I cento linguaggi dei bambini. L’approccio di Reggio Emilia all’educazione dell’infanzia

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“I cento linguaggi dei bambini” rappresenta una felice sintesi dei motivi ispiratori e delle scelte teoriche e pratiche che sono state alla base dell’importantissima esperienza educativa di Reggio Emilia, che tuttora prosegue con grande autorevolezza ed efficacia. La nuova edizione di questo volume corrisponde alla terza edizione americana, di cui costituisce un adattamento con integrazioni specificamente rivolte al lettore italiano. Nell’attuale versione, le idee esposte nel nucleo centrale, rappresentato dalla lunga e profonda intervista a Loris Malaguzzi, sono accompagnate, commentate e sviluppate da contributi di ricercatori, pedagogisti e educatori di Reggio Emilia e da colleghi che hanno lavorato a partire dal Reggio Emilia Approach in Italia, in Europa e in America settentrionale.

Ucraina. Senza scuola e vita sociale. La generazione «perduta» dei figli della guerra

Le bombe hanno distrutto più di 3mila scuole ma anche le relazioni sociali fra i ragazzi. I disagi della didattica a distanza. I traumi psicologici per la difficoltà a uscire di casa
Una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv
avvenire.it

Kramatorsk. Villetta modesta. Andriy ha otto anni ed è in camera a seguire le lezioni sul cellulare. «Ormai non esce quasi più dalla stanza. Anche quelle poche volte che qualcuno viene in casa, lui rimane lì. Parla pochissimo», racconta la nonna. Cambio scena. Kharkiv. Giardino pubblico. Kateryna compirà dieci anni a giugno. La mamma sfida i missili russi e la porta fuori. «Sono preoccupata per lei – ammette -. Trascorre le giornate a casa. Studia al computer. Vede pochissimi amici, di solito in appartamento. Ma non voglio che perda il contatto con la realtà». La guerra sta minando il presente dei ragazzi dell’Ucraina. E anche il loro futuro. Un’intera generazione, quella che va dai tre ai diciotto anni, rischia di essere “perduta”. Chiusa fra le mura domestiche. E chiusa in se stessa. Prigioniera della didattica online, del blocco della vita sociale e dei traumi che un conflitto si porta dietro.

 

 

I bambini chiusi in casa a Zaporizhzhia

I bambini chiusi in casa a Zaporizhzhia – Gambassi

Le bombe che continuano ad arrivare si abbattono con tutta la loro follia sulla scuola. E, a cascata, sullo sviluppo di bambini e adolescenti. Sono 3.223 gli istituti colpiti, di cui 276 rasi al suolo, certifica il Ministero dell’istruzione. Dal Cremlino si accusa Kiev di usare le aule come quartier generale e “scudo” dei militari. «Congetture pretestuose», è la replica. Oggi appena un terzo dei plessi nel Paese accoglie le lezioni in presenza. Ma il dato è ottimistico. Si può andare in classe soltanto se lo stabile ha un rifugio anti-aereo dove occorre nascondersi in caso di allarme.

Il libro fra le macerie di una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv

Il libro fra le macerie di una scuola bombardata a Merefa, città a trenta chilometri da Kharkiv – Gambassi

Però non basta. Come racconta la scuola “numero 1” di Irpin che è stata devastata un anno fa e poi rinnovata a tempo di record in estate: oggi gli iscritti sono 1.200; il bunker appena realizzato è in grado di ospitare non più di 500 persone. Il che significa che metà degli allievi deve rimanere in famiglia e si fanno i turni per chi può sedersi fra i banchi. Non solo. Anche le aule non sono garanzia di lezioni. Nella regione di Poltava le sirene sono suonate 801 volte nel 2022. Ogni volta che i segnali scattano, gli insegnanti sospendono tutto. Con una media di 47 allarmi al giorno, è difficile immaginare una scuola normale.

