Il tema del Sinodo era: “Testimoni e annunciatori della misericordia di Dio”, declinato in cinque ambiti: la comunità cristiana, la famiglia, i presbiteri, i giovani e i poveri

di: Gabriele Ferrari – settimana news

Apertura del Sinodo diocesano

Da ventidue anni abito nella casa saveriana di Tavernerio (Como) e, concluso il periodo di insegnamento nel Seminario nazionale del Burundi, sono ora impegnato nella vita della diocesi di Como. Il Vescovo mi ha nominato delegato episcopale per la vita consacrata e, come tale,  faccio parte del Consiglio episcopale. Vivo quindi da vicino la vita di questa Chiesa. A partire dal 2017 il Vescovo mi ha chiesto di partecipare alla progettazione del XI Sinodo diocesano di cui sono poi diventato membro effettivo. In questa veste, ma a titolo del tutto personale, offro un primo sguardo incompleto e provvisorio, del Sinodo da poco tempo concluso.

Il XI Sinodo diocesano della Chiesa di Como, indetto il 31 agosto 2017 ed inaugurato dopo la fase preparatoria e la consultazione del popolo di Dio, il 12 gennaio 2020, è giunto alla sua conclusione il 4 giugno 2022.

Il tema del Sinodo era: “Testimoni e annunciatori della misericordia di Dio”, declinato in cinque ambiti: la comunità cristiana, la famiglia, i presbiteri, i giovani e i poveri. Ben presto ci si è resi conto di aver messo troppa carne al fuoco.

Per questo il 26 settembre del 2020 (3a sessione sinodale) i sinodali hanno votato una mozione presentata dalla presidenza del Sinodo che concentrava l’attenzione su un unico tema: “Misericordia e comunità cristiana”. Tuttavia, come era facile prevedere, anche gli altri quattro ambiti, in modo surrettizio, sono rientrati nell’unico tema sinodale.

Il numero dei sinodali, gli eletti dalla base, i membri di diritto e quelli nominati dal Vescovo, era 288, di essi 199 erano uomini e 89 le donne, 174 i laici, 88 i presbiteri, 4 i diaconi permanenti, 21 i consacrati e le consacrate e un seminarista. La loro età media era 53 anni; i giovani tra i 20 e i 30 erano 22. Il Sinodo si è concluso lo scorso 4 giugno 2022, vigilia di Pentecoste, in Cattedrale, dopo quasi cinque anni dall’indizione e dopo 12 sessioni sinodali plenarie, due delle quali on line a causa della pandemia.

Il Documento finale, approvato dal Sinodo nella 12° sessione (21 maggio 2022), è composto di 136 proposizioni ed è stato presentato al Vescovo Oscar nel corso della celebrazione eucaristica conclusiva, il 4 giugno 2022. Esso sarà promulgato con apposito documento dal Vescovo Oscar, appena saranno conclusi gli impegni legati alla sua nomina a cardinale, annunciata dal Papa lo scorso 29 maggio.

Ripensando al cammino percorso, si possono già fare alcune prime considerazioni.

  • Il Sinodo è stato un tempo di grazia che ha fatto crescere la coscienza ecclesiale del popolo di Dio, nell’ascolto comunitario della Parola, nel bisogno di essere insieme. La consultazione previa della comunità diocesana è stata ben partecipata e coinvolgente, anche se non è riuscita a produrre una riflessione profetica, aperta non solo al mondo di oggi ma anche al futuro. Sarà un compito per il post-sinodo proiettare le proposte del Sinodo nel futuro della pastorale diocesana.
  • È stato tuttavia un esercizio di autocoscienza, prezioso ma impegnativo per mancanza di abitudine alla ricerca comune e all’ascolto reciproco. I sinodali divisi in oltre venti circoli territoriali, hanno via via affrontato gli argomenti che l’Instrumentum laboris proponeva e, sempre illuminati dalla Parola di Dio e dalle puntuali indicazioni del Vescovo Oscar, sono riusciti a superare la fatica del ricercare punti di equilibrio fra le molte opinioni, e la stanchezza prodotta anche dalla pandemia che ha accompagnato i lavori sinodali.
  • La fatica fatta nella elaborazione del documento finale e, prima ancora, nella conduzione dei lavori dell’assemblea, delle commissioni prima e dei gruppi territoriali di riflessione, è stata ampiamente ripagata anche se non tutti gli obiettivi sono stati pienamente raggiunti. Credo che si possa dire che è cresciuta coscienza di Chiesa, il senso di corresponsabilità e di comunione superando i limiti oggettivi della struttura geografica della Chiesa di Como molto estesa e composita che si estende su tre diverse province.
Che cosa ci ha insegnato il lavoro sinodale?

