INCONTRO CON L’ARTISTA. Ron: «La mia via d’uscita è un ponte verso il mondo»

«Non penso che la crisi sia soltanto economica. C’è anche una forte crisi di valori. Per questo ho cercato di mettermi in gioco in un percorso diverso, per cantare la possibilità di una via d’uscita fondata sul saper resistere, coerenti ai valori». Dopo quattro anni di silenzio, Ron torna ai dischi con un album intenso e toccante, di gran classe, intitolatoWay out, appunto “via d’uscita”, e composto da dodici cover. Ma nel cd (che esce oggi ed è in tour nei locali: fra le date il 31 Milano, il 7 febbraio Napoli, il 21 Bologna) non ci sono pezzi scontati, né famosi. Ron ha scelto la nuova musica angloamericana, Damien Rice, Amos Lee, David Gray, John Mayer, il Jamie Cullum di Gran Torino (la canzone del film di Eastwood), il soul di Michael Kiwanuka. E i brani di questi artisti li ha fatti propri in due anni di lavoro, traducendoli in prima persona e arrangiandoli con strumenti veri: per gettare un ponte fra la musica italiana e il mondo parlando d’amore e dolore, etica e vita, Dio.
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Ron, partiamo da quanto avvenuto in questi quattro anni. Anche lei ha tentato un talent: perché?
Quando mi chiamarono a Star Academy dissero che mi volevano per la credibilità. Dunque posi dei paletti, per aiutare davvero i ragazzi. Però gli accordi non furono rispettati. Fortunatamente durò poco…

Nel frattempo ha dato il via a una sua scuola a Garlasco: il contatto vero coi ragazzi l’ha aiutata?
Non sopportavo l’idea di generazioni convinte che la musica fosse la tv. Nella scuola insegniamo a suonare e a scrivere, e io racconto quanto il mio successo debba alla gavetta. La scuola mi ha arricchito. Nel cd c’è una 14enne, Gaia Pasquali, che canta: ma non verrà in tour. Offro agli allievi chance diverse.

L’anno scorso lei ha perso un amico, Lucio Dalla. Ha inciso il lutto sulla nascita di questo disco?
Positivamente. Mi chiamò da Sanremo, dove si sentiva in gabbia. Gli raccontai il mio lavoro e mi disse «È la cosa giusta, vai tranquillo, è quanto ti è sempre piaciuto fare». Lucio non faceva grandi complimenti, mi ha dato molta gioia quella chiacchierata.

Arriviamo dunque al cd. Ma di inediti suoi proprio non ne aveva da incidere, dopo quattro anni?
Sì, e mi piacciono. Però volevo rischiare. Io vivo di musica, ho scelto artisti che meritano attenzione: anche per dire che all’estero i giovani autori li fanno crescere. E stando attento ai testi alla fine ho scoperto che tutti dicono di resistere. Ci ho lavorato due anni per essere credibile nel cantarli.

E cantare con Kiwanuka di Dio, ad esempio: perché lui lo fa serenamente. Quando lei iniziò a cantare la sua fede, mi disse che veniva preso in giro…
Questo è un problema italiano. All’estero hanno un approccio più rispettoso verso l’artista.

In «Cielo arancione» di Alexi Murdoch c’è invece la guerra: assieme al valore della famiglia.
Sicuramente provocatorio, oggi. In America quel pezzo l’hanno usato per la pace, però lui canta di un fratello e una sorella: della famiglia, dunque, e di una fratellanza universale. Di cui abbiamo bisogno.

Poi c’è «Ferma il treno»: e lì si parla di un padre scomparso. Lei ha perso il suo due anni fa…
Mi sono soffermato, su quel brano. Anche nel suo cantare la vita come qualcosa da affrontare, comunque sia. E ho tradotto la parte sul padre in modo più personale. Mio padre mi ha aiutato sempre. Anche quando aveva già un Alzheimer avanzato voleva stare in studio a sentire cosa suonavo. Ho dedicato il cd alla sua tenerezza, all’esempio che mi ha dato.

Ai funerali di suo padre lei sembrava sereno.
Lo ero. Io so dov’è papà. Come so dov’è Lucio. E in questo disco non mi spaventa dire certe cose, provare a lanciare dei messaggi sui valori, per il futuro.

Insomma, finalmente lascerà da parte le apparenze?
Oggi è strano per chi fa musica: io mi sento forte, ma per dirlo ho davanti il nulla. Solo i concerti. E portare casa mia, dove è nato il disco, nei locali.

Contornando i pezzi nuovi con le solite hit?
o. Rispettando il pubblico che sceglie ancora la musica: in un percorso più pensato, i brani di Way Out e quelli affini, Le foglie e il ventoSabato animale, Anima. Vorrei restarlo, credibile.

 

Andrea Pedrinelli