Pena di morte, due quarantenni le prime vittime del 2022

La Corte Suprema USA ha dato il via libera all’esecuzione, con iniezione letale, di due uomini colpevoli di omicidio, annullando, così, la disposizione di una corte minore per uno dei condannati
Proteste contro la pena di morte in Virginia
Avvenire

Sono state eseguite, negli Stati Uniti, le prime due condanne a morte del 2022, la prima in Oklahoma e la seconda in Alabama. A morire sono stati Donald Grant, 46 anni, colpevole dell’omicidio di due uomini, durante una rapina in un hotel nel 2001, e Matthew Reeves, 43 anni, condannato a morte anche lui per un omicidio commesso nel 1996.

Con una votazione di 5 a 4 i giudici hanno annullato la disposizione di una corte minore che aveva bloccato l’esecuzione di Reeves. I suoi legali avevano sostenuto che la sentenza avesse violato il “Disabilities Act”, la legislazione sui disabili dal momento che Reeves sarebbe affetto da disabilità mentali. Al condannato non sarebbe stata data sufficiente assistenza nel decidere come morire, se con iniezione letale o con la camera a gas. Reeves, secondo i legali, avrebbe detto, in un secondo momento, di preferire la seconda opzione, decisione che aveva spinto una corte distrettuale a sospendere l’esecuzione fino a quando lo Stato non avesse rispettato i voleri del condannato.

La Corte Suprema ha bocciato la decisione. I quattro giudici contrari al via libera all’esecuzione sono stati i tre liberali, tra cui il dimissionario Stephen Breyer, e la conservatrice Amy Coney Barrett.

Gli Stati Uniti sono ancora sulla lista dei Paesi che, nel mondo, praticano la pena capitale, benchè molti suoi stati abbiano deciso di abolire la pratica.

Secondo ll’ultimo rapporto globale stilato da Amnesty International nel 2020 gli Stati Uniti figurano come l’unico Paese membro dell’Organizzazione degli stati americani ad aver fatto ricorso al boia, e, ad essere giustiziate, sono state diciotto persone, tramite iniezione letale o sedia elettrica. Sempre secondo Amnesty sono 2.485 le persone detenute nel braccio della morte, la speciale sezione, dei penitenziari di massima sicurezza, dove vengono reclusi, anche per decine di anni, i detenuti condannati alla pena di morte e in attesa di esecuzione.

Abolire la pena di morte in tutte le sue forme

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Osservatore Romano

Nuovo appello del Papa a «tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà» perché lottino «non solo per l’abolizione della pena di morte in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà». L’invito di Francesco è contenuto nel tweet postato sull’account @Pontifex sabato 10 ottobre, data in cui dal 2003 si celebra in tutto il mondo la Giornata contro le esecuzioni capitali.

Mobilitazione di Sant’Egidio a Roma. Pena di morte, «il nemico è l’odio»

da Avvenire

Il Colosseo illuminato contro la pena di morte

Il Colosseo illuminato contro la pena di morte

La Comunità di Sant’Egidio rinnova il suo impegno nella lotta contro la pena di morte e riunisce a Roma i rappresentanti di 22 Paesi per il 12esimoCongresso internazionale dei ministri della Giustizia. Una conferenza ospitata ieri nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati, occasione di dialogo e confronto non solo con gli Stati abolizionisti, ma anche con le delegazioni di alcuni Paesi mantenitori (come Ciad, Indonesia, Somalia e Sud Sudan).

Obiettivo del convegno «la ricerca e la promozione di metodi per dare alle popolazioni più giustizia e sicurezza in un modo umano, senza mai distruggere la vita delle persone colpevoli», come messo in chiaro da Mario Marazziti, coordinatore della campagna mondiale contro la pena di morte della Comunità di Sant’Egidio. Un traguardo ancora lontano ma certamente alla portata e ogni anno più vicino: «Nel 1975 solo 16 Stati avevano abolito la pena di morte. Lo scorso anno la proporzione si è rovesciata: 23 Stati hanno condannato loro cittadini alla pena capitale e 53 soli, su 200, hanno emesso condanne a morte, mentre 30 di essi non l’hanno applicata». Senza contare i 30 sì registrati lo scorso anno all’Assemblea generale dell’Onu per una moratoria universale, un progresso di 117 unità in favore del voto finale rispetto ad appena due anni prima.

