Viaggi della Memoria. Gli studenti reggiani nei luoghi simbolo del ‘900

Dopo la sospensione dovuta agli anni della pandemia, grazie all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna riprendono i “Viaggi della Memoria e attraverso l’Europa”. Nel 2024 saranno 1.183 le ragazze e i ragazzi che partiranno da Reggio Emilia per visitare Monaco nonché i lager nazisti di Auschwitz e Birkenau e per ripercorrere i “sentieri partigiani” dell’Appennino reggiano al Ventasso.

stampareggiana.it

Conoscere la storia visitando i luoghi simbolo delle tragedie del ‘900: i lager nazisti di Auschwitz e Dachau, la foiba di Basovizza, Marzabotto, Cracovia, Lione ‘capitale della Resistenza francese’, Monaco e Norimberga per riflettere sul processo di denazificazione nella Germania del 1945, Amsterdam città di Anna Frank e Strasburgo “cuore dell’Unione europea”. Dopo la sospensione dovuta agli anni della pandemia, grazie all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna riprendono i  “Viaggi della Memoria e attraverso l’Europa”.

“L’Assemblea legislativa investe risorse e intelligenze sui giovani: la scuola è fondamentale per trasmettere la memoria e il ricordo del passato della nostra comunità”, spiega la presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti che sottolinea come “la coincidenza con l’annuncio delle mete e dei partecipanti a questa edizione dei ‘Viaggi della Memoria’ avviene in coincidenza con il Giorno della Memoria, in cui commemoriamo le vittime della Shoah: vogliamo così confermare e rafforzare il nostro impegno per difendere i valori di libertà e di democrazia che stanno alla base della vita della nostra comunità”.

Nel 2024, 2.800 studenti emiliano-romagnoli parteciperanno al progetto regionale che consente agli studenti di partecipare a viaggi di studio. I progetti approvati, proposti da Istituti Storici, scuole e Comuni, sono 28: 2 a Piacenza, 1 a Parma, 3 a Reggio Emilia, 5 a Modena, 3 a Bologna, 2 a Ferrara, 2 a Forlì-Cesena, 7 a Ravenna e 3 a Rimini – per un investimento di oltre 400mila euro.

Scorrendo l’elenco dei progetti approvati suddivisi per provincia, sono 137 gli studenti che da Piacenza partiranno alla volta di Berlino e Marzabotto, 90 studenti da Parma con destinazione Norimberga, 1.183 ragazze e ragazzi da Reggio Emilia per visitare Monaco nonché i lager nazisti di Auschwitz e Birkenau e per ripercorrere i “sentieri partigiani” dell’Appennino reggiano a Ventasso.

Berlino, Budapest, Norimberga e Strasburgo saranno le mete dei 327 studenti modenesi, mentre i 213 bolognesi andranno a Cracovia, a visitare alcuni dei lager tedeschi, e a Palermo.

Saranno 146 gli studenti ferraresi che parteciperanno alla nuova edizione dei Viaggi con destinazione Lubiana, Gorizia, le foibe di Basovizza, Trieste e Praga, mentre 358 ravennati si recheranno a Dachau, Lubiana, le foibe, la Risiera di San Sabba, Norimberga e Marzabotto.

Fra le mete che saranno raggiunte dai 105 studenti e studentesse di Forlì-Cesena si segnalano Fiume, la foiba di Basovizza, Amsterdam, mentre da Rimini partiranno 156 studenti e studentesse per visitare Berlino, Trieste e Norimberga.

