Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale

Matrimonio alla Basilica di San Pietro: la Cappella del Coro

di: Papa Francesco
Un dono e un compito per la Chiesa. Si tratta degli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», uno dei frutti dell’Anno speciale dedicato alla famiglia, a cinque anni dalla pubblicazione della esortazione Amoris laetitia, che ora il pontefice, come spiega, affida ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare, come strumento che risponde alla necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Riprendiamo di seguito la Prefazione del papa (qui il testo integrale degli Itinerari).

Settimana News

«L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia» (Amoris laetitia, 1). Questa affermazione della relatio finalis del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia meritava di aprire l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia. Perché la Chiesa, in ogni epoca, è chiamata ad annunciare nuovamente, soprattutto ai giovani, la bellezza e l’abbondanza di grazia che sono racchiuse nel sacramento del matrimonio e nella vita familiare che da esso scaturisce.

A cinque anni dalla sua pubblicazione, l’Anno «Famiglia Amoris laetitia» ha inteso rimettere al centro la famiglia, invitare a riflettere sui temi dell’Esortazione apostolica e animare tutta la Chiesa nell’impegno gioioso di evangelizzazione per le famiglie e con le famiglie. Uno dei frutti di questo Anno speciale sono gli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», che ora ho il piacere di affidare ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare.

Nuovo catecumenato
Si tratta di uno strumento pastorale preparato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita dando seguito a un’indicazione che ho espresso ripetutamente, cioè «la necessità di un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio»; infatti, «è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio (n. 66), che cioè, come per il Battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti» (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio 2017).

Emergeva qui senza mezzi termini la seria preoccupazione per il fatto che, con una preparazione troppo superficiale, le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo o con basi così deboli da «sfaldarsi» in poco tempo e non saper resistere nemmeno alle prime inevitabili crisi. Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone. Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano.

C’è dunque anzitutto un dovere di accompagnare con senso di responsabilità quanti manifestano l’intenzione di unirsi in matrimonio, affinché siano preservati dai traumi delle separazioni e non perdano mai fiducia nell’amore. Ma c’è anche un sentimento di giustizia che dovrebbe animarci. La Chiesa è madre, e una madre non fa preferenze fra i figli. Non li tratta con disparità, dedica a tutti le stesse cure, le stesse attenzioni, lo stesso tempo.

Dovere di giustizia
Dedicare tempo è segno di amore: se non dedichiamo tempo a una persona è segno che non le vogliamo bene. Questo mi viene in mente tante volte quando penso che la Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio. Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta.

Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti. Sono veri e propri «custodi della vita», non solo perché generano i figli, li educano e li accompagnano nella crescita, ma anche perché si prendono cura degli anziani in famiglia, si dedicano al servizio delle persone con disabilità e spesso a molte situazioni di povertà con cui vengono a contatto.

Dalle famiglie nascono le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; e sono le famiglie che costituiscono il tessuto della società e ne «rammendano gli strappi» con la pazienza e i sacrifici quotidiani. È dunque un dovere di giustizia per la Chiesa madre dedicare tempo ed energie alla preparazione di coloro che il Signore chiama a una missione così grande come quella famigliare.

Perciò, per dare concretezza a questa urgente necessità, «ho raccomandato di attuare un vero catecumenato dei futuri nubendi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione al matrimonio, della sua celebrazione e degli anni immediatamente successivi» (Discorso ai partecipanti al corso sul processo matrimoniale, 25 febbraio 2017).

È quello che si propone di fare il Documento che qui presento e di cui sono grato. Esso si articola secondo le tre fasi: la preparazione al matrimonio (remota, prossima e immediata); la celebrazione delle nozze; l’accompagnamento dei primi anni di vita coniugale.

Un dono e un compito
Come vedrete, si tratta di percorrere un importante tratto di strada insieme alle coppie nel cammino della loro vita, anche dopo le nozze, soprattutto quando potranno attraversare crisi e momenti di scoraggiamento. Così cercheremo di essere fedeli alla Chiesa, che è madre, maestra e compagna di viaggio, sempre al nostro fianco.