«Un mondo senza esecuzioni si sta avvicinando: dobbiamo decidere da che parte della storia vogliamo stare – ha avvertito il coordinatore della campagna per di Sant’Egidio –. La domanda non è più se la pena di morte scomparirà. È solo questione di quando scomparirà definitivamente». Attualmente sono 142 i Paesi che hanno abolito la pena di morte. Di questi, 28 sono considerati abolizionisti de facto (non vi si registrano condanne a morte negli ultimi 10 anni o sono state adottate prassi per evitarne le esecuzioni), e altri 8 hanno mantenuto la pena capitale solo per reati specifici. I restanti 106 l’hanno abolita per legge e per ogni tipo di reato. I 56 Stati che invece la mantengono ancora in vigorerichiamano Sant’Egidio alla necessità di un impegno costante nella campagna per la moratoria mondiale. Una sfida «che ha già dato molti frutti – come ha ricordato il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo – e che vede, a partire dai numeri, un avanzamento progressivo. Ma bisogna insistere: alla fine ci sarà una vittoria della cultura della vita». Già oggi pomeriggio l’associazione guiderà una manifestazione al Colosseo. Un modo per tenere alta l’attenzione sul tema, anche in considerazione di quello che Impagliazzo ha definito «un inasprimento generalizzato delle politiche poliziesche, giudiziarie e penitenziarie nella maggioranza dei Paesi del mondo da una decina di anni». Al quale va aggiunto il rischio alimentato da un dibattito pubblico sempre più violento e incline all’odio, che anche per quanto riguarda la pena di morte «soffre di tali eccessi che qualcuno ci prova a rievocarla. Succede in Italia, accade in Europa. Certo non siamo alla sua reintroduzione ma è sufficiente questo clima acceso per cambiare il quadro generale nel mondo».

La pena di morte viola la dignità della persona

abolire pena di morte

settimananews.it

«Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune.

Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi.

Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”,[1] e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».

È il nuovo testo del n. 2267 della editio typica del Catechismo della Chiesa cattolica (CCC) in vigore dal 2 agosto 2018, a seguito della pubblicazione del rescritto[2] a firma del card. Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.[3] La precedente versione del 1997, risalente al CCC approvato da Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Laetamur magnopere,[4]era del seguente tenore:

«L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”».[5]

Modifica annunciata

La modifica del Catechismo era stata esplicitamente auspicata da Francesco nel discorso dell’11 ottobre 2017 ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.

Nell’occasione, il vescovo di Roma disse che la problematica della pena di morte «non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in se stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante. Mai nessun uomo, “neppure l’omicida perde la sua dignità personale”,[6] perché Dio è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità… È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona».

Va ricordato che, con riferimento alla pena di morte in sede di trattazione delle specificazioni dei precetti del decalogo, la Pontificia Commissione Biblica nel 2008 affermò che «con il corso della storia e lo sviluppo delle civiltà, la Chiesa ha pure affinato le proprie posizioni morali riguardanti la pena di morte e la guerra in nome di un culto della vita umana che essa nutre ininterrottamente meditando la Scrittura e che prende sempre più colore di un assoluto. Ciò che sottende queste posizioni apparentemente radicali è sempre la stessa nozione antropologica di base: la dignità fondamentale dell’uomo creato a immagine di Dio».[7]

A questo punto, sarebbe utile che si procedesse anche alla rettifica del paragrafo n. 405[8] delCompendio della dottrina sociale della Chiesa che recepisce l’ormai abrogato n. 2267 del CCC.

Provvedimento favorevolmente accolto

Il provvedimento di Francesco è stato accolto con entusiasmo da quelle organizzazioni – come Nessuno tocchi Caino o Amnesty International – e da quegli organismi ecclesiali – come la Comunità di Sant’Egidio –, che da tempo sono impegnati per l’abolizione della pena di morte.

Per Nessuno tocchi Caino, si tratta di «un altro importantissimo passo di papa Francesco verso l’abolizione delle pene inumane e degradanti per l’affermazione senza eccezioni della dignità umana. La cancellazione netta della riserva di legittimità della pena di morte nei casi più gravi, seppur rari, ancora presente nel Nuovo Catechismo, rappresenta un’ulteriore tappa della missione evangelica di questo straordinario Pontefice. Dopo l’introduzione del reato di tortura e l’abolizione dell’ergastolo[9] – una «pena di morte mascherata», come Francesco l’ha definita – nell’ordinamento vaticano, questa nuova riforma è altrettanto importante perché riguarda un testo di respiro universale che impegna i cattolici in tutto il mondo ad adoperarsi per porre fine a questo e ad analoghi anacronismi penali della storia umana, quali sono la condanna a morte e la condanna a vita, la pena di morte e la pena fino alla morte».

