PROGETTO HAPPINESS Un «salotto» per i pomeriggi insieme, lo spazio che mancava

ILARIA BERETTA

Un posto dove stare anche quando non si ha niente da fare, senza bisogno di iscriversi, confermare la propria presenza o inventarsi a tutti i costi un’attività. Un luogo dove passare tempo con gli amici e farsi compagnia, lontano da sguardi giudicanti, ma sotto l’occhio attento e discreto di volontari ed educatori. A Varese gli adolescenti un posto così ce l’hanno: è lo spazio Happiness (info: happinessvarese@ gmail.com) inaugurato un anno fa nei locali del centralissimo oratorio San Vittore, che decine di ragazzi hanno imparato a chiamare ‘casa’. Dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 19, i ragazzi possono entrare in salotto (l’ex bar sistemato con divani e tavoli), giocare a ping pong, studiare in biblioteca o improvvisare una partita a calcio. Si può restare tutto il pomeriggio o passare solo per un salto; ad accogliere tutti i ragazzi ci sono sempre alcuni volontari e Filippo Maroni, educatore della cooperativa Pepita Onlus che è stata coinvolta nel progetto.

«L’idea di creare uno spazio di aggregazione per adolescenti – spiega Maroni – è venuta a fine 2019 alle comunità del decanato di Varese, all’Istituto Maria Ausiliatrice e all’associazione Casa Matteo. Il progetto è partito a febbraio 2021 con un piccolo gruppo, ma con il passaparola i ragazzi hanno iniziato ad arrivare sempre più numerosi. Chiunque può venire e andarsene quando vuole. Non ci sono attività obbligatorie. Si può giocare, studiare, chiacchierare o anche non fare nulla». A Happiness tutte le scelte – dal nome della casa, al colore dei muri fino alle iniziative da organizzare – vengono discusse dagli educatori insieme ai ragazzi. Così è stato aperto un piccolo studio discografico dove scrivere e registrare canzoni e ora si sta pensando di mettere in piedi un circolo di scacchi. «Certo – continua Maroni – è più faticoso condividere ogni scelta piuttosto che calarla dall’alto, ma la sfida è ascoltare bisogni e desideri dei giovani e costruire con ciascuno una relazione. Questo stile è apprezzato dai ragazzi, molti dei quali hanno storie difficili, sono usciti dal circuito scolastico e non sono seguiti. Noi accogliamo tutti. Alcuni arrivano, giocano a calcio e poi se ne vanno, altri invece raccontano la loro storia e i volontari si danno da fare per aiutarli. Oggi siamo diventati un punto di riferimento per il territorio: collaboriamo con i servizi sociali, con una casa famiglia e una comunità per minori non accompagnati. Come è successo? Be’, abbiamo aperto il cancello e i ragazzi sono arrivati. Non abbiamo fatto niente di sensazionale, semplicemente c’era bisogno di uno spazio così».

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«Gli oratori ora sappiano essere scuola di fraternità»

Avvenire

La sfida della ripartenza non può prescindere da quella di una rinnovata fraternità. E da una socialità che, per i cristiani, coinvolge anche la dimensione della fede. Lo sottolinea monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema, diocesi caratterizzata da una virtuosa sinergia tra parrocchie, oratori, circoli dell’associazione Noi e iniziative di Pastorale giovanile.

Si parla tanto, e in più ambiti, di ripartenza. Che ruolo ricoprono i nostri oratori in questo atteso ritorno alla normalità?

La normalità è senz’altro anche normalità di interazioni a cui dobbiamo sperare di tornare pienamente: normalità dell’incontro, del saluto, della parola scambiata, del tempo passato insieme. Quando, con i giovani di Crema, siamo stati pellegrini tra Loreto e Assisi, nel 2018, e abbiamo incontrato alcune comunità delle Marche colpite dal terremoto, ci siamo sentiti dire che il sisma aveva fatto perdere tutti i luoghi di socialità, e questo pesava molto sulla vita di quelle comunità. La pandemia ha provocato qualcosa del genere: ha bloccato per mesi tanti luoghi di socialità ‘fisica’ (che, in realtà, non è mai solo fisica, perché lo spirito si innesta nel corpo), compresi i nostri oratori, con conseguenze deleterie. Bisogna tornare ad ‘abitare’ questi luoghi per ritrovare noi stessi.

C’è un augurio che, più di altri, si sente di offrire ai tanti giovani coinvolti in queste settimane nei Gre- st e nelle attività estive delle parrocchie?

Quello che ho fatto, anche esplicitamente, in diverse visite fatte nelle settimane scorse alle attività estive: di vivere queste esperienze come esercizi di fraternità. La fraternità, che è dono e vocazione, e che sta al cuore del Vangelo, è sempre anche da imparare e da costruire: mi sembra che l’esperienza dei Grest possa e debba diventare una vera scuola di fraternità.

I mesi più duri della pandemia hanno trasformato la vita delle nostre comunità. Quale messaggio possiamo trarre da quel periodo per progettare il futuro?

