Tenta un selfie con un orso in India, sbranato

Un frame del video dell’uomo che aveva tentato di fare un selfie con l’orso in India (da YouTube)

Voleva farsi un selfie con un orso ferito, ma è stato sbranato dall’animale sotto gli occhi atterriti di alcuni passanti che hanno ripreso la sua tragica morte con i telefoni cellulari. E proprio uno di questi video è stato pubblicato e diffuso dai media.

E’ successo in India, nel distretto di Nabarangpur dello Stato di Orissa (Est): l’uomo, Prabhu Bhatara, stava tornando da una festa di nozze a bordo di un suv con alcuni amici quando si è fermato per fare pipi’ e ha visto l’orso sul ciglio della strada. E’ in quel punto che ha deciso di approfittarne per farsi un selfie: i suoi amici lo hanno sconsigliato di avvicinarsi all’animale, sia pur ferito, ma lui non ha voluto sentire ragioni ed è stato attaccato non appena si è messo in posa accanto all’orso.

Il video pubblicato online dura pochi secondi e non mostra le fasi finali della lotta tra Bhatara e l’imponente animale, che ha continuato il suo attacco nonostante sia stato morso da un cane randagio arrivato in aiuto dell’uomo. Questi, ha detto un ranger locale, Dhanurjaya Mohapatra, “è morto sul posto”: “L’orso è in cura per le ferite che aveva”, ha aggiunto. L’India, scrive il quotidiano britannico Independent, ha registrato il più alto numero di morti al mondo legate ai selfie tra il marzo 2014 e il settembre 2016, con 76 decessi su un totale di 127.

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Selfie e liturgia: riflessioni, sorrisi e un’esplosione di gioia

In qualità di immigrato digitale mi rendo conto che vi sono alcuni aspetti di tale cultura ai quali sono rimasto pressoché impermeabile. Uno di questi è il selfie: non mi viene in mente di farlo, non lo so fare, se per caso lo faccio e lo condivido dimentico di usare Whatsapp e mi indebito con il mio gestore telefonico. Ho letto perciò con curiosità un post di don Alessandro Palermo, sul suo blog di pastorale digitale ( tinyurl.com/gv83qvx ), dove spiega, con argomenti forti, perché durante le liturgie non è proprio il caso di scattare e condividere dei selfie: «L’azione umana esige una completa connessione con l’azione di Dio», e non altro.
Mi pare che non faccia una piega. Il fatto è che a me non sarebbe neppure venuto in mente. Foto, sì: quando la liturgia mette in primo piano una persona cara, o se vi accade qualcosa di “notiziabile”. Ma autoscatti, proprio no. L’idea che la Chiesa istituzionalizzi, un domani, questa pratica mi fa solo sorridere: l’immagine dell’assoluzione, nel Rito della penitenza, potrebbe essere esibita alla confessione successiva in risposta alla domanda “da quanto tempo…”; mentre durante la Messa, il momento che precede la frazione del pane potrebbe essere introdotto dal diacono con un: “Scambiatevi un selfie di pace”.
Per scrupolo interrogo Google, che mi propone tre casi: i famosi selfie con papa Francesco; quelli di alcuni sacerdoti durante la Messa dell’Incontro mondiale delle famiglie di Philadelphia, stigmatizzati pubblicamente dal cardinal Sarah; quelli di don Antonio Parrillo (parroco a Gioia Sannitica), postati su Facebook e rilanciati, diversi mesi fa, da “YouMedia” ( tinyurl.com/z46v5or ). Il primo non c’entra, perché non siamo in contesto liturgico; il secondo rientra nel più vasto e problematico caso delle celebrazioni liturgiche di massa; il terzo effettivamente dà ragione delle preoccupazioni di cui sopra. Ma la didascalia con la quale don Parrillo ha commentato le foto postate, «Vi taggo nel cuore di Dio», è troppo bella: un’esplosione di gioia del Vangelo.

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