San Giovanni Apostolo ed evangelista 27 dicembre. Patrono Titolare della Parrocchia (in Santo Stefano e San Zenone)

Risultati immagini per san giovanni evangelista icona

Betsaida Iulia, I secolo – Efeso, 104 ca.

L’autore del quarto Vangelo e dell’Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, venne considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all’azione non deve farlo credere, però, una figura “eterea”. Si pensi al soprannome con cui Gesù – di cui fu discepolo tra i Dodici – chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l’esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo.

Patronato: Scrittori, Editori, Teologi

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall’ebraico

Emblema: Aquila, Calderone d’olio bollente, Coppa

Martirologio Romano: Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi.

in santiebeati.it

Oggi la Chiesa Cattolica commemora san Giovanni Apostolo. Forse non con tutta la solennità che questa colossale colonna portante del Corpo mistico di Cristo meriterebbe. E cerco di dimostrare quanto appena affermato.
Non occorre essere teologi o santi per conoscere chi è san Giovanni Apostolo ed Evangelista. Tutti sappiamo chi è. Ma siamo certi di aver profondamente colto l’immenso e quasi insuperabile ruolo che la Provvidenza ha destinato a questo giovanetto – e poi a questo venerando centenario – all’interno dell’umanità tutta?
Eccetto la Madre di Dio, e forse san Giuseppe, chi può dire di aver avuto un ruolo più importante nell’economia della salvezza dell’umanità? Stiamo esagerando? Proviamo a fare qualche veloce riflessione a riguardo.
Al di là del fatto che il giovanissimo fratello di san Giacomo Maggiore apostolo era già discepolo del Battista ancor prima dell’inizio dell’attività pubblica di Nostro Signore, ciò che occorre sottolineare è l’unicità del suo destino umano, fissando schematicamente l’attenzione su alcune sue eccezionali quanto uniche prerogative.
Anzitutto è un Apostolo, privilegio assoluto fra tutti gli uomini di tutti i tempi e luoghi che condivide evidentemente con altri undici uomini.
Nel collegio apostolico però egli è il più giovane di tutti. Di per sé, tale elemento potrebbe non avere particolare significato, ma occorre tener presente che il fatto presuppone con morale certezza (e del resto ciò è stato da sempre insegnato dalla tradizione ecclesiastica) la sua purezza al momento della conoscenza con Cristo, e quindi di conseguenza la sua purezza interiore ed esteriore mantenuta per tutta la vita. È l’apostolo della purezza.
Non per niente, è l’“apostolo che Gesù amava”, come egli stesso ripetutamente ci dice nel suo Vangelo. Tale specifico amore di Cristo per lui fa da contraltare all’amore per la peccatrice redenta. A parte Maria Vergine, Maria Maddalena e Giovanni sono le persone che Nostro Signore ha più amato al mondo, la donna che da corrotta diviene pura con una vita di amore e penitenza, e il giovane che mai perdette la sua purezza vivendo nel pieno amore di Cristo.
Tali privilegi meritarono loro di essere sotto la Croce. Giovanni è l’unico apostolo che non abbandona Gesù.
Inoltre, egli aveva già ricevuto un privilegio ineguagliabile: durante l’ultima cena, aveva potuto appoggiare la sua testa sul petto del Salvatore del mondo, ovvero sul Sacro Cuore! Come vuole un’antica tradizione, fu in quel momento che il Logos trasmise il Vangelo e l’Apocalisse all’ancor giovanissimo apostolo.
Tale speciale amore di Cristo per lui è confermato due giorni dopo, all’alba, quando per primo arriva al Sepolcro vuoto. Certo, per rispetto all’autorità di Pietro si ferma e lascia passare il suo capo terreno. Ma il primo (a parte Maria Maddalena) uomo a credere e correre è appunto il giovinetto puro Giovanni.
Giovanni sotto la Croce rappresenta l’umanità tutta, possiamo dire “incarna” l’intera umanità assente. Da quel momento, il numero indefinito di uomini che fino alla fine del mondo, al momento della Consacrazione durante la santa Messa o nelle loro meditazioni, si immaginano sul Calvario, non fanno altro che “prendere il posto” dell’unico uomo che veramente v’era, Giovanni.
Sotto la Croce, riceve un altro incommensurabile premio dal Signore, forse il più grande di tutti: diviene “figlio adottivo” di Maria Santissima, e in tal modo ancora una volta incarna in sé l’umanità intera.
Ma il privilegio incommensurabile non finisce ancora: Gesù gli ordina di ospitare in casa sua Madre. In qualche modo, diviene una figurazione di Gesù stesso, e per anni ogni mattina ha il privilegio di poter dire Messa alla presenza fisica dell’ancor vivente Madre di Dio. Qualcuno può immaginarsi “cosa” c’era in quella stanza durante la Messa celebrata da Giovanni alla presenza della Regina degli Angeli?
Giovanni non è solo apostolo, ma è anche evangelista.
Egli condivide questo privilegio con altri tre uomini, come sappiamo, ma il suo Vangelo non è “sinottico”, è il Vangelo del Logos. È il Vangelo dell’“aquila”, che ha visto e compreso, magari in un istante in cui ha posato il suo capo sul Sacro Cuore, ciò che nessun altro uomo aveva potuto mai vedere e comprendere.
Giovanni scrive inoltre una Lettera che è rimasta per sempre nella Rivelazione, privilegio che condivide con altri quattro.
Ma la lettera di Giovanni è per antonomasia la lettera della Carità divina. Egli non è solo l’evangelista del Logos, ma anche il testimone dell’Amore infinito di Dio, che “è amore”.
Giovanni è l’unico degli apostoli che, pur subendo il martirio, non muore. Come spiegare questo ulteriore incredibile privilegio se non tramite la sua purezza e l’amore che Cristo ha sempre provato per lui?
Giovanni, accecato e spedito in esilio, vede ciò che nessun altro uomo al mondo ha mai potuto vedere: vede la fine dei tempi, la fine della storia, il predominio momentaneo del male e quindi il trionfo eterno del Bene, di Cristo sul mondo e sul suo disperato principe. Giovanni è l’autore dell’Apocalisse.
E con la scrittura dell’Apocalisse, Giovanni, morendo, ha il privilegio ultimo e di una grandezza indefinibile: egli chiude per sempre la Rivelazione divina agli uomini. Poggiando il suo stilo dopo aver scritto l’ultima parola dell’Apocalisse, Giovanni ha simbolicamente chiuso la voce diretta dello Spirito Santo agli uomini. D’ora in poi, Dio parlerà tramite la Chiesa e lo farà fino all’Apocalisse, quando, come Giovanni ci ha detto, verrà in trionfo a chiudere la storia e a giudicare i vivi e i morti.
Chi scrive non ha né la competenza teologica né la capacità letteraria di esprimere nemmeno un’oncia del peso incommensurabile di tutto quanto ha voluto affermare. Ma lo offre, nella sua devastante pochezza, al Signore per tramite dell’uomo che Egli amò più di ogni altro, e al quale concesse i più inarrivabili privilegi.
Preghiamo san Giovanni apostolo ed evangelista di guidarci ogni giorno nella milizia al servizio di Cristo e per la strada in salita della Carità e del Logos, ciò che ci rende cristiani e figli dell’unica civiltà della storia fondata appunto sulla Carità divina e sul Logos incarnato.