Il rifugio nella scuola 'numero 1' a Irpin

Il rifugio nella scuola “numero 1” a Irpin – Gambassi

Poi più di 665mila studenti (pari al 16% del totale) sono sfollati, insieme con 25mila insegnanti. E il 35% dei giovanissimi che vivevano nelle regioni dell’Est e del Sud, quelle intorno al fronte, è stato costretto a evacuare. Le classi virtuali sono una soluzione tampone. Soprattutto se si è sotto i bombardamenti durante i quali la connessione a Internet va e viene o l’energia elettrica non c’è. Allora si capisce perché il Servizio statale per l’istruzione sostenga che 5,3 milioni di bambini abbia difficoltà ad accedere regolarmente ai percorsi di studio. E perché il 60% dei genitori dichiari che i figli non hanno una reale continuità didattica dall’inizio dell’invasione. Di fatto almeno due anni scolastici saranno a ranghi ridotti. L’effetto viene descritto dalla metà degli insegnanti secondo cui il livello di istruzione è diminuito. Non è un caso che l’Ucraina sia già scivolata in fondo alla classifica europea dell’apprendimento.

Una famiglia con i figli davanti a casa a Zaporizhzhia

Una famiglia con i figli davanti a casa a Zaporizhzhia – Gambassi

Se il Paese non è piombato in una crisi umanitaria grazie alla solidarietà mondiale, è però in mezzo a una crisi educativa di proporzioni drammatiche. E a una crisi relazionale. Il pericolo dei raid e la scuola via Web hanno recluso i ragazzi. Non c’è più la classe come “laboratorio” dell’incontro. Si cresce soli. Con fragilità psicologiche. Il 61% dei genitori pensa che i loro bambini abbiano gravi problemi di stress. E la metà ritiene che la mancanza di socialità possa comprometterne l’avvenire. La ricostruzione delle scuole è già cominciata. Ma servirà ben altro per salvare la generazione dei “figli della guerra”.

Palermo. Dopo lo choc della preside arrestata la comunità dello Zen vuole ripartire

L’ingresso della scuola

La scuola dedicata alla memoria del giudice Giovanni Falcone, nel cuore dello Zen, periferia estrema di Palermo, vuole riacquistare la propria serenità. Il quartiere ha bisogno di voltare pagina. Ma non è semplice. Lo choc proposto dalla cronaca è fortissimo e non accenna a diminuire. L’ex preside, la professoressa Daniela Lo Verde, è stata arrestata, nei giorni scorsi, con addebiti pesantissimi. Un colpo al cuore per chi guardava al cancello della scuola con fiducia. Non si deve mai generalizzare, oltre le singole responsabilità, oggetto di indagine. Né si può dimenticare l’impegno strenuo di tanti presidi e docenti a latitudini complicate. Però è vero che i simboli investono percezioni a larghissimo raggio.

Era una dirigente scolastica antimafia apprezzata, Daniela Lo Verde, insignita dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, nota per il suo impegno in una zona difficile. Gli addebiti di corruzione e peculato sono punteggiati da ricostruzioni inquietanti. Come la sottrazione di pc e tablet, destinati agli alunni e il cibo tolto alla mensa scolastica. Notizie che indignano, in questa parte poverissima di Palermo, tra padiglioni diroccati, spazzatura non raccolta, esposta alla luce del sole, e disagi di vaste proporzioni. Quaggiù fare la fame non è un modo di dire.

Il dirigente reggente Domenico Di Fatta con alcuni docenti dell’istituto “Falcone” del quartiere Zen di Palermo

Il dirigente reggente Domenico Di Fatta con alcuni docenti dell’istituto “Falcone” del quartiere Zen di Palermo – Web

Ora tutti gli occhi sono puntati sul nuovo reggente, il preside Domenico Di Fatta che era già stato alla “Falcone” dieci anni fa. Toccherà a lui riannodare i fili della fiducia spezzata, un compito arduo.

«Non voglio entrare nel merito dell’inchiesta, ma so che le cose che si sono viste e sentite non sono belle – ha detto il preside appena insediato –. Le mamme e i papà percepiscono un tradimento ed è comprensibile, io dovrò cercare di far loro cambiare idea e di spiegare a tutti che gli errori, se ci sono stati, investono la responsabilità di singole persone».

Il professore Di Fatta è un dirigente esperto e tenace: «Dopo essere stato preside della “Falcone”, dieci anni fa – ha raccontato, illustrando il suo curriculum – sono andato al liceo “Danilo Dolci” a Brancaccio a poche centinaia di metri da dove venne ucciso don Pino Puglisi. Ora sono dirigente al “Regina Margherita” la cui succursale è stata vandalizzata l’anno scorso. Le prime cose da fare qui? Ascoltare le famiglie e le associazioni che operano nel territorio. Da questo brutto momento dobbiamo uscire tutti insieme».

