino ad oggi riescono a coinvolgere solo pochi ragazzi. Le onlus lanciano un manifesto per migliorare le attività di sensibilizzazione nelle scuole e non solo
Il cyberbullismo può avere effetti devastanti

Il cyberbullismo può avere effetti devastanti – (archivio)

da Avvenire

In Lombardia 75mila giovani hanno assistito ad atti di bullismo e il 70% degli studenti ne è stato vittima o ha avuto notizia di simili atti. Sono i dati dell’ultima indagine nelle scuole realizzata dalla “Fondazione Carolina onlus”, che da anni si batte per combattere questo fenomeno. Un problema dilagante che non di rado ha innescato traumi spesso insuperabili nelle giovani vittime spinte, talopra, anche a gesti estremi.

Proprio per combattere tutto ciò è stato ideato un manifesto che coniuga gli interventi per reprimere il cyberbullismo a quelli per favorire una vita digitale sicura e positiva che promuova una crescita online dei ragazzi senza violenze e prepotenze. Uno degli aspetti è anche quello di garantire alle famiglie i migliori strumenti scientificamente supportati per aiutare i minori a difendersi dai pericoli della Rete. Insomma un manifesto che impegna più attori, istituzioni e aziende comprese, ad aiutare i più giovani su questo fronte.

E se è vero che ogni giorno si tengono centinaia di lezioni sul tema con professionisti chiamati dalle scuole per informare alunni e famiglie dei rischi legati all’uso distorto degli strumenti digitali, è altrettanto vero che dal giudizio sull’efficacia di questi incontri chiesto direttamente a un campione di 1.000 studenti di tutta Italia tra i 9 e i 17 anni emerge – dall’indagine condotta nell’arco dello scorso anno scolastico in collaborazione con Pepita Onlus – che solo il 14% degli intervistati ritiene utili gli approfondimenti sul cyberbullismo mentre il 55% poco o nulla. Il 50% afferma invece che i laboratori interattivi siano molto interessanti e il 90% sostiene la loro utilità: la divaricazione della risposta deriva dal fatto che solo il 35% si dichiara adeguatamente coinvolto dalla teoria mentre la percentuale cresce fino al 75 per le altre iniziative, più pratiche. Quindi qualcosa deve cambiare anche in questo ambito, coinvolgendo professionalità reali e con tecniche più coinvolgenti.

Infatti l’efficacia degli interventi scolastici in materia di educazione digitale è limitata al 15% degli studenti, quelli che si confrontano con i genitori su quanto appreso in classe e chiedono meno convegni e più pratica, attività più continue durante l’anno scolastico e maggiore interazione e utilizzo degli smartphone «che spesso principianti allo sbaraglio sostengono non debbano essere controllati dai genitori, nonostante la responsabilità penale», spiegano alla fondazione Carolina.

Il cellulare, secondo gli esperti, va meglio utilizzato dai ragazzi che invece ignorano completamente le configurazioni idonee per tutelare immagini e dati personali. Tra settembre 2018 e giugno 2019 un ragazzo lombardo che ha diffuso immagini di sexting è stato curato per una grave depressione scatenatasi quando si è reso conto delle conseguenze.

Il lavoro svolto dall’associazione ha portato tra l’altro a coinvolgere già due multinazionali importanti del mondo digitale, la cui collaborazione contro il cyberbullismo sarà presentata con l’inizio del prossimo anno e rappresenta la sfida più impegnativa in oltre 20 anni di esperienza in ambito educativo.

«Molte altre sono le iniziative perseguite dalla Fondazione Carolina – afferma il presidente di Pepita onlus, Ivano Zoppi – a partire dalla app di sicurezza partecipata 1safe, attivabile dagli smartphone a richiesta. Altri cinque progetti si sono poi aggiudicati il finanziamento #aScuola Di Like, il primo bando – che ha avuto una enorme partecipazione – lanciato lo scorso maggio dall’associazione a sostegno della formazione di reti territoriali per la prevenzione del fenomeno.