Ci siamo resi conto che la vita di fede non può ridursi solo ai momenti ‘centralizzati’ di una parrocchia. Naturalmente ciò era vero anche prima della pandemia, ma forse abbiamo capito che non sempre i cristiani sono attrezzati per vivere la propria fede nell’intreccio con il quotidiano, tra le mura di casa, nei rapporti ordinari con le persone, o quando si tratta di fare i conti con i limiti, la ma-lattia, le difficoltà economiche e nelle relazioni. Nel primo lockdown avevamo coniato lo slogan #siamocasasiamochiesa, per dire che la vita di Chiesa non era certo interrotta per il fatto che gli oratori fossero chiusi o che non si poteva celebrare la Messa con la presenza fisica dei fedeli, ma ci siamo accorti che le risorse per vivere anche in casa la vita di fede erano un po’ ridotte. La pandemia ci ha ricordato l’importanza della dimensione del ritrovarsi, che definisce la natura stessa della Chiesa come comunità che si raccoglie intorno a Gesù, rispondendo alla sua chiamata. Si torna all’esigenza di una socialità che per i cristiani ha anzitutto una dimensione profonda di fede: è il ritrovarsi intorno a Cristo. Attorno a questo nucleo prendono poi forma le altre dimensioni del ritrovarsi, per costruire nuove forme di umanità condivisa.

L’esigenza della prossimità è, oggi più che mai, un’urgenza per la Chiesa. In che modo le parrocchie e i loro oratori possono affrontare questa sfida?

La parabola del buon samaritano offre una direzione chiara. Al dottore della legge, che domanda «chi è il mio prossimo?», Gesù risponde con l’esempio scandaloso del ‘samaritano’ (lo straniero, l’altro, l’eretico…) che si fa prossimo a chi è nel bisogno. La Chiesa – e dunque anche le parrocchie – sono messe alla prova in questo: farsi prossimo, secondo la parola di Gesù. A chi? A tutti, verrebbe da dire. Nel dubbio, un punto di partenza sicuro c’è: gli ultimi, quelli ai quali nessuno si avvicina, quelli che vengono lasciati sul ciglio della strada. Chi sono, per noi, oggi? Forse si tratta di ripartire da questa domanda.

Monsignor Daniele Gianotti insieme con i bambini dell’Estate Ragazzi

Oratori. Le diocesi non si tirano indietro sui centri estivi

Si avvicina la data del 15 giugno, quando oratori, parrocchie e associazioni potranno far partire i centri estivi e le attività rivolte ai più piccoli. Per le famiglie sarà un piccolo laboratorio di normalità, potendo affidare finalmente i loro figli a qualcuno che non appartiene al nucleo domestico. La sfida più grande per gli organizzatori è rappresentata dalle regole stringenti imposte dai protocolli di sicurezza. Le linee guida nazionali e regionali prevedono lo svolgimento delle attività in piccoli gruppi ma anche l’igienizzazione degli ambienti, la misurazione della temperatura all’ingresso, la formazione mirata dei volontari sul tema dei rischi connessi alla diffusione del coronavirus. Senza contare tutte le attività previe, con la richiesta di sottoporre il progetto al Comune e alle autorità sanitarie locali per l’approvazione.
Anche se le iniziative estive tradizionali non potranno essere organizzate, la comunità cristiana ha dimostrato non volersi arrendere davanti agli ostacoli tecnici e burocratici, scegliendo con coraggio di aprire ai ragazzi e di accompagnare così le famiglie in questo periodo. Nello spirito della “rete” molti hanno deciso di collaborare con istituzioni, enti e associazioni sul territorio. Chi parte, però, può di cerco contare anche sulla principale rete di sostegno che da sempre lega le comunità cristiane: le diocesi che, come raccontiamo in questa pagina, hanno deciso di sostenere chi vuole rimanere accanto ai più piccoli e alle loro famiglie.

Avvenire

Coronavirus. Oratori, un’estate da inventare. Diocesi impegnate con le Regioni su linee operative perché le parrocchie possano occuparsi dei più giovani

da Avvenire

L’oratorio 2020 “aperto per ferie”, come s’intitola il progetto proposto della Pastorale giovanile nazionale, sta prendendo forma nelle realtà diocesane. Ancora non ci sono le condizioni per una riapertura, ma la Cei ha chiesto alle comunità di non lasciare a loro stessi bambini, ragazzi e giovani durante l’estate. Così la formazione online degli animatori in molte diocesi è già una realtà, mentre sono allo studio idee e progetti virtuali e reali, compresa la proposta di Anspi di dotare i bambini di «braccialetti per garantire il distanziamento fisico», prodotti in migliaia di pezzi, che emettono un suono o una vibrazione quando un’altra persona non mantiene la distanza di sicurezza. Numerosi i tavoli di lavoro nati tra diocesi e regioni per riuscire a garantire, attraverso protocolli comuni, una presenza educativa che non lasci solo nessuno e che tenga conto della sicurezza.