«Confesso che nell’apprendere la notizia il primo sentimento è stato di pietà per la preside – ha detto padre Giovanni Giannalia, parroco allo Zen da un anno e mezzo –. Mi sembra, però, sbagliato inquadrare la cosa a partire dalla realtà del quartiere. Io ci leggo invece la profonda crisi e confusione nella quale la nostra umanità può precipitare se non preghiamo e vegliamo su noi stessi. Mi permetto anche di far notare che i crolli evidenziano spesso che qualcosa non funziona a livello di struttura, scambio, vigilanza, compartecipazione. Piuttosto che piangersi addosso credo sia giusto rimboccarsi le maniche e ripartire con umiltà rafforzando tutti questi aspetti».

E ci sono le parole di frate Loris, nato nel quartiere, oggi cappellano al carcere “Pagliarelli”: «Il danno che si è prodotto lo considero gravissimo. La ferita inferta è molto profonda e non si rimarginerà subito. È necessario ripartire dalla riconquista della fiducia di tutti, dai bambini, dai ragazzi. E ci vogliono i servizi. Qui si deve attuare un progetto di rinascita non più rimandabile».

La rabbia dei genitori che accompagnano i figli a scuola, ogni mattina, è palese. Devono attraversare strade ricolme di rifiuti e rottami per arrivare al presidio dell’istruzione e della legalità. Ma cadono le braccia se perfino i luoghi che consideravi un’isola felice mostrano delle crepe.

C’è stata un’assemblea all’interno dell’istituto, un momento serrato di confronto. Ognuno ha condiviso con gli altri la propria sofferenza. Davanti al cancello una mamma si è sfogata: «La vita non è comoda, abbiamo i mariti al “Pagliarelli” e dobbiamo fare tutto da sole. Mio figlio è sconvolto, mi ha detto: se la preside rubava, perché non posso rubare pure io…».

All’incontro è intervenuto il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: «La scuola e le istituzioni vanno al di là delle singole persone, il messaggio educativo continua – ha detto –. Sono sgomento per ciò che viene proposto dalla stampa sull’operato della preside Daniela Lo Verde e mi auguro che alla fine possa essere dimostrato che abbiamo fatto tutti solo un brutto sogno perché, prima da assessore e poi da sindaco, ho sempre ritenuto l’istituto Falcone un avamposto di legalità che non può ammettere tradimento». Allo Zen c’è bisogno, ancora più di prima, di fare bei sogni.

avvenire.it

Il sondaggio. Strade scolastiche: ecco cosa pensano i bambini

Strade scolastiche: ecco cosa pensano i bambini

In vista della terza mobilitazione europea “Streets for kids”, che si terrà venerdì 5 maggio e vedrà migliaia di bambini e bambine in tutta Europa scendere in strada con girotondi, biciclettate e giochi in strada per chiedere più strade scolastiche, Clean Cities Campaign presenta i risultati del sondaggio “Strade scolastiche: cosa pensano i bambini in Italia” (commissionata su un campione composto da 1017 bambini di età compresa tra i 6 e i 17 anni) per indagare come si muovono, come lo vorrebbero fare e la percezione che hanno dello spazio di fronte alle proprie scuole.

Secondo i risultati, l’88% dei bambini intervistati vorrebbe una strada scolastica, ma solo il 7% di loro ad oggi ne ha una. Il sondaggio ha rilevato che il 47% dei bambini intervistati viene attualmente accompagnato a scuola in auto o in moto, percentuale che sale fino al 66% per i bambini delle elementari. Il 50% degli intervistati afferma che vorrebbe camminare, andare in bicicletta o usare un monopattino per andare a scuola. Il 28% dei bambini dichiara di volersi recare a scuola in bicicletta o in monopattino, ma attualmente solo il 3% lo fa. Quando abbiamo chiesto perché i bambini in Italia non camminano o vanno in bicicletta di più, il 48% dei bambini ha risposto che è troppo pericoloso. In questo senso, è da rilevare inoltre che circa la metà dei bambini e dei ragazzi intervistati vorrebbe meno auto attorno alle proprie scuole, a prescindere dall’età e dalla regione di residenza. La metà dei bambini e dei ragazzi intervistati vorrebbe più alberi e spazi verdi attorno alle proprie scuole. Circa un terzo dei bambini e dei ragazzi vorrebbe più corsie e piste ciclabili per raggiungere la scuola, con punte vicine al 50% per chi frequenta le scuole medie e le superiori.

