Pasqua. Tempo di ricominciare. Essere come fiaccole accese nella notte

avvenire.it

Nella lettera inviataci qualche giorno fa, il Papa ci ha invitato ad essere «fiaccole accese nella notte». E davvero la notte di violenza e di guerra iniziata il 7 ottobre scorso sembra non finire mai. L’unica voce forte e decisiva sembra essere quella delle armi. Vani sono stati i tanti tentativi di cessazione delle ostilità, inutili sembrano gli appelli al cessate-il-fuoco, a risolvere il conflitto in maniera differente che con le armi. Bene ha detto di noi il profeta Geremia: «Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere» (Ger. 14,18).

Questa crisi tremenda ha segnato la vita di tutti, senza distinzione. Ci si sente soli, abbandonati, forse anche traditi. Il dolore avvolge tutti e non si riesce a comprendere e interpretare questo tempo. Una cosa comunque iniziamo a comprenderla: è tempo di ricominciare daccapo. Ci sarà bisogno di una risurrezione, di una nuova vita. Nelle relazioni personali, nel dialogo interreligioso, nella vita politica, nella vita sociale, non potremo tornare a vivere come se nulla fosse accaduto. Ci sarà bisogno di un nuovo spirito, di un nuovo slancio, di una nuova visione, dove nessuno sia escluso. Avremo bisogno di scelte audaci, capaci di rispondere alle attese di tutti. Dovremo impegnarci sul serio affinché le parole come “speranza, pace, verità, perdono e incontro” tornino ad avere un senso e vengano percepite come credibili da tutti noi, ponendo nel territorio gesti che poco alla volta ricostruiscano la fiducia così profondamente ferita.

La Chiesa è il Luogo nel quale Cristo regna vivo. Viva è chiamata ad essere la nostra comunità ecclesiale. Vivere la Pasqua oggi, ed essere, qui e oggi, uomini e donne della risurrezione, significa avere il coraggio di difendere la dignità di ogni vita, ed essere coloro che hanno ancora il coraggio di scommettere sulla pace, di continuare ad avere fiducia nel prossimo, a non temere i tradimenti.

Essere capaci, senza stancarsi, di ricominciare ogni volta daccapo a costruire relazioni di fraternità, perché mossi non dall’attesa di successo, ma dal desiderio di bene e di vita che il Risorto ha immesso nei nostri cuori.

Vogliamo tutto questo, perché oggi noi crediamo e annunciamo che Dio Padre si è fatto spazio nella vita di ciascuno di noi, per sempre. La Pasqua è l’irruzione della vita di Dio nella nostra, e l’irruzione della forza del suo amore in noi. Noi oggi diciamo che crediamo tutto questo. Oggi noi annunciamo che questa pienezza di relazione che c’è tra il Padre e il Figlio, da quel mattino di Pasqua, è anche nostra e che quindi non ci sia luogo della nostra esistenza, della nostra storia, che non possa essere potenzialmente casa di Dio, luogo di incontro con Lui. Non ci sia uno spazio nella vita dove Lui non possa essere presente. Questa consapevolezza non ci rende esenti dall’esperienza della prova, del dolore, della notte, come constatiamo ogni giorno. Tutto questo rimane, ma non è più una condanna: in queste situazioni può entrare la fiducia che Dio è con noi, che anche da lì Lui può trarre la vita. Che anche lì Lui darà la vita e non la morte.

Chiediamo e preghiamo che si ripeta per noi quell’evento che ha cambiato la vita di Maria di Magdala, di Pietro e Giovanni e poi di tutti gli altri discepoli. E, dopo di loro, di tanti profeti e santi di ogni tempo.

Chiediamo qui la grazia e il dono di un cuore capace di scorgere i segni del risorto, del Vivente in mezzo a noi, di una presenza concreta, consolante, tenera. Solo l’amore può vincere la morte e superare i confini del tempo. Chiediamo perciò il dono di saper scorgere nella vita delle nostre comunità quell’amore che in questi giorni della Settimana Santa abbiamo celebrato nella liturgia.