È mio vivo desiderio che a questo primo Documento ne segua quanto prima un altro, nel quale vengano indicati concrete modalità pastorali e possibili itinerari di accompagnamento specificamente dedicati a quelle coppie che hanno sperimentato il fallimento del loro matrimonio 10 e che vivono in una nuova unione o sono risposate civilmente. La Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis (cf. Amoris laetitia, 306), così che non si sentano abbandonate e possano trovare nelle comunità luoghi accessibili e fraterni di accoglienza, di aiuto al discernimento e di partecipazione.

Questo primo Documento che viene ora offerto è un dono ed è un compito. Un dono, perché mette a disposizione di tutti un materiale abbondante e stimolante, frutto di riflessione e di esperienze pastorali già messe in atto in varie diocesi/eparchie del mondo.

Ed è anche un compito, perché non si tratta di «formule magiche» che funzionino automaticamente. È un vestito che va «cucito su misura» per le persone che lo indosseranno. Si tratta, infatti, di orientamenti che chiedono di essere recepiti, adattati e messi in pratica nelle concrete situazioni sociali, culturali ed ecclesiali nelle quali ogni Chiesa particolare si trova a vivere.

Rinnovamento pastorale
Faccio appello, perciò, alla docilità, allo zelo e alla creatività dei pastori della Chiesa e dei loro collaboratori, per rendere più efficace questa vitale e irrinunciabile opera di formazione, di annuncio e di accompagnamento delle famiglie, che lo Spirito Santo ci chiede di realizzare in questo momento. «Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi» (At 20,20).

Invito tutti coloro che lavorano nella pastorale famigliare a fare proprie queste parole dell’apostolo Paolo e a non scoraggiarsi di fronte a un compito che può sembrare difficile, impegnativo o addirittura al di sopra delle proprie possibilità.

Coraggio! Cominciamo a fare i primi passi! Diamo inizio a processi di rinnovamento pastorale! Mettiamo la mente e il cuore a servizio delle future famiglie, e vi assicuro che il Signore ci sosterrà, ci darà sapienza e forza, farà crescere in tutti noi l’entusiasmo e soprattutto ci farà sperimentare la «dolce e confortante gioia di evangelizzare» (Evangelii gaudium, 9), mentre annunciamo alle nuove generazioni il Vangelo della famiglia. 

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO AGLI SPOSI IN OCCASIONE DELL’ANNO “FAMIGLIA AMORIS LAETITIA”

Cari sposi e spose di tutto il mondo!

In occasione dell’Anno “Famiglia Amoris laetitia”, mi rivolgo a voi per esprimervi tutto il mio affetto e la mia vicinanza in questo tempo così speciale che stiamo vivendo. Sempre ho tenuto presenti le famiglie nelle mie preghiere, ma ancora di più durante la pandemia, che ha messo tutti a dura prova, specialmente i più vulnerabili. Il momento che stiamo attraversando mi porta ad accostarmi con umiltà, affetto e accoglienza ad ogni persona, ad ogni coppia di sposi e ad ogni famiglia nelle situazioni che ciascuno sta sperimentando.

Il contesto particolare ci invita a vivere le parole con cui il Signore chiama Abramo a uscire dalla sua terra e dalla casa di suo padre verso una terra sconosciuta che Lui stesso gli mostrerà (cfr Gen 12,1). Anche noi abbiamo vissuto più che mai l’incertezza, la solitudine, la perdita di persone care e siamo stati spinti a uscire dalle nostre sicurezze, dai nostri spazi di “controllo”, dai nostri modi di fare le cose, dalle nostre ambizioni, per interessarci non solo al bene della nostra famiglia, ma anche a quello della società, che pure dipende dai nostri comportamenti personali.

La relazione con Dio ci plasma, ci accompagna e ci mette in movimento come persone e, in ultima istanza, ci aiuta a “uscire dalla nostra terra”, in molti casi con un certo timore e persino con la paura dell’ignoto, ma grazie alla nostra fede cristiana sappiamo che non siamo soli perché Dio è in noi, con noi e in mezzo a noi: nella famiglia, nel quartiere, nel luogo di lavoro o di studio, nella città dove abitiamo.