Autore: Massimo Viglione


Il più giovane e il più longevo degli Apostoli; il discepolo più presente nei grandi avvenimenti della vita di Gesù; autore del quarto Vangelo, opera essenzialmente dottrinale e dell’Apocalisse, unico libro profetico del Nuovo Testamento.
Giovanni era originario della Galilea, di una zona sulle rive del lago di Tiberiade (forse Betsaida Iulia), figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore; la madre era nel gruppo di donne che seguivano ed assistevano Gesù salendo fino al Calvario, forse era cugina della Madonna; il padre aveva una piccola impresa di pesca sul lago anche con dipendenti.
Pur essendo benestante e con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali, non era mai stato alla scuola dei rabbini e quindi era considerato come ‘illetterato e popolano’, tale che qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che lui abbia solo dettato le sue opere, scritte da un suo discepolo.
Giovanni è da considerarsi in ordine temporale come il primo degli apostoli conosciuto da Gesù, come è l’ultimo degli Apostoli viventi, con cui si conclude la missione apostolica tesa ad illuminare la Rivelazione.
Infatti egli era già discepolo di s. Giovanni Battista, quando questi additò a lui ed Andrea Gesù che passava, dicendo “Ecco l’Agnello di Dio” e i due discepoli udito ciò presero a seguire Gesù, il quale accortosi di loro domandò: “Che cercate?” e loro risposero: “Rabbi dove abiti?” e Gesù li invitò a seguirlo fino al suo alloggio, dove si fermarono per quel giorno; “erano le quattro del pomeriggio”, specifica lui stesso, a conferma della forte impressione riportata da quell’incontro.
In seguito si unì agli altri apostoli, quando Gesù passando sulla riva del lago, secondo il Vangelo di Matteo, chiamò lui e il fratello Giacomo intenti a rammendare le reti, a seguirlo ed essi “subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono”.
Da allora ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, era il più giovane ma nell’elenco è sempre nominato fra i primi quattro, fu prediletto da Pietro, forse suo compaesano, ma soprattutto da Gesù al punto che Giovanni nel Vangelo chiama se stesso “il discepolo che Gesù amava”.
Fra i discepoli di Gesù fu infatti tra gli intimi con Pietro e il fratello Giacomo, che accompagnarono il Maestro nelle occasioni più importanti, come quando risuscitò la figlia di Giairo, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’agonia del Getsemani.
Con Pietro si recò a preparare la cena pasquale e in questa ultima cena a Gerusalemme ebbe un posto d’onore alla destra di Gesù, e dietro richiesta di Pietro, Giovanni appoggiando con gesto di consolazione e affetto la testa sul petto di Gesù, gli chiese il nome del traditore fra loro.
Tale scena di alta drammaticità, è stata nei secoli raffigurata nell’”Ultima Cena” di tanti celebri artisti. Dopo essere scappato con tutti gli altri, quando Gesù fu catturato, lo seguì con Pietro durante il processo e unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce accanto a Maria, della quale si prese cura, avendola Gesù affidatagliela dalla croce.
Fu insieme a Pietro, il primo a ricevere l’annunzio del sepolcro vuoto da parte della Maddalena e con Pietro corse al sepolcro giungendovi per primo perché più giovane, ma per rispetto a Pietro non entrò, fermandosi all’ingresso; entrato dopo di lui poté vedere per terra i panni in cui era avvolto Gesù, la vista di ciò gli illuminò la mente e credette nella Resurrezione forse anche prima di Pietro, che se ne tornava meravigliato dell’accaduto.
Giovanni fu presente alle successive apparizioni di Gesù agli apostoli riuniti e il primo a riconoscerlo quando avvenne la pesca miracolosa sul lago di Tiberiade; assistette al conferimento del primato a Pietro; insieme ad altri apostoli ricevette da Gesù la solenne missione apostolica e la promessa dello Spirito Santo, che ricevette nella Pentecoste insieme agli altri e Maria.
Seguì quasi sempre Pietro nel suo apostolato, era con lui quando operò il primo clamoroso miracolo della guarigione dello storpio alla porta del tempio chiamata “Bella”; insieme a Pietro fu più volte arrestato dal Sinedrio a causa della loro predicazione, fu flagellato insieme al gruppo degli arrestati.
