Delta del Niger: la Shell costretta a risarcire le comunità danneggiate dal petrolio

«È la prima volta che una multinazionale del petrolio paga un risarcimento per danni ambientali in un contesto del genere». Lo afferma Nigrizia, mensile dei missionari comboniani, in una notizia sul suo sito online che dà conto dell’«ultimo capitolo di una battaglia giudiziaria iniziata 14 anni fa, nel 2008», quando «quattro contadini e pescatori dei villaggi di Goi e Oruma, nel Delta, denunciarono la Shell con il supporto dell’ong olandese Amici della Terra (Friends of the Earth)», accusando la multinazionale del greggio di aver inquinato, a causa delle perdite di petrolio tra il 2004 e il 2007, un’area fondamentale per la sopravvivenza delle comunità locali, che vivono di pesca e agricoltura.

La Shell ha sempre respinto al mittente le accuse, imputanto l’inquinamento locale ad atti di sabotaggio agli oleodotti, sottolinea Nigrizia, ma a gennaio 2021 la Corte d’Appello dell’Aja non ha avuto dubbi, ritenendola responsabile e condannandola a risarcire le comunità locali danneggiate. A distanza di quasi due anni, poi, si è conclusa la fase negoziale tra la Shell e Amici della Terra sulla cifra, pattuita in 15 milioni di euro. La sentenza del 2021 «ha anche obbligato la Shell a mettere in piedi un sistema di sorveglianza dei suoi oleodotti per evitare il ripetersi dello stesso problema», scrive ancora il periodico comboniano.

«Al di là dell’entità economica pattuita – commenta infine Nigrizia – è importante sottolineare come si tratti della prima volta in cui un gruppo di individui e la loro comunità agricola locale ottengono un risarcimento da una multinazionale del petrolio per una richiesta di compensazione da danni ambientali».
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NIGERIA Diecimila donne vittime dei terroristi e dell’esercito dal 2013

Lomé ( Togo) – da Avvenire

Un orrore nell’orrore. Non solo il terrorismo islamico continua a mietere vittime nel nord-est della Nigeria, ma un’inchiesta dell’agenzia di stampa Reuters ha svelato che l’esercito nigeriano ha forzato migliaia di giovani donne ad abortire, spesso a loro insaputa. Questo “programma segreto” è iniziato almeno nel 2013 e ha causato circa 10mila aborti. «Abbiamo intervistato oltre 30 vittime oltre ad alcuni soldati e operatori sanitari », affermano gli autori dell’inchiesta. « Il programma di aborto sistematico e illegale fa parte del conflitto in corso contro Boko Haram. La maggior parte delle ragazze – continua il rapporto – era stata tenuta prigioniera e violentata dai miliziani islamici». Le interviste alle vittime hanno confermato che a molte ragazze, spesso di età compresa tra i 12 e 18 anni, non è stato chiesto di dare il consenso, mentre altri aborti sono stati eseguiti all’insaputa della vittima. Chiunque resisteva veniva fisicamente costretto a obbedire. Secondo diversi testimoni, in Nigeria persiste la convinzione che «i figli dei jihadisti di Boko Haram sono predestinati, dal sangue nelle loro vene, a prendere un giorno le armi contro il governo nigeriano». I militari avrebbero quindi interrotto almeno 10mila gravidanze, ma è possibile che le vittime superino lil numero di 12mila.

«Alle giovani donne venivano somministrate iniezioni e pillole per indurre l’aborto – spiega l’inchiesta –, mentre altre sono state sottoposte ad aborti chirurgici ». Inoltre, alcune vittime del programma segreto sarebbero morte a causa dell’intervento subito. Le accuse sono state completamente respinte dall’esercito nigeriano attraverso il proprio capo di stato maggiore della difesa, il generale Lucky Irabor: «Questo rapporto non ha alcun senso», ha dichiarato alla stampa Irabor. « L’inchiesta fa parlare alcune decine di fonti anonime e denuncia un programma che avrebbe organizzato oltre 10mila aborti? Per il momento – ha concluso il generale nigeriano –, non abbiamo alcuna intenzione di investigare tali menzogne probabilmente inventate per danneggiare l’im-magine del nostro Paese».

L’esercito si è spesso lamentato con i media rispetto alla mancanza di interesse quando i militari raggiungono risultati positivi: le centinaia di civili liberate dalla prigionia di Boko Haram, come le circa 200 delle 275 ragazze rapite nel villaggio di Chibok nel 2014; o la resa di numerosi giovani jihadisti che vengono poi seguiti da vari programmi di recupero fisico e psicologico. Nonostante le autorità nigeriane sembrino determinate a non dare peso alle accuse della Reuters, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha chiesto al presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, di «lanciare immediatamente un’indagine indipendente e approfondita per stabilire – continuava la nota di Guterres – chi siano i responsabili di tale programma». Anche l’amministrazione Biden si è detta «profondamente turbata» e ha esortato la Nigeria a «considerare seriamente le accuse». L’aborto è illegale nel Paese tranne quando la vita della madre è in pericolo. Nel Nord, abitato principalmente da nigeriani appartenenti alla comunità islamica, l’interruzione illegale della gravidanza può essere punita con una pena detentiva di 14 anni.