Ad andare a scuola a piedi o in bici sono soprattutto i bambini e le bambine delle elementari e medie (tra un quarto e la metà degli spostamenti). “Il sondaggio ci conferma che le bambine e i bambini in Italia reclamano il bisogno di spazi in sicurezza dove giocare, di aria pulita e di percorsi casa-scuola protetti dove potersi muovere a piedi e in bici. È ora che le amministrazioni si prendano la responsabilità e realizzino Strade scolastiche da subito davanti a tutte le scuole. È una urgenza che esprimono i bambini, i diretti interessati al loro futuro, ma lo dicono anche i dati2, le esperienze e le tendenze in Europa verso città con meno auto e più mobilità sostenibile”, commenta Anna Becchi, coordinatrice della campagna Strade Scolastiche per Clean Cities Italia.

Perché le strade scolastiche?

Le strade scolastiche, ossia le strade su cui si affacciano le scuole chiuse al traffico, sono un tassello essenziale di una mobilità sostenibile e a zero emissioni, che metta al centro lo spazio per le persone e riduca la centralità dell’auto nelle nostre città. Oltre a ridurre l’inquinamento e a garantire la salute e la sicurezza stradale favoriscono il gioco libero, lo sport e contribuiscono ad incentivare l’autonomia e lo sviluppo di comunità educanti intorno ai nostri bambini. Le strade scolastiche contribuiscono al processo di realizzazione delle “Città 30”, progetto su cui finalmente anche in Italia si è aperto il dibattito. Le strade scolastiche sono uno strumento utile a ridurre l’inquinamento dell’aria nelle immediate vicinanze delle scuole. A Londra, ad esempio, è stato dimostrato che le strade scolastiche hanno ridotto i livelli di biossido di azoto fino al 23% e diminuito sensibilmente il traffico veicolare lungo tutto l’arco della giornata.

Le mobilitazioni in Italia di venerdì 5 maggio
Venerdì 5 maggio, bambine e bambini in tutta Europa scenderanno in strada per la terza mobilitazione europea “Streets for kids”, per giocare, pedalare e camminare per chiedere spazi liberi e sicuri davanti alle scuole. Saranno oltre 80 eventi in tutta Italia da Cagliari a Genova, da San Benedetto Del Tronto a Verona; solo le città di Roma e Milano aderiranno con rispettivamente 35 e 20 azioni. A Roma, si sono susseguite, con la precedente e attuale amministrazione, le dichiarazioni di voler avviare nuove strade scolastiche, tra sperimentazioni e progetti da mettere in atto. Ad oggi però ne risultano attive solo tre o quattro e non ci sono tempi certi per la realizzazione delle altre. Alcuni municipi sono però più avanti nella pianificazione, in particolare il Primo Municipio, il Terzo e il Dodicesimo hanno patrocinato l’iniziativa del 5 maggio prossimo.
Tra le iniziative da segnalare, in Via Monte Ruggero 30 a Roma, dalle ore 16.00 alle 18.00, si terrà un pomeriggio di giochi e attività in strada. Intervengono Claudia Pratelli, Assessora alla Scuola del Comune di Roma, Eugenio Patané, Assesse alla Mobilità del Comune di Roma, Paolo Marchionne, Presidente del Terzo Municipio, Anna Becchi, coordinatrice della campagna Strade Scolastiche per Clean Cities Italia. A Milano, la giornata “Streets for kids” seguirà la selezione dei progetti “Piazze Aperte per Ogni Scuola”, promosso dall’Amministrazione Comunale. Tra le iniziative, in via Faravelli / Via Gattamelata, dalle ore 10.00 alle ore 17.30, la strada sarà aperta al gioco, alle attività e ai laboratori per bambini. Per consultare tutti gli eventi in programma si rimanda al sito: https://italy.cleancitiescampaign.org/streets-for-kids-spring-2023/

in avvenire.it

Povertà educativa. Imprese, Terzo settore e pubblico: patto per “salvare” 300 ragazze