Come Abramo, ciascuno degli sposi esce dalla propria terra fin dal momento in cui, sentendo la chiamata all’amore coniugale, decide di donarsi all’altro senza riserve. Così, già il fidanzamento implica l’uscire dalla propria terra, poiché richiede di percorrere insieme la strada che conduce al matrimonio. Le diverse situazioni della vita – il passare dei giorni, l’arrivo dei figli, il lavoro, le malattie – sono circostanze nelle quali l’impegno assunto vicendevolmente suppone che ciascuno abbandoni le proprie inerzie, le proprie certezze, gli spazi di tranquillità e vada verso la terra che Dio promette: essere due in Cristo, due in uno. Un’unica vita, un “noi” nella comunione d’amore con Gesù, vivo e presente in ogni momento della vostra esistenza. Dio vi accompagna, vi ama incondizionatamente. Non siete soli!

Cari sposi, sappiate che i vostri figli – e specialmente i più giovani – vi osservano con attenzione e cercano in voi la testimonianza di un amore forte e affidabile. «Quanto è importante, per i giovani, vedere con i propri occhi l’amore di Cristo vivo e presente nell’amore degli sposi, che testimoniano con la loro vita concreta che l’amore per sempre è possibile!». [1] I figli sono un dono, sempre, cambiano la storia di ogni famiglia. Sono assetati di amore, di riconoscenza, di stima e di fiducia. La paternità e la maternità vi chiamano a essere generativi per dare ai vostri figli la gioia di scoprirsi figli di Dio, figli di un Padre che fin dal primo istante li ha amati teneramente e li prende per mano ogni giorno. Questa scoperta può dare ai vostri figli la fede e la capacità di confidare in Dio.

Certo, educare i figli non è per niente facile. Ma non dimentichiamo che anche loro ci educano. Il primo ambiente educativo rimane sempre la famiglia, nei piccoli gesti che sono più eloquenti delle parole. Educare è anzitutto accompagnare i processi di crescita, essere presenti in tanti modi, così che i figli possano contare sui genitori in ogni momento. L’educatore è una persona che “genera” in senso spirituale e, soprattutto, che “si mette in gioco” ponendosi in relazione. Come padri e madri è importante relazionarsi con i figli a partire da un’autorità ottenuta giorno per giorno. Essi hanno bisogno di una sicurezza che li aiuti a sperimentare la fiducia in voi, nella bellezza della loro vita, nella certezza di non essere mai soli, accada quel che accada.

D’altra parte, come ho già avuto modo di osservare, la coscienza dell’identità e della missione dei laici nella Chiesa e nella società è cresciuta. Avete la missione di trasformare la società con la vostra presenza nel mondo del lavoro e di fare in modo che si tenga conto dei bisogni delle famiglie.

Anche i coniugi devono prendere l’iniziativa ( primerear[2] all’interno della comunità parrocchiale e diocesana con le loro proposte e la loro creatività, perseguendo la complementarità dei carismi e delle vocazioni come espressione della comunione ecclesiale; in particolare, quella degli «sposi accanto ai pastori, per camminare con altre famiglie, per aiutare chi è più debole, per annunciare che, anche nelle difficoltà, Cristo si rende presente». [3]

Pertanto, vi esorto, cari sposi, a partecipare nella Chiesa, in particolare nella pastorale familiare. Perché «la corresponsabilità nei confronti della missione chiama […] gli sposi e i ministri ordinati, specialmente i vescovi, a cooperare in maniera feconda nella cura e nella custodia delle Chiese domestiche». [4] Ricordatevi che la famiglia è la «cellula fondamentale della società» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66). Il matrimonio è realmente un progetto di costruzione della «cultura dell’incontro» (Enc. Fratelli tutti, 216). È per questo che alle famiglie spetta la sfida di gettare ponti tra le generazioni per trasmettere i valori che costruiscono l’umanità. C’è bisogno di una nuova creatività per esprimere nelle sfide attuali i valori che ci costituiscono come popolo nelle nostre società e nella Chiesa, Popolo di Dio.

