Giubileo Sacerdoti, occasione di rinnovamento

E’ una settimana speciale per i sacerdoti e i seminaristi di tutto il mondo. Mercoledì inizia infatti il Giubileo a loro dedicato. Momento culminante è la Messa in Piazza San Pietro, celebrata venerdì prossimo da Papa Francesco, che il giorno prima guiderà un ritiro spirituale con ben tre meditazioni nel corso della giornata: alla Basilica di San Giovanni in Laterano, poi a Santa Maria Maggiore e infine a San Paolo. Sul significato di questo Giubileo dei Sacerdoti, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Jorge Carlos Patrón Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero

da Radio Vaticana

R. – Papa Francesco ha deciso, anzitutto, che in questo Giubileo i sacerdoti e i seminaristi si prendano cura di se stessi, si fermino un momento in mezzo alle tante attività pastorali, per trovare un po’ di riposo, di sollievo, di ristoro nel cuore del Buon Pastore, nelle braccia della Misericordia del buon Dio. E’ pure una grande opportunità per fissare di nuovo lo sguardo sulla persona di Gesù, per contemplare in Gesù questo grande amore, questa misericordia, questa carità pastorale, per ringraziarlo per le tante meraviglie che ha fatto per noi. E in noi ha fatto queste meraviglie, non perché siamo bravi o meritevoli del suo amore, ma perché Lui è misericordioso, ci ama, ha una bontà immensa. E noi siamo consapevoli della nostra debolezza e povertà, per questo abbiamo bisogno della Misericordia di Dio. Un terzo punto, molto importante, è ricominciare di nuovo, rispondere di nuovo con generosità a questa chiamata divina. E’ una grande opportunità per rinnovarci, per prendere di nuovo questo profumo del Buon Pastore, condividerlo con il nostro popolo, per ricevere nuovamente l’emissione dello Spirito Santo e rinnovare le nostre forze, il coraggio, l’entusiasmo e farci prossimi, vicini a tutti.

D. – Papa Francesco ribadisce sempre che i sacerdoti devono essere pastori di Misericordia, non burocrati della fede. Perché questa insistenza?

R. – Perché ogni sacerdote è la prima persona toccata dalla Misericordia di Dio. Non si può capire nessuna vocazione al mistero del servizio sacerdotale se non si è toccati dall’amore misericordioso di Dio Padre. Questo amore, però, ci trasfigura, ci cambia, ci muove, ci ricolma di gioia. Questi tre elementi sono molto esistenziali nella vita di ogni seminarista e sacerdote, toccati dalla Misericordia di Dio, trasfigurati dalla Misericordia di Dio e ricolmati di una gioia, di un senso profondo della vita.

D. – Francesco terrà giovedì tre meditazioni in tre Basiliche papali e poi venerdì la Messa in Piazza San Pietro. Una vera “full immersion”, si potrebbe dire, di insegnamento, di catechesi sulla Misericordia per i sacerdoti; un evento davvero straordinario…

R. – E’ una “full immersion”, perché il cuore di Papa Francesco è immerso nel cuore di Gesù Buon Pastore, è immerso nel cuore di ogni pastore, di ogni sacerdote, di ogni seminarista. Papa Francesco ci vuole tanto bene, prega per noi, dà tanti consigli concreti, conosce molto le fatiche, le aspirazioni, le sfide, le sofferenze, le gioie di ogni cuore sacerdotale e di ogni cuore di seminarista. E’ per questo che durante queste tre meditazioni e poi, nell’Eucaristia, il cuore di Papa Francesco, che è un cuore di un Buon Pastore, si rivolgerà, si aprirà totalmente ad altri cuori che sono pure cuori di pastori.

D. – Lei ha nel dicastero per il Clero la delega per i seminari. Cosa la colpisce incontrando i seminaristi di tutto il mondo, in questo Anno Santo della Misericordia?

R. – A me colpisce soprattutto che i giovani di oggi conoscano tutte le sfide, tutte le difficoltà, tutte le problematiche all’interno della Chiesa e fuori della Chiesa, nella società. Sono giovani coraggiosi, gioiosi, che hanno trovato nella chiamata di Gesù una grande avventura di vita, di amore, il senso profondo di condividere una realtà che è molto più grande del proprio cuore: l’amore di Cristo! Ho trovato nei giovani questo desiderio di fare una trasfigurazione interna, perché è interiore, ma sempre con altri. Vedo sempre sacerdoti, seminaristi che sono come amici, come fratelli e che fanno un cammino insieme. Sempre servire, amare le altre persone. L’amore che abbiamo ricevuto da Cristo, vogliamo farlo realtà quotidiana nel servizio concreto, pastorale. Con tutti i nostri limiti, diamo il meglio, affinché il Signore ci usi come semplici, umili strumenti per portare l’amore e la gioia del Signore, la gioia del Vangelo.