La prima “scoperta” (se così la si può chiamare) è stata la grande varietà di ambienti, di approcci pastorali e di persone e quindi di pareri e opinioni che caratterizza la diocesi di Como. Di qui il bisogno di “convenire”, di ascoltarsi e di dialogare per approfondire la comunione nella corresponsabilità, comunione che non è un’uniformità che livella, ma un comune sentire e volere, in una parola, la sinodalità della Chiesa.

È quindi emerso il bisogno di ascolto delle molte voci, prima di pretendere di armonizzarle in una sinfonia pastorale. Dalla lettura dei risultati della consultazione preliminare fino alle proposte di modifica nel corso dei lavori sinodali è emerso il bisogno di cercare ancora insieme e di discernere quello che riguarda il futuro della nostra Chiesa, per non rimanere vittime della passività, della dispersione e del clericalismo.

Di fatto il lavoro sinodale ci ha avvicinato mostrando – a chi la voleva vedere – l’azione discreta e silenziosa dello Spirito che ha trasformato il Sinodo in una “conversazione spirituale” tra i sinodali e tra di loro e il primo Interlocutore, lo Spirito, emersa anche nella votazione finale del Documento.

Un altro insegnamento emerso dai lavori sinodali è il bisogno che il Sinodo avrebbe avuto di un più puntuale e continuo discernimento. Questo è forse ciò che più è mancato nel lavoro sinodale. D’altro canto, il discernimento è un compito impegnativo perché richiede tempo e pazienza e perché non è un’operazione spontanea. Malgrado l’intervento di un gesuita esperto in materia, non abbiamo saputo mettere in pratica quello che egli ci ha insegnato: la teoria era per sé chiara, ma non lo è stata altrettanto la sua applicazione pratica.

Pur sapendo che lo Spirito parla attraverso i piccoli e i semplici, abbiamo anche compreso che Egli parla e istruisce la Chiesa attraverso competenze che non sono date a tutti. Soprattutto su temi complessi non si deve correre il rischio, verificatosi puntualmente anche nel nostro Sinodo, di pronunciarsi sulla base di sensazioni o emozioni o rappresentazioni non fondate o verificate nella realtà.

La più importante scoperta fatta durante il Sinodo è che esso è stato un evento di grazia, il cui metodo (la “sinodalità”) deve rimanere come un “modulo” per la vita delle comunità cristiane. Il Sinodo quindi non si è concluso il 4 giugno u.s. in Cattedrale. “Una conclusione, cioè un nuovo inizio” è stato il tema dell’omelia del Vescovo alla fine del Sinodo. Lo stile sinodale deve rimanere come stile e metodo della Chiesa di Como da mettere in atto ai diversi livelli di comunità, locale, vicariale e diocesana. La “sinodalità” come la comunione e la missione è lo spirito e il metodo della Chiesa nell’evangelizzazione.

Elementi di criticità emersi nel corso del Sinodo

Un primo elemento di criticità è stato il numero eccessivo dei sinodali. Una assemblea di quasi trecento persone è difficile da guidare in modo che ciascuno se ne senta davvero parte attiva. Questo spiega – almeno in parte – il diradarsi della partecipazione e una certa stanchezza o disaffezione che è progressivamente emersa fino a giungere ai 183 votanti nell’ultima assemblea. Anche la molteplicità dei temi e la metodologia cambiata in corso d’opera hanno distolto certi sinodali dal perseverare nel cammino.