E così, nello spirito del Risorto vogliamo essere il lievito che fa fermentare tutta la pasta (1Cor 5,6), “fiaccole accese nella notte” e “semi di bene in una terra lacerata da conflitti” (lettera del Papa ai Cattolici di Terra Santa), il piccolo resto che non cede, non arretra, ma che con entusiasmo e coraggio, vinta ogni paura, lo precede. In Galilea, nelle nostre case, nelle nostre Chiese, dove l’uomo è solo o perduto, là vogliamo andare, per dire ancora una volta, che il Signore ci ha visitato, lo abbiamo visto. Il Risorto è ancora qui tra noi, ovunque ci precede. E ci attende.

Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini

Il corpo di Cristo, le donne, l’attesa. Il giardino del Sabato Santo

Sabato Santo - Vatican News

«Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo, come era prescritto» (Luca 23,55-56).

Così i Vangeli annunciano quel Sabato speciale che diverrà, per la Chiesa, il Sabato Santo. Luca pone protagoniste: «le donne» ed è l’unico a dire espressamente che esse «osservarono il Sabato». Tutti gli altri Vangeli lo lasciano, tuttavia, intendere, poiché chiudono il brano della sepoltura di Gesù e ricominciano il racconto nel «primo giorno della settimana».

Il Sabato è, dunque, quella sindone che intercorre tra la morte e la resurrezione del Signore, tra la Croce e la Pasqua, come una perla d’anello tra l’adesso e il per sempre, tra la storia e l’escaton. Il tempo di Gesù nella tomba è l’ora della notte sconfinata, riposo vergine e assoluto del Sabato. Il corpo di Gesù è in primo piano,la sua “fisicità” sembra amplificarsi, adesso che dalla sua dolce bocca non escono più le parole; adesso che i suoi occhi sono socchiusi; che le sue membra si rilassano e le mani e le braccia si abbandonano… «presero il corpo di Gesù, lo avvolsero con teli insieme ad aromi, come usano fare i Giudei».

Giovanni crea una suggestione straordinaria descrivendo l’ambiente del sepolcro in modo intrigante e originale: «Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto (…) là, dunque, adagiarono Gesù» (19,41-42). Il corpo di Gesù che “entra” a riposarsi in un giardino. Ma come mai? Un corpo consacrato con «trenta chili di mirra e di aloe» (Gv 19,39) come si usa per prepararlo a un convegno di nozze (o di morte).

Ma che vuol dire tutto questo sulle spoglie di un uomo peraltro vendute per trenta denari? In un inno ebraico composto nel sedicesimo secolo e che viene cantato a Shabbat, ripetutamente si invoca l’Amato, invitandolo con versi rubati al Cantico dei Cantici: Lekà dodì, «Vieni, amato mio, incontro alla Sposa, accogliamo la festa. Vieni in pace o corona del tuo Sposo, con allegria, con canto e con giubilo, in mezzo ai fedeli del popolo, tesoro, vieni, o Sposa, vieni!».

È evidente che il Sabato sia un giorno nuziale, in cui lo Sposo è il Signore che entra nel talamo della sua Sposa. Shabbat è, infatti, un nome femminile, nella grammatica originaria. Così viene descritto questo giorno ultimo e primo, allo stesso tempo: «Quando il Santo, benedetto egli sia, ebbe terminato l’opera della creazione introdusse nell’universo Shabbat, affinché il baldacchino nuziale – che era stato appena elevato – non rimanesse privo della Sposa. E il Santo non trovò che Israele che formasse con Lui una coppia perfetta» (cf. A. Heschel). Cos’è il Sabato, dunque? È Dio che viene come Sposo, ma anche Israele, che lo attende.