Da parte sua, Amnesty International ha accolto l’iniziativa di Francesco come «un importante passo avanti». «Già in passato, la Chiesa aveva espresso la sua avversione per la pena di morte, ma con parole che non escludevano ambiguità», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. «Oggi lo dicono in un modo ancora più chiaro». Inoltre, sempre il portavoce di Amnesty Italia ha elogiato la chiara indicazione dell’impegno della Chiesa per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo.

La Comunità di Sant’Egidio ha accolto con riconoscenza e soddisfazione la decisione di papa Francesco. Nella nuova formulazione del paragrafo 2267 del CCC – si legge in un comunicato pubblicato nel sito della Comunità – la pena capitale è definita «inammissibile alla luce del Vangelo perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona». «La decisione del papa è un’ulteriore spinta alla Chiesa e ai cattolici, a partire dal Vangelo, a rispettare la sacralità della vita umana e a impegnarsi in ogni continente e a ogni livello per l’abolizione di questa pratica disumana. La Comunità, da anni promotrice di campagne contro la pena di morte in tutto il mondo, si sente ulteriormente coinvolta in questa battaglia di civiltà e di umanità. Siamo convinti che un giorno la pena capitale scomparirà dagli ordinamenti giuridici come in Europa – unico continente che finora ha bandito la pena di morte – e come già sta avvenendo in tanti Paesi, soprattutto in Africa».

La situazione della pena di morte nel mondo

È di rilievo che nella nuova formulazione del n. 2267 del CCC si affermi che «la Chiesa si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».

Al riguardo va ricordato che, pur essendo la pena di morte abolita per legge o nella pratica in più di due terzi dei paesi al mondo, continuano ad essere ben cinquantasei gli Stati che la mantengono.

Ecco la situazione alla data del 31 dicembre 2017;[10]

  • 106 paesi hanno abolito la pena di morte per ogni reato;
  • 7 paesi l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra o in circostanze eccezionali;
  • 29 paesi sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno stabilito una prassi o hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte;
  • 56 paesi mantengono in vigore la pena capitale, ma il numero di quelli dove le condanne a morte sono eseguite è molto più basso.

I Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati sono i seguenti: Albania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Benin, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano, Colombia, Congo (Repubblica del), Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Figi, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea, Guinea Bissau, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kirghizistan, Kiribati, Liechtenstein, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Madagascar, Malta, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nauru, Nepal, Nicaragua, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Sao Tomè e Principe, Senegal, Serbia (incluso il Kosovo), Seychelles, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Suriname, Svezia, Svizzera, Timor Est, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela.

I Paesi che hanno abolito la pena di morte per reati comuni sono i seguenti: Brasile, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele, Kazakistan, Perù.

I Paesi che hanno abolito de facto la pena di morte sono i seguenti: Algeria, Brunei Darussalam, Burkina Faso, Camerun, Corea del Sud, Eritrea, Federazione Russa, Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Marocco, Myanmar, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.

I Paesi che, invece, mantengono la pena di morte sono i seguenti:[11] Afghanistan*, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita*, Bahamas, Bahrain*, Bangladesh*, Barbados, Belize, Bielorussia*, Botswana, Ciad, Cina*, Comore, Corea del Nord*, Cuba, Dominica, Egitto*, Emirati Arabi Uniti*, Etiopia, Gambia, Giamaica, Giappone*, Giordania*, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran*, Iraq*, Kuwait*, Lesotho, Libano, Libia, Malesia*, Nigeria, Oman, Palestina (Stato di)*, Pakistan*, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Singapore*, Siria, Somalia*, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Stati Uniti d’America*, Sudan, Sudan del Sud*, Thailandia, Taiwan, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam*, Yemen*, Zimbabwe.

E in Italia?

«La pena di morte non è un diritto, ma è una guerra della nazione contro un suo cittadino». Così scriveva nel 1764 Cesare Beccaria in Dei delitti e delle pene. A distanza di più di due secoli, l’esigenza che gli Stati interrompano questa inutile e barbara guerra continua ad essere di tragica attualità.

La pena di morte va abolita in tutto il mondo perché è una pena incivile, che contraddice ad ogni accettabile legittimazione del diritto di punire. Solo chi non ha sufficiente rispetto per la vita altrui può pensare di disporne liberamente. Gli Stati non devono mai ergersi a giustizieri e al contempo non devono rinunciare ad essere luoghi dove venga esercitata una giustizia mite, equa e non vendicativa. La morte è infatti antitetica e in opposizione ontologica ad una qualsiasi idea di giustizia.

