Referendum: considerazioni conclusive

Domani si vota per il referendum aborgativo di alcuni articoli riguardanti leggi relative alla giustizia. Il magistrato Domenico Gallo ha postato ieri queste “considerazioi conclusive” sul suo blog

La campagna per l’approvazione dei referendum è rimasta prigioniera dei suoi stessi miti, a cominciare da quello che, attraverso questa trama di quesiti, si attuerebbe una riforma della giustizia rendendola più giusta. Peccato che non sia stata fornita nessuna spiegazione logica

Ormai siamo arrivati alle ultime battute della campagna elettorale referendaria ed è giunto il momento di tirare le fila del dibattito che si è svolto nel nostro paese. Un dibattito caratterizzato da un’impressionante fuga dai contenuti di merito dei singoli quesiti. La campagna per l’approvazione dei referendum è rimasta prigioniera dei suoi stessi miti, a cominciare da quello che, attraverso questa trama di quesiti, si attuerebbe una riforma della giustizia (in realtà della giurisdizione penale) rendendola più giusta. Peccato che non sia stata fornita nessuna spiegazione logica dell’effetto “salvifico” derivante dall’approvazione dei singoli quesiti. Forse perché non è possibile coniugare la logica con il mito e con le suggestioni ideologiche. Per convincere i cittadini a non farsi accecare dal mito e a respingere in blocco l’iniziativa referendaria basta leggere i quesiti e spiegarne gli effetti.

Il referendum è l’unico strumento di democrazia diretta che esiste nel nostro ordinamento in cui è fissato il principio che la sovranità spetta al popolo, che la esercita, di norma, attraverso la rappresentanza.

Attraverso il referendum la sovranità popolare può correggere o integrare l’indirizzo politico espresso dalle assemblee legislative, facendo entrare nell’ordinamento esigenze o domande politiche presenti nel corpo sociale ma non adeguatamente rappresentate. Perché venga compiuto un atto abrogativo attraverso il referendum è necessario che alla base del pronunciamento ci sia un’esigenza fortemente sentita dal popolo italiano.

Orbene, alla base di questa concatenazione di quesiti, non vi è alcuna domanda presente nella generalità dei cittadini; i referendum esprimono soltanto esigenze fortemente radicate in una parte del ceto politico.

È facile dimostrare che da questa trama di quesiti non emerge alcuna riforma del sistema giustizia né alcuna innovazione volta a tutelare diritti o domande di giustizia dei cittadini. Tutti i quesiti esprimono, con gradi diversi, diffidenza nei confronti dell’esercizio della giurisdizione e del controllo di legalità ma, quel che è più grave, tendono a smantellare il contrasto alle attività criminali in corso ed a svincolare il ceto politico dagli effetti negativi del controllo di legalità.

Questo è del tutto evidente nella richiesta di abrogazione del decreto Severino, richiesta che non ha nulla a che vedere con la “giustizia” ma riguarda la trasparenza e la dignità dell’esercizio delle cariche elettive e di governo. Per quanto riguarda il Parlamento ed il Governo, il Decreto Severino prevede l’incandidabilità e la decadenza dalla carica dei soggetti condannati con sentenza definitiva ad una pena superiore a 2 anni di reclusione per delitti con colposi per i quali sia prevista una pena nel massimo superiore a 4 anni di reclusione. Tutti sappiamo che ci sono degli aspetti critici nella Severino che hanno suscitato dubbi di costituzionalità, in ordine alla sospensione di diritto degli amministratori locali che abbiano riportato condanna non definitiva. Tuttavia se i referendari avessero puntato a superare questi aspetti critici, avrebbero dovuto chiedere solo l’abrogazione di 2 articoli su 18. Il quesito, invece, travolge l’intero Testo Unico. La questione degli amministratori sospesi di diritto sulla base di sentenza di condanna non definitiva è la foglia di fico che viene agitata per nascondere la vergogna della richiesta di abrogazione di un presidio contro la penetrazione della corruzione nelle istituzioni politiche e nel governo. La domanda è: chi ha interesse ad abrogare la Severino? Certamente i cittadini italiani non hanno alcun interesse a spianare a corrotti e corruttori la strada del governo e delle istituzioni politiche. Semmai l’interesse genuino del popolo italiano è che sia data attuazione al principio costituzionale che prevede che: “i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di esercitarle con disciplina ed onore”. L’abrogazione del Decreto Severino esprime, in maniera del tutto palese, la forte insofferenza del ceto politico per le conseguenze negative del controllo di legalità. E’ proprio questa insofferenza il fil rouge che accomuna il quesito sulla Severino a tutti gli altri che, in qualche modo incidono sull’esercizio della giurisdizione.

