A New York Conferenza Onu per rafforzare l’accordo contro le armi nucleari

Immagine di repertorio di un'esplosione nucleare

Dopo oltre 50 anni, è in discussione il Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp). La Conferenza delle Nazioni Unite si svolge, dopo il ritardo di due anni per la pandemia, in un momento di forte criticità di rapporti internazionali, come sottolinea il direttore della Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi
Fausta Speranza – Città del Vaticano

Da oggi al 26 agosto si tiene a New York la Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp). Il Papa con un tweet ha ribadito il no alle armi atomiche. Nella sede delle Nazioni Unite, si ritrovano i delegati dei 190 Stati coinvolti, chiamati a elaborare un documento finale che stabilisca un programma di azione per il prossimo quinquennio. In particolare, in discussione c’è la questione della proibizione dell’uso e della minaccia dell’uso dell’arma nucleare o quanto meno l’interdizione del suo primo uso. A presiedere la Conferenza è l’ambasciatore argentino Gustavo Zlauvinen.

Il Trattato di Non Proliferazione nucleare (Tnp), firmato il 1° luglio 1968, è da oltre cinquant’anni il principale baluardo contro la diffusione delle armi nucleari nel mondo. Rimane il principale accordo che disciplina l’intero settore nucleare sia esso civile (centrali nucleari) che militare (armi nucleari). 

«Il momento di agire è ora». Rapporto Onu sul cambiamento climatico

«Il momento di agire è ora». Rapporto Onu sul cambiamento climatico

L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici, ha pubblicato il 4 aprile il terzo volume (WG3) del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC.

Il bilancio è in qualche modo positivo considerando che, si legge nel comunicato, «nel periodo 2010-2019 le emissioni medie annue di gas serra a livello globale erano ai livelli più alti della storia dell’umanità, ma il loro tasso di crescita è rallentato»; e che «dal 2010, ci sono state riduzioni significative – fino all’85% – nei costi dell’energia solare, dell’energia eolica e delle batterie. Una gamma crescente di politiche e leggi ha migliorato l’efficienza energetica, ridotto i tassi di deforestazione e accelerato la diffusione delle energie rinnovabili». Con l’avvertimento, però, che «senza un’immediata e profonda riduzione delle emissioni in tutti i settori, l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C è fuori portata».

«Siamo a un bivio. Le decisioni che prendiamo ora possono assicurare un futuro vivibile. Abbiamo gli strumenti, le conoscenze e le competenze necessari per limitare il riscaldamento», ha detto il presidente dell’IPCC Hoesung Lee. «Sono incoraggiato dall’azione climatica intrapresa in molti paesi. Ci sono politiche, regolamenti e strumenti di mercato che si stanno dimostrando efficaci. Questi, se estesi e applicati in modo più ampio ed equo, possono favorire una profonda riduzione delle emissioni e stimolare l’innovazione».

In tutti i settori esistono soluzioni che possono almeno dimezzare le emissioni entro il 2030 Limitare il riscaldamento globale richiederà importanti transizioni nel settore energetico. Ciò comporterà una sostanziale riduzione dell’uso dei combustibili fossili, una diffusa elettrificazione, una migliore efficienza energetica e l’uso di sistemi di alimentazione alternativi (come quelli basati sull’idrogeno).

«Avere operative e funzionanti le giuste politiche, le infrastrutture e le tecnologie per consentire cambiamenti nei nostri stili di vita e nei nostri comportamenti – ha detto il co-presidente del gruppo di lavoro III dell’IPCC, Priyadarshi Shukla – può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Questo offre un significativo potenziale non sfruttato (…). L’evidenza scientifica mostra anche che questi cambiamenti negli stili di vita possono migliorare la nostra salute e il nostro benessere».

Le città e altre aree urbane – si afferma nel comunicato – «offrono opportunità significative per la riduzione delle emissioni, che può essere conseguita attraverso un minore consumo di energia (ad esempio creando città compatte e percorribili a piedi), l’elettrificazione dei trasporti in combinazione con fonti energetiche a basse emissioni, e un maggiore assorbimento e stoccaggio del carbonio utilizzando soluzioni naturali. Esistono opzioni per città già consolidate, per città in rapida crescita e per città nuove». Per esempio, rileva il co-presidente del gruppo di lavoro III dell’IPCC, Jim Skea, «vediamo esempi di edifici a energia zero o a emissioni zero in quasi tutti i tipi di clima». Ne consegue che «l’azione di questo decennio è fondamentale per sfruttare il potenziale di mitigazione degli edifici», a condizione tuttavia di un uso più efficiente dei materiali, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti e la riduzione al minimo dei rifiuti.