Con Pietro, narrano gli Atti degli Apostoli, fu inviato in Samaria a consolidare la fede già diffusa da Filippo.
San Paolo verso l’anno 53, lo qualificò insieme a Pietro e Giacomo il Maggiore come ‘colonne’ della nascente Chiesa.
Il fratello Giacomo fu decapitato verso il 42 da Erode Agrippa I, protomartire fra gli Apostoli; Giovanni, secondo antiche tradizioni, lasciata definitivamente Gerusalemme (nel 57 già non c’era più) prese a diffondere il cristianesimo nell’Asia Minore, reggendo la Chiesa di Efeso e altre comunità della regione.
Anche Giovanni adempì la profezia di Gesù di imitarlo nella passione; anche se non subì il martirio come il fratello e gli altri apostoli, dovette patire la persecuzione di Domiziano (51-96) la seconda contro i cristiani, che negli ultimi anni del suo impero, 95 ca., conosciuta la fama dell’apostolo, lo convocò a Roma e dopo averlo fatto rasare i capelli in segno di scherno, lo fece immergere in una caldaia di olio bollente davanti alla porta Latina; ma Giovanni ne uscì incolume.
Ancora oggi un tempietto ottagonale disegnato dal Bramante e completato dal Borromini, ricorda il leggendario miracolo.
Fu poi esiliato nell’isola di Patmos (arcipelago delle Sporadi a circa 70 km da Efeso) a causa della sua predicazione e della testimonianza di Gesù. Dopo la morte di Domiziano, salì al trono l’imperatore Nerva (96-98) tollerante verso i cristiani; quindi Giovanni poté tornare ad Efeso dove continuò ad esortare i fedeli all’amore fraterno, finché ultracentenario morì verso il 104, cosicché il più giovane degli Apostoli, il vergine perché non si sposò, visse più a lungo di tutti portando con la sua testimonianza, l’insegnamento di Cristo fino ai cristiani del II secolo.
Sulla sua tomba ad Efeso, fu edificata nei secoli V e VI una magnifica basilica. In vita la tradizione e gli antichi scritti gli attribuiscono svariati prodigi, come di essersi salvato senza danno da un avvelenamento e dopo essere stato buttato in mare; ad Efeso risuscitò anche un morto.
Alle riunioni dei suoi discepoli, ormai vecchissimo, veniva trasportato a braccia, ripetendo soltanto “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” e a chi gli domandava perché ripeteva sempre la stessa frase, rispose: “ Perché è precetto del Signore, se questo solo si compia, basta”.
Fra tutti gli apostoli e i discepoli, Giovanni fu la figura più luminosa e più completa, dalla sua giovinezza trasse l’ardore nel seguire Gesù e dalla sua longevità la saggezza della sua dottrina e della sua guida apostolica, indicando nella Grazia la base naturale del vivere cristiano.
La sua propensione più alla contemplazione che all’azione, non deve far credere ad una figura fantasiosa e delicata, anzi fu caldo e impetuoso, tanto da essere chiamato insieme al fratello Giacomo ‘figlio del tuono’, ma sempre zelante in tutto.
Teologo altissimo, specie nel mettere in risalto la divinità di Gesù, mistico sublime fu anche storico scrupoloso, sottolineando accuratamente l’umanità di Cristo, raccontando particolari umani che gli altri evangelisti non fanno, come la cacciata dei mercanti dal tempio, il sedersi stanco, il piangere per Lazzaro, la sete sulla croce, il proclamarsi uomo, ecc.
Giovanni è chiamato giustamente l’Evangelista della carità e il teologo della verità e luce, egli poté penetrare la verità, perché si era fatto penetrare dal divino amore.
Il suo Vangelo, il quarto, ebbe a partire dal II secolo la definizione di “Vangelo spirituale” che l’ha accompagnato nei secoli; Origene nel III secolo, per la sua alta qualità teologica lo chiamò ‘il fiore dei Vangeli’.
Gli studiosi affermano che l’opera ebbe una vicenda editoriale svolta in più tappe; essa parte nell’ambiente palestinese, da una tradizione orale legata all’apostolo Giovanni, datata negli anni successivi alla morte di Cristo e prima del 70, esprimendosi in aramaico; poi si ha un edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore con centro principale la bella città di Efeso e qui collabora alla stesura un ‘evangelista’, discepolo che raccoglie il messaggio dell’apostolo e lo adatta ai nuovi lettori.
Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, diviso in due grandi sezioni; dai capitoli 1 a 12 chiamato “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio e dai capitoli 13 a 20 chiamato “Libro dell’ora”, cioè del momento supremo della sua vita offerta sulla croce, che contiene i mirabili “discorsi di addio” dell’ultima Cena. Alla fine del I secolo comparvero i capitoli finali da 21 a 23, dove si allude anche alla morte dell’apostolo.
All’inizio del Vangelo di Giovanni è posto un prologo con un inno di straordinaria bellezza, divenuto una delle pagine più celebri dell’intera Bibbia e che dal XIII secolo fino all’ultimo Concilio, chiudeva la celebrazione della Messa: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….”.
L’Apocalisse come già detto è l’unico libro profetico del Nuovo Testamento e conclude il ciclo dei libri sacri e canonici riconosciuti dalla Chiesa, il suo titolo in greco vuol dire ‘Rivelazione’.
Denso di simbolismi, spesso si è creduto che fosse un infausto oracolo sulla fine del mondo, invece è un messaggio concreto di speranza, rivolto alle Chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della bestia, cioè la Roma imperiale, affinché ritrovino coraggio nella fede, dimostrandolo con la testimonianza.
È un’opera di grande potenza e suggestione e anche se il linguaggio e i simboli sono del genere ‘apocalittico’, corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo, il libro si autodefinisce ‘profezia’, cioè lettura dell’azione di Dio all’interno della storia.
Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici, città, costellano il libro e sono gli elementi di questa interpretazione della storia alla luce della fede e della speranza.
Il libro inizia con la scena della corte divina con l’Agnello – Cristo e il libro della storia umana e alla fine dell’opera c’è il duello definitivo tra Bene e Male, cioè tra la Chiesa e la Prostituta (Roma) imperiale, con la rivelazione della Gerusalemme celeste, dove si attende la venuta finale del Cristo Salvatore.
Di Giovanni esistono anche tre ‘Epistole’ scritte probabilmente a Efeso, che hanno lo scopo di sottolineare e difendere presso determinati gruppi di fedeli (o uno solo, con la terza) alcune verità fondamentali, che erano attaccate da dottrine gnostiche.
San Giovanni ha come simbolo l’aquila, perché come si credeva che l’aquila potesse fissare il sole, anche lui nel suo Vangelo fissò la profondità della divinità.
È il patrono della Turchia e dell’Asia Minore, patronato confermato da papa Benedetto XV il 26 ottobre 1914; giacché Gesù gli affidò la Vergine Maria, è considerato patrono delle vergini e delle vedove; per i suoi grandi scritti è patrono dei teologi, scrittori, artisti; per il suo supplizio dell’olio bollente, protegge tutti coloro che sono esposti a bruciature oppure hanno a che fare con l’olio, quindi: proprietari di frantoi, produttori di olio per lampade, armaioli; patrono degli alchimisti, è invocato contro gli avvelenamenti e le intossicazioni alimentari.
Anche i “Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” che rappresentano conquista, guerra, fame, morte, sono un suo simbolo. In Oriente il suo culto aveva per centro principale Efeso, dove visse e l’isola di Patmos nel Dodecanneso dove fu esiliato e dove nel secolo XI s. Cristodulo fondò un monastero a lui dedicato, inglobando la grotta dove l’apostolo ricevette le rivelazioni e scrisse l’Apocalisse.
In Occidente il suo culto si diffuse in tutta Europa e templi e chiese sono a lui dedicate un po’ dappertutto, ma la chiesa principale costruita in suo onore è S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Inizialmente i grandi santi del primo cristianesimo Stefano, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni, erano celebrati fra il Natale e la Circoncisione (1° gennaio); poi con lo spostamento in altre date di s. Pietro, s. Paolo e s. Giacomo, rimasero solo s. Stefano il 26 dicembre e s. Giovanni apostolo ed evangelista il 27 dicembre.


