Papa Francesco ai sacerdoti: siate “eccesso” di misericordia per tutti

La misericordia di Dio fa passare immediatamente “dalla distanza alla festa”, dalla “vergogna” per le proprie miserie alla “dignità” cui innalza il perdono di Dio, come fa il padre della parabola col figlio prodigo. A una misericordia sempre in “azione” Papa Francesco ha esortato presbiteri e seminaristi con la prima intensa meditazione, che ha aperto la giornata del Giubileo dei sacerdoti, tenuta nella Basilica di San Giovanni in Laterano. La sintesi della riflessione del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis (Radio Vaticana)

A capo chino, nel “porcile” in cui l’ha piombato il proprio egoismo, a provare “invidia” per i maiali che mangiano ghiande e, insieme, “nostalgia” per il pane che invece i servi di suo padre mangiano ogni giorno.

Dalla distanza alla festa
Papa Francesco entra con un acume che commuove nel groviglio del pentimento che agita il figlio prodigo per far risaltare in modo tangibile l’“eccesso” della misericordia di Dio, di più: “l’inaudito straripamento” del perdono che il Padre ha per il più misero dei suoi figli per cui, ecco “l’esagerazione”…

“…possiamo passare senza preamboli dalla distanza alla festa, come nella parabola del figlio prodigo, e utilizzare come ricettacolo della misericordia il nostro stesso peccato. Ripeto questo, che è la chiave della prima meditazione: utilizzare come ricettacolo della misericordia il nostro stesso peccato”.

I confessori che bastonano
Tutta la lunga, profonda meditazione di Francesco si dipana tra due estremi: tra la “vergogna” del proprio peccato, che rende umili e apre il cuore a una vita nuova, e la “dignità” che sempre Dio conferisce col suo perdono mai negato all’uomo, visto come il figlio “prediletto” della parabola:

“Permettetemi, ma io penso qui a quei confessori impazienti, che bastonano i penitenti, che li rimproverano… Ma così ti tratterà Dio, eh! Così! Almeno per questo, non fate queste cose…”.

Tra vergogna e dignità
Ma quella del Papa, come dice mutuandolo dallo spagnolo”, è anche una riflessione giocata tra il “misericordiare” e “l’essere misericordiato”, cioè tra la misericordia ricevuta e quella donata agli altri perché, dice e ripete Francesco, se “niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia”, la misericordia stessa la si contempla davvero quando è “in azione”, quando il cuore arriva a “provare compassione per chi soffre, commuoversi per chi ha bisogno, indignarsi”. Quando si avverte “il rivoltarsi delle viscere” di fronte a una ingiustizia evidente, che sprona a “porsi immediatamente a fare qualcosa di concreto” con lo stile di tenerezza di Gesù. L’importante, sottolinea il Papa con intensità, è fare come il figlio prodigo e porsi davanti a Dio con la consapevolezza di essere in uno stato di “vergognata dignità”:

“Cosa sentiamo quando la gente ci bacia la mano e guardiamo la nostra miseria più intima e siamo onorati dal Popolo di Dio? E lì è un’altra situazione per capire questo, no? Sempre la contraddizione. Dobbiamo situarci qui, nello spazio in cui convivono la nostra miseria più vergognosa e la nostra dignità più alta. Lo stesso spazio. Sporchi, impuri, meschini, vanitosi – è peccato di preti, la vanità – egoisti e, nello stesso tempo, con i piedi lavati, chiamati ed eletti, intenti a distribuire i pani moltiplicati, benedetti dalla nostra gente, amati e curati”.

La misericordia è un atto libero
Francesco parla ai sacerdoti e ai seminaristi, ma tutto ciò che afferma suona universale per ogni singolo cristiano. Anche quando il Papa rileva che “la misericordia è questione di libertà”, che il “mantenerla nasce da una decisione libera”:

“La misericordia si accetta e si coltiva o si rifiuta liberamente. Se uno si lascia prendere, un gesto tira l’altro. Se uno passa oltre, il cuore si raffredda. La misericordia ci fa sperimentare la nostra libertà ed è lì dove possiamo sperimentare la libertà di Dio, che è misericordioso con chi è misericordioso, come disse a Mosè. Nella sua misericordia il Signore esprime la sua libertà. E noi la nostra”.

