Vangelo della domenica. Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,38-42)

(a cura Redazione “Il sismografo”)

“In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».”

Parola del Signore
Commento di mons. Pierbattista Pizzaballa
Nella Bibbia è difficile trovare una coppia di fratelli o di sorelle che non abbiano una relazione difficile, conflittuale.
Ci si imbatte in bellissimi rapporti di amicizia (cfr Davide e Gionata), ci sono forti legami padre-figlio, marito-moglie, perfino un esempio di relazione riuscita tra suocera e nuora (cfr il libro di Ruth).
Invece il legame tra fratelli sembra essere fin dall’inizio (cfr Caino-Abele) segnato da una certa violenza, e tutta la storia successiva non fa che confermare questa modalità.
Il Vangelo di oggi ci parla di una coppia di sorelle a cui non viene risparmiata la fatica di confrontarsi con questa dinamica. Gesù entra in una casa, due sorelle lo accolgono, una si mette seduta ad ascoltare, l’altra si dedica alle mansioni domestiche, ma poi si lamenta con Gesù: “Non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti” (Lc 10,40)
Ci lasciamo aiutare da altri due episodi del Vangelo per entrare in questa Parola.
Il primo è riportato da Luca due capitoli dopo questo episodio di Betania, ed è quello di un uomo che si avvicina a Gesù e gli chiede di fare da arbitro tra lui e suo fratello (Lc 12, 13-21). E lo fa usando parole molto simili a quelle di Marta: “Or uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità»” (Lc 12,13). Sono due brani con tanti elementi in comune: in entrambi ci sono due coppie di fratelli; in entrambi c’è la richiesta a Gesù di fare da arbitro (esattamente con le stesse parole: “di’ a mio fratello”, “di’ a mia sorella”), ed entrambi finiscono con qualcosa che sarà o non sarà tolta: Maria si è scelta la parte migliore, che non sarà tolta; e al fratello che rivendica la parte di eredità, Gesù racconta la parabola del ricco stolto, al quale, dopo tanto accumulare (che richiama da vicino il gran da fare di Marta), viene richiesta (tolta) la vita.
Il secondo è un momento di tempesta, in mezzo al lago. I discepoli temono della loro vita, invece Gesù dorme sul guanciale a poppa. “Essi lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?»” (Mc 4,38).
Nelle parole di Marta, risuona la stessa espressione: Non ti importa?, come se il problema di Marta non fosse tanto quello di essere rimasta sola a servire, ma il fatto che questo non importi a Gesù.
Forse qui, nascosti in questi richiami, ci sono alcuni dei nodi che rendono problematico il vivere da fratelli (e sorelle).
Il problema è che i fratelli, per il fatto stesso di essere tali, sono chiamati a dividersi tra loro una serie di cose: lo spazio in casa, l’affetto dei genitori, i diritti e i doveri, fino all’eredità paterna… (“di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”).
E su questo si litiga, si litiga su come è giusto spartirsi le cose, su ciò che spetta all’uno o all’altro.
È un problema spartirsi i diritti, i beni, ma lo è ancor più forse dividersi i doveri: a chi tocca fare questo? È il problema di Marta: “dille dunque che mi aiuti a servire”.
Perché il mio dovere, esattamente come il diritto dell’altro, ai miei occhi rappresenta qualcosa che mi vien tolto, una parte di vita a cui devo rinunciare perché l’altro ne benefichi…Come se la vita non bastasse per tutti.
Ed ogni volta che ci viene tolto qualcosa (o che così ci sembra), anche di minimo, per noi diventa un’esperienza drammatica, perché in qualche modo ci richiama alla mente quel momento ultimo in cui tutto ci sarà tolto, ci sarà tolta la vita. Ci ricorda che siamo mortali, e questo è il dramma della vita.
È il dramma per cui il ricco stolto accumula tante cose, sperando che queste gli assicurino la vita. Ma la vita non sta lì.
Allora accogliere la presenza del fratello, le sue esigenze, non è mai scontato, può far nascere qualche domanda (ciò che abbiamo basterà per tutti e due?), e anche qualche sospetto (l’altro non ne approfitterà, non prenderà anche la mia parte? Non è che la vita dell’altro arriverà a comportare poi la mia morte?).
Il legame con il fratello c’entra da vicino con la vita, e con la morte; e, in modo particolare, con la paura della morte, con la paura che l’altro sia una minaccia per la mia vita.
Allora, quando il fratello viene percepito come una minaccia, l’unica soluzione è eliminarlo… È la soluzione di Caino, e di altri dopo di lui, ed è la tentazione di tanti, se non di tutti, prima o poi…
La grandezza di Marta (a differenza di Caino) è stata la capacità di parlare di questo dramma direttamente con Gesù. È un primo passo perché il legame sia evangelizzato.
Ogni legame fraterno (quello tra fratelli, tra clan, tra etnie, tra popoli, tra nazioni…) ha bisogno di essere evangelizzato, se no vive solo della paura dell’altro.
Evangelizzato, cioè ricondotto all’essenziale, a ciò che Maria si è scelta.
Ma cosa si è scelta Maria?
Maria semplicemente ha scelto di credere, proprio come Abramo nella prima lettura; di credere che quando Dio viene, non viene a togliere la vita, ma a darla, e che questa vita basta per tutti.
La vita che Dio dà basta per tutti, proprio perché ha vinto la morte, e per questo non può essere tolta.
Maria si è scelta questa vita, e ci sta in quell’atteggiamento di libertà di chi è sicuro che al Signore importa la nostra vita. Allora non è necessario fare qualcosa per Lui, ma basta sedersi ad accogliere.
È un atteggiamento che nasce dall’ascolto, dallo stare seduti ai piedi del Maestro, e che libera da una dinamica fraterna basata solo su diritti e doveri, su cosa è giusto, su cosa mi spetta, su confronti e contrapposizioni.
E siccome questo essenziale non può essere tolto, Maria non ha bisogno di guadagnare e non ha paura di perdere.
Per questo, in Giovanni 12 Maria fa un gesto in cui perde tutto, senza alcun timore, in cui spreca, in cui attinge a piene mani alla vita e la dona. Un gesto che dice tutta la libertà dalla paura della morte…
Un gesto d’amore vero è possibile solo lì, dove è vinta la paura della morte.
Allora, cosa chiede Gesù a Marta? Non di lasciar perdere le faccende domestiche, e neanche di non lasciarsi distrarre dalle tante cose da fare. Non le chiede di fare le cose senza lamentarsi, non le chiede di sacrificarsi per tutti.
Le dice che, se ascolta, Lui trasformerà la sua morte in vita, come ha fatto con sua sorella Maria, come farà con suo fratello Lazzaro.
E che questo è l’unica via per ritrovare i suoi fratelli.
+ Pierbattista