La vocazione al matrimonio è una chiamata a condurre una barca instabile – ma sicura per la realtà del sacramento – in un mare talvolta agitato. Quante volte, come gli apostoli, avreste voglia di dire, o meglio, di gridare: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4,38). Non dimentichiamo che, mediante il Sacramento del matrimonio, Gesù è presente su questa barca. Egli si preoccupa per voi, rimane con voi in ogni momento, nel dondolio della barca agitata dalle acque. In un altro passo del Vangelo, in mezzo alle difficoltà, i discepoli vedono che Gesù si avvicina nel mezzo della tempesta e lo accolgono sulla barca; così anche voi, quando la tempesta infuria, lasciate salire Gesù sulla barca, perché quando «salì sulla barca con loro […] il vento cessò» (Mc 6,51). È importante che insieme teniate lo sguardo fisso su Gesù. Solo così avrete la pace, supererete i conflitti e troverete soluzioni a molti dei vostri problemi. Non perché questi scompariranno, ma perché potrete vederli in un’altra prospettiva.

Solo abbandonandovi nelle mani del Signore potrete affrontare ciò che sembra impossibile. La via è quella di riconoscere la fragilità e l’impotenza che sperimentate davanti a tante situazioni che vi circondano, ma nello stesso tempo di avere la certezza che in questo modo la forza di Cristo si manifesta nella vostra debolezza (cfr 2 Cor 12,9). È stato proprio in mezzo a una tempesta che gli apostoli sono giunti a riconoscere la regalità e la divinità di Gesù e hanno imparato a confidare in Lui.

Alla luce di questi riferimenti biblici, vorrei cogliere l’occasione per riflettere su alcune difficoltà e opportunità che le famiglie hanno vissuto in questo tempo di pandemia. Per esempio, è aumentato il tempo per stare insieme, e questa è stata un’opportunità unica per coltivare il dialogo in famiglia. Certamente ciò richiede uno speciale esercizio di pazienza; non è facile stare insieme tutta la giornata quando nella stessa casa bisogna lavorare, studiare, svagarsi e riposare. Non lasciatevi vincere dalla stanchezza; la forza dell’amore vi renda capaci di guardare più agli altri – al coniuge, ai figli – che alla propria fatica. Vi ricordo quello che ho scritto in Amoris laetitia (cfr nn. 90-119) riprendendo l’inno paolino alla carità (cfr 1 Cor 13,1-13). Chiedete questo dono con insistenza alla Santa Famiglia; rileggete l’elogio della carità perché sia essa a ispirare le vostre decisioni e le vostre azioni (cfr Rm 8,15; Gal 4,6).

In questo modo, stare insieme non sarà una penitenza bensì un rifugio in mezzo alle tempeste. Che la famiglia sia un luogo di accoglienza e di comprensione. Custodite nel cuore il consiglio che ho dato agli sposi con le tre parole: «permesso, grazie, scusa». [5] E quando sorge un conflitto, «mai finire la giornata senza fare la pace». [6] Non vergognatevi di inginocchiarvi insieme davanti a Gesù nell’Eucaristia per trovare momenti di pace e uno sguardo reciproco fatto di tenerezza e di bontà. O di prendere la mano dell’altro, quando è un po’ arrabbiato, per strappargli un sorriso complice. Magari recitare insieme una breve preghiera, ad alta voce, la sera prima di addormentarsi, con Gesù presente tra voi.

È pur vero che, per alcune coppie, la convivenza a cui si sono visti costretti durante la quarantena è stata particolarmente difficile. I problemi che già esistevano si sono aggravati, generando conflitti che in molti casi sono diventati quasi insopportabili. Tanti hanno persino vissuto la rottura di una relazione in cui si trascinava una crisi che non si è saputo o non si è potuto superare. Anche a queste persone desidero esprimere la mia vicinanza e il mio affetto.

La rottura di una relazione coniugale genera molta sofferenza per il venir meno di tante aspettative; la mancanza di comprensione provoca discussioni e ferite non facili da superare. Nemmeno ai figli è risparmiato il dolore di vedere che i loro genitori non stanno più insieme. Anche in questi casi, non smettete di cercare aiuto affinché i conflitti possano essere in qualche modo superati e non provochino ulteriori sofferenze tra voi e ai vostri figli. Il Signore Gesù, nella sua misericordia infinita, vi ispirerà il modo di andare avanti in mezzo a tante difficoltà e dispiaceri. Non tralasciate di invocarlo e di cercare in Lui un rifugio, una luce per il cammino, e nella comunità una «casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 47).