Shabbat è ancora di più: è il tempo sacro e rorido del riposo amoroso di Dio “nella” sua Sposa, santuario di intimità, baldacchino di gioia, fonte di luce. Nessun poema, meglio del Cantico, potrebbe accompagnare questo giorno. E se la donna del Cantico riconosce: «Sono nera, ma sono bella», i Maestri ebrei spiegano ancora: «Sono nera durante la settimana, ma sono bella durante il Sabato» introducendo il miracolo della metamorfosi, generato dall’evento stesso.

In questa trama stupenda di simboli e significati viene intrecciata l’esperienza cristiana di questo giorno. Le donne «che osservano il sabato», rappresentano tutta la Chiesa che accoglie il suo Sposo, abbracciando lo sciupìo del Suo corpo che in lei trova casa. Accogliendo la sua perdita d’Amore che in lei trova attesa.

In lei, che custodisce, vegliando, il Suo svuotamento, nell’impegno della vita, nella fede nell’uscita da un tempo che non basta all’Amore. La Chiesa guarda muta il suo grembo divenuto tomba e attende che la metamorfosi avvenga. Per un altro fiore, per fragranze ancora ignote, in un giardino nuovo.

Questo sabato è il giorno della libertà e «tutto deve essere vissuto nell’incanto della grazia, nella pace e in grande amore (…) perché in esso persino il malvagio nell’inferno trova pace» dice ancora la tradizione ebraica. Doppiamente peccato è la collera del Sabato: «Non accenderete il fuoco nella vostra dimora, in giorno di Sabato» (Es 35,2). Viene così interpretato: non accenderete il fuoco della controversia, nemmeno quello della giusta indignazione. Davvero importante questo precetto per capire il Sabato del sepolcro di Gesù: un tempo che invece di esaltare l’indignazione per la morte innocente subita, diventa occasione per assorbire il sangue e distruggere tutta la rabbia e la vergogna. Giorno in cui si rinuncia alla violenza, all’odio, alla ritorsione. A una “giustizia” – quella della vendetta – concepita e legittimata da una umanità che le donne abbandonano, mentre non solo «osservano», ma celebrano, fedeli, il loro Sabato. Un tempo opportuno per lo Sposo per incontrare e diventare misericordia in tutto; un tempo di grazia per la Sposa, per diventare corpo di perdono per tutti. Solo un Sonno – o un Sogno? – d’amore può far questo.

Questo Sabato è, per la Sposa-chiesa, il tempo dell’abbraccio rigenerante a quel Corpo, che giace su di lei, spossato d’amore. Canto nuziale che distrugge la morte e inaugura il Tempo della Pace. Sabato di gemito per un giorno che nasce celebrato dalle donne e da una per tutte: la Madre. Lei la “dignitas terrae“, Lei, il Sabato di Dio. Molti si chiedono perché nei Vangeli la Madre non compaia il giorno di Pasqua, né il Signore le appaia. Forse ce lo rivela il libro dell’Apocalisse, dove c’è una donna «vestita di sole» in cui la tradizione ha visto un’immagine di Maria e anche della Chiesa. Dopo aver partorito essa viene condotta nel deserto, dove dovrà restare per tre anni e mezzo, vale a dire, simbolicamente, per il tempo attuale.

Un’ultima suggestione dalla tradizione ebraica: alla fine dei riti del Shabbat si prepara uno spuntino per accompagnare «la Principessa». Prepariamo anche noi un viatico per Lei, mettiamoci vino e spezie di fede, speranza, amore. A lungo dovrà restare nel suo deserto di parto, nel suo Sabato di sete solitario e solenne del nostro “non ancora”’. Sosteniamo la Sposa con focacce d’uva passita, prepariamo per lei latte e miele. Proteggiamola con un velo di aurora, perché la corsa verso il figlio Risorto non la faccia affannare.

da Avvenire

 

