L’attualità del messaggio di Bernardo di Chiaravalle: una narrazione dell’amore di Dio per ogni uomo

Filippino Lippi, «Apparizione della Vergine a san Bernardo» (1482-1486)

Osservatore

Un paradosso permea non solo la Chiesa ma il mondo occidentale. In quello che ormai tanti individuano come un vero e proprio passaggio di civiltà, si avverte il bisogno di rinnovate e forti esperienze monastiche, lievito e filtro di un mondo nuovo che si presenta con tratti tanto affascinanti quanto a volte allarmanti.

Pensiamo cioè a quella straordinaria capacità che, in un analogo passaggio, pugni di uomini a partire dal V secolo, sopravanzate le ansie della contingenza storica nel silenzio dei chiostri, seppero esprimere accogliendo il “nuovo” senza smarrire le fondamenta del ricco umanesimo trasmessoci dalla classicità. Un passaggio che per molti versi rimanda ai tempi nostri.

E così pure, in questo tempo di pandemia, non possiamo non pensare al caposaldo civile e culturale che i monasteri rappresentarono, lungo quindici secoli, nelle ricorrenti catastrofi sanitarie del continente europeo.

Presidi di vita in mondi pericolanti.

Solo già scorrendo le puntuali e intense pagine della Storia del monachesimo occidentale di Mariano Dell’Omo, ci si rende agevolmente conto di quanto la modernità in tanti aspetti — anche economico-sociali — sia debitrice all’esperienza monastica europea, e di quanto impropria sia l’interpretazione del claustro come mera estraniazione dal mondo. I monaci sono nel mondo, lo vivono, lo interpretano, e lo modificano tanto con l’ora che con il labora.

Tra i padri del monachesimo occidentale la figura di san Bernardo è sicuramente quella che meglio esprime una sintesi alta tra i due poli della contemplazione e dell’azione. Sintesi e non mediazione, perché in Bernardo convivono il massimo della contemplazione e il massimo dell’azione. Ciò pone Bernardo in una dimensione che, trascendendo dall’altrettanto difficile contesto storico in cui visse, mostra una stringente attualità del suo pensiero e del suo agire. I tre piani della sua azione e predicazione, verso i monaci, verso la Chiesa e verso il mondo, si intersecano continuamente nei numerosi scritti dell’abate cistercense: fonti a cui attingere quantomai ricche e diversificate: sermoni, trattati, lettere, opuscoli, sentenze che si offrono come prezioso patrimonio teologico e spirituale degno di un autore non a caso definito come «l’ultimo dei Padri della Chiesa».

San Bernardo, in effetti, nei suoi scritti si è rivolto prevalentemente ai suoi monaci, indirizzando a loro i contenuti dei suoi numerosi sermoni, tra i quali i celebri Sermoni sul Cantico dei Cantici: «A voi, fratelli, si devono dire cose diverse da quelle che si dicono agli altri (comuni cristiani), o per lo meno in modo diverso. A quelli, infatti, chi, nell’insegnamento segue il metodo dell’Apostolo, porge latte, e non cibo solido. Che poi agli uomini spirituali debbano somministrarsi cose più solide, lo indica ancora san Paolo con il suo esempio, dove dice: Parliamo, non con parole dotte secondo l’umana sapienza, ma con un linguaggio suggerito dallo spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali» (Serm. Cant. i, 1).

Tuttavia, nella sua ricca produzione ebbe anche a scegliere come destinatari dei suoi scritti, e particolarmente delle sue lettere, figure provenienti dalle più varie estrazioni sociali, a cui pur rivolgere discorsi ed esortazioni.

Tra suoi trattati troviamo indifferentemente testi rivolti a persone consacrate o ad alti rappresentanti della Chiesa, ma si trovano anche inseriti occasionalmente consigli e ammonizioni indirizzati a ben altre categorie di lettori laici, ai quali Bernardo riteneva opportuno riservare comunque una qualche breve riflessione tanto spirituale che pratica.

Ciò gli consentì di rendere più discorsivi dei testi altrimenti particolarmente densi, ma anche di diversificare la fruibilità dei suoi scritti, rendendoli sempre adatti e utili anche al contesto a cui si riferivano. Ed è proprio questo il piano che li rende tuttora attuali.

Si pensi ad esempio al celebre De Consideratione, nel quale Bernardo non si limita a supportare e orientare il suo ex discepolo Bernardo di Pisa, abate cistercense delle Tre Fontane in Roma, salito alla cattedra di Pietro col nome di Eugenio III, ma esorta e ammonisce indirettamente tutti coloro che, leggendone i doveri, erano comunque tenuti a obbedirgli, senza recalcitrare o adombrarsi. O ancor più: senza cadere nella demagogia degli Albigesi e dei Valdesi non ha timore alcuno nel denunciare le non poche colpe e vergogne che affliggono la Chiesa del tempo, e verso cui sarà essenzialmente orientata l’opera riformatrice di Papa Eugenio.