Sporcarsi le mani
“Possiamo vivere molto tempo ‘senza’ la misericordia del Signore”, ma essa – assicura Francesco – non agisce davvero in un’anima se non si arriva a “toccare il fondo” di quella “miseria morale” che annida in ognuno e dunque a desiderare e a sperimentare il perdono di Dio:

“Il cuore che Dio unisce a questa nostra miseria morale è il Cuore di Cristo, suo Figlio amato, che batte come un solo cuore con quello del Padre e dello Spirito. È un cuore che sceglie la strada più vicina e che lo impegna. Questo è proprio della misericordia, che si sporca le mani, tocca, si mette in gioco, vuole coinvolgersi con l’altro, si rivolge a ciò che è personale con ciò che è più personale, non “si occupa di un caso” – non si occupa di un caso – ma si impegna con una persona, con la sua ferita”.

Nessuna ingenuità, molta speranza
Qui, il Papa critica il “clericalismo” che induce a ridurre una persona con le sue sofferenze a un “caso”. Così, nota Francesco con ironia, “mi distacco e non mi tocca. E così non mi sporco le mani… E così faccio una pastorale pulita, elegante…. dove non rischio  niente”. Non rischio neanche, soggiunge a mo’ di provocazione, “un peccato vergognoso”. Ma così, prosegue, non è possibile capire come la misericordia vada “oltre la giustizia”, come restituisca “dignità” elevando “colui verso il quale ci si abbassa”. Inoltre, sostiene Francesco, la misericordia, pur vedendo il male in modo oggettivo, gli “toglie il potere sul futuro”:

“Non è che non veda il male, ma guarda a quanto è breve la vita e a tutto il bene che rimane da fare. Per questo bisogna perdonare totalmente, perché l’altro guardi in avanti e non perda tempo nel colpevolizzarsi e nel compatire sé stesso e i motivi del suo errore e rimpiangere ciò che ha perduto. Mentre ci si avvia a curare gli altri, si farà anche il proprio esame di coscienza e, nella misura in cui si aiutano gli altri, si riparerà al male commesso. La misericordia è fondamentalmente speranzosa. E’ madre di speranza”.

Eccessi di misericordia
Francesco termina citando i tanti “eccessi della misericordia” del Vangelo – il paralitico calato da un tetto, il lebbroso guarito che lascia i nove per tornare a inginocchiarsi davanti a Gesù, il cieco Bartimeo che vince, dice, “la dogana dei preti” per farsi sentire da Cristo, la donna emorroissa che “si ingegna” pur di toccarne il mantello e quella peccatrice che gli asciuga i piedi con i capelli – e ne trae questa conclusione:

“Sempre la misericordia è esagera, è eccessiva! Le persone più semplici, i peccatori, gli ammalati, gli indemoniati… sono immediatamente innalzati dal Signore, che li fa passare dall’esclusione alla piena inclusione, dalla distanza alla festa. E questo non si comprende se non è in chiave di speranza, in chiave apostolica e in chiave di chi ha ricevuto misericordia per dare a sua volta misericordia”.

GIUBILEO DEI SACERDOTI, SERVONO PRETI AMICI DELLA GENTE

Hanno troppo da fare, trascurano quella “pastorale del sagrato” che, alla fine, è decisiva. Dei sacerdoti ha parlato di recente l’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Dal primo al 3 giugno, a Roma, si celebra il loro Giubileo. Presente papa Francesco.

Impiegato dello Spirito Santo? Professionista del sacro? «Sì, il rischio c’è», ammette don Domenico Dal Molin, che dirige l’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni della Cei: «Oggi sul prete grava un carico amministrativo eccessivo. I preti hanno troppo da fare, i parroci ancora di più. E a perdere di vista l’essenziale si fa in fretta». Per due giorni, a maggio, oltre 200 vescovi italiani hanno fatto il punto sulla formazione dei sacerdoti, su come rinnovarla, renderla più profonda e, soprattutto, su come immaginare un sacerdote più amico della gente. Papa Francesco ha aperto l’assemblea della Cei con un ragionamento che è partito da quanto Paolo VI scrisse esattamente 41 anni fa nella Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, della quale ha citato un brano in cui del prete si dice che deve essere “ministro del Vangelo”.

Sembrerebbe una cosa ovvia, ma non è così, perché gli impegni e un’agenda fittissima su ogni argomento sta trasformando il sacerdote in un uomo sussidiario che si occupa di tutto un po’ e fatica ad ascoltare le persone. La questione dell’agenda è stata sollevata proprio da Bergoglio, invitando a liberarsene, dando ragione ad Adriano Celentano che anni e anni fa si lamentava in una grandiosa canzone che all’oratorio non si trovava più neppure un prete per chiacchierare. Sorride don Dal Molin e spiega che di fronte ai rischi in Italia c’è più resistenza che altrove in Europa, ma «papa Francesco ha fatto bene a suonare la campanella». I vescovi italiani hanno convenuto sull’importanzadi una “selezione puntuale” dei candidati al sacerdozio e sulla “qualificazione degli educatori”.

