Un caso emblematico di come spesso si fa ricerca storica ai tempi della Rete Bargellini antisemita ovvero le trappole di Wikipedia

Tempo fa, ho letto un saggio che ripercorreva la collaborazione di Eugenio Garin alla rivista «Belfagor», valendosi anche del suo carteggio con Luigi Russo, che di quella rivista fu fondatore e direttore per quindici anni (F. Torchiani, Garin, «Belfagor» e i «conti» con Croce, in «Studi storici», 2010, pp. 367-390). A un certo punto, il giovane autore si imbatte nella figura di Piero Bargellini e la presenta al lettore con questa breve nota: «Piero Bargellini (1897-1980), scrittore e politico fiorentino, fondatore nel 1929 de “Il Frontespizio”, periodico volto a conciliare fascismo e cattolicesimo. Collaboratore de “La Difesa della razza” e firmatario del Manifesto in difesa della razza promosso dal regime nel 1938, militò nel dopoguerra nella Dc, divenendo assessore alle Belle arti e alla Pubblica istruzione del Comune di Firenze, guidato da Giorgio La Pira».

Il primo numero della rivista «La difesa della razza» (8 agosto 1938)Sono rimasto piuttosto perplesso: stranamente non si faceva riferimento al momento culminante della carriera politica di Bargellini, ai due anni, cioè, in cui fu sindaco di Firenze, il «sindaco dell’alluvione» del 1966, come ben rammentano i miei coetanei. Ma era soprattutto l’immagine di un Bargellini antisemita pervicace a non convincermi: il Manifesto razzista comparso sui giornali italiani il 15 luglio 1938 era anonimo e solo al momento della sua presentazione al segretario del Partito nazionale fascista il successivo 25 luglio, furono resi noti i nomi dei dieci “scienziati” fascisti che lo avevano elaborato. Forse sarebbe più corretto affermare — mi dicevo — che Bargellini abbia in qualche modo manifestato la sua adesione alle tesi di quel documento: ma era poi così sicuro? Ricordavo un passo del libro di Marie-Anne Matard Bonucci su L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei (di cui mi è capitato di curare l’edizione italiana nel 2008 presso il Mulino), nel quale — fra le poche voci di opposizione a quel Manifesto — si ricordava proprio quella dello scrittore fiorentino, che sul «Frontespizio» del luglio 1938 aveva firmato con uno dei suoi pseudonimi (Lupo Cerviero) un articolo ironico intitolato O razza o stirpe o schiatta? che se ne dissociava apertamente. E, se le cose stavano così, la collaborazione alla «Difesa della razza» era proprio certa?

  Roberto Pertici
osservatoreromano
19 Giugno 2012 07:06