Un altro elemento oggettivo di criticità, difficilmente rimediabile, è la composizione geografica e culturale della diocesi di Como che si estende su tre province, Como, Sondrio e Varese con sensibilità umane e pastorali molto diverse tra loro. Pensare a scelte uguali o omogenee è fuori della realtà. Del resto, anche a prescindere dalle differenze geo-culturali, le attese erano troppo disparate: chi dal Sinodo attendeva un codice di norme per tutti, chi soltanto una legge quadro, chi nessuna delle due ipotesi, ma solo una generica spinta profetica che aprisse gli orizzonti della nostra Chiesa.

Il risultato finale – presente però dall’inizio – ha rivelato una comunità cristiana abbastanza introversa, che rischia di dimenticare che la Chiesa esiste per gli “altri” (“Andate in tutto il mondo”) e non anzitutto per il benessere dei fedeli. Anche a Como ci sono molti non cristiani, molti cristiani indifferenti oltre a molti genuini cercatori di Dio che però rimangono al margine della nostra pastorale. A parecchie riprese il Vescovo ha richiamato il Sinodo a essere profetico, concreto e missionario, attento a chi non varca le soglie delle nostre chiese, a diventare una “chiesa in uscita”, come suggerisce Papa Francesco.

Una sorpresa e un frutto insperato

Il protrarsi del tempo del Sinodo, dovuto soprattutto alla pandemia, ha sicuramente complicato il lavoro sinodale e ha contribuito a diluire l’attenzione dei sinodali. Ma questo non è stato solo un elemento di criticità che si è aggiunto.

È stato anche un provvidenziale appello a cercare di comprendere ciò che Dio voleva dire alla Chiesa di Como, l’occasione per concentrarci sull’essenziale della fede, rendendoci conto della crisi già in atto nella Chiesa già prima della pandemia. Ci ha anche costretti a individuare vie nuove per la missione. “Nella fine è l’inizio” è stato uno slogan di questo tempo.

E il Sinodo potrebbe esserne la prova anche se cambiare è sempre impegnativo e la strada conosciuta è sempre un richiamo che pericolosamente attira più che la proposta di una nuova via.

Riflettendo sulla misericordia di Dio abbiamo scoperto che non è ciò che Dio fa, ma chi è Dio e ci siamo convinti che la misericordia deve essere, come detto dal Papa, “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”, anche della Chiesa di Como, chiamata ad essere una Chiesa che non giudica ma accoglie, che non esclude ma include, che non conta sui suoi mezzi e strutture ma una Chiesa povera e semplice che conta solo sulla misericordia ricevuta e offerta.

Ci siamo accorti di essere lontani da questo traguardo. Il vescovo Oscar l’aveva detto nella messa crismale del 2020: “Siamo sicuri che ne uscirà una nuova immagine di Chiesa più povera, più umile, meno dotata di strutture, ma forse più accogliente, non giudicante, amica degli uomini e in cammino con loro a immagine di Gesù”.

Lo stesso concetto è stato ripreso dal Vescovo nell’omelia della celebrazione conclusiva del Sinodo: “La Chiesa è infatti chiamata a diventare un segno vivo, una presenza semplice, ma trasparente della misericordia di Dio, della sua tenerezza e del suo amore di Padre”. Riuscirà la Chiesa di Como a diventare una chiesa più popolare e solidale e soprattutto una chiesa sinodale, come la desidera papa Francesco e come essa è e deve essere?

Il Sinodo della Chiesa di Como, pur precedente nella sua indizione, si sta intrecciando con il cammino sinodale della Chiesa italiana che, pungolata da Papa Francesco, ha finalmente messo in moto un proprio cammino sinodale e nello stesso tempo, non può ignorare il sinodo che il Papa ha proposto alla Chiesa universale che prevede addirittura due anni di sinodo.

Il Sinodo comasco si inserisce quindi in questo auspicato processo di rinnovamento e di “conversione pastorale e missionaria” della Chiesa di cui sentiamo il bisogno in questo tempo di transizione verso il “cambiamento d’epoca” che stiamo faticosamente vivendo.