Se esaminiamo tutti gli altri quesiti dal punto di vista dell’interesse del popolo italiano, vediamo che due sono assolutamente irrilevanti. Che interesse potrebbero trarre i cittadini italiani nella modifica delle modalità di presentazione delle candidature per l’elezione al Consiglio Superiore della Magistratura, oppure nella modifica delle modalità di formazione dei pareri consultivi sulla professionalità dei magistrati espressi dai Consigli giudiziari?

Più sostanzioso sarebbe l’effetto del quesito sulla limitazione delle misure cautelari. L’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha ricusato l’etichetta “limiti agli abusi della custodia cautelare” perché l’oggetto del quesito non riguarda gli eventuali abusi della custodia cautelare che – ove sussistenti – dipendono da errori dei giudici, non dalla legge. La Cassazione ha ridenominato il quesito in “limitazioni delle misure cautelari”, perché l’oggetto della richiesta non è limitato alla custodia cautelare ma travolge tutte le misure cautelari, sia quelle detentive, sia quelle non detentive, comprese quelle miranti a tutelare le persone offese da pericoli non altrimenti evitabili, come l’allontanamento della casa familiare del coniuge violento o il divieto per lo stalker di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Esclusi i reati con uso delle armi e quelli di mafia, l’effetto sarebbe quello di smantellare qualsiasi forma di contrasto ad attività criminose in corso. Resta allora da chiedersi, a quale domanda politica diffusa nel corpo popolare risponde un effetto come questo? Che interesse hanno i cittadini italiani ad abolire delle misure di contrasto ad attività dannose, quali sono per esempio i reati contro il patrimonio?

Infine per quanto riguarda il quesito sul Pubblico Ministero, che esprime l’esigenza di separazione delle carriere per evitare che l’appartenenza alla stessa carriera possa incidere sull’imparzialità del giudice, si tratta del frutto di un dibattito esoterico, come i dibattiti fra i dotti medioevali sul sesso degli angeli. Anche in questo caso si tratta di un’esigenza presente in alcuni settori del ceto politico, a cui non corrispondono diritti o bisogni reali dei cittadini che, anzi, avrebbero interesse a conservare al Pubblico Ministero il ruolo di un magistrato imparziale che sviluppa le indagini avendo a cuore esclusivamente la ricerca della verità.
adista

Referendum: considerazioni conclusive

Politica / Referendum trivelle non raggiunge il quorum

Non raggiunge il quorum il referendum sulle trivelle. L’affluenza alle urne si ferma al 32,15%, sotto la soglia del 50% più uno dei votanti necessaria per la validità del voto.

“Ha vinto chi lavora sulle piattaforme”, ha detto il premier Matteo Renzi in conferenza stampa a Palazzo Chigi aggiungendo che se avesse vinto il Si “ci sarebbero stati undicimila licenziamenti”. “Ha perso chi ha voluto la conta a tutti costi”. Il messaggio – ha sottolieato ancora il premier – è che “la demagogia non paga”. “Gli sconfitti – ha detto ancora – non sono i cittadini che sono andati a votare: chi vota non perde mai. Massimo rispetto per chi va a votare. Ma gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche”.

“A coloro che hanno votato SI o No dico che saremo in prima linea per fare dell’Italia un Paese che non spreca energie. Basta con le polemiche: l’Italia torni a fare l’Italia. Un Paese non può permettersi l’odio che è emerso in questa campagna politica” ha proseguito il premier aggiungendo che “non dobbiamo piangerci addosso: siamo leader nel settore delle rinnovabili. Saremo a New York per siglare un accordo impegnativo perché vogliamo fare dell’Italia il paese più verde dell’Europa ma per farlo non possiamo sprecare le energie che abbiamo. il passaggio verso le energie rinnovale si può fare ma ci vuole tempo”.

LA DICHIARAZIONE DI RENZI

“A #referendum vince Italia moderata che non contrappone ambiente e sviluppo, che difende il lavoro. Perdono i partiti del populismo ipocrita” ha commentato in un tweet il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti.

Comitato vota Sì, ora non si torna indietro
“E’ stata una vittoria far parlare il Paese delle scelte energetiche del governo. Da qui in poi non si torna indietro” è il commento del Comitato vota Sì, promotore del referendum. “E’ una vittoria delle migliaia di cittadini che si sono mobilitati nel corso della campagna con centinaia di iniziative in tutta Italia – afferma – con la convinzione che il governo debba abbandonare le fonti fossili e investire da subito in una nuova politica energetica fatta di energie rinnovabili e di efficienza energetica. Grazie a questo Referendum finalmente si è imposto nel dibattito pubblico il tema energetico e gli italiani hanno potuto far sentire la loro voce”. “Il Governo – aggiunge – ha già fatto marcia indietro rispetto allo Sblocca Italia intervenendo nella scorsa Legge di Stabilità per recepire gli altri cinque quesiti del Referendum. Questa è stata una grande vittoria di tutti i comitati e delle associazioni che hanno realizzato questo importante risultato. Nonostante la campagna di informazione sul Referendum sia stata ostacolata in tutti i modi, nonostante i continui appelli all’astensione da parte del Premier Matteo Renzi, questa campagna referendaria ha acceso un riflettore sulle lobby del petrolio in Italia e sulle scelte energetiche del Paese – conclude il Comitato – e da qui non si potrà più tornare indietro”.

