Messa a Santa Marta. Il cristiano è giovane sempre


L’Osservatore Romano 

«O sei giovane di cuore, di anima, o non sei pienamente cristiano». L’omelia della messa celebrata da Papa Francesco a Santa Marta la mattina di martedì 28 maggio, è stata un vero e proprio inno alla vita, alla vitalità, alla «giovinezza dello Spirito», da contrapporre alla deriva stanca di tante persone “pensionate” nell’animo, abbattute dalle difficoltà e dalla tristezza perché «il peccato invecchia». Una ventata di gioia fondata sul «grande dono che ci ha lasciato Gesù»: lo Spirito Santo.

Papa: lasciamoci guidare dallo Spirito e non saremo più orfani

Figli, non più orfani. Alla Messa in San Pietro, nella Solennità di Pentecoste, Francesco ha messo l’accento sul dono dello Spirito Santo, culmine della missione di Gesù, che riallaccia la nostra relazione con il Padre. Il Papa ha messo l’accento sui tanti segni della condizione di orfani che si vive ai nostri giorni e ha esortato a lasciarsi guidare dello Spirito per riconoscere l’altro come fratello, in quanto figli dello stesso Padre. Il servizio diAlessandro Gisotti da Radio Vaticana.

A Pentecoste celebriamo il culmine della missione di Gesù che, attraverso il dono dello Spirito Santo, riallaccia la “nostra relazione con il Padre, rovinata dal peccato”. Papa Francesco incentra la sua omelia, nella Messa in San Pietro, sulle parole del Signore, riferite nel Vangelo di Giovanni: “Non vi lascerò orfani”. Il Papa rammenta che grazie allo Spirito Santo non siamo più schiavi, ma “figli adottivi”: si riattiva in noi la paternità di Dio.

Anche oggi, viviamo tanti segni della nostra condizione di orfani
In fondo, osserva il Papa, tutta “l’opera della Salvezza è un’opera di ri-generazione, nella quale la paternità di Dio, mediante il dono del Figlio e dello Spirito, ci libera dall’orfanezza in cui siamo caduti”. “Anche nel nostro tempo – constata poi con rammarico – si riscontrano diversi segni di questa nostra condizione di orfani”:

“Quella solitudine interiore che sentiamo anche in mezzo alla folla e che a volte può diventare tristezza esistenziale; quella presunta autonomia da Dio, che si accompagna a una certa nostalgia della sua vicinanza; quel diffuso analfabetismo spirituale per cui ci ritroviamo incapaci di pregare; quella difficoltà a sentire vera e reale la vita eterna, come pienezza di comunione che germoglia qui e sboccia oltre la morte; quella fatica a riconoscere l’altro come fratello, in quanto figlio dello stesso Padre; e altri segni simili”.

L’effusione dello Spirito Santo è una “cascata di grazia”
A tutto questo, è la sua riflessione, “si oppone la condizione di figli, che è la nostra vocazione originaria, è ciò per cui siamo fatti, il nostro più profondo Dna, che però è stato rovinato e per essere ripristinato ha richiesto il sacrificio del Figlio Unigenito”:

“Dall’immenso dono d’amore che è la morte di Gesù sulla croce, è scaturita per tutta l’umanità, come un’immensa cascata di grazia, l’effusione dello Spirito Santo. Chi si immerge con fede in questo mistero di rigenerazione rinasce alla pienezza della vita filiale”.

“Non vi lascerò orfani”, ripete anche oggi Gesù. Francesco rivolge quindi il pensiero alla “presenza materna di Maria nel Cenacolo”. Maria, prosegue, “è memoria vivente del Figlio e invocazione vivente dello Spirito Santo. E’ la Madre della Chiesa”.

Grazie a Gesù possiamo guardarci tutti come fratelli
Alla sua intercessione, è la preghiera del Papa, “affidiamo in modo particolare tutti i cristiani, le famiglie e le comunità che in questo momento hanno più bisogno della forza dello Spirito Santo”. Ancora, ribadisce, “consolidando la nostra relazione di appartenenza al Signore Gesù, lo Spirito ci fa entrare in una nuova dinamica di fraternità”:

“Mediante il Fratello universale, che è Gesù, possiamo relazionarci agli altri in modo nuovo, non più come orfani, ma come figli dello stesso Padre buono e misericordioso. E questo cambia tutto! Possiamo guardarci come fratelli e le nostre differenze non fanno che moltiplicare la gioia e la meraviglia di appartenere a quest’unica paternità e fraternità”.