Nella lettera enciclica Spe salvi, Papa Benedetto XVI attesta chiaramente come la riflessione sulla dimensione spirituale e contemplativa della vita in Bernardo non sia certo confinata all’ambito della sua comunità e del suo ordine di appartenenza, ma si allarga a una più ampia dimensione solidale con tutta l’umanità, sia in senso propriamente spirituale, con la preghiera di intercessione, soprattutto per le necessità dei fratelli nella fede, sia di tipo pratico e concreto, attraverso la partecipazione al lavoro anche manuale quotidiano e con la condivisione comunitaria di tutti i beni: «Cerchiamo di gettare, piuttosto a caso, uno sguardo su un momento del medioevo sotto certi aspetti emblematico. Nella coscienza comune, i monasteri apparivano come i luoghi della fuga dal mondo (“contemptus mundi” ) e del sottrarsi alla responsabilità per il mondo nella ricerca della salvezza privata. Bernardo di Chiaravalle, che con il suo Ordine riformato portò una moltitudine di giovani nei monasteri, aveva su questo una visione ben diversa. Secondo lui, i monaci avevano un compito per la Chiesa universale e conseguentemente anche per il mondo… La nobiltà del lavoro, che il cristianesimo ha ereditato dal giudaismo, era emersa già nelle regole monastiche di Agostino e di Benedetto. Bernardo riprende nuovamente questo concetto. I giovani nobili che affluivano ai suoi monasteri dovevano piegarsi al lavoro manuale» (Lett. enc. Spe salvi, 15).

Dal punto di vista più strettamente teologico i testi di Bernardo hanno un carattere tipicamente Cristocentrico e soprattutto parlano ampiamente dell’esperienza umana vissuta da Gesù nelle sue molteplici dimensioni; l’Incarnazione per Bernardo è un momento storico e attuale allo stesso tempo, in quanto coinvolge la vita di ogni uomo, rendendolo “capax Dei”, partecipe della vita divina, in quanto Dio stesso ha voluto farsi partecipe della vita umana. Superato ormai il pericolo dell’arianesimo, la natura teandrica fino ad allora sbilanciata sulla divinità del Cristo, si riequilibra con Bernardo sul versante della sua umanità. Un movimento teologico iniziato dall’abate claravallense e che troverà la sua apoteosi un secolo più tardi in Francesco d’Assisi. Un Dio uomo ricco di passione e compassione per l’uomo. «Dio è anche impassibile, ma non privo di compassione, essendo proprio di Lui aver sempre pietà e perdonare» (Serm. Cant. 26.5).

Va sicuramente evidenziata anche una qualità “ecologica” della dottrina bernardiana, che emerge in numerosi passi di sermoni e trattati, ma anche in alcune lettere: «Credi a chi ne ha esperienza: nelle selve troverai qualcosa di più che non nei libri. La legna e le pietre t’insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri» (Lett. 106.2 al nobile e maestro Enrico Murdac).

La teologia di Bernardo può essere definita come teologia per ogni tempo, in quanto narrazione dell’amore di Dio per l’uomo lungo la storia e in tutti i suoi molteplici aspetti.

La Santissima Trinità si fa conoscere dall’uomo e invita l’uomo a conoscerla; ciò in un’ottica di progresso spirituale che implica necessariamente l’impegno primario a conoscere sé stessi.

Questo principio socratico ha una lunga tradizione anche nella letteratura cristiana e Bernardo lo fa suo declinandolo nell’ottica dell’amore tra Dio e la sua creatura.

Una dottrina dell’amore divino, quella di Bernardo, che ha le sue fonti privilegiate nel testo biblico, riferimento continuo e imprescindibile in tutti i suoi scritti: «La misura di amare Dio è amarlo senza misura» (L’amore di Dio, i, 1).

«Felice l’uomo che ha meritato di raggiungere il quarto grado dell’amore, per cui egli non ama più sé stesso, se non per amore di Dio… Chi potrà salire sul monte del Signore? (Sal 23, 3) Questo luogo è fondato nella pace… per cui l’anima, inebriata dall’amore divino, dimentica di sé stessa e divenuta ai suoi propri occhi come un vaso indegno, possa passare totalmente in Dio e, unendosi a Lui, divenga un solo spirito con Lui e dica: Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, la mia parte per sempre (Sal 72, 26)» (L’amore di Dio, VIII, 27).

«Le due parti dell’anima, la ragione e la volontà, sono l’una istruita dalla Parola di verità, l’altra alimentata dallo Spirito di verità; la prima purificata dall’issopo dell’umiltà, l’altra accesa dal fuoco della carità. L’anima è così perfetta: … e allora il Padre l’unisce a sé quale sposa gloriosa… Quest’anima beata gioisca solamente nel dire: Il re mi ha introdotta nella sua cella» (I gradi dell’umiltà e della superbia, 21).

Bernardo rimane attuale non solo nella Chiesa e nella spiritualità, ma anche attraverso la storia (con le diverse vicende politico-religiose in cui è stato chiamato a intervenire, a cominciare dalla disputa per il papato tra Anacleto ii e Innocenzo ii) e la letteratura, con il suo ruolo di guida di Dante negli ultimi versi della Commedia; in prossimità dei 700 anni dalla morte di Dante è doveroso ritornare a questi celebri versi, in cui risuona una delle preghiere alla Vergine tra le più ispirate di tutta la tradizione cristiana: «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra ’mortali, se’ di speranza fontana vivace» (Dante Alighieri, La Divina commedia – Paradiso, XXXIII, 1-12).

di Davide Maria Martelli
e Roberto Cetera

La memoria liturgica celebrata a Roma

Nel giorno in cui ricorre la memoria liturgica, giovedì 20 agosto, alle 18, nella chiesa romana di San Bernardo alle Terme, il vescovo Daniele Libanori, ausiliare per il settore Centro della diocesi, presiederà la celebrazione eucaristica in onore del santo abate e dottore della Chiesa.