In Italia sono oltre due milioni i bambini e i ragazzi che vivono in povertà assoluta o relativa. Il 56% dei Neet (chi non studia, non si forma, non lavora) è di sesso femminile. E sono 870 mila le ragazze e le giovani donne tra 15 e 29 anni (il 20,5%) classificabili come Neet (non studiano, non fanno formazione, non lavorano). Più dei coetanei maschi Neet, che sono il 17,7%. E le donne che restano inattive tra i 25 e 34 anni sono il 23,2%. A titoli di studio bassi poi corrispondono alti tassi di disoccupazione: solo un terzo tra le 25/34 enni che si sono fermate alla terza media lavora, percentuale che scende al 27% se hanno un figlio, mentre trova lavoro il 56% delle diplomate e (47% con figli) e 71,3% delle laureate (si sale al 72,6% se con figli).
Un progetto di lotta alle disuguaglianze – sociali e di genere – frutto dell’alleanza tra mondo dell’impresa, terzo settore e istituzioni pubbliche. Una strategia innovativa per combattere in particolare la povertà educativa, un handicap che rischia di pesare per tutta la vita sull’integrazione di tante ragazze. Ne beneficeranno per due anni 300 adolescenti e giovani donne, tra i 13 ed i 24 anni, comprese 50 madri. Cento per ognuna delle tre aree svantaggiate scelte a Venezia/Mestre, Roma e Napoli. Per ognuna un piano educativo personalizzato.
È il progetto “Futura” che Save the Children, Forum disuguaglianze e diversità, Yolk, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, hanno presentato ieri a Roma, per contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono a ragazze e giovani donne che vivono in condizioni di svantaggio socio-economico «di far fiorire talenti e aspirazioni nei percorsi scolastici, in quelli lavorativi e di conciliare, in alcuni casi, il percorso professionale con la maternità».
Il progetto pilota prevede una presa in carico integrata, in collaborazione con le famiglie, la scuola, i servizi sociali e le associazioni attive sul territorio. Le ragazze avranno a disposizione beni o servizi: dall’acquisto di libri, kit scolastici o strumentazione necessaria al percorso formativo, al sostegno per le spese di trasporto per raggiungere le sedi di studio o per il pagamento delle rette scolastiche o dei corsi di formazione. Ma anche servizi di consulenza o supporto psicologico, medico, educativo, legale, di orientamento al lavoro. E, se serve, voucher per l’acquisto di generi alimentari o per l’igiene o la salute. Per la fascia di età tra i 13 e i 18 anni l’obiettivo è il conseguimento del titolo di studio o il reinserimento in un percorso formativo, per le giovani tra i 18 e i 24 anni il percorso è di professionalizzazione ed emancipazione. Le giovani mamme in particolare beneficeranno di un sostegno particolare per l’accesso al mondo del lavoro e alla cura dei figli, con attività laboratoriali per rinforzare l’autonomia e percorsi mamma-bambino.
«Povertà educativa e povertà economica sono legate. Un ragazzo che non ha studiato è un ragazzo “zoppo”. È indispensabile rafforzare l’impegno – ha commentato alla presentazione di Futura il presidente di Save The Children Italia Claudio Tesauro – per contrastare la povertà educativa che rischia di bloccare sul nascere le aspirazioni dei ragazzi e, in particolare, delle ragazze che crescono nel nostro Paese». «Oggi la complessità della povertà educativa impone soluzioni diversificate, flessibili, sperimentali. Per risposte adeguate ai bisogni e ai sogni di queste ragazze», aggiunge Andrea Mormiroli del Forum disuguaglianze e diversità.
«Per accelerare la crescita del Pil dobbiamo agire su giovani e donne e ridurre le diseguaglianze», dice l’ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina: «E lo Stato – aggiunge – paga più interessi passivi sul debito di quanto destina al sociale, per questo le grandi aziende come noi, che generano utili, devono fare di più per ridurre le diseguaglianze e restituire parte di quel valore». Alle 300 ragazze e donne selezionate «mancava un pezzettino, noi individuiamo il bisogno specifico e contribuiamo a completare il loro percorso», spiega Clementina Cordero di Montezemolo, presidente di Yolk.
Linda Laura Sabbadini, direttrice Dirm-Istat, sottolinea la gravità della crisi demografica italiana: «La politica è da decenni che non sa cosa fare. Ma anche se riuscisse a far crescere il tasso di fecondità, questo non garantirà che tra 30 anni ci sarà popolazione giovane sufficiente a mantenere gli anziani. Bisogna aumentare il numero di immigrati, pianificandolo seriamente e lavorando sull’integrazione. La Germania lo ha capito da tempo e dopo aver accolto un milione di profughi siriani, ha accolto un milione di ucraini». «Le ragazze hanno un enorme potenziale di crescita, che in certi contesti viene eliminato», sottolinea Luca Cordero di Montezemolo. (avvenire.it)

