Testimoni. Turoldo, la carità in forma poetica

Padre David Maria Turoldo

Padre David Maria Turoldo

«Subito muore il rumore dei passi / come sordi rintocchi: / segni di vita o di morte? / Non è tutto un vivere e insieme / un morire? Ciò che più conta / non è questo, non è questo: / conta solo che siamo eterni, / che dureremo, che sopravvivremo… ». Così in una delle sue Ultime poesie, padre David Maria Turoldo, pronto a ricordarci, anche alla vigilia della morte, che la vita non finisce mai.

Voce profetica del secolo breve, vero pellegrino (più controvoglia che per scelta), cantore delle Scritture (antidoto al veleno del potere e dell’egoismo) e della carità (da anteporre a leggi e compromessi), scrutatore attento dell’orizzonte del mondo (specie quello oppresso caro a Leonardo Boff, Ernesto Cardenal, Oscar Romero, Rigoberta Menchù ed altri), prima di tutto però, Turoldo, è stato un religioso che, per usare la sintesi di Carlo Bo, «aveva avuto da Dio due doni: la fede e la poesia». Lette ora le tre belle raccolte curate dal suo confratello Espedito d’Agostini e appena pubblicate da Servitium, ci si rende conto, tuttavia, come accanto al Turoldo poeta, ci sia anche il Turoldo saggista, che vale la pena riscoprire: egualmente capace di testi vivi e potenti; in grado di raggiungere credenti e increduli, di trasmettere messaggi destinati ancora a scuoterci.

Anche per questo la piccola comunità che vive accanto al Priorato di Sant’Egidio a Fontanella, frazione di Sotto il Monte, il paese natale di Giovanni XXIII, continua a proporsi, più che come “custode”. dell’archivio di Padre David, come “continuatrice” di quanto vissuto in comunione con lui.

E giustamente Padre D’Agostini non dimentica le parole di don Abramo Levi al funerale del grande salmista quel po- meriggio dell’8 febbraio 1992. Aveva detto: «Finito il suo compito di rappresentanza, per cui un po’ c’illudevamo di avere fede in Dio perché avevamo fede in lui, eccoci personalmente trasferiti da questa ultima linea delle cose: che è la linea della coscienza. Che altro è la fine della rappresentanza se non l’inizio della coscienza?». Qui il curatore di queste nuove antologie individua la più valida delle ragioni per continuare «ad attingere forza e speranza dallo spirito di padre David» consapevole che le parole ritrovate e proposte «seppur lontane nel tempo, sono testimoni di quel crogiuolo da cui è venuta la preziosità di un magistero di vita da cui trarre energia».

Così sotto il titolo Ogni cuore un roveto (pagine 240, euro 15) ha voluto radunare vari scritti dove emergono tre parole chiave – “profezia, preghiera, poesia” – costituenti la nervatura della teoria e dell’esperienza turoldiane, che ne hanno sorretto la tenuta nelle difficoltà, lasciando spazio alle testimonianze scritte da Turoldo su figure profetiche della storia civile ed ecclesiale (da Gandhi a Giovanni XXIII, da Mazzolari a Milani, dal cardinale Agostino Bea a John Herny Newman ecc.), cui seguono preghiere rivolte a Maria, elegie, testi drammaturgici, veglie ecumeniche, riflessioni sul tema della pace, stesure originali di poesie poi apparse su riviste introvabili o riprese in volumi con varianti, o, inedite, come la salmodia per il settantesimo compleanno di padre David, dedicata agli amici. In Mia chiesa pentecoste vivente (pagine 200, euro 15), invece, attingendo al corpus turoldiano più segnato da tre parole di forte timbro conciliare – “mistero, presenza, segno” – D’Agostini recupera da lettere, appelli, dattiloscritti…, i più significativi tratti del pensiero e del sentire turoldiano riguardanti la Chiesa, alla quale, pur saldo nella sua grande tradizione, padre David guardò spesso con occhi critici, ma che sempre amò, dalla quale ricevette gioie e dolori, auspicandone una presenza storica più rispondente alla sua natura e la speranza che splendesse come segno visibile di unità e di giustizia. Infine ecco Lungo il migrare dei giorni (pagine 158, euro 15) e tre altri leit motiv: “liturgia, ricorrenze, Maria”.

Non poche le pagine che dal travagliato decennio di nomadismo di Turoldo (a partire dal trasferimento obbligato a Firenze, nell’Archicenobio dei Servi alla Santissima Annunziata) si estendono al mistero del tempo ancorate al calendario liturgico. E qui si avvertono l’urgenza di una riforma liturgica, anche estetica, dei linguaggi, quindi la forza delle ricorrenze (fonte d’ispirazione e bellezza), e delle soste dedicate alla contemplazione di Maria (riferimento amato di padre David dato anche il legame con la tradizione del suo Ordine).

Insomma incarnazione ed escatologia, le due pupille con cui Turoldo guardava al mondo e all’eterno, restano spalancate nei tre volumetti curati da padre Espedito. Ne usciranno altri. Ce lo auguriamo. Lassù, a Fontanella, c’è chi spende le sue giornate per continuare a offrire riflessioni di qualità, anche letteraria, non inutili a chi vuole consolidare la propria vocazione umana e una spiritualità autentica, fondata sulla Scrittura.

da Avvenire