Il 29 maggio la memoria liturgica di san Paolo VI. Papa dalle mani tese

L’Osservatore Romano 

Si intitola semplicemente San Paolo VI la piccola raccolta di riflessioni e testi per la memoria liturgica del 29 maggio curata dal rogazionista Leonardo Sapienza. Com’è noto la data è quella dell’ordinazione sacerdotale di Giovanni Battista Montini, cui il reggente della prefettura della Casa pontificia ha dedicato numerose pubblicazioni. In quest’ultima il lettore viene guidato in una sorta di “ginnastica spirituale” il cui “coach” è lo stesso Papa bresciano. L’efficace espressione è infatti mutuata da una meditazione dettata da Montini il 1° dicembre 1960, quand’era arcivescovo di Milano, ai preti dei vicariati di Varese, in occasione di un ritiro presso il collegio arcivescovile Sant’Ambrogio. Oltre a riproporne integralmente il testo, il curatore riporta nel volumetto di quaranta pagine il decreto del 25 gennaio scorso emesso dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti sull’iscrizione della celebrazione di san Paolo VI, Papa, nel calendario romano generale. Coraggioso apostolo del Vangelo si intitola poi l’articolo — firmato dal prefetto della Congregazione, il cardinale Robert Sarah — di commento al decreto, che precede i testi liturgici proposti a conclusione del libretto.
Aspetti inediti, o quantomeno dimenticati dai più, si trovano invece in Paolo VI. Un uomo che tende le mani, pubblicazione di 64 pagine in carta pregiata che il Circolo San Pietro ha dato alle stampe per festeggiare i 150 anni delle propria attività al servizio dei poveri di Roma. L’antico sodalizio ha infatti invitato a predicare gli esercizi quaresimali per i soci proprio monsignor Sapienza, il quale ha offerto una riflessione tripartita su Montini “uomo, sacerdote, Papa”, limitando al massimo le considerazioni personali e lasciando invece parlare lui «direttamente con i suoi discorsi, i suoi scritti, le sue note, i suoi atti, i viaggi, le visite, gli incontri con le persone di ogni ceto». 
Ed è proprio soffermandosi su quest’ultimo aspetto, che il lettore scopre o riscopre gli infiniti esempi della carità del santo Pontefice. «Si pensi solo al suo desiderio — scrive il rogazionista — di vendere alcuni immobili del centro di Roma per costruire case popolari nella periferia di Roma, ad Acilia, a favore di tante famiglie povere. Segno così concreto che ancora oggi quel quartiere porta il nome di “Villaggio Paolo VI”. 
Tra i «tanti episodi sconosciuti», il curatore ne ricorda alcuni. «Gravi inondazioni hanno colpito il Pakistan nel 1971. Paolo VI in diverse occasioni fa appello alla generosità dei cristiani e degli uomini di buona volontà, per venire incontro alle sofferenze di milioni di persone. Per dare l’esempio, dona la croce pettorale che, per interessamento di un vescovo tedesco, viene acquistata per dieci milioni di lire da un costruttore edile di Monaco di Baviera». E ancora, nello stesso anno: «all’udienza generale di mercoledì 17 febbraio riceve i coniugi Ezio e Anita Luzzi, che hanno avuto quattro gemelli! In occasione del parto il Papa aveva fatto pervenire una generosa offerta alla famiglia di Cave, che già aveva un altro figlio». E in un’altra udienza del mercoledì, il 23 giugno, «riceve la signora Maria Moncullo D’Errico, madre di dieci figli, nominata e premiata “mamma dell’anno”. Il parroco di Casalpalocco aveva chiesto un aiuto per la famiglia che versava in condizioni fisiche, economiche e morali disperate. Paolo VI chiede informazioni al vicegerente, monsignor Ugo Poletti. Il quale risponde che la signora è veramente bisognosa, ma poco praticante. Anzi si possono rilevare non pochi difetti e nessun merito particolare. Il premio è stato concesso per interessamento di un giornalista amico della famiglia. Altre mamme di Roma si trovano in condizioni di bisogno identiche se non superiori». Ma Papa Montini «stabilisce: mandiamo centomila lire e un rosario tramite il parroco. Nel frattempo la famiglia si trasferisce a Peschici»: allora l’assegno diventa di un milione di lire e viene inviato al vescovo di Foggia «con preghiera di rimetterlo alla destinataria». 
Nel 1974 è il parroco di Bardi, nel Parmigiano, a chiedere al Pontefice «un aiuto economico in favore della bambina Elisabetta Assirati, affetta da cardiopatia congenita, che è stata ricoverata in America, ove subirà un delicatissimo intervento al cuore. La famiglia è povera e vive nel terrore di perdere anche questa bambina, dopo la prima deceduta tre anni avanti. Il parroco ha raccolto tre milioni di lire, ma ne occorrono otto. Paolo VI dispone di inviare un milione». Poco dopo la piccola viene operata con successo e torna a casa in salute.
Nel giubileo del 1975 un giovane di razza maori arriva a Roma dalla Nuova Zelanda: è completamente paralizzato a eccezione della testa, per gravi lesioni alla spina dorsale. La famiglia è povera, con altri otto figli, e anche il padre è invalido. I cattolici neozelandesi hanno raccolto una colletta per consentirgli un pellegrinaggio in Europa, con tappa anche a Lourdes, per l’Anno santo. E anche per lui «Paolo VI dispone una generosa offerta».
Tanti altri gli aneddoti che emergono dalle meditazioni, le quali costituiscono il corpo centrale del volume contenente anche un’introduzione del presidente del Circolo, Leopoldo Torlonia, e un pensiero dell’assistente ecclesiastico, monsignor Franco Camaldo. Completano la pubblicazione la domanda di ammissione di Montini al sodalizio, il discorso che gli fece da Papa nel centenario di fondazione (31 maggio 1969), più altri testi e fotografie. Tra queste le riproduzioni delle pagine de «L’Osservatore Romano» che testimoniano il legame tra il Pontefice lombardo e il Circolo.
L’Osservatore Romano, 28-29 maggio 2019

Storia e memoria. La lezione che viene oggi da Auschwitz

Oltre cento studenti al "Viaggio della Memoria" organizzato dal ministero dell’Istruzione in collaborazione con le Comunità ebraiche. I ragazzi che hanno raggiunto la Polonia sono stati scelti con le loro scuole per aver realizzato i migliori progetti didattici sul tema della Shoah

Oltre cento studenti al “Viaggio della Memoria” organizzato dal ministero dell’Istruzione in collaborazione con le Comunità ebraiche. I ragazzi che hanno raggiunto la Polonia sono stati scelti con le loro scuole per aver realizzato i migliori progetti didattici sul tema della Shoah

Sono oltre cento gli studenti partiti domenica da Roma verso la Polonia per l’annuale Viaggio della Memoria organizzato dal ministero dell’Istruzione con la collaborazione dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, per commemorare le vittime della Shoah. I ragazzi hanno ascoltato le testimonianze di chi ha vissuto la tragedia dell’Olocausto, hanno visitato i luoghi dove i fatti sono avvenuti, si sono interrogati su quello che è stato, affinché non accada mai più. Una ‘due giorni’ emozionante guidata dalle sorelle Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute ad Auschwitz e testimoni dell’Olocausto e dallo storico Marcello Pezzetti.