Autore: Antonio Borrelli

Nella letteratura / Un anno nuovo per la ricerca di una santità nuova

Dentro il 2019 rileggendo le parole di Simone Weil: «Oggi essere santi non basta, occorre la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch’essa senza precedenti»

L’anno che si apre è posto sotto il segno della novità di Dio: il Vangelo ci ricorda che il Figlio nasce in una situazione che nulla aveva di previsto e atteso: un bambino «che giaceva in una mangiatoia», attorniato da pastori, gli ultimi ed emarginati dalla società dell’epoca, i quali tuttavia «andarono senz’indugio» presso la strana ‘culla’.
È sempre così la novità di Dio, che scardina il consueto e apre sentieri nuovi di vita e di santità, richiedendo però, come condizione prima, l’atteggiamento di Maria, che «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore». La Madre è offerta come esempio per cogliere la novità di Dio: «serbare», cioè custodire, presuppone il vigilare e il raccogliere; e poi il «meditare», per riconoscere l’azione di Dio dove non ci si aspetterebbe di trovarlo.

È un giorno propizio, secondo il calendario solare, per riflettere su quanto di nuovo Dio porta alla vita di ciascuno di noi. Ed è indubbio che di novità, oggi, abbiamo bisogno. Abbiamo chiuso un anno, abbiamo fatto il nostro personale bilancio, ma per guardare con fiducia e fede ai prossimi dodici mesi dobbiamo essere animati non solo dalla consapevolezza che i fili del tempo sono nelle mani di Dio, ma che qualcosa di inatteso si prepara e ci viene incontro. Qualcosa che, tuttavia, richiede la nostra collaborazione, il nostro assenso.
Questo 2019 ha sete di novità, noi abbiamo sete di novità: non nuove scoperte, non nuove invenzioni, o forse non solo quelle. Ma relazioni nuove e rinnovate, nuovi sguardi, nuove tregue, se non nuove paci. Nuove parole, anche. E, più di tutto, abbiamo bisogno di una santità nuova: sentiamo la necessità, per i giorni che iniziano a scorrere nel nuovo anno, di trovare e imitare un nuovo modello di santità, un rinnovato criterio di vita cristiana per un nuovo incontro con il Dio della storia.

Lo scriveva, già nel 1942, la grande filosofa e mistica Simone Weil (1909-1943) a padre Perrin, il domenicano a cui aveva affidato molte sue tensioni spirituali, raccolte in sei lettere oggi racchiuse in Attesa di Dio.

Viviamo in un’epoca che non ha precedenti, e nell’attuale situazione l’universalità, che un tempo poteva essere implicita, deve essere pienamente esplicita. Deve impregnare il linguaggio e tutto il modo di essere.
Oggi essere santi non basta, occorre la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch’essa senza precedenti.

Dio fa nascere in ogni epoca santi e santità adatti a quel tempo. Oggi abbiamo urgenza di tutto ciò: abbiamo sete di nuovi santi e nuovi profeti, abbiamo sete di nuovi modelli che sappiano indicarci un modo di leggere il nostro mondo e soprattutto che sappiano suggerirci come abitarlo da cristiani.
Ed è un compito arduo:

Un nuovo tipo di santità è qualcosa di dirompente, è un’invenzione. Fatte le debite proporzioni, mantenendo ogni cosa al proprio rango, è pressappoco analoga a una nuova rivelazione dell’universo e del destino umano. Significa portare alla luce una larga porzione di verità e di bellezza fin qui dissimulate da uno spesso strato di polvere. Occorre maggior genio di quanto ne sia servito a Archimede per inventare la meccanica e la fisica. Una santità nuova è un’invenzione più prodigiosa.
Soltanto una sorta di empietà può obbligare gli amici di Dio a rinunciare a ottenere del genio, dal momento che per riceverne in sovrabbondanza è sufficiente lo richiedano al proprio Padre in nome del Cristo.
È una richiesta legittima, almeno oggi, perché necessaria. Credo che in questa forma o in un’altra equivalente sia la prima richiesta da farsi adesso, da farsi ogni giorno e ogni ora, così come un bambino affamato chiede incessantemente un po’ di pane. Il mondo ha bisogno di santi dotati di genio come una città appestata ha bisogno di medici. Dove c’è bisogno, c’è obbligo.