I preti in Italia, oggi, sono circa 33 mila. Il saldo tra nuove ordinazioni e decessi è negativo, mentre gli abbandoni non hanno subìto impennate. L’emorragia delle vocazioni degli ultimi decenni del secolo scorso è stata fermata. Un problema è l’età media sempre più elevata, specialmente nel Norditalia,con relative fatiche: troppe Messe da celebrare, l’identità percepita come legata solo al culto, poco tempo per la preghiera e lo studio, pochissimo alla cosiddetta pastorale del sagrato, che poi, avvisa Dal Molin, «è quella che di solito fa la differenza». Decisiva è la formazione permanente, che deve essere intrecciata attorno a due aspetti: spirituale e culturale. E qui si apre un capitolo nonfacile.

Osserva Dal Molin: «La riflessione deve partire da un’analisi dei luoghi di selezione. Una volta il sacerdote maturava la vocazione nella comunità. La parrocchia contribuiva alla selezione, l’Azione cattolica e gli scout erano ottime palestre dove allenarsi a sentire la chiamata di Dio. Oggi quel bacino di utenza sta venendo meno.Molti nuovi sacerdoti si formano nei movimenti, dai neocatecumenali all’Opus Dei, mentre da Comunione e liberazione si vede un calo. Manca il respiro di una grande comunità, il respiro del territorio che sta accanto a chi sceglie e lo aiuta nello sforzo, senza nascondere nessun guaio. Un prete non può crescere in saldezza in un ambiente protetto». Ciò naturalmente non significa che le vocazioni maturate nei movimenti non siano altrettanto valide e preziose. Tuttavia qualche dubbio rimane: «Una vocazione che non si forma in una forte e costante, magari travagliata, esperienza comunitaria, va valutata con grande attenzione».

L’argomento è delicato e intreccia questioni spirituali e sociologiche. Ancora Dal Molin: «Siamo passati da una declinazione al plurale della vita del prete, il sacerdote sempre in piazza, a una forma forse troppo individualistica, che oggi purtroppo è molto diffusa tra le giovani generazioni di preti. Si mira alla vocazione come autorealizzazione di sé e la fine della vita in seminario è concepita come una liberazione che permette di tornare ai propri spazi». È l’altra faccia del problema: «Se si insiste troppo sul ruolo si finisce a fare i burocrati. Ma alla funzione positiva della comunità per la propria vita si deve essere allenati fin dal seminario, che oggi appare più un luogo conveniente di coabitazione che uno spazio comunitario di vita. In questo modo il prete non impara a essere uomo tra la gente».

L’ultima sfida sono le vocazioni adulte, per le quali in Italia vi sono anche seminari specifici. Osserva Dal Molin: «Dobbiamo stare molto attenti, perché si rischia di confondere la conversione con la vocazione. E anche qui notiamo che la mancanza di un cammino di base comunitario può essere causa di pesantezza e di autoreferenzialità». I laici sono fondamentali per una vita equilibrata del sacerdote. Ma anche in questo caso occorre prudenza da entrambe le parti: «Il prete non deve clericalizzarli per sentirsi più sereno e protetto e i laici devono resistere alla tentazione comoda di concepirsi come mezzi preti». I consigli sono semplici: «Ai giovani preti un po’ meno Facebook e qualche libro in più, e a tutti un segno, cioè la cura di avere sempre la chiesa aperta, anche materialmente, senza preoccuparsi degli arredi. Se avete cose preziose portatele al museo diocesano».

Famiglia Cristiana

Giubileo Sacerdoti, occasione di rinnovamento

E’ una settimana speciale per i sacerdoti e i seminaristi di tutto il mondo. Mercoledì inizia infatti il Giubileo a loro dedicato. Momento culminante è la Messa in Piazza San Pietro, celebrata venerdì prossimo da Papa Francesco, che il giorno prima guiderà un ritiro spirituale con ben tre meditazioni nel corso della giornata: alla Basilica di San Giovanni in Laterano, poi a Santa Maria Maggiore e infine a San Paolo. Sul significato di questo Giubileo dei Sacerdoti, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Jorge Carlos Patrón Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero

da Radio Vaticana

R. – Papa Francesco ha deciso, anzitutto, che in questo Giubileo i sacerdoti e i seminaristi si prendano cura di se stessi, si fermino un momento in mezzo alle tante attività pastorali, per trovare un po’ di riposo, di sollievo, di ristoro nel cuore del Buon Pastore, nelle braccia della Misericordia del buon Dio. E’ pure una grande opportunità per fissare di nuovo lo sguardo sulla persona di Gesù, per contemplare in Gesù questo grande amore, questa misericordia, questa carità pastorale, per ringraziarlo per le tante meraviglie che ha fatto per noi. E in noi ha fatto queste meraviglie, non perché siamo bravi o meritevoli del suo amore, ma perché Lui è misericordioso, ci ama, ha una bontà immensa. E noi siamo consapevoli della nostra debolezza e povertà, per questo abbiamo bisogno della Misericordia di Dio. Un terzo punto, molto importante, è ricominciare di nuovo, rispondere di nuovo con generosità a questa chiamata divina. E’ una grande opportunità per rinnovarci, per prendere di nuovo questo profumo del Buon Pastore, condividerlo con il nostro popolo, per ricevere nuovamente l’emissione dello Spirito Santo e rinnovare le nostre forze, il coraggio, l’entusiasmo e farci prossimi, vicini a tutti.

D. – Papa Francesco ribadisce sempre che i sacerdoti devono essere pastori di Misericordia, non burocrati della fede. Perché questa insistenza?

R. – Perché ogni sacerdote è la prima persona toccata dalla Misericordia di Dio. Non si può capire nessuna vocazione al mistero del servizio sacerdotale se non si è toccati dall’amore misericordioso di Dio Padre. Questo amore, però, ci trasfigura, ci cambia, ci muove, ci ricolma di gioia. Questi tre elementi sono molto esistenziali nella vita di ogni seminarista e sacerdote, toccati dalla Misericordia di Dio, trasfigurati dalla Misericordia di Dio e ricolmati di una gioia, di un senso profondo della vita.

D. – Francesco terrà giovedì tre meditazioni in tre Basiliche papali e poi venerdì la Messa in Piazza San Pietro. Una vera “full immersion”, si potrebbe dire, di insegnamento, di catechesi sulla Misericordia per i sacerdoti; un evento davvero straordinario…

R. – E’ una “full immersion”, perché il cuore di Papa Francesco è immerso nel cuore di Gesù Buon Pastore, è immerso nel cuore di ogni pastore, di ogni sacerdote, di ogni seminarista. Papa Francesco ci vuole tanto bene, prega per noi, dà tanti consigli concreti, conosce molto le fatiche, le aspirazioni, le sfide, le sofferenze, le gioie di ogni cuore sacerdotale e di ogni cuore di seminarista. E’ per questo che durante queste tre meditazioni e poi, nell’Eucaristia, il cuore di Papa Francesco, che è un cuore di un Buon Pastore, si rivolgerà, si aprirà totalmente ad altri cuori che sono pure cuori di pastori.

D. – Lei ha nel dicastero per il Clero la delega per i seminari. Cosa la colpisce incontrando i seminaristi di tutto il mondo, in questo Anno Santo della Misericordia?

R. – A me colpisce soprattutto che i giovani di oggi conoscano tutte le sfide, tutte le difficoltà, tutte le problematiche all’interno della Chiesa e fuori della Chiesa, nella società. Sono giovani coraggiosi, gioiosi, che hanno trovato nella chiamata di Gesù una grande avventura di vita, di amore, il senso profondo di condividere una realtà che è molto più grande del proprio cuore: l’amore di Cristo! Ho trovato nei giovani questo desiderio di fare una trasfigurazione interna, perché è interiore, ma sempre con altri. Vedo sempre sacerdoti, seminaristi che sono come amici, come fratelli e che fanno un cammino insieme. Sempre servire, amare le altre persone. L’amore che abbiamo ricevuto da Cristo, vogliamo farlo realtà quotidiana nel servizio concreto, pastorale. Con tutti i nostri limiti, diamo il meglio, affinché il Signore ci usi come semplici, umili strumenti per portare l’amore e la gioia del Signore, la gioia del Vangelo.