Piemonte, cantiere al «Top»

La questione in Piemonte non è oratorio aperto o chiuso, ma il prendersi cura delle nuove generazioni. Ne è convinto don Luca Ramello, responsabile regionale della pastorale giovanile di Piemonte e Valle d’Aosta. Sarà lui martedì mattina a presiedere l’avvio del tavolo di lavoro online per elaborare proposte, osservazioni, suggerimenti al “Top”, il “Tavolo oratori piemontese”, il progetto comune sottoscritto la scorsa settimana dalla Chiesa piemontese con la Regione Piemonte. Tra i temi: praticabilità, norme di sicurezza, nuove figure educative, risorse economiche. «Tre i nodi da sciogliere – spiega Ramello –: la titolarità tra diocesi e istituzioni, la necessità di coordinare le varie commissioni e i tavoli di lavoro, una comunicazione efficace».

La Lombardia parte su Zoom

Anche la Lombardia con il coordinamento degli oratori delle diocesi lombarde (Odielle) sta lavorando con le istituzioni per definire che fare. Per gli animatori “Stai in zona” è il percorso milanese, online sulla piattaforma Zoom, che partirà domani. «Gli oratori della Lombardia – spiega don Stefano Guidi, coordinatore di Odielle – confermano la loro disponibilità perché famiglie e ragazzi non si trovino a vivere situazioni di vuoto educativo».

Emilia Romagna, avanti piano

Obbedienza, prudenza e creatività. Sono le tre parole chiave con cui si sta muovendo la pastorale giovanile della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna. «Obbedienza alla legge, prudenza per valutare se una parrocchia ha i requisiti, e creatività – spiega don Marcello Palazzi, delegato regionale –. Stiamo facendo un grosso lavoro di elaborazione, in aggiunta alla scelta abbastanza inedita di interagire con le istituzioni». In Regione si è infatti costituito un tavolo tecnico, promosso dal cardinale Matteo Zuppi e dal presidente Stefano Bonaccini. Obiettivo: definire un protocollo «dai campi scuola virtuali – dice Palazzi –, fino alla ripresa del catechismo a settembre».

Il Triveneto parla con la società

Ci piacerebbe che potesse emergere una Chiesa nuova capace di creare alleanze al suo interno, ma anche con la società civile». È questo lo spirito con cui i delegati degli Uffici di pastorale giovanile delle 15 diocesi del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) stanno dialogando. «Ci muoviamo in attesa dei protocolli delle tre Regioni – spiega don Davide Brusadin, neo incaricato regionale per la Pastorale giovanile –. Un lavoro per capire, in dialogo con le istituzioni, la possibilità effettiva di utilizzo dei nostri spazi».

In Liguria l’interesse dei Comuni

La Conferenza episcopale ligure ha avviato un dialogo con la Regione per poter concordare una linea d’azione comune. «Abbiamo meno oratori che nel resto del Nord – commenta monsignor Nicolò Anselmi, vescovo ausiliare di Genova, delegato per la pastorale giovanile –, ma numerosi progetti educativi che si organizzano tra giugno e settembre. Non rinunceremo ad accompagnare i ragazzi, per questo portiamo avanti la formazione degli educatori, e a breve potremo organizzarci sulla base delle indicazioni operative che definiremo insieme alle istituzioni». Diversi Comuni hanno mostrato interesse per una collaborazione con le parrocchie per l’organizzazione dei centri estivi.

Toscana, la Chiesa offre competenze

“Per ora stiamo lavorando su ipotesi… intanto però teniamo il motore acceso”, assicura l’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti, delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale giovanile, che sta dialogando con le realtà del mondo cattolico e con la Regione. «Esiste un’emergenza educativa e per gestirla servirà una collaborazione tra pubblico e privato. Le istituzioni locali potrebbero mettere a disposizione le scuole o alcune aree verdi per le parrocchie che non hanno spazi idonei. La Chiesa mette a disposizione le proprie competenze».

In Umbria una rete allargata

“Porte aperte, noi ci siamo anche nella Fase 2”, assicura don Riccardo Pascolini, segretario nazionale del Forum degli oratori italiani (Foi), responsabile del Centro di orientamento pastorale (Cop) e incaricato per la pastorale giovanile dell’Umbria, commentando il rinnovo del protocollo d’intesa tra il Comune di Perugia e l’arcidiocesi per la realizzazione di progetti e azioni condivise in ambito formativo, educativo e ricreativo. Un progetto avviato nel 2014 con cui il Comune ha riconosciuto l’importanza socioeducativa dei 30 oratori attivi. «Dall’emergenza è nata una rete che tiene insieme scuole pubbliche, paritarie, cooperative, volontariato per inventare insieme soluzioni e arrivare alle varie fasce di età. Anche qui c’è un tavolo con la presidente della Regione per valutare il da farsi».

La Puglia pensa a tre fasi

Don Davide Abbascià, incaricato regionale di pastorale giovanile, insieme con oratori, associazioni e famiglie religiose sta studiando una proposta operativa da presentare alla Regione. «Il nostro progetto si chiama “Apriamo per ferie” e ha individuato tre fasi: la formazione online degli animatori (”Stai a casa”), la ripresa dei contatti (”Da casa”) e le riaperture che guardano anche il catechismo di settembre (”Fai casa”)».

(Hanno collaborato: Riccardo Bigi, Matteo Billi, Alberto Gastaldi, Chiara Genisio, Enrico Turcato)