Settimana News

Nei prossimi mesi diversi gruppi di giovani parteciperanno, in qualche modo, a iniziative ecclesiali: è il momento opportuno di dare loro la parola in una sorta di versione estiva del Sinodo (oltre l’evanescenza del Sinodo 2018)

C’è una felice coincidenza nel calendario: da una parte le lezioni stanno per finire, restituendo a molti ragazzi un necessario tempo libero, che in diversi casi verrà presto occupato da molteplici attività estive — tra le quali, in molte parti d’Italia, anche alcune forme di volontariato di ispirazione ecclesiale. Dall’altra i risultati resi pubblici dei primi lavori sinodali, che manifestano una sana preoccupazione che diventa anche una lamentatio: nell’ordinario delle comunità cristiane i giovani sono i grandi assenti. Di per sé, il fenomeno non è certo nuovo: negli ultimi decenni se ne parla con frequenza via via maggiore. Addirittura è stato convocato un Sinodo a tema giovanile (2018) che a quanto pare non ha prodotto molto, se ancora si brancola nel buio, almeno in molte parti dell’Occidente (allarghiamo un po’ lo sguardo oltre il nostro orticello) tra fatiche enormi a capire cosa vivono i ragazzi e le ragazze di oggi, mancanza di visione degli adulti, proposte vetuste che allontanano più che avvicinare, gabbie ideologiche novecentesche che con ostinazione vengono calate, miopia nell’interpellare chi lavora quotidianamente con i giovani.

Dunque, da una parte un’emorragia quasi senza pausa, che lascia interdetti, delusi, affranti fino ad arrivare al pessimismo più nero, magari non cogliendo i semi buoni che ci sono e le figure che rimangono e ci provano, dall’altra il tempo estivo che, in qualche modo, vede una parte dei ragazzi mettersi in gioco, darsi da fare, trovare ancora qualche approdo latamente ecclesiale.

Come fare in modo che la coincidenza faccia scattare la scintilla di un nuovo cammino? Le ricette si sprecano, come le parole d‘ordine, i modelli, gli studi. Ma poi, a settembre, tutto come prima, o quasi. Riprende la routine quotidiana, che macina energie, tempo, idee… schiacciando molto spesso giovani e adulti. E i primi, lo sappiamo, troppe volte si allontanano in un movimento a fisarmonica su cui vogliamo sentirci innocenti. E su cui, alla fine, rinunciamo a educare e a farci educare.

Sarebbe bello se in quest’estate sinodale, nei mesi che arrivano, ogni comunità provasse seriamente e semplicemente a togliersi preconcetti e idee e solo osservare, solo ascoltare. Non per avere conferma di quello che già sappiamo, ma per farci letteralmente ‘convertire’ da qualcosa che i giovani possono dire agli adulti. Dovremo però dare loro spazio e tempo, fiducia e libertà. Senza la pretesa di sapere già tutto: oggi non funziona più così (ammesso che prima funzionasse). È un’estate sinodale che deve, proprio nei prossimi mesi, aprirsi ad adolescenti e giovani, che nella stragrande maggioranza non sanno nemmeno cosa sia un sinodo e cosa sta accadendo nella Chiesa in Italia. È il momento per farli davvero entrare nel cantiere. È faticoso, indubbiamente. Ma se non leggiamo nei tre mesi a venire un kairos e lo abitiamo, se non abbiamo il coraggio di mettere da parte tutto quello che è servito alle generazioni precedenti ma che oggi non funziona più, allora rimarremo a crogiolarci nelle nostre lamentele, nei nostri idealismi poco misurati e poco concreti, o nell’esaltazione acritica dei giovani, sorella un po’ più simpatica della critica feroce. È un cammino che va fatto insieme. Se almeno provassimo, in ogni gruppo, parrocchia, associazione a mettere in gioco un paio di serate per chiedere: ma tu cosa pensi e cosa sogni sulla Chiesa?

Se avessimo il coraggio di vivere una sorta di anno zero della pastorale giovanile, oltre l’evanescenza del Sinodo 2018, per provare a maturare insieme, tutti, una visione di Chiesa del futuro, dove risuoni una Parola per vite da XXI secolo…

vinonuovo.it

Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete. Un libro, edito da Paoline, che presenta a catechisti, animatori, formatori (ma anche parroci, religiose e religiosi, insegnanti di IRC) molte idee realizzabili “sfruttando” il web in modo pastorale ed educativo

La pandemia ha costretto (e costringe ancora, purtroppo) a trovare anche soluzioni virtuali per continuare a vivere la propria appartenenza ecclesiale ad un gruppo, ad una classe, ad una parrocchia, ad un oratorio, ad un’associazione. Non è stato facile, non eravamo preparati, abbiamo alzato qualche muro ogni tanto, ma anche più di un ponte grazie al web. Mentre speriamo di cancellare questo lungo difficile periodo, cosa ne faremo di quanto abbiamo imparato on line, delle conoscenze acquisite, delle buone prassi?