La situazione nel nord-est del Paese rimane comunque molto complessa. Negli ultimi tre anni, in seguito alla liberazione di diverse ragazze che hanno sposato e avuto figli con comandanti della setta jihadista, alcune donne sono fuggite dai centri di recupero e hanno nuovamente raggiunto le basi dei militanti islamici. « Diverse ragazze tornano per salutare la loro famiglia ma poi si riuniscono con i loro sequestratori – affermano fonti dell’esercito –. Tali comportamenti sono causati dall’indottrinamento subito durante la prigionia ». La Nigeria, lo Stato più popoloso del Continente con 211 milioni di abitanti e la maggiore economia dell’Africa, organizzerà le elezioni a febbraio del 2023. Dopo due mandati, l’eredità lasciata dal presidente Buhari rispetto a una Nigeria più sicura ha deluso non solo i nigeriani ma anche gran parte della comunità internazionale. Dall’inizio del conflitto nel 2009, sono «almeno 40mila le vittime e oltre 2 milioni i profughi».

Nigeria. Uccisi due sacerdoti nelle ultime 48 ore

Padre Odia è stato assassinato mentre stava per andare a celebrare Messa nella chiesa cattolica di San Michele, Ikabigbo. Mentre Padre Borogo è stato ucciso sabato in strada a Kaduna
Uccisi due sacerdoti nelle ultime 48 ore
Altri due sacerdoti uccisi in Nigeria nelle ultime ore: le vittime sono padre Vitus Borogo, 50 anni e padre Christopher Odia, 41 anni. A darne notizia la diocesi di Auchi all’interno della quale operava padre Christopher e la fondazione cattolica Aiuto alla Chiesa che soffre che ha riferito l’assassinio di padre Vitus.Padre Odia era parroco della chiesa cattolica di San Michele, Ikabigbo: intorno alle 6,30 del mattino di domenica i rapitori lo hanno fermato mentre usciva dalla sua canonica per raggiungere la chiesa e celebrare Messa. Sembra che 3 persone, tre parrocchiani abbiano visto la scena e abbiano tentato di salvarlo ma sarebbero stati colpiti e due di loro uccisi dai rapitori. Questo dettaglio va ancora confermato ma nel contempo l’agenzia Fides ha riportato la notizia della cattura di due dei rapitori di padre Christopher: «Due degli assassini sono stato catturati dalla comunità che era sulle tracce dei rapitori» ha spiegato il vescovo ausiliare della diocesi di Minna, monsignor Luka Sylvester Gopep.

“The Oratory”: dalle strade di Lagos il grido dei poveri e della terra

Presentato in anteprima in alcune sale cinematografiche d’Europa, il lungometraggio prodotto e diretto dal regista nigeriano Obi Emelonye che narra le vicende di un gruppo di ragazzi di Lagos la cui sopravvivenza, non di rado, si lega alla criminalità. Dietro uno scenario a tinte fosche, segnato dal degrado e dalla povertà, la luce della Laudato si’ nella moderna rivisitazione della figura di san Giovanni Bosco e nel desiderio dei giovani di contribuire alla causa dell’ambiente

Giovani in formazione al Don Bosco Child Protection Centre

“Entrerete molto in sintonia con questo film, perché stiamo promuovendo proprio la causa di Papa Francesco”. Così don Cyril Odia, salesiano originario della Nigeria, attualmente direttore del “Centro Santa Caterina” di Maynooth, Irlanda, e produttore esecutivo del lungometraggio ‘’The Oratory, St. John Bosco African Story’’, ha voluto subito mettere l’accento sulla connessione che esiste tra questo racconto e l’enciclica Laudato si’.  Si tratta di una rivisitazione moderna della figura di don Bosco e del carisma salesiano calato in una rete di relazioni e paesaggi africani. Uno spaccato sulla situazione di povertà e degrado presente oggi a Lagos, la città più popolosa della Nigeria, nella quale la cura per la Casa comune e per la legalità si rivelano invece tracce di salvezza umana e cristiana.