 

Papa ordina 11 sacerdoti: siate misericordiosi. Senza croce non c’è Gesù

Partecipi della missione di Cristo, continuatori dell’opera di Dio, scelti per essere ministri dell’unità sull’esempio di Cristo Buon Pastore. Questo in sintesi il modello che il Papa ha proposto stamani agli 11 nuovi sacerdoti da lui consacrati nella Basilica di San Pietro. “Con la parola e con l’esempio, siate tanto misericordiosi! Senza croce non troverete Gesù”, sono state le parole del Santo Padre che, nella 53.ma giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, dal suo account Twitter @Pontifex,scrive: “Ogni vocazione nella Chiesa ha origine nello sguardo compassionevole di Gesù, che ci perdona e ci chiama a seguirlo”. Il servizio di Paolo Ondarza

Radio Vaticana

Partecipi della missione di Cristo, unico Maestro. E’ alto il mandato dei nuovi presbiteri ordinati questa mattina dal Papa nella Basilica Vaticana. Francesco lo ricorda loro, scelti da Cristo, Sommo Sacerdote, invitandoli a vivera la Parola di Dio:

“Dispensate a tutti quella Parola di Dio, che voi stessi avete ricevuto con gioia. Fate memoria della vostra storia, di quel dono della Parola che il Signore vi ha dato tramite la mamma, la nonna – e come dice Paolo – i catechisti e tutta la Chiesa. Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato”.

Continuatori dell’opera santificatrice di Dio, i nuovi sacerdoti sono esortati da Francesco a edificare con la parola e con l’esempio, con la dottrina e con il profumo della testimonianza di vita, la Chiesa, casa di Dio:

“Riconoscete dunque ciò che fate. Imitate ciò che celebrate perché così, partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con Lui in novità di vita”.

Scelti tra gli uomini per attendere alle cose di Dio, i nuovi sacerdoti sono esortati dal Papa a esercitare in letizia e carità sincera l’opera di Cristo, intenti a piacere a Dio e non a sé stessi. “Senza croce non troverete mai il vero Gesù; e una croce senza Cristo non ha senso”, dice Francesco chiedendo ai nuovi ammessi all’ordine di essere ministri dell’unità nella Chiesa e sull’esempio del Buon Pastore, venuto per servire, non per essere servito, di non rimanere nelle proprie comodità, ma di uscire a cercare e salvare ciò che era perduto. “Siate tanto misericordiosi”, è l’invito del Papa:

“Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al Popolo di Dio. Con il Sacramento della Penitenza rimetterete i peccati nel nome di Cristo e della Chiesa. E, per favore, in nome dello stesso Signore, e in nome della Chiesa, vi chiedo di essere misericordiosi, tanto misericordiosi. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi. Celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del Popolo di Dio e dell’umanità intera”.

Forte il coinvolgimento spirituale degli undici nuovi sacerdoti. Chiamati per nome uno ad uno hanno risposto senza esitazione: “Eccomi”.Nove provengono dai seminari della diocesi di Roma; gli altri due rispettivamente appartengono alla congregazione dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e alla Confederazione dell’Oratorio di san Filippo Neri. “Dio che ha iniziato in te la sua opera da bambino, la porti a compimento” è stata la benedizione del Papa su ciascuno.

Giornata del Seminario. Statistiche diocesane al 24 Novembre 2015

Andamento delle ordinazioni e dei decessi negli ultimi 16  anni

Dal 20 settembre 1998  ad oggi sono stati ordinati

44 presbiteri  – in media 2 / 3 all’anno e 50 diaconi permanenti.

Nello stesso  periodo sono  deceduti:  154  presbiteri  (la media  è di 9 / 10 preti  all’anno) e 14 diaconi permanenti.

Attualmente i preti diocesani sono 24289 i preti dai 75 anni in su; 26 hanno dai 25 ai 40 anni. L’età media oggi è 64,37

I diaconi permanenti sono  in tutto 105; di questi 5 sono praticamente inabili al ministero. L’età media dei diaconi è 64,39.

Preti con ministero in Diocesi

Nelle missioni diocesane ci sono ora 9 preti2 preti sono studenti a Roma e 1 a Padova (continuando a svolgere un servizio in diocesi); 1 prete insegna stabilmente alla Lateranense e saltuariamente collabora a Reggio; 5 sono incardinati a Reggio ma svolgono un ministero fuori Diocesi;  Intorno ai 26 non svolgono ministero attivo. Questo significa che i preti diocesani che svolgono un ministero attivo in Diocesi  sono, dì fatto,  poco  meno  di  219. Nella  cura delle parrocchie  ci  aiutano  12  preti  extra diocesani (di  cui 4 dalla Polonia e 4 italiani di altre diocesi);

Risiedono a Reggio due cappellani etnici:

  • un prete ghanese per gli immigrati anglofoni dall’Africa
  • un parroco in San  Giorgio  per  i numerosi ucraini di rito greco-cattolico.