La Costituzione italiana, all’articolo 27,[12] con coraggio e lungimiranza ha sancito che le pene non devono mai consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Con legge Costituzionale n. 1 del 2 ottobre 2007 l’articolo è stato emendato, con l’esclusione della pena di morte anche dai codici militari di guerra e oggi il relativo quarto comma recita così: «Non è ammessa la pena di morte».[13]

Come ha avuto modo di affermare la Corte Costituzionale,[14] il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare – al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità – nella prima parte della Carta costituzionale. Introdotto dal quarto comma dell’articolo 27,[15] esso si configura nel sistema costituzionale «quale proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dall’articolo 2».

Non solo la Repubblica non può prevedere la pena di morte e tutte le pene inumane e degradanti, ma è anche vietata l’estradizione in Paesi che potrebbero applicarla alla persona di cui chiedono l’estradizione o verso i quali si prospetta l’ipotesi di espulsione.[16]

E non è consentita nemmeno l’importazione di organi, a fini di trapianto, da Paesi che praticano l’espianto dal corpo di condannati a morte.[17]


[1] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (11 ottobre 2017).

[2] Nel diritto canonico il “rescritto” è una risposta scritta a carattere normativo, data dal papa su questioni di teologia, o da un’autorità ecclesiastica riguardo alla concessione di grazia o a risoluzioni di controversie.

[3] Come ha scritto Alberto Melloni su “La Repubblica” del 3 agosto 2018, la decisione papale, «gesto giusto e salutato da entusiasmo…, arriva 50 anni dopo l’abolizione della pena di morte dalla Città del Vaticano, 155 dopo il pensionamento di Mastro Titta, il leggendario boia del papa che lasciò il lavoro dopo 564 esecuzioni, e 26 dopo la pubblicazione del Catechismo».

[4] Che, peraltro, aveva modificato sensibilmente quanto, in tema di pena di morte, era contenuto nel Catechismo di Pio X del 1905. Alla domanda “Vi sono dei casi nei quali sia lecito uccidere il prossimo?” il numero 413 del Catechismo rispondeva: «È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell’autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto; e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore».

[5] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56.

[6] Francesco, Lettera al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte (20 marzo 2015).

[7] Pontificio Commissione Biblica Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano, 2008, n. 98.3.

[8] Il paragrafo, che fa riferimento al n. 2267 CCC e all’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, riassume bene la posizione ufficiale della Chiesa cattolica fino al 1° agosto 2018 che oscilla tra l’ammissione, a livello strettamente teorico, della legittimità della pena di morte e l’affermazione, sul terreno operativo, della sua impraticabilità per l’assenza delle condizioni richieste. Il paragrafo in questione afferma quanto segue: «La Chiesa vede come un segno di speranza “la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi” (Giovanni Paolo II, Lett. enc.Evangelium vitae, 27). Seppure l’insegnamento tradizionale della Chiesa non escluda — supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole — la pena di morte “quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani” (CCC n. 2267), i metodi non cruenti di repressione e di punizione sono preferibili in quanto “meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e più conformi alla dignità della persona umana” (CCC n. 2267) Il crescente numero di Paesi che adottano provvedimenti per abolire la pena di morte o per sospenderne l’applicazione è anche una prova del fatto che i casi in cui è assolutamente necessario sopprimere il reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56). La crescente avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte e i vari provvedimenti in vista della sua abolizione, ovvero della sospensione della sua applicazione, costituiscono visibili manifestazioni di una maggiore sensibilità morale».

[9] Con il motu proprio dell’11 luglio 2013 “sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in materia penale”.

[10] I dati riportati sono ricavati dal Rapporto di Amnesty International, Condanne a morte ed esecuzioni nel 2017, pubblicato nell’aprile 2018.

[11] Quelli contrassegnati con * hanno eseguito condanne a morte nel 2017.

[12] L’articolo 27 della Costituzione Italiana recita: «(1) La responsabilità penale è personale. (2) L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. (3) Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. (4) Non è ammessa la pena di morte».

[13] Con legge ordinaria 13 ottobre 1994 n. 589 la pena di morte era già stata abolita dal codice militare di guerra e sostituita dall’ergastolo.

[14] Con sentenza n. 223 del 27 giugno 1996.

