Teologia e spiritualità di un’offerta di candela

Le cronache vaticane di venerdì ( tinyurl.com/ycd4ggc2 )riferivano che papa Francesco, durante un’udienza ai padri giuseppini, con una battuta a braccio è tornato a ribadire la sua fiducia nella potenza di san Giuseppe, che mai gli ha detto di no. Sappiamo da lui stesso che tale fiducia si esprime nel porre sotto una piccola statua che ritrae il Santo dormiente un biglietto sul quale annota il problema o la difficoltà che vuole affidare alla sua intercessione. L’ultimo post di Marco Zanoncelli sul suo “Qiqajonblog” ( tinyurl.com/yc3y5anl ) indaga con profondità di sguardo un gesto dal fine analogo, «che le persone soprattutto un po’ in là con gli anni amano fare, specialmente in momenti difficili della vita: accendere una candela, davanti a una statua di un santo, a un’icona, un’immagine o un altare».
L’autore accompagna passo passo, come se commentasse un video al rallentatore, l’«azione del corpo» del fedele che si muove verso il luogo «scelto come propizio e adeguato», della mano che prende l’oggetto-candela e, accendendola, la «trasforma», anzi, la «trasfigura» in un simbolo, e consegnandola compie «il vero atto di culto», giacché vi si identifica.
Spero e credo che molti si ritroveranno in questa lettura, che libera l’«offerta di candela» (così la sentii chiamare da una bambina, tanti anni fa) da qualsiasi pregiudizio di superstizione o scaramanzia e ne coglie la ricchezza e la qualità. «Forse è così – conclude infatti il post – che la fede diviene vita, è grazie al “gesto” (e a questo gesto) che la fiducia nella Vita si rende presente: quella cera che arde dice molto, anzi dice “di più”. Essa sussurra dolcemente, come solo le vere preghiere sanno fare, “io sono qua, sono davanti a te, e ci sarò anche quando me ne andrò, perché quella fiammella che arde ti ricorderà sempre la mia presenza”».

Avvenire