Tante, e a ripetizione in pagina varia, amenità e malignità sul Conclave

Lunedì Fabrizio D’Esposito (“Il Fatto”, 11/3, p. 4) comunica questa sua certezza: «Nel 1978, anno dei due Conclavi, nessuno riuscì a prevedere l’elezione di un Papa straniero, il polacco Karol Wojtyla». Nessuno? E già… Loro si credono soli al mondo, e poiché non l’avevano previsto loro o i loro conoscenti, di sicuro non lo ha fatto nessuno. Invece è per esempio noto da più di 30 anni, e più volte scritto in pagina (libri e giornali) e letto in rete, che il cardinale Michele Pellegrino il 24 agosto 1978, vigilia del primo Conclave, in viaggio tra Roma e Assisi, a domanda postagli sugli esiti del Conclave, di fronte a testimoni tra cui la professoressa Elena Cavalcanti, docente di Storia della Chiesa e altri, rispose letteralmente così: «Se non eleggiamo un italiano, Papa sarà Wojtyla». Eccoli dunque inconsapevoli ma sicuri, nero su bianco! Con un particolare rilievo: quello stesso numero del “Fatto” trabocca di religione da tutte le sue pagine, più delle solite 20. In prima campeggia un titolone: «Il Papa è vicino. Il Governo è lontano». E allora l’editoriale di Ferruccio Sansa diventa una supplica: «Dateci qualcuno in cui credere per salvare l’Italia». «Qualcuno in cui credere»? Beh! Forse da un paio di millenni Uno «in cui credere» c’è davvero, e resta anche quando manca il Papa e la Sede è vacante, come ha ricordato Benedetto anche nel suo ultimo discorso all’Udienza, parlando della «barca» che pare in tempesta mentre Lui, quello in cui vale la pena di credere, «sembra dormire». Invece è sveglio! E allora? Allora niente, salvo un consiglio, col sorriso sulle labbra: «Credere, per provare!»

avvenire