Credo che dovremmo riprendere in mano uno dei testi più belli di Papa Francesco, uscito nel marzo del 2018 e passato velocemente nel silenzio, proprio per la sua straordinaria ordinarietà: è l’esortazione apostolica Gaudete et exultate, dedicata proprio alla «chiamata alla santità nel mondo contemporaneo». È una lettura che richiede meditazione e dona perle, come la rielaborazione che il Papa fa delle beatitudini per il mondo di oggi, o l’elogio dell’umorismo, o le riflessione sullo Spirito e le strutture.

Abbiamo sete di santi, abbiamo sete di nuova santità, a partire da noi stessi: «Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere».

Buon anno, e buon cammino (di santità)!

La storia. Sarà santo il giovane Nunzio Sulprizio, protettore degli invalidi

Il prossimo 14 ottobre, lo stesso giorno di Paolo VI e Romero, verrà canonizzato Nunzio Sulprizio, giovane operaio abruzzese morto diciannovenne nel 1836. Lo ha annunciato stamani il Papa.

Il Concistoro che ha deciso la data di canonizzazione (Lapresse)

da Avvenire

Un santo della porta accanto. Un ragazzo dalla fede profonda. Sorridente malgrado la malattia. Devotissimo alla Vergine che sentiva davvero madre. Coraggioso contro la sofferenza malgrado la giovane età. È l’identikit di Nunzio Sulprizio, protettore degli invalidi e delle vittime sul lavoro che sarà proclamato santo il prossimo 14 ottobre, lo stesso giorno di Paolo VI e dell’arcivescovo martire Romero. La data è stata annunciato dal Papa durante il Concistoro ordinario tenutosi questa mattina in Vaticano.

Dalla bottega di fabbro alla santità

Nunzio Sulprizio è morto il 5 maggio 1836, a 19 anni

Nunzio Sulprizio è morto il 5 maggio 1836, a 19 anni

Come ha detto qualcuno la storia di Sulprizio sarebbe stata adatta a un racconto di Dickens. Di origini umili e rimasto orfano da piccolo di entrambi i genitori, fu inizialmente cresciuto dalla nonna materna, a sua volta scomparsa quando il ragazzo aveva 9 anni, mentre uno zio lo avviò al mestiere di fabbro nella sua bottega di Pescosansonesco dove Nunzio era nato il 13 aprile 1817. Proprio a causa della pesantezza del lavoro il giovane, di costituzione fragile, si ammalò di una grave patologia ossea.
Per curarsi venne ricoverato in ospedale all’Aquila e poi a Napoli dove viveva uno zio militare che lo fece seguire da un colonnello medico. Le terapie però non riuscirono ad evitargli atroci sofferenze fino all’amputazione della gamba. Morì a diciannove anni il 5 maggio 1836. Malgrado i dolori terribili accettò sempre la malattia con pazienza e fede, tanto che già Leone XIII lo propose come modello per la gioventù operaia. Il ragazzo sarà santo grazie al riconoscimento di un miracolo ottenuto per sua intercessione. «Si tratta della guarigione di un giovane pugliese di Taranto – ha spiegato, felicissimo, l’arcivescovo di Pescara-Penne, Tommaso Valentinetti l’8 giugno scorso quando il Papa ha autorizzato il decreto che riconosceva il carattere prodigioso dell’evento – coinvolto in un grave incidente stradale una decina di anni fa. Le lesioni cerebrali causate dal tragico impatto e i danni permanenti provocati dalla disgrazia, avrebbero dovuto provocare importanti riduzione motorie e invece l’intercessione del beato Nunzio, riconosciuto dal giovane nel sogno, lo ha guarito “inspiegabilmente” per la scienza e “miracolosamente” per la fede».