I programmi innovativi coinvolgono le comunità locali: creazione di canali e-learning, linguaggi dello sport, della danza e del teatro fino alla tecnica dell’EscapeRoom per imparare l’importanza di collaborare in gruppo.

Le vittime del web. Una battaglia nel nome di Carolina

«Sono sei i casi gravi di bullismo seguiti a livello nazionale dalla Fondazione Carolina nell’arco dell’ultimo anno scolastico, tutti con giovani di seconda media come protagonisti. Quattro sono accaduti in Lombardia e uno ha coinvolto una ragazzina di 12 anni (la vicenda è lasciata volutamente nel vago ndr) che in questa devastante esperienza – affermano i volontari dell’associazione – non è riuscita a uscire e non siamo riusciti a salvare».

La giovane aveva iniziato a mandare foto e video ad un compagno rimanendo però intrappolata in un caso di sexting in cui sono state coinvolte anche amiche di scuola: dalla derisione sono passate alle minacce fino a creare un falso profilo Instagram. Appena l’istituto scolastico si è reso conto di quanto stava accadendo è intervenuto ma la studentessa non ha retto psicologicamente alla situazione e la sua storia è finita in tragedia.

È il finale di una vicenda al quale fanno fatica a rassegnarsi i tanti uomini e donne che quotidianamente si impegnano nella sfida che la Fondazione lancia «a quelle parole – afferma nel suo motto – che fanno più male delle botte» (Leggi anche qui).

Carolina Picchio era una ragazza di 14 anni. È scomparsa a gennaio del 2013 e la sua storia è diventata un’icona perché tutta la bellezza, l’amore e la gioia di vivere che la inondava è stata compromessa da un clic. Dopo il suo suicidio per cyberbullismo è nata la Fondazione che ne porta il nome.

La quattordicenne è stata protagonista inconsapevole di un video dove, svenuta per il troppo alcol indotta a bere durante una festa tra compagni di scuola, era stata ripresa con l’aggiunta di scherni e atti osceni. La ragazza non ha retto ai messaggi d’insulti che poi ha ricevuto e si è gettata da una finestra della sua casa. Il papà Paolo, assistito dall’avvocato Anna Livia Pennetta, ha fatto del suo caso una missione a cui si sono uniti molti esperti e volontari per realizzare un futuro in cui la Rete sia un luogo sicuro permettendo anche a bambini e adolescenti di riscoprire il valore delle relazioni autentiche.

A Carolina è dedicata la prima legge in Europa sul cyberbullismo approvata all’unanimità il 17 maggio 2017 ed entrata in vigore nel giugno 2018. A seguito del suo caso per la prima volta si è avviato un procedimento europeo che ha stabilito una correlazione tra condotte distorte, alcune considerate criminali, e il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo determinando con chiarezza che tali atti non possono essere accettati semplice goliardia.

Tutti i ragazzi all’epoca minorenni tranne uno, che aveva già patteggiato un anno e 4 mesi, hanno dichiarato la propria responsabilità e sono stati condannati ad attività socialmente utili, misura alternativa al carcere per un periodo tra i 15 e i 27 mesi.

Da sapere: la Fondazione Carolina Onlus

L’azione di Fondazione Carolina Onlus poggia sui pilastri della prevenzione attraverso la formazione, la sensibilizzazione e la ricerca, con lo studio e il monitoraggio dei nuovi fenomeni. Lavora con il supporto di team interdisciplinari per interventi anche diretti in presenza di casi gravi, soprattutto se coinvolgono minorenni. Le competenze riguardano l’ambito educativo, psicologico, legale e comunicativo e quando necessario si interfaccia con le forze dell’ordine e il sistema sanitario nazionale. È stata fondata da Paolo Picchio, papà di Caterina che non resse alla vergogna del bullismo on line e si tolse la vita.