Non dimenticate che il perdono risana ogni ferita. Perdonarsi a vicenda è il risultato di una decisione interiore che matura nella preghiera, nella relazione con Dio, è un dono che sgorga dalla grazia con cui Cristo riempie la coppia quando lo si lascia agire, quando ci si rivolge a Lui. Cristo “abita” nel vostro matrimonio e aspetta che gli apriate i vostri cuori per potervi sostenere con la potenza del suo amore, come i discepoli nella barca. Il nostro amore umano è debole, ha bisogno della forza dell’amore fedele di Gesù. Con Lui potete davvero costruire la «casa sulla roccia» (Mt 7,24).

A tale proposito, permettetemi di rivolgere una parola ai giovani che si preparano al matrimonio. Se prima della pandemia per i fidanzati era difficile progettare un futuro essendo arduo trovare un lavoro stabile, adesso l’incertezza lavorativa è ancora più grande. Perciò invito i fidanzati a non scoraggiarsi, ad avere il “coraggio creativo” che ebbe san Giuseppe, la cui memoria ho voluto onorare in questo Anno a lui dedicato. Così anche voi, quando si tratta di affrontare il cammino del matrimonio, pur avendo pochi mezzi, confidate sempre nella Provvidenza, perché «sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere» (Lett. ap. Patris corde, 5). Non esitate ad appoggiarvi alle vostre famiglie e alle vostre amicizie, alla comunità ecclesiale, alla parrocchia, per vivere la futura vita coniugale e familiare imparando da coloro che sono già passati per la strada che voi state iniziando a percorrere.

Prima di concludere, desidero inviare un saluto speciale ai nonni e alle nonne che nel periodo di isolamento si sono trovati nell’impossibilità di vedere i nipoti e di stare con loro; alle persone anziane che hanno sofferto in maniera ancora più forte la solitudine. La famiglia non può fare a meno dei nonni, essi sono la memoria vivente dell’umanità, «questa memoria può aiutare a costruire un mondo più umano, più accogliente». [7]

San Giuseppe ispiri in tutte le famiglie il coraggio creativo, tanto necessario in questo cambiamento di epoca che stiamo vivendo, e la Madonna accompagni nella vostra vita coniugale la gestazione della cultura dell’incontro, così urgente per superare le avversità e i contrasti che oscurano il nostro tempo. Le tante sfide non possono rubare la gioia di quanti sanno che stanno camminando con il Signore. Vivete intensamente la vostra vocazione. Non lasciate che la tristezza trasformi i vostri volti. Il vostro coniuge ha bisogno del vostro sorriso. I vostri figli hanno bisogno dei vostri sguardi che li incoraggino. I pastori e le altre famiglie hanno bisogno della vostra presenza e della vostra gioia: la gioia che viene dal Signore!

Vi saluto con affetto esortandovi ad andare avanti nel vivere la missione che Gesù ci ha affidato, perseverando nella preghiera e «nello spezzare il pane» (At 2,42).

E per favore, non dimenticatevi di pregare per me; io lo faccio tutti i giorni per voi.

Fraternamente,

Francesco

 

Roma, San Giovanni in Laterano, 26 dicembre 2021, Festa della Santa Famiglia.


[1] Videomessaggio ai partecipanti al Forum “A che punto siamo con Amoris laetitia?” (9 giugno 2021).

[2] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 24.

[3] Videomessaggio ai partecipanti al Forum “A che punto siamo con Amoris laetitia?” (9 giugno 2021).

[4] Ibid.

[5] Discorso alle famiglie del mondo in occasione del pellegrinaggio a Roma nell’Anno della Fede (26 ottobre 2013); cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 133.

[6] Catechesi del 13 maggio 2015; cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 104.

[7] Messaggio per la I Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani “Io sono con te tutti i giorni” (31 maggio 2021).