La novità. Scuola, 300 milioni in più ai prof. In arrivo il decreto sul reclutamento

Scuola, 300 milioni in più ai prof. In arrivo il decreto sul reclutamento

È stato aumentato di 300 milioni il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, che sarà a disposizione di Aran e sindacati della scuola per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Questi ulteriori 300 milioni che – su proposta del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara – vanno ad integrare l’Atto di indirizzo dell’accordo sottoscritto con i sindacati il 10 novembre, saranno destinati all’incremento della componente fissa della retribuzione del personale della scuola. Dopo lo sblocco degli arretrati (in media 2mila euro a dipendente), con queste nuove risorse l’aumento medio degli stipendi, già approvato a fine 2022, salirà da 100 a 124 euro al mese. Inoltre, viene affidata alla contrattazione anche la definizione dei criteri di distribuzione delle risorse per la valorizzazione dei docenti, al fine di garantire la continuità didattica per gli studenti, con una specifica attenzione per gli istituti statali delle piccole isole. «La valorizzazione dei lavoratori della scuola è una delle nostre missioni, perché non può esserci merito senza dignità, che va salvaguardata anche tramite l’incremento delle risorse destinate a migliorare le retribuzioni in tutto il comparto scuola», ha commentato il ministro Valditara.

Intanto, è in dirittura d’arrivo anche il nuovo Dpcm sul reclutamento degli insegnanti. Dopo l’accordo tra i Ministeri dell’Istruzione e del Merito e dell’Università e Ricerca, il testo – trattandosi di una riforma prevista dal Pnrr – è stato sottoposto alla valutazione della Commissione europea, che dovrebbe rimandarlo indietro in questi giorni. A breve, quindi, si conosceranno i criteri e gli standard della formazione per i docenti ai fini dell’abilitazione e del conseguimento dei 60 Cfu (Crediti formativi universitari), previsti dalla riforma varata dal governo Draghi ed ereditata dall’esecutivo Meloni. «Fin dall’insediamento – si legge in una nota del Mim – il ministro Valditara si è attivato per definire il testo del Dpcm ed avviare, dal prossimo anno accademico, i percorsi formativi negli atenei».

Contestualmente, da Bruxelles dovrebbe arrivare anche la risposta per l’assunzione straordinaria di 20mila docenti per l’anno scolastico 2023-2024, «così da evitare un eccessivo ricorso alle supplenze», prosegue la nota di viale Trastevere. «Con l’avvio dei percorsi abilitanti – ricordano dal Ministero – a partire dal prossimo anno accademico, si aprirà una nuova fase per le procedure concorsuali sulla quale stiamo già lavorando per consentire di dare stabilità a tutto il sistema di reclutamento e offrire un contributo decisivo alla riduzione del precariato, valorizzando qualità e merito nell’insegnamento».

Sempre sul versante dei fondi del Pnrr, il ministro Valditara ha annunciato che queste risorse saranno a disposizione anche delle scuole paritarie. «I fondi devono essere per tutti – ha sottolineato intervenendo alla presentazione del progetto Creasteam Erasmus+ della Fidae per favorire gli scambi tra le scuole d’Europa – per questo abbiamo deciso di mettere i fondi del Pnrr anche per le paritarie non commerciali e la prima distribuzione l’abbiamo fatta proprio per l’accoglienza di ragazzi ucraini. Questo perché la scuola paritaria è pubblica a tutti gli effetti».

A maggior ragione, ha ricordato la presidente della Federazione istituti di attività educative, Virginia Kaladich, «abbiamo bisogno che la legge sulla parità scolastica, varata 23 anni fa, sia finalmente completata». E della necessità di «realizzare il pluralismo educativo», ha parlato il presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università e del Consiglio nazionale della scuola cattolica, monsignor Claudio Giuliodori. «Paradossalmente – ha ricordato – da quando è stata varata la legge 62 del 2000, le scuole paritarie hanno perso il 40% della loro forza e non conviene a nessuno disperdere un patrimonio così importante».

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