Vescovo di Dallas sulla strage: la violenza si supera con la pace

“La violenza non si supera con altra violenza. La violenza si supera con la pace”: scrive così mons. Kevin Farrell, vescovo di Dallas, in una nota diffusa dopo la strage avvenuta giovedì in città. Una manifestazione di protesta contro le recenti uccisioni di afroamericani da parte di alcuni poliziotti, infatti, è finita tragicamente: alcuni cecchini, forse quattro, hanno aperto il fuoco contro la polizia, uccidendo cinque agenti e ferendone altri dodici. Anche due civili sono rimasti feriti.

Ogni vita umana è preziosa, siamo tutti figli di Dio
“È sconcertante l’entità di tali violenze – scrive il vescovo – Siamo stati travolti da un’escalation di violenza che oramai ha toccato in profondità sia noi, sia tutto il nostro Paese ed il resto del mondo”. “Tutte le vite contano – ribadisce mons. Farrell – neri, bianchi, musulmani, cristiani o indù siamo tutti figli di Dio ed ogni vita umana è preziosa”.

Dialogare per promuovere pace e riconciliazione
Di qui, l’appello ai fedeli a “non perdere il rispetto l’uno per l’altro” ed il richiamo ai leader civili a “dialogare e lavorare insieme per trovare una soluzione ragionevole per questo incremento della violenza”. Elevando, quindi, una preghiera a Dio affinché “tocchi le menti ed i cuori delle persone, spingendole ad operare insieme per la pace e la comprensione”, il vescovo di Dallas auspica che tutti provino “un autentico desiderio di dialogo e riconciliazione”. Infine, il presule si dice vicino alle famiglie delle vittime e prega per la guarigione dei feriti. (I.P.)

radio vaticane

Kenya. Messa a Garissa per ricordare la strage degli studenti

Questa mattina, la Diocesi di Garissa, nel Nord-Est del Kenya, ha ricordato con una Messa nella Domenica della Divina Misericordia la strage compiuta dai terroristi di al-Shabaab il 2 aprile di un anno fa: 148 persone, quasi tutti studenti cristiani, vennero uccisi nel campus universitario dagli estremisti islamici. Nell’omelia, il vescovo di Garissa, Joseph Alessandro, ha invitato a pregare per le vittime, per i familiari e per la conversione degli assassini. Grande la partecipazione all’evento. Ma per conoscere quale sia la situazione oggi a Garissa, Lucas Duran ha raggiunto telefonicamenteTommy Simmons, fondatore di Amref Italia, organizzazione che dal 1957 è presente in Kenya e che intervenne fin dal primo momento per portare soccorso alle vittime

R. – C’è molta frustrazione, perché gli attacchi dell’anno scorso – oltre al terribile massacro degli studenti e al numero di feriti – ha provocato degli effetti sul territorio molto importanti, perché prima dell’attacco l’85 per cento del personale sanitario veniva da altre parti del Paese, così come la metà degli insegnanti: poiché i terroristi hanno ucciso i non residenti e i non musulmani, dopo quell’attacco all’università ed altri incidenti simili con effetti meno dirompenti, molti di questi professionisti sono scappati. Nella sola contea di Garissa mancano ancora all’appello circa 800 insegnanti e un numero imprecisato di personale sanitario, per cui ci sono scuole che hanno chiuso, centri sanitari che hanno chiuso… E questo è un problema, anche perché sta creando dei forti risentimenti nei confronti di uno Stato che sembra assente, che si focalizza molto sulla sicurezza ma che non riesce a convincere altri professionisti ad esporsi a questi rischi.

D. – Rispetto al campus universitario, che è stato oggetto della strage: il campus è aperto?

R. – Il campus è stato riaperto a gennaio, però 700 studenti non locali che frequentavano l’università non sono tornati. Adesso la maggior parte dei pochi studenti che sono rientrati all’università sono solo locali. Per cui è completamente cambiata la natura stessa dell’università. La parola “Garissa” viene ormai associata ad una minaccia nei confronti dei non musulmani.

D. – C’è il timore che possano esserci anche nuovi episodi di violenza legati alle milizie al-Shabaab?

R. – La paura di nuovi attentati è sempre molto forte e in questi giorni – ovviamente – l’attenzione è molto alta, perché gli anniversari li conoscono anche i terroristi…. C’è una tendenza ad approfittare di queste ricorrenze per ribadire il loro messaggio di violenza.

D. – Ricordiamo anche il ruolo che Amref ha avuto a Garissa nel momento della strage. E qual è il ruolo che può ancora avere Amref?