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VIA LE MASCHERINE PER GLI SPOSI SULL’ALTARE. LO HA DECISO LA CEI. GUANTI NON PIÙ OBBLIGATORI PER COMUNIONE

Cade già da oggi l’obbligo per gli sposi di indossare la mascherina al momento della celebrazione del matrimonio. Resta invece per il sacerdote l’indicazione di proteggere le vie respiratorie e di mantenere la distanza di almeno un metro dagli sposi. A riferire la novità è la Conferenza Episcopale Italiana. Il Comitato Tecnico Scientifico, interpellato dal Viminale, osserva che, “non potendo certamente essere considerati estranei tra loro, i coniugi possano evitare di indossare le mascherine, con l’accortezza che l’officiante mantenga l’uso del dispositivo e rispetti il distanziamento fisico di almeno un metro”.

ansa

Nuovo rito del matrimonio, come cambia il modo di dire sì

di Silvia Migliorini
Più di 600 delegati delle 227 diocesi italiane erano presenti al Convegno Nazionale per la presentazione del Nuovo Rito del matrimonio, che si è svolto a Grosseto nella giornate di giovedì 4, venerdì 5 e sabato 6 novembre. Il Convegno, organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana, dall’Ufficio Liturgico nazionale, dall’Ufficio per la Pastorale della famiglia, Catechistico nazionale e dal servizio nazionale per la Pastorale giovanile, sul tema «Celebrare il mistero grande dell’amore» aveva lo scopo di riflettere sul Nuovo Rito del matrimonio che entrerà in vigore dalla prima domenica d’Avvento, il 28 novembre prossimo.

«Ai cattolici che si avvicinano al matrimonio – ha detto il Segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori – la Chiesa italiana chiede di partire dalla celebrazione del rito, per un cammino verso una fede matura e consapevole … si tratta di un libro – ha continuato – che non si limita e non si esaurisce nella celebrazione, ma offre contenuti e percorsi sia per la preparazione al matrimonio, sia per la riflessione mistagogica, che oggi è più che mai necessaria per dare solidità umana e spirituale alle giovani coppie di sposi, esposte al rischio della superficialità, della fragilità e purtroppo sempre più spesso del fallimento». E proprio della preparazione al matrimonio si è molto discusso in seno al Convengo.

È stata ribadita la necessità di «accompagnare e non seguire» i fidanzati verso la scelta consapevole del matrimonio «come momento culminante di un itinerario, quando la coppia, libera e consapevole – ha detto don Andrea Fontana, direttore dell’Ufficio catechistico di Torino – decide di consacrarsi nell’amore stesso di Cristo, fedele ed indistruttibile, animato dallo Spirito Santo, realizzando ogni giorno la volontà del Padre, cioè la reciproca santificazione attraverso i gesti quotidiani d’amore e di comunione».

I corsi pre-matrimoniali – secondo quanto è emerso – devono configurarsi come progetti personalizzati in itinerari prolungati in cui la Chiesa mostri interesse, cordialità, accoglienza senza giudizio, si sappia mettere in ascolto avendo a cuore il cammino che i fidanzati stanno facendo, personalizzando a ciascuna coppia i contenuti… «ogni coppia – hanno spiegato Marialicia e Carmelo Moscato, responsabili della Pastorale familiare della Diocesi di Monreale – è unica e per questo deve potere ricevere un trattamento personalizzato al fine di fare incontrare la coppia con se stessa … non è importante che siano coinvolti nel gruppo ma che diventino sempre più coppia che si avvia al matrimonio».

«Il matrimonio – ha affermato Don Paolo Giulietti, direttore del Servizio Cei per la Pastorale giovanile – si distacca sempre di più dall’idea del contratto. Del gesto burocratico come potrebbe essere un matrimonio civile, perché restituisce tutto all’ambito dell’esperienza religiosa. Al tempo stesso il Nuovo Rito favorisce una visione del matrimonio meno folcloristica e romantica, perché trasposta più decisamente nel campo della fede … forse – ha concluso – il Nuovo Rito potrà aiutare a vivere in maniera diversa anche la decisione di sposarsi, come risposta ad una chiamata di Dio che viene dal battesimo e conseguentemente ad accettare il matrimonio come missione».