Il libro “Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete”, edito da Paoline per la collana Dio_On questioni di connessioni, scritto da Marco Pappalardo, Alfredo Petralia e Lorenzo Galliani, è una significativa e concreta risposta. Appena uscito in tutte le librerie, offre l’occasione per sfruttare nelle nostre comunità le potenzialità di internet e trasferirle nelle attività di sempre, cogliendo il meglio, innovando, allargando il coinvolgimento.

Il libro, strutturato come un sussidio formativo alla portata di tutti, presenta dunque alcune idee realizzabili (e realizzate!) nei diversi ambienti ecclesiali e con le varie fasce di età, partendo da ciò che viviamo ordinariamente, ma con una prospettiva nuova, quella in cui i new media sono una risorsa per la crescita, la formazione, la pastorale, l’insegnamento, la catechesi. Con questo intento presenta a catechisti, animatori, formatori (ma anche parroci, religiose e religiosi, insegnanti di IRC, animatori di gruppi, gestori di sale di comunità) alcune idee realizzabili nei diversi ambienti e con le varie fasce di età.

Tra i temi-ambiti trattati: Facebook, Instagram, TikTok, blog, web radio, giornalino, YouTube, videogames, contest… Di ogni proposta sono presentati: potenzialità; motivo pastorale/educativo/sociale; attività possibili; tecniche/consigli/modalità organizzative. Alcune delle attività sono frutto della creatività dei tre autori, altre sono state davvero attuate ed in corso, altre ancora si sono trasformate in veri percorsi di formazione in presenza e/o on line. Nel presentarle, gli autori pensano non solo ai bambini, ai ragazzi e ai giovani, ma anche agli adulti visto che internet e le nuove tecnologie riguardano tutti; inoltre – perché no – potrebbero diventare un’ottima opportunità per avvicinare e far collaborare le diverse generazioni.

Pappalardo, Petralia e Galliani usano un linguaggio semplice, adatto a chi ha il desiderio di avvicinarsi pastoralmente a questo mondo, con la consapevolezza che le diverse proposte andranno adattate alla realtà locale e non per forza ripetute così come presentate. Il libro dice (con tanti esempi e indicazioni per l’uso) come sfruttare le potenzialità della rete per raggiungere chi è più lontano, creando grazie ad essa una rete di nuove relazioni, valorizzando le diverse potenzialità e i tanti talenti.

Quanto leggerete in “Testimoniate il Vangelo con la vostra vita: andate in rete” non sostituisce i contenuti, dà loro una forma nuova, coinvolgente, al passo coi tempi. Se tutto ciò non bastasse a fare il grande salto nella pastorale digitale e con il digitale, gli autori introducono ogni capitolo con delle motivazioni forti e approfondite, per allontanare ogni dubbio e offrire una prospettiva progettuale.

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“Seme diVento”, il progetto per gli adolescenti

È dedicato agli adolescenti il nuovo progetto “Seme diVento” che è stato presentato lunedì 12 luglio, alle 15, in diretta streaming. Elaborata dal Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, insieme all’Ufficio Catechistico Nazionale e all’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia, l’iniziativa rappresenta un impegno condiviso per incontrare gli adolescenti con tutta la comunità cristiana, aprendo processi educativi che la possano rinnovare profondamente.

“Quello che è successo nell’ultimo anno ci porta a prendere in considerazione questa età in un modo nuovo. Non si diventa grandi da soli. Siamo convinti che i ragazzi abbiano molto da dire alla comunità ecclesiale, in quanto portatori del futuro che è provocazione, richiesta di essere seme del vento cristiano nella storia di oggi”, sottolinea don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile. Il titolo del progetto, aggiunge, fa riferimento all’adolescenza come ad “un momento di semina” e, con un gioco di parole, ricorda che “’il termine ‘divento’ non indica solo il divenire, ma anche l’idea di una formazione che tiene conto dell’aspetto umano e del vento dello Spirito che rinnova la vita”.

