AZZARDO, FEDER: “RIDUCONO LE SLOT, MA LE SPALMANO E IL RISCHIO CRESCE”

Si torna a parlare di azzardo e, come spesso accade sui temi controversi, tocca grattare la facciata imbiancata per andare alla sostanza e trovare le trappole. Sulla carta la finalità della proposta di “riordino dei giochi”, avanzata dal Governo alle Regioni e rinviata al 7 settembre per la contrarietà di Lombardia, Liguria, Provincia autonoma di Bolzano e Puglia – è «garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età».

Un fine nobile in teoria, che però, per come è scritto, non convince gli esperti delle dipendenze da gioco che fiutano nel testo pericoli e trappole. Abbiamo chiesto a Simone Feder, leader del movimento No Slot, psicologo della Casa del giovane di Pavia tra i massimi esperti dei guasti sociali che l’azzardo produce a tutte le età, in libreria da pochissimo con No slot, l’azzardo non è un gioco (Giunti), di aiutarci a capire meglio.

Dottor Feder, la proposta parla della riduzione delle macchinette da bar e tabaccherie del 35 per cento in tre anni, non è una buona notizia?

«Grasso che cola per la riduzione, ma intanto però la bozza obbliga a distribuire l’offerta in modo uniforme sul territorio nazionale: questo significa che diminuisci le macchinette mangiasoldi di numero ma le distribuisci meglio e le metti anche nei posti in cui adesso non ci sono, dando alle persone altre occasioni di rovinarsi. A proposito di entrate, la proposta parla di sostituire le macchinette rimanenti con altre meglio controllabili da remoto cioè meno taroccabili: vuol dire che nel frattempo quelle che ci sono vengono allegramente taroccate dalla criminalità organizzata. Vuol dire che abbiamo in funzione cose legali sulla carta nelle quali si sono infiltrati interessi illegali».

Ci sono altre criticità?

«Sì. Il testo non fa cenno alla distranza dai luoghi sensibili: se ci sono occasioni di azzardo a 30 metri dalla scuola con questo accordo restano lì. Se, come si scrive, si dà ai sindaci la “facoltà” di chiudere i punti “gioco” fino a 6 ore al giorno, vuol dire che per 18 ore possono restare aperti e se il sindaco non esercita questa facoltà la gente è libera di rovinarsi anche per 24 ore al giorno. Fin qui valevano le leggi regionali che consentivano l’apertura per otto ore. E’ accettabile che un accordo Governo- Regioni le sovrasti?».

Sappiamo che chiedete anche di regolamentare meglio la pubblicità, che in Tv aggira l’obbligo di avvertire che l’azzardo dà dipendenza pronunciando la formula a velocità incomprensibili all’orecchio umano. L’intesa fa cenno agli spot?

«No, per nulla ma intanto la pubblicità di scommesse e altre diavolerie è dappertutto. L’azzardo si diffonde ma la trasparenza è pochissima: da anni chiediamo si imponga all’agenzia dei Monopoli di fornire dati aggregati sui flussi per monitorare il fenomeno e invece, se il 7 settembre si arriva all’intesa su questo, testo tutto resta top secret com’è ora».

Ha appena scritto un libro No slot, l’azzardo non è un gioco: il testo della proposta del Governo non parla di azzardo ma di “gioco pubblico”. C’è un rischio nascosto nelle parole innocue?

«Un rischio enorme, passo la mia giornata a fare incontri con ragazzi delle scuole e genitori: se i piccoli associano la parola gioco al calcio e mettono il “gratta e vinci” nell’azzardo, i loro genitori hanno le idee più confuse. Le parole rassicuranti di certo non aiutano. Mandano messaggi distorti».

Stavolta ha scritto per i ragazzi dagli 8 anni, ma ripete spesso che la dipendenza da azzardo non ha età, ci sono differenze tra adulti e ragazzi?

«Con gli adulti la prevenzione ha già perso, con i piccoli sono più ottimista, ci si può lavorare. Ma tutte le età sono potenzialmente a rischio. Gli adulti ci cascano per evadere, per non pensare. I ragazzi per gusto della sfida, anche illudendosi di un guadagno facile in tempo di incertezze».

Chiunque abbia giocato un pochino ai giochi elettronici sul cellulare sa che se ci si lascia un po’ prendere è difficile staccarsi: se si perde scatta subito la voglia di rivalsa, anche se lì non ballano soldi. C’è una parentela tra questo meccanismo e quello che scatta con l’azzardo?

«La mia esperienza quotidiana dice di sì. Ho all’attenzione di ragazzi 13-14enni, che giocano molto ai videogiochi, in cui riconosco caratteristiche simili a quelle dei giocatori d’azzardo che abbiamo in cura: non accettano i tempi di attesa per aprire i nuovi livelli, spendono la mancetta per sbloccare il gioco, faticano ad accettare la perdita. Attenzione, perché ricerche americane hanno già detto che questi giochi sono propedeutici all’azzardo. Non è neanche vero che lì non ballano soldi: si può pagare per anticipare lo sblocco del livello successivo, e i ragazzi sono disposti a spendere molto per abbattere i tempi di attesa e continuare a giocare».

Il libro parla a bambini di otto anni, bisogna fare presto?

«Sì, prestissimo. Basti pensare che il regalo più diffuso per la prima Comunione è lo smartphone: ma vi pare che uno strumento così potente sia adatto a un bambino di 9 anni? Aprire la Rete senza vigilanza a quell’età può essere per molti motivi devastante. Bisogna informare, informare, informare. Io continuo a vedere adulti che si preoccupano dei problemi quando sono già esplosi, perdo la pazienza a volte con i genitori: dove sono mentre i problemi sorgono? Perché accettano come normalità che un figlio di 14 anni se ne stia in giro fino alle 2 di notte il venerdì o il sabato sera, senza sapere dov’è, chi frequenta? O chiuso in una stanza senza dire nulla di sé? Sono preoccupato di quello che raccoglieremo da impostazioni educative fatte così».

Famigli Cristiana