«Tra le tante novità del Rito la più pubblicizzata è stata la nuova formula “accolgo te” al posto di “prendo te” – ha spiegato don Giuseppe Busani, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale – alcuni ritengono che sia meno incisiva della precedente. Non sono d’accordo – ribatte – perché la nuova formula sottolinea maggiormente un impegno fondato sulla grazia di Cristo».

Punto molto dibattuto è stato il secondo capitolo della pubblicazione del Nuovo Rito che prevede la celebrazione del Sacramento del matrimonio senza Eucaristia ma con la sola Liturgia della Parola: «un’opportunità in più offerta alle giovani coppie – ha detto Andrea Grillo, teologo e membro della Commissione istituita dalla Cei per la stesura finale del Nuovo Rito del matrimonio – da parte di una Chiesa che promuove e accoglie ogni storia di fede».

Grillo ha spiegato che la possibilità di celebrare il matrimonio con la sola Liturgia della Parola intende rimediare a due eccessi in cui le comunità parrocchiali possono cadere: «Ci potrebbe essere il rischio di pensare – ha spiegato – da una parte di avere un diritto acquisito a sposarsi in Chiesa e dall’altra di credere che il matrimonio in Chiesa sia il risultato di una selettivo concorso a numero chiuso. Tra una pericolosa indifferenza ed una selettiva diffidenza la Chiesa italiana ha voluto trovare una mediazione, proponendo di accogliere la coppia con una delicata e attenta attenzione pastorale. Il fatto che l’Eucaristia non venga celebrata nel corso del matrimonio, come libera scelta dei nubendi, non deve essere vissuta come mera sottrazione ma come opportunità che si vuole dare alla coppia per riscoprire un più intenso desiderio di Eucaristia».

Il parroco: «Aiuterà gli sposi a essere più consapevoli»
E’ stata consegnata nelle mani di don Paolo Gentili, parroco della comunità di Roselle, frazione di Grosseto, come rappresentante di tutti i parroci italiani al Convegno nazionale, la prima pubblicazione del Nuovo Rito del matrimonio. Mons. Giuseppe Betori, Segretario generale della Cei, ha voluto compiere questo gesto simbolico per significare un passaggio di consegne a coloro che, dal 28 novembre prossimo, data in cui il Rito entrerà ufficialmente in vigore, si avvarranno della novità da proporre alle giovani coppie di sposi e così… insieme a don Paolo anche due giovani fidanzati grossetani, Emanuele Lodde e Simona Rusconi, della parrocchia del SS. Crocifisso, hanno ricevuto, come prima coppia, il Nuovo Rito, in segno di accoglienza.

Don Paolo, entriamo nei dettagli. Quali sono le novità del Nuovo Rito del matrimonio, cioè in che cosa si differenzia rispetto a quello tradizionale?

«La prima novità è la stretta connessione con il Battesimo – spiega – per questo nel primo capitolo, che è quello riferito alla celebrazione, è previsto che gli Sposi facciano memoria del loro Battesimo rinnovando le promesse, con il Sacerdote, vicino al Fonte battesimale».

Quindi gli sposi vanno insieme verso l’Altare… e dopo?

«Inizia la Liturgia della Parola che è stata ampliata nella scelta: sono 82 brani adesso tra Antico e Nuovo Testamento che possono essere scelti dagli sposi per la celebrazione. Questo perché gli sposi vivano con maggiore impegno il tempo della scelta per la preparazione della liturgia della Parola».

Si arriva, poi, al momento culminante che è quello della Liturgia del Matrimonio: che cosa è cambiato?

«Gli sposi possono scegliere se rispondere alle domande tradizionali del Sacerdote o declamare insieme una professione di fede, che le contenga tutte, in cui l’accento è posto, in modo particolare, sulla preghiera alla comunità, a cui è dato un ruolo rilevante, che li accompagni e li sostenga nel loro cammino di coppia. Si giunge, quindi, ad una nuova scelta: o pronunciare la formula nuova tanto pubblicizzata “Io accolgo te, come mia sposa, con la Grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre nella gioia e del dolore, nella salute e nella malattia e di amarti ed onorarti per tutti i giorni della mia vita” … oppure iniziare un dialogo vero e proprio tra gli sposi che inizia così “Vuoi unire la tua vita alla mia?”».

