Una Chiesa in stato permanente di missione

Uno dei passaggi cruciali del messaggio di Papa Francesco per l’imminente quaresima è indubbiamente la distinzione tra povertà e miseria. La povertà — scrive il vescovo di Roma — è sempre un atteggiamento evangelico: è quella di Cristo, che «si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà»; è, in altre parole, il suo modo di amarci, «il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio».

Tutt’altro è invece la miseria, che non coincide con la povertà, e della quale secondo il Papa si possono individuare almeno tre diverse tipologie: accanto alla miseria materiale vi è infatti quella morale a cui si combina, inestricabilmente, la miseria spirituale. Alla privazione materiale si intrecciano dunque sia una mancanza etica sia l’assenza di Dio. Ognuna è in relazione con l’altra. E tutte hanno un deficit di verità, nonostante l’amore sconfinato di Cristo verso l’uomo. A tale stato di miseria, da sempre, la Chiesa offre il suo servizio «per guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità» sottolinea il vescovo di Roma.

Piaghe di vario genere, che spesso si trovano in penombra, senza venire alla luce, e che invece evidenziano la drammatica fragilità, se non addirittura l’imbarbarimento, della società odierna. Richiamo solo due fenomeni inquietanti — e ovviamente se ne potrebbero aggiungere moltissimi — che riguardano oggi l’Italia e che possono essere, però, facilmente riferiti al mondo intero. Innanzi tutto, l’ormai endemica disoccupazione giovanile: secondo l’Istat, ci sarebbero più di due milioni di giovani, soprattutto donne, che non lavorano e non studiano. Ed è il dato peggiore dal 1977 a oggi. In secondo luogo, la ludopatia, cioè il gioco d’azzardo patologico, che riguarderebbe addirittura un milione e mezzo di italiani, i quali negli ultimi sei anni vi avrebbero dilapidato l’enorme cifra di oltre duecento miliardi di euro.

Questi dati non sono solo numeri in mano a economisti o psicologi. Sono spie di un disagio e di un malessere profondi. Segnali inequivocabili non soltanto di uno sradicamento esistenziale, ma di uno stato di stagnazione sociale e di immobilismo, la cui causa primaria va rintracciata nell’evidente incrinatura del patto generazionale tra giovani e adulti. È la lacerazione di quello scambio fondativo tra le generazioni che è condizione imprescindibile di sussistenza per la stabilità della società. Come non capire che dietro queste statistiche terribili si celano, non tanto e non solo dati socioeconomici, ma soprattutto un drammatico vuoto esistenziale e una funesta rottura antropologica nel rapporto di scambio tra genitori e figli?

In questo contesto il messaggio del Papa rappresenta uno stimolo importantissimo per la Chiesa e per l’intera società contemporanea. Innanzi tutto perché esorta a vivere la quaresima in pienezza, senza ipocrisie e infingimenti, come un cammino autentico di conversione e di purificazione verso il mistero della risurrezione di Cristo. Un messaggio forte per superare i deserti della mondanità, della religiosità che si ammanta di buone intenzioni, della politica che strumentalizza la fede fino a trasformarla in un’ideologia e della tentazione ricorrente del potere e del carrierismo.

Inoltre, al di là di ogni semplificante lettura sociologica, questo messaggio di Papa Francesco è una grande riflessione d’amore sull’uomo. Sia per chi risiede al centro del mondo, nell’agio e nel benessere, ma ha perso l’anelito a guardare verso il cielo e nel profondo nel proprio cuore. Sia per chi vive nelle periferie, nelle villas miserias o nelle banlieues, nei ranchitos o negli slums, a cui manca tutto, che ha smarrito ogni speranza e che non conosce — e forse non ha mai conosciuto — la gioia del Vangelo. A questo uomo sofferente, così apparentemente diverso ma anche così drammaticamente simile, la Chiesa oggi non può che donarsi totalmente, in uno «stato permanente di missione».

Gualtiero Bassetti – osservatoreromano