Reggio Emilia, il vescovo Camisasca colto da malore e ricoverato in ospedale Mons. Massimo Camisasca trasferito ieri sera da Giandeto al Santa Maria Nuova

Il vescovo Massimo Camisasca

Reggio Emilia, 10 agosto 2018 – Il vescovo di Reggio e Guastalla, monsignor Massimo Camisasca, è stato ricoverato all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio in seguito a un malore che lo ha colpito ieri mentre si trovava in soggiorno a Giandeto di Casina.

In serata è stato trasportato all’arcispedale cittadino per alcuni accertamenti. Sembra che il malore sia dipeso da una infezione. Dopo le prime cure il vescovo ha dato segni di evidente miglioramento nelle sue condizioni generali.

Sono previsti comunque alcuni giorni di ricovero per eseguire tutti gli accertamenti clinici. Poi è prevista una convalescenza di un paio di settimane. Sono ovviamente annullati gli impegni dei prossimi giorni, tra cui la messa prevista per domani a Roma con i giovani reggiani attesi all’incontro con Papa Francesco, oltre che la messa in Cattedrale nella solennità dell’Assunta. Al vescovo in queste ore stanno arrivando tanti auguri di pronta guarigione.

ilrestodelCarlino

Apre Core, ospedale di comunità, centrato sul paziente

20-06-2016 di Catia Iori
fonte: Città Nuova
Piano terapeutico, condivisioni emotive, gestione di terapie di supporto, all’interno di un ambiente caldo, accogliente, colorato e morbido. Non è un ospedale pubblico, né privato, ma creato dalla comunità. Come cambia l’assistenza al paziente

Ha quasi 16mila metri quadrati di superficie, 6 livelli, 125 posti totali, spazi ampi e servizi più adeguati che contribuiscono a realizzare un modello clinico e assistenziale all’avanguardia. È il nuovo CORE “Centro oncologico ed ematologico -” di Reggio Emilia, un luogo di assistenza e ricerca di alta specialità dedicato alla diagnosi e alla terapia dei tumori, progettato per la migliore presa in carico globale dei pazienti.

Ricerca, volontariato, salute: non è un ospedale pubblico, non è un ospedale privato. È un ospedale voluto e creato dalla comunità. Sono stati raccolti 3 milioni di euro con sagre, raccolte fondi, eventi e passaparola su un impegno totale di 35. Sono state vendute una ad una anche le piastrelle numerate dei corridoi, perché ogni pezzo di CORE – la più moderna struttura per la cura e la ricerca oncologica ed ematologica in Italia – è figlio della cittadinanza. «È la realizzazione di un sogno collettivo – chiarisce Giorgio Mazzi-direttore sanitario ASL visibilmente emozionato –, la migliore delle sintesi tra scienza e assistenza umanizzata, una conquista per la cittadinanza ottenuta grazie all’impegno di tutti».

Al centro sempre e solo il paziente. Alle prese con la malattia tumorale. Dalla diagnosi alla terapia quotidiana, assistito da un Counselor psicologico e da un infermiere competente che ne accompagna il percorso personalizzandolo con amore e cura olistica. Il layout architettonico è pensato per offrire standard di accoglienza elevati per privacy, sostegno e comfort. La luce naturale si affaccia fin nel cuore della struttura riconnettendo il paziente con la vita che scorre al di là delle pareti di ospedale.

Piano terapeutico, condivisioni emotive, gestione di terapie di supporto, all’interno di un ambiente caldo, accogliente, colorato e morbido. Quadri di autore alle pareti, musica di sottofondo, poltrone comode e rilassanti da cui guardare panorami mozzafiato attraverso le ampie vetrate luminose che costruiscono la struttura. Stanze singole, con grandi finestre, bagno privato e vista sul verde. È una delle sistemazioni che fanno sembrare il Core una clinica di lusso più che un semplice reparto di ospedale. Il nuovo centro onco-ematologico per la cura dei tumori marca la distanza con il grigiore dei vecchi nosocomi e si merita l’appellativo di “ospedale del futuro”.

Come cambia l’assistenza al paziente? Dopo la diagnosi, l’approccio è multidisciplinare e olistico: dentro ad ampie sale a vetrate luminose si riuniscono medici, oncologi e infermieri afferenti a varie specializzazioni cliniche per studiare il percorso terapeutico più corretto ed adeguato alle esigenze del singolo malato. In modalità integrata e complementare dal piano alimentare al sostegno psicologico, dal diario farmacologico allo stile di vita più consono alla terapia.

L’umanizzazione del processo di cura e la forte responsabilizzazione dell’infermiere che diventa punto di riferimento per il paziente è in sintesi «il modo in cui noi tutti vorremo essere curati se fossimo malati». È il famoso primary nursing ideato da Marie Manthey, infermiera e professoressa americana. Questa nuova assistenza individualizzata al singolo paziente, proposta globalmente con competenza, empatia e in maniera continuativa, rappresenta il “gold standard” della pratica infermieristica, spiega Marina Iemmi, Direttore delle Professioni Sanitarie del Santa Maria Nuova.

«Il cuore del Primary Nursing consiste nella forte assunzione di responsabilità da parte dell’infermiere nel prendere decisioni circa le cure da offrire al paziente di riferimento. Si passa da una responsabilità condivisa e diffusa d’equipe a un rapporto personalizzato e bidirezionale tra assistito, famiglia, prestatore di assistenza e professionista della salute. Le caratteristiche della presa in carico e il focus sui bisogni dei pazienti umanizzano il processo di cura e permettono di tendere al suo vero obiettivo: porre al centro la persona, condividendo gli esiti assistenziali», conclude Antonella Messori, direttore generale dell’Azienda ospedaliera IRCCS

Un pianoforte a mezzodì e una biblioteca di svago, cui si aggiungono settanta opere d’arte contemporanea ad abbellire gli spazi comuni, contribuiscono a rendere l’ospedale una vera casa in cui tendere a guarire al meglio.