R. – Il personale di Amref che era nella città di Garissa – perché lavora proprio qui – è intervenuta subito all’Università, aiutando a portare via i feriti e a portarli in ospedale. Immediatamente sono intervenuti i “flight doctor” e abbiamo portato, con le nostre ambulanze, in aereo a Nairobi, 18 feriti fra i più gravi, che abbiamo poi anche assistito successivamente nella loro riabilitazione sia psicologica che fisica. Il ruolo di Amref sul territorio è molto importante ed è molto apprezzato, proprio perché ci occupiamo di sanità, di prevenzione dell’Hiv, del rafforzamento dei centri sanitari, di assistenza alle madri, di nutrizione, di assistenza agli orfani… Per cui la presenza sul territorio è importante ed è molto importante anche perché rappresenta un segnale che si può continuare lavorare, si può continuare a fare delle cose, pur mantenendo una forte attenzione sulla sicurezza e sulla tutela del nostro personale che opera sul territorio.

D. – Ritorniamo ancora all’anniversario della strage di Garissa: ha avuto già modo di avvicinare alcuni giovani, alcuni studenti ed avere da loro la sensazione di quello che si sta vivendo, anche in occasione di questo anniversario?

R. – La ricorrenza gli studenti la vivono quotidianamente, nel senso dell’emarginazione che vivono. Ho visitato una scuola molto derelitta, una scuola elementare e quindi con studenti molto giovani, in cui la metà dei ragazzi ha smesso di frequentare la scuola per la mancanza di insegnanti, ma anche perché vedono che le scuole e le istituzioni statali sono un bersaglio: le famiglie stesse hanno paura! Per cui si vive quotidianamente questo senso di minaccia.

Radio Vaticana

Bologna ricorda la strage 35 anni dopo

“​Commemorare non è un atto di vuota retorica e neppure uno sfogo. È difendersi dalla tentazione dell’oblio”: le parole del presidente dell’Assemblea regionale dell’Emilia Romagna, Simonetta Saliera, danno il senso più profondo a questa domenica 2 agosto, giorno del ricordo della strage di Bologna, il più grave atto terroristico avvenuto in Italia dal secondo dopo guerra. Una commemorazione ancora una volta accompagnata dalla rabbia e dal dolore dei famigliari delle vittime: “35 anni senza mandanti – si legge in un manifesto preparato per l’occasione – un Paese evoluto deve trovare il tempo per ricostruire la sua storia, uno Stato di diritto deve trovare il tempo per dare giustizia alle vittime della violenza”.

Perché nonostante siano stati trovati e condannati alcuni dei responsabili della morte di 85 persone e del ferimento di altre 200, i mandanti di quella strage non hanno ancora un volto. Non ci sono i nomi di coloro che ordinarono di lasciare quella valigia nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna. Al suo interno 23 chili di esplosivo, abbastanza per far crollare l’intera ala ovest dell’edificio e investire il treno Ancona-Chiasso che alle 10:25 (orario dell’esplosione) si trovava sul binario uno. Per quella tragedia sono stati condannati nel ’95 Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, compagni nella vita e nell’assurda lotta condotta dai Nuclei armati rivoluzionari (Nar, formazione eversiva di estrema destra). Per la magistratura furono parte del gruppo che organizzò ed eseguì materialmente la strage. Poi nel 2007 è arrivata anche la condanna di Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti.

Non abbastanza per l’Associazione familiari delle vittime che il mese scorso ha presentato alla Procura di Bologna un dossier, il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di analisi incrociata di migliaia di pagine di atti giudiziari di processi per fatti di strage e terrorismo dal 1974 ad oggi. L’auspicio “è che la Procura prenda in esame questi documenti per andare fino in fondo” dice il presidente dell’associazione Paolo Bolognesi.

Questo il programma delle commemorazioni: alle 9,15, da Piazza Nettuno partirà il corteo lungo via dell’Indipendenza, con arrivo previsto verso le 10 davanti alla stazione dei treni. Dopo il discorso di Bolognesi seguiranno un minuto di silenzio in memoria delle vittime e gli interventi del sindaco e del presidente del Senato Pietro Grasso. Alle 10,50,
sul primo binario della stazione sarà deposta una corona di fiori
alla targa che ricorda il sacrificio del ferroviere Silver
Sirotti, deceduto nella strage del treno Italicus. Alle 11,15,
al Piazzale Est partirà il treno straordinario per San Benedetto
Val di Sambro, ove avverrà la deposizione di corone alle lapidi
che ricordano le vittime degli attentati ai treni Italicus e 904
Napoli-Milano. Alle 11,15, nella chiesa di San Benedetto in via
dell’Indipendenza 64, sarà celebrata una messa.

avvenire.it