Obiettivo del percorso, che nasce “per aiutare gli adolescenti a recuperare la bellezza che è una prerogativa della loro età”, è “ascoltarli e dialogare con loro” oltre che fare “una verifica per capire come la comunità cristiana si è posta nei loro confronti”, aggiunge mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale. L’invito è a “lasciarsi raggiungere dal grido degli adolescenti”, osserva fra Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia, per il quale “questo strumento potrebbe aiutare a creare una comunità capace di accoglierli”.

Nel corso dell’incontro di presentazione, Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, ha presentato i risultati di un’indagine sugli adolescenti condotta nell’ambito del progetto. Pierpaolo Triani, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha illustrato le linee pedagogiche nell’incontro con gli adolescenti, mentre i direttori dei tre Uffici promotori si sono soffermati sulla dimensione pastorale.

Pastorale della Salute: incontro online sabato 28 novembre

L’Ufficio della Pastorale della Salute della nostra diocesi propone la partecipazione all’incontro online, sabato 28 novembre sul canale Youtube della Pastorale Nazionale della Salute,  sugli effetti che la pandemia Covid ha sul nostro benessere mentale e relazionale.

Per poter partecipare all’evento, è necessario iscriversi online attraverso il sito salute.chiesacattolica.it 

Il link di accesso al canale YouTube verrà inviato a tutti gli iscritti il giorno precedente il convegno.
La partecipazione è gratuita ma l’iscrizione è obbligatoria.

PROGRAMMA

Dalle 10.00 alle 13.00
Conduttore: G. Cervellera
Saluti istituzionali

§ Primo ambito

LE RELAZIONI FAMILIARI ED EDUCATIVE
Infanzia e adolescenza: trasformazioni della dimensione sociale nella scuola, nella comunità cristiana, nel tempo libero
Presenta il tema: S. Vicari
Proposta pastorale: E. Diaco, V. Bulgarelli, M. Falabretti, G. De Marco
Le trasformazioni nelle relazioni familiari da lockdown Presenta il tema: B. Toro
Proposta pastorale: M. Vianelli

§ Secondo ambito

IL MONDO DEL LAVORO
Le trasformazioni vissute: dagli stili di vita alle prospettive di futuro negli ambienti di lavoro
Presenta il tema: G. Nicolò
Proposta pastorale: B. Bignami

§ Terzo ambito

L’UNIVERSO SANITÀ
Impatto e trasformazioni sulla vita degli operatori sanitari: la cura dei curanti
Presentano il tema: A. Siracusano, A. Vita, B. Farina
Proposta pastorale: M. Angelelli

Dalle 14.00 alle 17.00
Assistenti spirituali: trasformazione del ruolo nei luoghi della salute
Presentano il tema: G.B. Tura, A. Laudato
Proposta pastorale: C. Arice

§ Quarto ambito

IL CORONAVIRUS E LE NUOVE DETERMINANTI PSICO-SOCIALI
Povertà vitale, dipendenze comportamentali e stress post-traumatico
Presentano il tema: L. Janiri, M. Ribolsi, M. Pompili, P. Girardi
Proposta pastorale: B. Bignami

Mutamento tecnologico e trasformazioni in atto nel metodo della psicoterapia
Presenta il tema: D. La Barbera
Proposta pastorale: M. Falabretti
Abilità o labilità dei giovani di progettare il proprio futuro: future literacy
Presenta il tema: T. Cantelmi
Proposta pastorale: M. Gianola

Per una visione prospettica
M. Angelelli

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laliberta.info

Veglia per la Custodia del Creato: martedì 1° settembre a Castelnovo Monti

Martedì 1° settembre si celebra la quindicesima Giornata Nazionale per la Custodia del Creato.

Nella nostra diocesi si terrà la veglia ecumenica a Castelnovo ne’ Monti presso la Chiesa della Resurrezione alle ore 21.