Quale significato assume il termine «accolgo te» che è stato sostituito al tradizionale «prendo te»?

«Ritengo che sottolinei il dono che l’altro fa di se stesso nella libertà… c’è una disponibilità ad accogliere tutto dell’altro, con i suoi pregi e difetti. È, poi, maggiormente sottolineata l’idea di vocazione al matrimonio, come risposta alla chiamata di Dio. Subito dopo il Consenso (prima era successivo al Padre Nostro), è il momento della benedizione nuziale… ciò sta a significare che la benedizione nasce direttamente dal sacramento del matrimonio. Nuova aggiunta, dopo gli scambi degli anelli, le litanie dei Santi, soprattutto dei santi che sono stati sposati».

E riguardo al Secondo capitolo, di cui si è molto parlato, in cui è offerta la possibilità a giovani coppie che da tempo hanno abbandonato il cammino ecclesiale, di sposarsi comunque in Chiesa ma con la sola Liturgia della Parola?

«Qualcuno ha pensato ad un rito di serie B… Non sono d’accordo. Ritengo che abbia lo stesso spessore dell’altro, ma senza il momento dell’Eucaristia. Il tutto nasce dall’esigenza di evitare il più possibile quei matrimoni in cui è palpabile la poca partecipazione da parte degli sposi e dei parenti. La Chiesa ha fatto questa scelta anche e soprattutto per risvegliare negli sposi il desiderio di Eucaristia, di comprendere in modo pieno e consapevole il senso del matrimonio in Chiesa».

La scheda: tutte le novità
Il nuovo rito del matrimonio (in realtà sarebbe più corretto parlare di «adattamento» del rito) entrerà in vigore dal 28 novembre. Il testo prevede tre riti distinti: il primo inserito nella Messa, il secondo inserito nella Liturgia della Parola (senza l’Eucaristia), il terzo riguardante il matrimonio in cui solo uno dei due sposi sia battezzato. Specie per le prime due tipologie, ci sono alcuni importanti cambiamenti rispetto a quanto avvenuto fino ad oggi.

«Io accolgo te…»
La novità più grande riguarda la formula, che diventa «Io accolgo te, come mia sposa, con la Grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre nella gioia e del dolore, nella salute e nella malattia e di amarti ed onorarti per tutti i giorni della mia vita». Mai gli sposi possono anche scegliere una formula più complessa, costituita da un dialogo vero e proprio tra gli sposi che inizia così: «Vuoi unire la tua vita alla mia?»

Si inizia dal fonte battesimale
Un’altra novità importante riguarda l’inizio della celebrazione: il sacerdote accoglie la coppia vicino al fonte battesimale, dove i futuri sposi rinnovano le promesse battesimali prima di incamminarsi insieme verso l’altare.

Letture, scelta più ampia
Per la Liturgia della Parola, è stata ampliata la scelta a disposizione: adesso sono 82 i brani tra Antico e Nuovo Testamento che possono essere scelti dagli sposi per la celebrazione. Rinnovate anche le litanie dei santi, con uno spazio particolare dedicato ai santi sposati

Matrimonio senza messa
L’adattamento del rito introduce anche una possibilità in più: quella di celebrare il matrimonio senza l’Eucaristia, all’interno di una Liturgia della Parola. Una formula pensata per le coppie che esprimono il desiderio di sposarsi in Chiesa, ma non hanno alle spalle un cammino di vita cristiana. Non un’imposizione, ma una scelta in più a disposizione delle coppie.

La benedizione degli sposi
Nuova è anche la formula per la benedizione degli sposi. Il testo accentua la supplica affinché gli sposi, «segnati con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini». E introduce l’aspetto escatologico: «la profonda nostalgia» di Dio «fino al giorno in cui potranno, con i loro cari, lodare in eterno» il Suo nome.

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