Nigeria: una terra dai mille volti

Collocato nella zona centro-occidentale dell’Africa, suddiviso in 36 stati, la Nigeria, tra i dieci più popolosi al mondo, è un Paese dai mille volti: si stima infatti una popolazione di 211 milioni di abitanti, ripartiti in circa 250 gruppi etnici ed è caratterizzato dalla presenza di oltre 500 lingue locali. Questa nazione, pur non essendo territorialmente la più vasta, si è ricavata una posizione di rilievo nell’Africa occidentale, per la sua vivacità culturale. Si tratta inoltre di uno dei pochi Paesi africani che ospita agenzie di produzione cinematografiche di rilievo, come la The Nollywood Factory, casa produttrice di “The Oratory”. La Nigeria com’è noto, risente anche di un sensibile squilibrio economico: secondo quanto dichiarato dal Nigerian Nation Bureau of Statistics nel 2020, il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, dato questo, che potrebbe crescere in conseguenza alle difficoltà indotte dalla pandemia. Risuona ancora forte l’appello che monsignor Ignatius Kaigama, arcivescovo di Abuja, ha lanciato dalla parrocchia di San Matteo nel marzo 2021: “dare da mangiare agli affamati è un imperativo etico e una potente forma di preghiera” e la Chiesa è in prima linea per ascoltare questo grido. In un Paese già sofferente per lotte intestine, attacchi terroristici e rapimenti che minano costantemente la convivenza civile e i delicati equilibri di politica interna, si aggiunge l’emergenza ambientale, segnata negli ultimi 50 anni, da una folle corsa all’estrazione del petrolio, totalmente incurante del rispetto degli ecosistemi e dell’ambiente. Da terra incontaminata e rigogliosa, la Nigeria, si sta trasformando in uno scenario molto preoccupante dal punto di vista ambientale: le foreste sono state deturpate dalle opere al seguito del passaggio degli oleodotti, l’aria inquinata dalla tecnica del gas flaring e le acque contaminate al punto da compromettere l’intero settore dell’alimentazione.  In questo contesto si inserisce anche l’opera dei Salesiani in Nigeria, impegnati sulla scia tracciata dalla Laudato si’ sul fronte dell’ecologia integrale che richiede tanto la tutela della dignità dell’uomo, quanto quella dell’ambiente che lo ospita.

La missione salesiana a Lagos

La società nigeriana però appare molto dinamica e determinata a partecipare al cambiamento. D’altra parte l’età media della popolazione è piuttosto bassa, ma la gran parte dei giovani sembra non avere un grande futuro, anche se molti sono quelli che desiderano offrire le proprie energie e talenti alla cura della Casa comune. Lagos, pur non essendo la capitale, oltre ad essere la città più grande e popolosa, è anche il centro commerciale ed economico dello Stato. Per questo motivo, come ha spiegato don Augustine Okeke, direttore dell’opera salesiana, molti giovani lasciano le proprie case, attirati dalla possibilità di lavoro, denaro e benessere ma una volta arrivati qui “si rendono conto di essere soli e di non aver nulla, finendo a vivere per strada”. È proprio nella difficoltà che i ragazzi incontrano la presenza dei Salesiani, grazie ai quali trovano aiuto, sostegno morale e psicologico. Successivamente, attraverso l’aiuto degli enti pubblici, il supporto si sposta nel Centro salesiano per la protezione dei minori (DBCPC), all’interno del quale i religiosi vengono affiancati da operatori professionali, nell’opera di formazione e prevenzione. I Salesiani sono impegnati, in Nigeria, anche nel dialogo interreligioso con l’obiettivo di costruire, soprattutto attraverso l’apporto delle nuove generazioni, una società più inclusiva e improntata al dialogo.

La trama

“The Oratory” è un film che racconta la storia di don Michael Simmons, interpretato dall’attore Rich Lowe Ikenna. Don Michael è un prete salesiano di origini statunitensi che viene inviato nella parrocchia di Ikoyi, a Lagos, frequentata da gruppi di fedeli benestanti che non vedono di buon occhio che il loro parroco desideri occuparsi anche dei ragazzi di strada. Don Michael si interessa, in particolare, alle condizioni dei bambini di una baraccopoli chiamata Makoko, intrappolati in un sistema criminale che non permette loro di riscattare la propria esistenza e si prodiga per salvarne quanti più possibile fondando poi un oratorio, ispirato completamente all’opera di don Bosco. Va evidenziato, per comprendere meglio il contesto nel quale è stata ambientata buona parte del film, che nel 2012, alcuni ufficiali del governo nigeriano hanno tentato di eliminare l’insediamento di Makoko, ritenuto “imbarazzante per l’immagine della città”, attuando uno sgombero forzato e incendiando la baraccopoli, azioni che hanno innescato un effetto domino di disagi con ricadute pesanti sull’intera comunità cittadina. “La scelta di questa location – ha affermato don Odia, produttore esecutivo e consulente del film – è stata funzionale a mettere in evidenza le condizioni ambientali critiche, dovute all’inquinamento e alla povertà, tali da peggiorare ulteriormente la situazione di chi vive la precarietà in questo ambiente”. La pellicola è stata realizzata dalla The Nollywood Factory, una casa cinematografica nigeriana, in collaborazione con i Salesiani Don Bosco, ed è stata diretta dal regista pluripremiato Obi Emelonye, originario della Nigeria e ora residente nel Regno Unito. Il cast ha visto recitare insieme attori professionisti e decine di bambini provenienti proprio dalla baraccopoli di Mokoko: un’idea proprio di don Odia, secondo il quale le opportunità e le esperienze positive offerte ai giovani possono rafforzare l’autostima e orientare trasformazioni positive. La prima assoluta del film è avvenuta nel settembre 2021 a Dublino, suscitando interesse per la singolare iniziativa e riscontri di critica molto incoraggianti. In Italia il lungometraggio è stato proposto in anteprima nazionale nell’ ottobre 2021 all’interno del teatro di Valdocco, il luogo dal quale ha avuto origine e si è propagata nel mondo l’opera di don Bosco, e nel mese successivo è stato proiettato per la prima volta nelle sale di Lagos e Abuja, capitale della Nigeria.