Pubblichiamo di seguito il Messaggio dei Vescovi per questo avvenimento.

(tratto da laliberta.info)

Vivere in questo mondo con sobrietà, con  giustizia  e  con  pietà  (Tt2,12) per nuovi stili di vita

In occasione della 15a Giornata Nazionale per la Custodia del Creato le preoccupazioni non mancano: l’appuntamento di quest’anno ha il sapore amaro dell’incertezza. Con san Paolo sentiamo davvero «che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi» (Rm 8,22).

Solo la fede in Cristo ci spinge a guardare in avanti e a mettere la nostra vita al servizio del progetto di Dio sulla storia. Con questo sguardo, saldi nella speranza, ci impegniamo a convertire i nostri stili di vita, disponendoci a «vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12).

Vicinanza, gratitudine, lungimiranza

Siamo in un anno drammatico: la pandemia da Covid-19 ha portato malattia e morte in tante famiglie, ha messo in luce la nostra fragilità, ha ridimensionato la pretesa di controllare il mondo ritenendoci capaci di assicurare una vita migliore con il consumo e il potere esercitato a livello globale. Sono emerse tante contraddizioni nel nostro modo di concepire la vita e le speranze  del futuro. Si è visto un sistema socio-economico segnato dall’inequità e dallo scarto, in cui troppo facilmente i più fragili si trovano più indifesi. Alle tante persone colpite negli affetti come nel lavoro desideriamo esprimere tutta la nostra vicinanza, nella preghiera come nella solidarietà concreta.

L’emergenza sanitaria ha anche messo in luce una capacità di reazione forte della popolazione, una disponibilità a collaborare. Tanti medici ed operatori sanitari pronti a spendersi con generosità (in alcuni casi fino al dono della vita) per la cura dei malati; tanti lavoratori pronti a fare la loro parte – in condizioni spesso onerose – per consentire la prosecuzione della vita quotidiana anche in emergenza; tante famiglie pronte a stravolgimenti nella loro esistenza, restando a casa per cooperare all’azione comune; tanti uomini e donne che hanno pagato prezzi pesanti per la loro prossimità solidale ai più fragili: a tutti e tutte la nostra gratitudine, per un impegno condiviso che è sempre risorsa fondamentale nel- l’emergenza. Abbiamo toccato con mano tutta la nostra fragilità, ma anche la no- stra capacità di reagire solidalmente ad essa. Abbiamo capito che solo operando assieme – anche cambiando in profondità gli stili di vita – possiamo venirne a ca- po. Ne è prova anche la solidarietà che si è venuta a creare verso i nuovi poveri che bussano alla porta della nostra vita.

Abbiamo anche compreso il valore della lungimiranza, per non farci trovare nuovamente impreparati dall’emergenza stessa; per agire in anticipo, in modo da evitarla. Per questo adesso è tempo di ripensare tanti aspetti della nostra vita assieme, dalla coscienza di ciò che più vale e le dà significato, alla cura della stessa vita, così preziosa, alla qualità delle relazioni sociali ed economiche: davvero la pandemia ha evidenziato anche tante situazioni di vuoto culturale, di mancanza di punti di riferimento e di ingiustizia, che occorre superare. Non ultimo, in un contesto di incertezza e fragilità, diventa fondamentale ricostruire un sistema sanitario fondato sulla centralità della persona e non sull’interesse economico. Il suo smantellamento ha creato le condizioni per un impoverimento sociale.

Un pianeta malato

Cominciamo col guardare al nostro rapporto con l’ambiente; «tutto è connesso» (LS 138) e la pandemia è anche il segnale di un «mondo malato», come segnalava papa Francesco nella preghiera dello scorso 27 marzo. La scienza, provata nella sua pretesa di controllare tutto, sta ancora esplorando i meccanismi specifici che hanno portato all’emergere della pandemia. Essa appare, oltre che per ragioni sanitarie non ancora spiegate, anche come la conseguenza  di un rapporto insostenibile con la Terra. L’inquinamento diffuso, le perturbazioni di tanti ecosistemi e gli inediti rapporti tra specie che esse generano possono aver favorito il sorgere della pandemia o ne hanno acutizzato le conseguenze. Questa emergenza ci rimanda, insomma, anche all’altra grande crisi: quella ambientale, che pure va affrontata con lungimiranza. Gli ultimi mesi hanno evidenziato la profondità e l’ampiezza degli effetti che il mutamento climatico sta avendo sul nostro pianeta ed i loro profondi impatti sulla vita di tanti uomini  e donne. Se «nulla resterà come prima», anche in quest’ambito dobbiamo essere pronti a cambiamenti in profondità, per essere fedeli alla nostra vocazione di «custodi del creato».