I FILM PIÙ BELLI IN TV PER RIVIVERE LA VITA E LA PASSIONE DI GESÙ


Da “Gesù di Nazareth di Zeffirelli” a “L’inchiesta Anno XXXIII” di Giulio Base, da “The Chosen” a “The young Messiah” passando per i classici come “Ben Hur” e “Il re dei re”: ecco una selezione di film e serie, disponibili sulle tv generaliste e sulle piattaforme, che raccontano la Pasqua e il messaggio di Cristo.
Entrare nello spirito della Pasqua attraverso un libro o una serie: l’offerta, soprattutto nelle piattaforme, è tanta. Come orientarsi tra tante pellicole prediligendo quelle di qualità? Immancabile, e sempre apprezzabile Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli (su Tv2000 in prima serata 28-29-30 marzo) uscito in sei puntate in tv nel 1977 e poi riproposto come film ridotto alla durata di 4 ore, ripercorre la vita di Gesù dalla nascita fino alla risurrezione, con grande adesione ai testi evangelici e un cast d’eccezione, da Robert Powell nei panni di Gesù, Olivia Hussey in quello di Maria, e ancora Peter Ustinov (Erode il Grande), Anne Bancroft (Maria Maddalena), Claudia Cardinale (l’adultera), Valentina Cortese (Erodiade), Laurence Olivier (Nicodemo), Renato Rascel (il cieco nato), Rod Steiger (Ponzio Pilato), Anthony Quinn (Caifa)..
Sempre su TYv2000 domenica 31 marzo in prima serata Il Risorto, un film del 2016 diretto da Kevin Reynolds con Joseph Fiennes nei panni di Clavio, un tribuno militare romano di alto rango a cui a Ponzio Pilato ha ordinato di assicurarsi che i seguaci i di Gesù non rubino il suo corpo e in seguito dichiarino la sua risurrezione. Entrare in contatto prima con gli apostoli o e poi con Gesù stesso, farà vacillare le convinzioni di Clavio fino alla sua conversione.
Per chi ama rivedere un classico Hollywoodiano, sabato su Rete 4 alle 21,25 viene riproposto Il re dei re, del 1961, di Nicholas Ray. La vita di Gesù è al centro della serie di Netflix in otto puntate The Chosen.
A carattere religioso, ma non legata espressamente alla settimana santa, la nuova docu-serie in tre episodi disponibili da mercoledì 27 sempre su Netflix, Testament: La storia di Mosè, che ripercorre con interventi di teologi ed esperti di storia l’incredibile vita di Mosè da principe a profeta.

Su Sky segnaliamo The Young messiah, dal romanzo di Anne Rice, una pellicola del 2016 che ripercorre l’infanzia di Gesù. A 7 anni il futuro Messia lascia l’Egitto per tornare a Nazareth dove scopre le sue vere origini: e La passione di Cristo, la controversa opera di Mel Gibson, con Jim Caviezel e Monica Bellucci, che racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù. Dalla preghiera nell’Orto degli Ulivi alla Crocifissione.

Tra i film più belli della storia del cinema che hanno raccontato la passione di Gesù ricordiamo Ben Hur, Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini e Jesus Christ superstar, che sono disponibili a pagamento su diverse piattaforme.
Su Rai play tre i film che segnaliamo:

L’inchiesta anno Domini XXXIII, regia di Giulio Base, del 2006, con Penelope Cruz e Daniele Liotti, L’imperatore Tiberio, turbato da dicerie e fenomeni astrologici, richiama dall’esilio l’investigatore Tito Valerio Tauro e gli affida il compito di scoprire la verità sulla morte di Gesù di Nazareth, un predicatore galileo il cui cadavere sembra misteriosamente scomparso.