 

Domencia 21 aprile, ore 16.30, in Cattedrale a Reggio Giacomo e Gionatan, diaconi per la nostra Chiesa

Mons. Camisasca ordina diaconi due seminaristi avviati verso il sacerdozio

Da sinistra: Giacomo Menozzi (33 anni, di Fogliano) e Gionatan Giordani (29 anni, di Pieve Saliceto)
Da sinistra: Giacomo Menozzi (33 anni, di Fogliano) e Gionatan Giordani (29 anni, di Pieve Saliceto)

Seminaristi al centro dell’attenzione diocesana: domenica 21 aprile alle ore 16.30, nella Cattedrale di Reggio Emilia, quattro di loro – Giovanni Borghi, Armando Caramaschi, Giancarlo Minotta e Domenico Reverberi – riceveranno il ministero di lettore, mentre Matteo Galaverni e Armin Eshaghpoor quello di accolito.

Soprattutto, il vescovo Massimo Camisasca conferirà l’ordinazione diaconale a Gionatan Giordani, 29 anni, e Giacomo Menozzi, 33. Gionatan e Giacomo sono grandi amici, anzitutto, entrati in propedeutica lo stesso anno: era il 2007, l’anno in cui nasceva la comunità di Coviolo, poi intitolata al Servo di Dio Rolando Rivi. Ancora, due organizzatori nati; entrambi hanno alle spalle una storia lunga di fidanzamento e hanno incontrato parroci significativi, perché “presenti”, sulla loro via.

I due ordinandi diaconi hanno svolto la preparazione spirituale dal 2 al 6 aprile scorso a Santo Stefano di Castelnovo Monti, con la guida di don Matteo Mioni, meditando sulla lavanda dei piedi come icona del servizio e godendo di alcuni momenti di condivisione con altri preti diocesani.

diocesi.re.it

Seminaristi, giovani controcorrente

Sono circa 3.000 in tutta Italia, che si conferma secondo Paese in Europa, dopo la Polonia (3.771) e prima di Spagna (1.181), Ucraina (865) e Germania (837). 14/05/2010

Sono sempre meno. Nel numero 20, in questi giorni in edicola, Famiglia Cristiana si occupa di seminaristi. Lo fa pubblicando storie (alcune delle quali raccontate dagli stessi protagonisti nel video allegato), delinenando i contorni quantitativi del fenomeno (qui, a parte, si può guardare la tabella completa con le cifre di tutta Europa) e ospitando commenti autorevoli. «Gli ultimi dati ufficiali e certi sono stati pubblicati nel febbraio 2010 ma risalgono alla fine del 2008. Nel nostro Paese i seminaristi risultano essere in tutto 3.006», afferma don Nico Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni della Conferenza episcopale italiana (Cei). «Il dato è in linea con quanto avviene dal 2000 in qua. Siamo molto distanti dalle cifre dei decenni d’oro, ovviamente. Nel 1964, nei seminari c’erano 9.157 giovani. Ma abbiamo visto anni in cui è andata peggio: il record negativo è stato registrato nel 1977, con appena 2.746 seminaristi. Oggi, in Europa siamo secondi, dopo la Polonia, ma prima della Spagna, che conta 1.181 seminaristi, o della Francia, che ne ha 681». «Da noi», prosegue don Nico Dal Molin, «è il Sud che offre le cifre più alte, come dimostra il numero ancora elevato che ha la Puglia. Al Nord, sia in termini assoluti che in percentuale, faticano molto le aree industriali (Torino più cheMilano e Genova) e i “serbatoi” di una volta, con il Friuli-Venezia Giulia più in crisi del Veneto e con il Trentino-Alto Adige in leggera ripresa. Ovunque aumenta l’età media di chi entra. Oggi come minimo un giovane aspetta il diploma o la laurea prima di cominciare il cammino che porta al sacerdozio, e aumentano i trentenni». Le ragioni di questo vistoso calo delle vocazioni sono molteplici. «Ne individuo almeno cinque», precisa don Nico Dal Molin. «La denatalità, il venir meno delle famiglie come custodi dei valori e come luogo eletto di trasmissione della fede, l’individualismo crescente accompagnato dalla paura a impegnarsi, la mobilità che porta a non aver radici in una comunità e, infine, la pressoché totale scomparsa del mondo rurale, con la cultura che lo caratterizzava. I giovani che si preparano al sacerdozio sanno che dovranno seguire più parrocchie contemporaneamente, veri e propri missionari chiamati ad annunciare il Vangelo in un’Italia per molti versi sempre più scristianizzata».

 Alberto Chiara  – famigliacristiana.it