[15] La pena di morte nell’ Italia unita, abolita con il Codice Zanardelli (1889), venne reintrodotta dal fascismo con la legge 25 novembre 1926 n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), istitutiva del Tribunale speciale per la difesa dello Stato.

[16] Articolo 698, secondo comma, c.p.p.

[17] Articolo 2 del Decreto Ministero della salute 2 dicembre 2004 recante “Modalità per il rilascio delle
autorizzazioni all’esportazione o all’importazione di organi e tessuti”.

PAPA CAMBIA IL CATECHISMO, PENA DI MORTE SEMPRE INAMMISSIBILE

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LA CHIESA SI IMPEGNA PER LA SUA ABOLIZIONE IN TUTTO IL MONDO La pena di morte è sempre inammissibile. Da oggi è scritto nel catechismo della Chiesa cattolica, per decisione di papa Francesco. Nella nuova versione, ‘rescritta’ dal cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, stabilisce che ‘la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che ‘la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona’, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo’.

Amnesty International. Pena di morte, condanne ed esecuzioni in calo nel 2017

Nel 2017 nel mondo sono diminuite le condanne a morte. Stando al rapporto sulla pena di morte di Amnesty International nel 2017 ci sono state 993 esecuzioni in 23 stati, il 4 per cento in meno rispetto alle 1032 esecuzioni del 2016 e il 39 per cento in meno rispetto alle 1634 del 2015, il più alto numero dal 1989.

La maggior parte delle esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan. È in Cina che si esegue la maggior parte delle condanne a morte ma, sottolinea Amnesty International, la reale dimensione dell’uso della pena capitale non è conosciuta perché i dati sono considerati un segreto di Stato. Per questo, secondo l’organizzazione, il totale delle 993 esecuzioni registrate nel 2017 non comprende le migliaia che si ritiene abbiano avuto luogo nel Paese.

Negli Stati Uniti il numero delle esecuzioni (23) e delle condanne a morte (41) del 2017 è lievemente aumentato rispetto al 2016, ma è rimasto in linea con le tendenze, storicamente basse, degli ultimi anni. Il numero degli Stati americani dove sono state eseguite condanne a morte è salito da cinque a otto. Dopo un periodo d’interruzione, sono riprese le esecuzioni in Arkansas, Ohio e Virginia. Quattro Stati (Idaho, Mississippi, Missouri e Nebraska), così come le corti federali, sono tornati a emettere condanne a morte facendo salire a 15 (rispetto alle 13 del 2016) le giurisdizioni che hanno imposto la pena capitale. Carolina del Nord, Kansas e Oregon non hanno emesso condanne a morte, a differenza del 2016.

Nel 2017 a far fare grandi passi avanti alla lotta globale per abolire la pena capitale è stata l’Africa subsahariana, dove si è registrato un significativo decremento delle condanne a morte. Sempre in questa regione, la Guinea è diventata il 20° stato abolizionista per tutti i reati, il Kenya ha cancellato l’obbligo di imporre la pena di morte per omicidio e Burkina Faso e Ciad si stanno avviando a introdurre nuove leggi o a modificare quelle in vigore per abrogare la pena capitale.

“I progressi dell’Africa subsahariana rafforzano la posizione della regione come faro di speranza e fanno auspicare che l’abolizione di questa estrema sanzione, crudele, inumana e degradante sia in vista”, ha detto Salil Shetty, segretario
generale di Amnesty International. “Mentre i governi di questa regione continuano a fare passi avanti verso il ripudio, o quanto meno la riduzione dell’uso della pena di morte già nel corso del 2018, l’isolamento degli stati che ancora la mantengono in vigore non potrebbe risultare più profondo”, ha aggiunto Shetty: “Ora che 20 Stati dell’Africa subsahariana hanno abolito la pena di morte per tutti i reati, è davvero il momento che il resto del mondo segua la loro direzione e consegni questa abominevole punizione ai libri di storia”.

Nel 2016 Amnesty International aveva registrato esecuzioni in cinque stati della regione, mentre nel 2017 solo in due, Sud Sudan e Somalia. La ripresa delle esecuzioni in Botswana e Sudan, nel 2018, non deve oscurare i positivi passi avanti intrapresi da altri stati. Il Gambia ha firmato un trattato internazionale che l’impegna a non eseguire condanne a morte in vista dell’abolizione della pena capitale e nel febbraio 2018 il presidente ha istituito una moratoria ufficiale sulle esecuzioni.