Parroci, Unità pastorali, Comunità ministeriali

I parroci (tra essi consideriamo anche gli amministratori parrocchiali e i delegati alla cura pastorale) sono in tutto 107 (di cui 4 co-parroci non moderatori):

Parroci

Dagli 81 ai 90 =  9; dai 71 agli  80 = 28; dai 61 ai 70 = 25; dai 51 ai 60 = 26; dai 40 ai 50 = 17.

Le parrocchie sono 317 (con le 2 parrocchie ospedaliere). Ciò significa che i parroci hanno in media a carico 2,96 parrocchie.

Tra i 26 giovani sacerdoti (cioè che non superano i 10 anni di Ordinazione), i parroci sono 3; 19 sono i vicari e i collaboratori parrocchiali, 1 è Missionario Fidei Donum in Madagascar, 2 studenti.

Ci sono stati ulteriori accorpamenti di parrocchie per cui le Unità  pastorali (UP),  di due o più parrocchie  (con un unico parroco o con co-parroci), sono aumentate  di numero  (attualmente poco più di 72). Restano non accorpate 24 parrocchie (4  nel Vicariato urbano, 5  nel Vicariato sassolese).

Le comunità ministeriali sono poco più 25  le “comunità ministeriali” sono caratterizzate dalla presenza  da due a quattro (o cinque) preti, con un minimo di vita comune  regolare, al  servizio di una UP con due o più parrocchie.

Previdenza e clero: assegni ai sacerdoti tra conferme e rettifiche

Milioni di pensionati Inps hanno ricevuto dal 2 gennaio scorso il periodico au-mento dell’assegno collegato al costo della vita. Una corposa circolare dell’istituto, pubblicata solo il successivo 17 gennaio, chiarisce le operazioni di adeguamento effettuate per le diverse categorie di pensionati.
In merito alle pensioni del clero, vengono confermati i nuovi importi 2014, come anticipati da Avvenire a dicembre: a) importo minimo mensile di 501,38 euro; b) tredicesima mensilità di 501,38 euro; c) maggiorazione (o supplemento) di 5,79 euro per ogni anno di contributi oltre il trattamento mi-nimo.
Maggiorazioni. L’Inps riporta in un’apposita tabella (allegato 4 alla circola-re 7/2014) la sequenza storica degli importi delle maggiorazioni in pagamento. Da diversi anni è stata inserita nella tabella una nota non in linea con il vero requisito minimo richiesto per la pensione (20 anni), indicando cioè un minimo solo di 10 anni e provocando false convinzioni e incertezze nei sacerdoti interessati. Con la nuova circolare, l’Inps corregge finalmente la lunga disattenzione ed indica correttamente che le maggiorazioni spettano «per ogni anno di contribuzione eccedente il ventesimo»
Inossidabili. Malgrado ripetute segnalazioni in merito, l’istituto insiste nel rivalutare ogni anno vecchie pensioni di importo ridotto (104,59 euro), riservate a sacerdoti che, secondo le regole del Fondo clero, dovevano avere un’età di “almeno” 70 anni nel 1959. A conti fatti, gli interessati avrebbero oggi un’età eccezionale: almeno 125 anni.
Imposte 2014. Da quest’anno aumenta di 40 euro (da 1.840 a 1.880 euro) la detrazione di imposta sui redditi fino a 8mila euro. L’aumento è proporzionale sui redditi superiori entro la fascia di 28mila euro. Per una corretta dichiarazione relativa ai redditi del 2013, i sacerdoti possono ricorrere ai servizi forniti dai numerosi centri di assistenza fiscale. Possono scegliere anche di avvalersi dell’assistenza diretta da parte dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc). Quanti vi aderiscono per la prima volta devono farne richiesta scritta entro il prossimo 16 febbraio con l’apposito modulo 730-6, distribuito dall’istituto diocesano che gestisce la loro posizione nell’ambito del sistema di sostentamento o in quello di previdenza integrativa della Cei. Il modulo va restituito allo stesso Istituto diocesano. Per l’assistenza ai sacerdoti che lo scorso anno si sono già avvalsi del servizio, l’istituto centrale non richiede prenotazioni.
Dal primo gennaio è in corso anche una convenzione Icsc-Acli per l’assistenza fiscale gratuita (modello 730) ai sacerdoti che vorranno rivolgersi al Patronato.

avvenire.it