«Negli scenari che abbiamo valutato», sostengono nel comunicato gli autori del Rapporto, «limitare il riscaldamento a circa 1,5°C richiede che le emissioni globali di gas serra raggiungano il loro picco, al più tardi, nel 2025 per poi ridursi del 43% entro il 2030; allo stesso tempo, anche il metano dovrebbe essere ridotto di circa un terzo. Anche se faremo questo, è quasi inevitabile che supereremo temporaneamente tale limite di temperatura, ma potremmo ritornare al di sotto di esso entro la fine del secolo».

Il momento «è ora o mai più, se vogliamo limitare il riscaldamento globale a 1,5°C», ha detto Skea, «senza una riduzione immediata e profonda delle emissioni in tutti i settori, sarà impossibile».

Adista

Il 23 giugno l’Onu celebra la giornata mondiale delle vedove

Per una donna rimanere vedova non significa solo perdere il proprio compagno, ma anche cambiare radicalmente lo status sociale. E se nella nostra cultura una donna che perde il marito si trova a doversi reinventare una vita, rapporti di amicizia e a subire comunque un contraccolpo economico, in molti Paesi del mondo su di lei cade lo stigma. In molte culture, in cui il posto di una donna nella società è indissolubilmente legato a quello del marito, rimanere vedova significa diventare “invisibile”. Ma non solo, in alcuni contesti la vedovanza è considerata un’onta. Le vedove sono discriminate o addirittura perseguitate, percepite come maledette e possono anche essere associate alla stregoneria. Tutto ciò arriva alla stigmatizzazione e ad infliggere a queste donne abusi e sfruttamento. Al fine di riconquistare il loro status sociale, molte di loro sono costrette a sposare, spesso involontariamente, un parente del coniuge. Anche i figli di queste sventurate sono indirettamente toccati dallo stigma, oltre al fatto che per una donna rimasta sola non è facile rispondere ai bisogni della famiglia.

In molte, specie le meno istruite, quelle cui le società tradizionali negano il diritto di ereditare proprietà, compresi i diritti fondiari, si vedono costrette a ritirare i bambini da scuola per poter contare sull’aiuto di un altro salario, ma anche a mendicare o a prostituirsi. In alcuni Paesi sono chiamate a ripianare i debiti sostenuti dai mariti, diventano dipendenti dalla carità della famiglia del defunto che spesso le rifiuta privandole anche dell’alloggio. Tutto ciò avviene in una palese violazione dei diritti umani e anche nei paesi in cui la protezione giuridica è più inclusiva, le vedove continuano a soffrire di una forte emarginazione sociale. E il fenomeno è considerevole se si pensa che, nonostante sia difficile rilevare dati certi, l’Onu stima che nel mondo ci siano 258 milioni di vedove, delle quali una su dieci vive in estrema povertà. In situazioni di conflitto poi, oltre ai crimini e alle atrocità cui sono costrette ad assistere, le vedove come le donne sole sono più a rischio di violenza sessuale e di contrarre l’aids. Per questo, con la giornata mondiale delle vedove, che l’Onu celebra il 23 giugno di ogni anno, si vuole porre l’attenzione su una situazione di disuguaglianza di genere misconosciuta e invece diffusa. L’Onu sottolinea come, per contrastare queste violazioni e discriminazioni, devono essere messi in atto programmi e politiche per eliminare la violenza contro le vedove e i loro figli, nonché misure di sostegno finanziario. «Ciò consentirebbe ai bambini di continuare la loro istruzione, rompendo così il ciclo intergenerazionale della povertà» rilevano le Nazioni Unite.

Favorire l’autonomia delle vedove, attraverso l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, all’occupazione dignitosa e al processo decisionale nella società, consentirebbe loro di vivere una vita senza bisogno. Migliorarne la condizione porterebbe in ultima analisi a una riduzione delle disuguaglianze e della povertà, accelerando l’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Infine, la violenza e gli abusi su queste donne, aggiunge l’Onu influenza negativamente gli sforzi per la pace e la sicurezza, alimentando il ciclo della sopraffazione e incoraggiando l’instabilità nei paesi.

di Anna Lisa Antonucci – osservatoreromano.va

L’ONU chiude le porte a Ginevra

Il Palazzo delle Nazioni a Ginevra, che accoglie 100’000 visitatori ogni anno, ha chiuse le porte lunedì a causa dell’epidemia di coronavirus. Le visite sono sospese almeno fino al 13 marzo, ha spiegato una portavoce dell’ONU. L’organizzazione sta anche valutando se rinviare le riunioni previste nei prossimi giorni nella città sul Lemano.

rsj.ch