Papa: lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali”, non “virtuali”

Lo Spirito Santo muove la Chiesa, ma per molti cristiani oggi è uno sconosciuto o perfino “un prigioniero di lusso”. E’ il monito lanciato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che lo Spirito Santo ci fa cristiani “reali” non “virtuali” e ha esortato i fedeli a lasciarsi spingere da Lui che ci insegna la strada della libertà. Durante la Messa, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alle Suore vincenziane che lavorano a Casa Santa Marta, nel giorno della festa della loro fondatrice, Santa Luisa di Marillac. Il servizio di Alessandro Gisotti DALLA Radio Vaticana

“Non abbiamo nemmeno sentito che esiste uno Spirito Santo”. Papa Francesco ha preso spunto dal dialogo tra i primi discepoli ad Efeso e San Paolo per soffermarsi sulla presenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani. Anche oggi, ha rilevato, accade come a quei discepoli che, pur credendo in Gesù, non sapevano chi fosse lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo muove la Chiesa e ci fa testimoniare Gesù
Molti, ha detto, dicono di avere “imparato nel Catechismo” che lo Spirito Santo è “nella Trinità”, ma poi non sanno “più di questo sullo Spirito Santo” e si chiedono cosa faccia:

“Lo Spirito Santo è quello che muove la Chiesa, è quello che lavora nella Chiesa, nei nostri cuori, è quello che fa di ogni cristiano una persona diversa dall’altra, ma da tutti insieme fa l’unità. E’ quello che porta avanti, spalanca le porte e ti invia a dare testimonianza di Gesù. Abbiamo sentito all’inizio della Messa: ‘Riceverete lo Spirito Santo e mi sarete testimoni in tutto il mondo’. Lo Spirito Santo è quello ci muove a lodare Dio, ci muove a pregare: ‘Prega, in noi’. Lo Spirito Santo è quello che è in noi e ci insegna a guardare il Padre e a dirgli: ‘Padre’. Ci libera da questa condizione di orfano nella quale lo spirito del mondo vuole portarci”.

Lo Spirito Santo, ha proseguito, è “il protagonista della Chiesa viva: è quello che lavora nella Chiesa”. Il pericolo, ha avvertito, “è che quando non viviamo questo, quando non siamo all’altezza di questa missione dello Spirito Santo” riduciamo “la fede a una morale, a una etica”. Non bisogna fermarsi al compiere i Comandamenti e “niente di più”: “Questo si può fare, questo non si può fare; fino a qui sì, fino là no! E da lì alla casistica e ad una morale fredda”.

Non rendere lo Spirito Santo un “prigioniero di lusso”
La vita cristiana, ha ribadito Francesco, “non è una etica: è un incontro con Gesù Cristo”. Ed è proprio lo Spirito Santo che “mi porta a questo incontro con Gesù Cristo”:

“Ma noi, nella nostra vita, abbiamo nel nostro cuore lo Spirito Santo come un ‘prigioniero di lusso’: non lasciamo che ci spinga, non lasciamo che ci muova. Fa tutto, sa tutto, sa ricordarci cosa ha detto Gesù, sa spiegarci le cose di Gesù. Soltanto – lo Spirito Santo – non sa fare una cosa: cristiani da salotto. Questo non lo sa fare! Non sa fare ‘cristiani virtuali’ ma non virtuosi. Lui fa cristiani reali, Lui prende la vita reale così com’è, con la profezia del leggere i segni dei tempi e ci porta avanti così. E’ il grande prigioniero del nostro cuore. Diciamo: ‘E’ la terza Persona della Trinità’ e finiamo lì…”.

Riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita
Questa settimana, ha soggiunto, “ci farà bene riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella mia vita” e chiedersi se ci “ha insegnato la strada della libertà”. Lo Spirito Santo, che è in me, ha aggiunto, “mi spinge ad andare fuori: ho paura? Come è il mio coraggio, quello che mi dà lo Spirito Santo, per uscire da me stesso, per testimoniare Gesù?”. E ancora, “Come va la mia pazienza nelle prove? Perché anche la pazienza la dà lo Spirito Santo”:

“In questa settimana di preparazione alla Festa di Pentecoste, pensiamo: ‘Davvero io ci credo o è una parola, per me, lo Spirito Santo?’. E cerchiamo di parlare con Lui e dire: ‘Io so che Tu sei nel mio cuore, che Tu sei nel cuore della Chiesa, che Tu porti avanti la Chiesa, che Tu fai l’unità fra tutti noi, ma diversi tutti noi, nella diversità di tutti noi’… Dirgli tutte queste cose e chiedere la grazia di imparare – ma praticamente, nella mia vita – cosa fa Lui. E’ la grazia della docilità a Lui: essere docile allo Spirito Santo. Questa settimana facciamo questo: pensiamo allo Spirito e parliamo con Lui”.