Barabba, del 2012, regia di Roger Young, con Billy Zane, Cristiana Capotondi, Filippo Nigro, Anna Valle, Hristo Shopov. Barabba è un malfattore, condannato a un’esistenza bruta di violenza e sopruso. L’amore di una donna e l’incontro con gli Zeloti, col loro impegno politico, aprono ai suoi occhi un orizzonte nuovo e gli insegnano un nuovo rispetto di sé. Fino al momento in cui il suo destino incrocia quello di Gesù.
Jesus, del 1999, regia di Roger Young, con Jeremy Sisto, Jacqueline Bisset, Armin Mueller-Stahl, Luca Zingaretti, Elena Sofia Ricci, Stefania Rocca, Gabriella Pession, Luca Barbareschi, Claudio Amendola, Gary Oldman. La vita di Gesù raccontata nella sua piena umanità, dagli anni della formazione all’esperienza delle tentazioni di satana quando il nazareno capisce fino in fondo l’importanza della sua Missione. Un Uomo che vive rivelando il messaggio del Padre e che affronta il sacrificio della crocifissione accogliendo la Sua volontà per la salvezza del mondo.
Famiglia Cristiana

Pasqua di Risurrezione (anno B) – Domenica 31 marzo 2024

Vita piena, il kerigma della Redenzione

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare
a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.

Marco 16,1-2

Apre la liturgia della Parola del Giorno di Pasqua la proclamazione del kerigma integrale del cristianesimo, annuncio della «salvezza potente suscitata per noi nella casa di Davide, servo» del Signore (Luca 1,69), pronunciato dall’apostolo Pietro di fronte alla famiglia del pagano Cornelio, nel contesto del trittico battesimale dei capitoli 8-10 degli Atti degli Apostoli: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, come Dio ha consacrato in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, che passò beneficando e sanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Lo uccisero, appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la sua Risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A Lui tutti i profeti danno testimonianza: chiunque crede in Lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome» (Atti 10,37-43, I lettura del giorno).

Nella notte della Veglia, dopo le otto letture uguali tutti gli anni, in questo anno B siamo accompagnati alla scoperta della tomba vuota dal Vangelo di Marco, che si ispira direttamente a Pietro e ripercorre con essenzialità, “dal battesimo di Giovanni alla Resurrezione”, le tappe di questo kerigma, che ha fondato la predicazione dei primi secoli invitando al Battesimo della salvezza, nel quale «siamo morti con Cristo e crediamo che anche vivremo con Lui» (Epistola della Veglia, Romani 6).

Le donne, che hanno seguito con fedeltà il Salvatore e «hanno osservato», con uno sguardo di amore e di tenerezza, «dove veniva posto», sono le prime che, «passato il sabato», «di buon mattino, il primo giorno della settimana» si recano al sepolcro al levar del sole. Abbondano i dati temporali e geografici a dire che la Risurrezione non è un’idea astratta, ma un fatto avvenuto nel tempo e nello spazio, là dove si dispiega la vita fisica di ogni persona umana, unità di spirito e corpo, creata «a immagine e somiglianza» di Dio (Genesi 1,26, I lettura della Veglia). Guida le donne un amore grande, che è la virtù che resta (1Corinzi 13): pur nel dubbio su «chi possa far rotolare via per loro la pietra all’ingresso del sepolcro», esse camminano con perseveranza e fede, come avevano fatto Abramo nella prova (Genesi 22, II lettura della Veglia) e il popolo nella Pasqua antica (Esodo 14, III lettura della Veglia), incontro allo Sposo vero descritto dai profeti (Isaia 54, IV lettura della Veglia), Colui che per primo ama e compie le sue promesse (V-VII lettura della Veglia).

La speranza di vedere il Signore, che è nel cuore di ogni credente (Salmo 26) da Abramo a Simeone, a Pietro e Giovanni (Vangelo del giorno, Giovanni 20), a ciascuno di noi, è coronata oltre ogni attesa: l’Amato non si cerca tra i morti, ma tra i vivi, perché l’Amore non muore! È questa la gioia della Risurrezione: in ogni notte, in ogni alba, Egli, vivens, sempre ci aspetta e si fa vedere nella nostra «Galilea», luogo del lavoro quotidiano, dell’infedeltà e della rivelazione, là dove ci ha chiamati, dove ce ne siamo innamorati, per una Vita che non ha fine, perché è eterna in Lui. Buona Pasqua!

Famiglia Cristiana