Un santuario con le “stampelle”

Il giovane era nato a Pescosansonesco dove oggi sorge un santuario

Il giovane era nato a Pescosansonesco dove oggi sorge un santuario

Come detto la fama di santità di Sulprizio si diffuse rapidamente dopo la sua morte, alimentata dal racconto di chi poteva testimoniare il coraggio e la fede con cui aveva affrontato la malattia. Riconosciuto venerabile nel 1859 da Pio IX e proclamato beato da Paolo VI nel 1963, le sue spoglie sono conservate in parte nel santuario eretto a Pescosansonesco presso la fonte di Riparossa, in parte nella chiesa di San Domenico Soriano a Napoli. La tradizione vuole che durante un terremoto che colpì l’Abruzzo la teca con le spoglie del prossimo santo si sia spostata per evitare la caduta di un grosso macigno che l’avrebbe distrutta. Nel santuario di Pescosansonesco vi è una parete piena di stampelle, appartenute a giovani invalidi.

Lo stesso giorno di Paolo VI e Romero

Don Vincenzo Romano

Don Vincenzo Romano

Il nome di Nunzio Sulprizio, invocato come “protettore degli invalidi” ma anche dei malati incurabili e dei precari, va ad allungare la lista dei testimoni della fede che il Papa proclamerà santi il prossimo 14 ottobre. I due nomi più noti sono naturalmente quelli di Paolo VI e dell’arcivescovo martire salvadoregno Oscar Arnulfo Romero. Insieme con loro saranno canonizzati anche due presbiteri italiani: don Francesco Spinelli (1853-1913) sacerdote lombardo fondatore della Congregazione delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento e don Vincenzo Romano (1751-1831), il «prete degli operai» nato e morto a Torre del Greco, in Campania. Due anche le religiose: la tedesca suor Maria Caterina Kasper (1820- 1898) fondatrice delle Povere Ancelle di Gesù Cristo e suor Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù nata in Spagna e morta in Argentina (1889-1943) cui si deve la Congregazione delle Suore “Misioneras Cruzadas de la Iglesia”. La data del 14 ottobre è ancora più significativa perché in pieno Sinodo dei giovani, chiamati a verificare anche ala luce de nuovo santi, il proprio cammino, la propria vocazione.

I santi del 06 Novembre 2017

San LEONARDO DI LIMOGES   Eremita
Gallia, inizio VI sec. – Limoges, 6 novembre 545 ca.
Leonardo nacque in Gallia al tempo dell’imperatore Anastasio da nobili franchi, amici del re Clodoveo che volle fargli da padrino al battesimo. In gioventù rifiutò di arruolarsi nell’esercito e si mise al seguito di S. Remigio, arcivescovo di Reims. Avendo questi ottenuto dal re di poter chiedere la liberazione dei prigionieri che a…
www.santiebeati.it/dettaglio/76300

San FELICE DI TONIZA   Martire
www.santiebeati.it/dettaglio/76310

Santi CALLINICO E COMPAGNI   Martiri
www.santiebeati.it/dettaglio/76320

San SEVERO DI BARCELLONA   Vescovo e martire
www.santiebeati.it/dettaglio/76330

San VALENTINO DI GENOVA   Vescovo
V secolo
Valentino, il primo vescovo noto di Genova, svolse il suo ufficio pastorale con rara prudenza e grande carità a favore degli orfani e delle vedove.
www.santiebeati.it/dettaglio/90927

San FELICE DI GENOVA   Vescovo
Secc. IV-V
www.santiebeati.it/dettaglio/90928

San TEOBALDO DI DORAT   Sacerdote
† 6 novembre 1070
Religioso dei Canonici Regolari di Sant’Agostino, a Dorat, Francia. Esercitando la funzione di guardiano, non usciva mai dalla chiesa se non per prestare assistenza agli infermi.
www.santiebeati.it/dettaglio/76340

San DEMETRIO   Vescovo
Sec. X
www.santiebeati.it/dettaglio/90424

Santa BEATRICE DI OLIVE   Monaca cistercense
Olive (Belgio), sec. XIII-XIV
www.santiebeati.it/dettaglio/91459

San PAOLO   Patriarca di Costantinopoli, martire
San Paolo, vescovo di Costantinopoli e martire, fu spesso esiliato dagli ariani a motivo della sua difesa della fede nicena e più volte reintegrato nella sua sede, venne infine rinchiuso dall’imperatore Costanzo a Cucusum, cittadella in Cappadocia, dove cadde vittima dell’insidia degli ariani e venne da questi strangolato….
www.santiebeati.it/dettaglio/93019

San VINNOCO   Abate
† 6 novembre 716
www.santiebeati.it/dettaglio/93281

Sant’ EMILIANO   Vescovo
Irlanda ? – Faenza, 780 ca.
Vescovo irlandese, pellegrino a Roma, morì in fama di santità, nel viaggio di ritorno, nei pressi di Faenza. Al ritrovamento del suo sepolcro, si narrano numerosi prodigi. Il suo corpo è custodito in Cattedrale a Faenza….
www.santiebeati.it/dettaglio/92040