Purtroppo, invece, troppo spesso abbiamo pensato di essere padroni e abbiamo rovinato, distrutto, inquinato, quell’armonia di viventi in cui siamo inseriti. È l’«eccesso antropologico» di cui parla Francesco nella Laudato si. È possibile rimediare, dare una svolta radicale a questo modo di vivere che ha compromesso il nostro stesso esistere? Cominciamo con l’assumere uno sguardcontemplativo, che crea una coscienza attenta, e non superficiale, della complessità in cui siamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità. Da esso nasce una nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale e, di conseguenza, si impone la necessità di stili di vita rinnovati, sia quanto alle relazioni tra noi, che nel nostro rapporto con l’ambiente. A cinque anni dalla promulgazione della Laudato si occorre anche che nelle nostre Diocesi, nelle parrocchie, in tutte le associazioni e movimenti, finalmente ne siano illustrate, in maniera metodica e capillare, con l’aiuto di varie competenze, le molteplici indicazioni teologiche, ecclesiologiche, pastorali, spirituali, pedagogiche. L’enciclica attende una ricezione corale per divenire vita, prospettiva vocazionale, azione trasfiguratrice delle relazioni con il creato, liturgia, gloria a Dio.

Impegni per le comunità: un orizzonte ecumenico

A conclusione del Convegno ecumenico «Il tuo cuore custodisca i miei precetti» (Milano, 19-21 novembre 2018), voluto dalla Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo e promosso dall’UNEDI assieme alle Chiese cristiane che sono in Italia, si è giunti a formulare assieme alcune indicazioni per   le nostre comunità. Possono diventare riferimenti per le iniziative pastorali in questo periodo:

  • comunicare la bellezza del creato;
  • denunciare le contraddizioni al disegno di Dio sulla creazione;
  • educare al discernimento, imparando a leggere i segni che il creato ci fa conoscere;
  • dare una svolta ai nostri atteggiamenti e abitudini non conformi all’ecosistema;
  • scegliere di costruire insieme una casa comune, frutto di un cuore riconciliato;
  • mettere in rete le scelte locali, cioè far conoscere le buone pratiche di proposte eco-sostenibili e promuovere progetti sul territorio;
  • promuovere liturgie ecumeniche sulla cura del creato in particolare per il «Tempo del Creato» (1° settembre – 4 ottobre);
  • elaborare una strategia educativa integrale, che abbia anche dei risvolti politici e sociali;
  • operare in sinergia con tutti coloro che nella società civile si impegnano nello stesso spirito;
  • le Chiese cristiane sappiano promuovere scelte radicali per la salvaguardia del

In che misura le nostre comunità sono sensibili a queste neces- sità impellenti per evitare il peggioramento della situazione del creato, che pare già al collasso? Gli stili di vita ci portano a riflettere sulle nostre relazioni, sempre più segnate dalla violenza, dal potere, dall’esclusione, proprio il contrario di quell’armonia e di quell’unità del genere umano voluta da Dio fin dall’inizio,  una famiglia umana che si costruisce nella diversità delle differenze. Proponiamo alcune opposizioni su cui riflettere nelle nostre comunità come invito urgente a nuove relazioni: accettare/omologare; accogliere/escludere; dominare/servire. Queste scelte risultano essere propositive per uno stile di vita in cui prevalga il senso sul vuoto, l’unità sulla divisione, il noi sull’io, l’inclusione sull’esclusione.

 

Roma, 24 maggio 2020

LA COMMISSIONE EPISCOPALEPER I PROBLEMI SOCIALI

E  IL  LAVORO, LA  GIUSTIZIA  E  LA PACE

LA COMMISSIONE EPISCOPALEPER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO