In Ghiara nella solennità della natività di Maria

In Ghiara nella solennità della natività di Maria
09/09/2012
In cammino con Maria verso l’Anno della Fede
All’inizio della Messa, l’Ausiliare Lorenzo, ha salutato e introdotto la Celebrazione
“Prolungando il saluto liturgico, insieme ai sacerdoti, diaconi, seminaristi, alle religiose, alla nuova Fabbriceria del Tempio, desideriamo come Vescovi porgere un cordiale saluto innanzitutto a S. Ecc. il Prefetto, al Questore alle Autorità cittadine, della Provincia, delle varie Forze al servizio del bene comune….

Che cosa ci dice la storia su Gesù di Nazaret?

Nella serata del 26 aprile il professor Mauro Pesce è stato intervistato da don Daniele Moretto
 
Oltre 400 persone la sera di giovedì 26 aprile hanno assistito all’incontro d’esordio dei “Dialoghi in Cattedrale” 2012, sul tema generale “Incontrare oggi Gesù Cristo”. Era ospite il professor Mauro Pesce, classe 1941, originario di Genova, docente di Storia delle origini cristiane all’Università di Bologna, accompagnato in Duomo dalla moglie Adriana Destro, collega nel medesimo Ateneo, ove insegna Antropologia culturale.
Questo il titolo dell’appuntamento – “Che cosa ci dice la storia su Gesù di Nazaret?”
La serata si è sviluppata in due parti nettamente distinte. Nella prima il relatore in mezz’ora ha fatto un’escursione sui diversi percorsi, approcci e sulle questioni aperte intorno al “Gesù storico”. Questi i passi salienti del suo intervento.
Diversi sono i tratti del volto di Gesù a seconda delle fonti o delle metodologie di ricerca a cui ci si ispira. Diversità si riscontrano anche tra i quattro vangeli canonici, al punto che qualcuno ha concluso alla impossibilità di ricostruire con esattezza quando Gesù ha detto certe parole o compiuto determinate azioni, a motivo della tradizione unicamente orale che le avrebbe trasmesse ai tempi della prima Chiesa.
Nuove correnti, ha proseguito Pesce, hanno riaperto la questione della “discontinuità” tra il Messia e il cristianesimo come religione, ricollocando Gesù nel giudaismo. Oggi gli studiosi sono in fase di ripensamento. Il professor Pesce ha fornito un proprio tentativo di risposta nel libro “L’uomo Gesù”, scritto insieme alla moglie nel 2008, nel quale vengono prese in esame le pratiche di vita di Gesù, nella sua “esistenza incerta e itinerante”.
Nella seconda parte della serata è seguito un vivace confronto, suscitato dalle domande di Don Daniele Moretto, direttore dello Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia.
Il quale subito ha chiesto che valore ha questa ricerca storica, considerata la varietà delle conclusioni. Pesce ha riconosciuto che molti non credono esista una verità storica che si impone, in quanto tutto dipenderebbe dai presupposti di partenza (credenti o no). Ha poi aggiunto che comunque anche il credente che legge il Vangelo utilizza delle ricerche storiche. La soggettività della ricerca storica fa parte della soggettività della ricerca umana.
“La ricerca storica, ha ribattuto Moretto, allora è di tipo “probabilistico”, mentre talora sui media vengono presentate delle verità assolute sul vero volto di Gesù, ad esempio sulla base di un vangelo apocrifo. Risponde Pesce: “Tutta l’esperienza umana è basata su ipotesi”; come quando un ragazzo e una ragazza decidono di sposarsi impegnando la propria vita su una ipotesi.
Altra domanda di Don Moretto: Lo storico come individua l’attendibilità di scritti apocrifi a confronto di quelli canonici riconosciuti nella Chiesa? Risposta: coesisteva una quantità di scritti, dove uno si illumina alla luce dell’altro. Per esempio il Vangelo di Tommaso oggi è molto studiato.
Ribatte Moretto: Tutti questi scritti possono essere utili, ma non tutti sono uguali nel tratteggiare il volto di Gesù.
Interrogato sui motivi che hanno condotto alla condanna e quindi alla morte di Gesù, Pesce ha risposto francamente:“Su questo argomento non so rispondere”. Non ho delle certezze. Certo Gesù non fa azione politica.
Si arriva così alla questione cruciale: C’è continuità od opposizione fra il Gesù della storia e il
Cristo della fede? “E’ una domanda troppo difficile”, risponde Pesce. Lasciamo intatta la fede. Proviamo a trasformare la vita dei fedeli e delle istituzioni, seguendo la vita radicale di Gesù.
A conclusione della serata è intervenuto il Vescovo Caprioli sul rapporto fede e razionalità. “Il Vangelo è per tutti”, ha detto, “a partire dai credenti”, che non devono mai contrapporre la dimensione di fede all’identità “laica”, intesa come costante ricerca su Dio.”
La serata in cattedrale è stata quindi un confronto di alto profilo tra lo storico e il teologo.
 Il prossimo appuntamento in Cattedrale è per giovedì prossimo, 3 maggio, alle 21, per l’incontro con il teologo monsignor Severino Dianich, intervistato dalla giornalista di “Mondo e Missione” Anna Pozzi, su “Il Messia sconfitto: perché la morte di Gesù?”.
 
 

Architettura e Arti per la Liturgia: Prima parte dell’intervento del Vescovo Mons. Adriano Caprioli

Mi piace a conclusione di questo nostro incontro, fare riferimento a Benedetto XVI. Come afferma nella Esortazione apostolica Sacramentum caritas 39, rifacendosi al Concilio: «Se è vero che tutto il Popolo di Dio partecipa alla liturgia eucaristica, tuttavia in relazione alla corretta ars celebrandi un compito imprescindibile spetta a coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine. Vescovi, sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il proprio grado, devono considerare la celebrazione come loro principale dovere. Innanzitutto il Vescovo diocesano: egli infatti, quale primo dispensatore dei misteri di Dio nella Chiesa particolare a lui affidata, è la guida, il promotore, il custode di tutta la vita liturgica (cfr. SC 41)».

Guida

Compito del Vescovo è dunque quello di “guida, promotore, e custode di tutta la vita liturgica”… «Tutto ciò è decisivo per la vita della Chiesa particolare — dice ancora Benedetto XVI — non solo in quanto la comunione con il Vescovo è la condizione perché ogni celebrazione sul territorio sia legittima, ma anche perché egli stesso è il liturgo per eccellenza della propria Chiesa… In particolare, esorto a fare quanto è necessario perché le celebrazioni liturgiche svolte dal Vescovo nella Chiesa cattedrale, avvengano nel pieno rispetto dell’ars celebrandi, in modo che possano essere considerate come modello da tutte le chiese sparse sul territorio» (Sacr. Caritatis 39).

Non è un caso che il mio saggio su “La Cattedrale, simbolo di vita” parta dall’intervento di Benedetto XVI dal titolo quanto mai evocativo Il Pontificio Istituto liturgico tra memoria e profezia in occasione del 50° di fondazione del S. Anselmo a Roma, la scuola di formazione di generazioni di studenti e professori di seminario, di animatori e cultori della liturgia, per non dire di vescovi e laici. Il Papa rilegge qui il rapporto tra sana traditio e legitima progressio, annunciato dalla Costituzione conciliare al n. 23.

Con questi due termini, i Padri conciliari hanno voluto consegnare il loro programma di riforma, in equilibrio con la grande tradizione liturgica del passato e il futuro. Non poche volte si contrappone in modo maldestro tradizione e progresso. In realtà, i due concetti si integrano: la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio del suo sviluppo, del progresso. Come a dire che il fiume della tradizione porta in sé anche la sua sorgente e tende verso la foce.

Chi avrà la pazienza di sfogliare le pagine del mio libro nella sua prima parte su “La Liturgia: tradizione e progresso” — frutto di diversi interventi come docente e come presidente della commissione episcopale CEI per la liturgia — avrà modo di rendersi conto di quanto questo binomio di “sana tradizione e legittimo progresso” abbia costituito il terreno di prova della stessa opera di restauro della Cattedrale. Faccio mio quanto il Card. Gianfranco Ravasi osserva nella prefazione al libro: «Comprensibile è la laboriosità di un simile incontro (tradizione e progresso) che si fonda certamente sulla tradizione, la quale, però, non è mera staticità o scrigno serrato, bensì realtà viva che include il principio del progresso».

Non dovrà sorprendere a questo proposito nel saggio “Cattedrale, simbolo di vita” tra le verità dimenticate il capitolo VI sulla pietà eucaristica, con l’adorazione quotidiana collocata nella cripta come “Cattedrale della preghiera”. L’intento è quello di offrire momenti di silenzio – divenuti sempre più rari in città, perfino nelle case – per nutrirsi di meditazione della Parola e di contemplazione del Mistero pasquale del Signore che in Gesù Cristo si è dato tempo per noi. Mi sembra che siamo nell’autentica tradizione cattolica.

Mons. Adriano Caprioli

Mons. Adriano Caprioli – diocesi.re.it

Le riflessioni del Vescovo Adriano sulla missione in Madagascar al termine della sua terza visita pastorale

Mons. Caprioli in Madagascar
 

Si è conclusa la terza vista pastorale del Vescovo in Madagascar. Il momento culminante del viaggio è stata l’inaugurazione della Casa della Carità di Mananjari, la 14a nel Madagascar. Nella foto sopra mons. Caprioli è tra il vescovo di Madanjari mons. José Alfredo de Nobrega e père Didier, superiore delle Case della Carità in Madagascar. Al rientro dall'Isola rossa il Vescovo Adriano ha scritto alcune riflessioni sulla missione malgascia.

 


scarica il file pdf con le riflessioni del Vescovo di Reggio Emilia Mons. Adriano Caprioli

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