Legambiente, mancato raggiungimento del quorum non salverà le fonti fossili
“Il quorum non è stato raggiunto ma di due cose siamo certi. La prima è che la proroga senza limiti delle concessioni per l’estrazione di petrolio e gas rimane una colossale ingiustizia, in contrasto con le regole del diritto UE sulla libera concorrenza. La seconda, è che non sarà certamente il mancato raggiungimento del quorum a fermare un cambiamento del modello energetico che sta già mettendo le fonti fossili ai margini, perché esiste un altro scenario più conveniente, pulito, democratico. La nostra battaglia continua” per lo sviluppo sostenibile. E’il commento della presidente di Legambiente Rossella Muroni. La campagna referendaria, secondo l’associazione ambientalista “ha messo in evidenza come l’ambiente sia diventato oggi una questione centrale per i cittadini e trasversale agli schieramenti politici. Il Governo Renzi, malgrado gli inviti all’astensione e le politiche a favore delle fonti fossili, dovrà prenderne atto e accelerare sulle scelte di tutela degli ecosistemi e di sviluppo incentrato sulle fonti rinnovabili. L’Italia possiede oggi risorse naturali e opportunità per ridurre l’utilizzo di petrolio e gas puntando sulle alternative realmente competitive ma bloccate da politiche miopi e sbagliate: l’autoproduzione da energie rinnovabili, il biometano, l’efficienza energetica”. Legambiente annuncia quindi che nei prossimi giorni presenterà una denuncia alla Commissione europea contro la norma che concede concessioni illimitate per le estrazioni di petrolio e gas. Continuerà la battaglia affinché si intervenga da subito sulle numerose criticità emerse rispetto alle attività estrattive in mare, a partire dalla dismissione delle piattaforme che già oggi non sono più attive e per stabilire royalties giuste per tutte le attività estrattive, cancellando un sistema iniquo per cui larga parte delle concessioni non paga le royalties e chi lo fa le deduce dalle tasse. In tutto il mondo si sta andando verso una tassazione legata alle emissioni di gas serra per spingere gli investimenti verso l’efficienza e il nostro Paese avrebbe tutto l’interesse ad andare in questa direzione cancellando privilegi assurdi per i petrolieri.

Greenpeace, non tutti hanno giocato pulito
“Non siamo riusciti a raggiungere il quorum, ma non tutti hanno giocato pulito in questa partita. L’invito all’astensione venuto dal governo rimane una brutta pagina nella storia della nostra democrazia”. E’ il commento di Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace. L’associazione ambientalista si appresta a “inviare un atto di denuncia alla Commissione Europea per segnalare” la violazione della Direttiva 94/22/CE, recepita dall’Italia con D.Lgsl. 625/96, secondo la quale “l’estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest’ultime devono essere limitate”. Questa e altre violazioni, spiega Greenpeace, “denotano sistematici aggiustamenti delle norme e dei principi del Diritto comunitario a favore degli interessi dei petrolieri”. “Crediamo – prosegue Gianni – che Renzi e il suo governo dovrebbero ascoltare il segnale che viene dalle urne. Hanno votato, infatti, circa 15-16 milioni di italiani, quasi il doppio di quanti votarono nel 2013 per il PD e – come emerge dai primi dati – in maniera massiccia contro le trivelle. Parliamo dunque di una maggioranza nettissima rispetto al voto che ancor oggi legittima la premiership di Renzi”.

Wwf, ora cambiare politica energetica
“Il quorum non è stato raggiunto ma dalle urne emerge una richiesta fortissima affinché vengano cambiate le politiche energetiche del nostro paese”. Lo afferma il Wwf rilevando che “milioni di italiani oggi hanno chiesto che gli accordi sul clima sottoscritti a Parigi vengano applicati e vogliono per l’Italia un futuro rinnovabile”. A conclusione di questa consultazione popolare “è bene dire che il governo ha la maggiore responsabilità per aver portato l’Italia al referendum rispetto a una norma sulla proroga delle concessioni delle piattaforme offshore, inserita all’ultimo momento nella Legge di Stabilità 2016, che sapeva sin dall’inizio essere in contrasto con la normativa comunitaria e che sarà obbligato a modificare per intervento dell’Europa”. Secondo l’associazione ambientalista “si è fatto di tutto per far fallire questo referendum” ma ora “ora ci auguriamo che il governo dimostri di aver compreso la richiesta di milioni e milioni di italiani cominciando a dare attuazione al Green Act fino ad oggi solo annunciato, predisponendo un piano energetico e climatico che manca all’Italia da troppo tempo, nonché la strategia di decarbonizzazione prevista dall’accordo Parigi”.

ansa