Sant’ ILTUTO (ILTUD FARCHOG)   Abate e fondatore
Bretagna, 480 – Llantwitt, Galles, † 540 ca.
Illtud Farchog nasce nel 480, è figlio di un principe bretone, Bican. In gioventù i genitori lo mandano a studiare presso uno zio, san Garmon, che più tardi sarà vescovo di Manaw. Anche se si dimostra un ottimo studente, soprattutto nel campo della letteratura, Illtud preferisce alla strada religiosa la carriera militare. Dopo aver appreso le arti cavalleres…
www.santiebeati.it/dettaglio/92324

Santo STEFANO D’APT   Vescovo
Agde, Francia, II metà del X secolo – Apt, Francia, 1046
www.santiebeati.it/dettaglio/92891

San PROTASIO DI LOSANNA   Vescovo
640 – 699 circa
www.santiebeati.it/dettaglio/92893

San MELANIO   Vescovo
† 530 circa
www.santiebeati.it/dettaglio/93162

Beato TOMMASO JIHYOE DI SANT’AGOSTINO   Sacerdote agostiniano, martire
Nagasaki, Giappone, 1600 circa – 6 novembre 1637
Nacque a Omura (Nagasaki) verso il 1600. I suoi genitori erano catechisti e morirono ambedue martiri. Da bambino frequentò la scuola dei gesuiti. Avendo poi deciso di abbracciare la vita religiosa, su suggerimento di un missionario si trasferì a Manila nelle Filippine. Qui emise i voti nell’ordine agostiniano, completò gli stud…
www.santiebeati.it/dettaglio/93489

Beato GARCIA DARLET   Mercedario
Grande penitente spagnolo dell’Ordine Mercedario, il Beato Garcia Darlet, offrì se stesso in sacrificio a Dio. Per tutta la sua vita diede testimonianza di un’ardente fede, finché, nel convento di Sant’Eulalia in Pamplona (Spagna), ornato di divine virtù lasciò questo mondo per gioire eternamente nella gloria del Signore.L’Ordine lo festeggia il 6 novembre….
www.santiebeati.it/dettaglio/94775

Beato PIETRO AMELIO   Mercedario
Religioso del convento di Santa Maria in Narbona (Francia), il Beato Pietro Amelio, fu valoroso soldato di Cristo. Combatté ovunque per la propagazione della fede cattolica e per allontanare i nemici del Signore finché celebre per la santità e la dottrina si addormentò in pace.L’Ordine lo festeggia il 6 novembre….
www.santiebeati.it/dettaglio/94779

Beato BERNARDO DE APIANO   Mercedaro
Il Beato Bernardo de Apiano, visse nel convento della Mercede di San Martino in Perpignano (Francia). Famoso per la santità della vita, l’osservanza della regola, lo studio e le virtù raggiunse santamente in Cristo la patria celeste.L’Ordine lo festeggia il 6 novembre….
www.santiebeati.it/dettaglio/94780

Beata CRISTINA DI STOMMELN   Mistica
Stommeln (Colonia), 1242 – † 6 novembre 1312
Dopo aver avuto nel 1247 – a 5 anni – una visione di Gesù Bambino, la beata Cristina di Stommeln, vicino a Colonia, sfuggì dodicenne a un matrimonio combinato ed entrò in un convento di Beghine. Quindicenne ricevette le stimmate a mani e piedi e i segni della corona di spine sul capo. Fu tentata più volte dal demonio, fin sull’orlo del suicidio. I segni este…
www.santiebeati.it/dettaglio/91331

Beati MARTIRI SPAGNOLI VINCENZIANI   Beatificati nel 2013
Papa Francesco ha riconosciuto il loro martirio il 5 luglio 2013. Fortunato Velasco Tobar e 13 compagni sono stati beatificati il 13 ottobre 2013.
www.santiebeati.it/dettaglio/96198

Beato EMANUELE DELLA SACRA FAMIGLIA (MANUEL SANZ DOMíNGUEZ)   Monaco e martire
Sotodosos, Spagna, 1887 – Paracuellos de Jarama, Spagna, 6/8 novembre 1936
Monaco professo e Riformatore dell’Ordine di San Girolamo; nato a Sotodosos (Spagna) nel 1887 e ucciso, in odio alla Fede, a Paracuellos de Jarama (Spagna) tra il 6 e l’8 novembre 1936. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il suo martirio in data 20 dicembre 2012. E’ stato beatificato sotto il pontificato di Papa Francesco in data 13 ottobre 2013….
www.santiebeati.it/dettaglio/95963

Beati 498 MARTIRI SPAGNOLI   Beatificati nel 2007
† Spagna, 1934-1936-1938
www.santiebeati.it/dettaglio/93425