È una mattina gelida. Andra Bucci cammina a passi lenti lungo i binari sporcati dalle neve. L’immenso campo di Birkenau fa ancora paura. A sinistra c’è il filo spinato. A destra, le baracche costruite dai prigionieri di guerra sovietici sono ancora in piedi. C’è silenzio. Andra chiude gli occhi e torna indietro di settantacinque anni. L’arresto nella casa di Trieste. I primi giorni di prigionia nella Risiera di San Saba. La deportazione. Il viaggio interminabile verso la Polonia. «Quattro giorni senza mangiare. Il bagno era un secchio. Qualcuno alzava una coperta per regalarci una punta di privacy». Poi l’arrivo a Birkenau. Andra fermo lo sguardo su un carro bestiame immobile sulle rotaie. «Arrivammo su uno proprio così. Saltai giù dal vagone senza guardare. Un salto alto, troppo alto per una bambina di quattro anni… Ogni tanto chiudo gli occhi e sono qui. Mi restano immagini ‘spezzate’. La gente si cercava, si chiamava. Lo faceva a voce alta, quasi strillando. C’erano i cani che abbaiavano e i tedeschi con le divise di pelle…». Era il 4-4-44, il quattro aprile del 1944. Con Andra c’era la mamma e Tatiana, la sorellina due anni più grande. Laggiù nascosto dalla nebbia c’è un caseggiato di mattoncini. «Ci fecero spogliare. Ci tagliarono i capelli. Ci diedero tre vestitini. Poi ci scoprirono il braccio destro e ci tatuarono un numero. 76483… Quel giorno ci separarono dalla mamma. Quando la rividi, qualche settimana dopo, aveva già cambiato aspetto. Rapata. La faccia scavata. Mi faceva quasi paura». Andra torna alle ‘sue’ cinque cifre. Le ripete quasi meccanicamente: 76483. «Non ho mai pensato di toglierle. Di cancellarle. Di nasconderle. Quel numero fa parte di me. È mio. Ogni tanto lo tocco. È il segno che ce l’ho fatta…».

232mila bambini sono entrati ad Auschwitz Birkenau, ma solo cinquanta sono sopravvissuti. E se Andra e Tatiana ora sono qui a raccontare è perché le scambiarono per gemelline: ‘merce rara’ per gli esperimenti del dottor Mengele. Per cinquant’anni la storia delle due sorelle Bucci è rimasta solo la loro storia. Poi, nel 1994, hanno deciso di fare, fino in fondo, i conti con l’Orrore e di raccontarla allo storico Marcello Pezzetti. L’anno dopo tornarono a varcare il filo spinato di questo campo che non ha mai restituito nove persone della loro famiglia. Da allora sono tornate a Birkenau ventinove volte. Spesso con gruppi di studenti. Siamo a Cracovia. In un salone di un hotel alla periferia della città. Anche questa volta Andra è tra i giovani. Per riflettere sugli Orrori di ieri e per capire se il passato è davvero passato.

Una ragazza di Varese le si avvicina e accorcia le distanze dandole del tu: Andra dove va il mondo? «Il mondo va dalla parte sbagliata. C’è egoismo. Disprezzo. Tante volte c’è odio. Tutto gira attorno ai soldi. Tutti vogliono risultati subito. La politica spesso sbanda e i giovani…». Si ferma. Sorride malinconica. «Voi non potete deludere». Oggi Andra vive in America. Guarda i nipoti crescere. Con la fiducia che possano saper sempre coniugare parole come tolleranza e mettere da parte parole come sopraffazione. E poi guarda il mondo. Con passione e con pena. Quando si sveglia legge sull’iPad i giornali italiani. «Non è mai una bella lettura», confessa sottovoce. E poi pensa alla sua nuova vita. E alle sue responsabilità. «Io che ho vissuto quella pagina orribile, non posso sopportare, non posso stare in silenzio…».

Marcello Pezzetti è al suo fianco. Ora tocca a lui legare Ieri e Oggi. «…Non possiamo sopportare che tanti migranti muoiano in mare perché scappano dal loro Inferno».

Andra Bucci, sopravvissuta con la sorella Tatiana, e testimone dell'Olocausto con lo storico Marcello Pezzetti

Andra Bucci, sopravvissuta con la sorella Tatiana, e testimone dell’Olocausto con lo storico Marcello Pezzetti

Lo storico si ferma su quella parola. Quasi a voler traccia una riga che unisce Presente e Passato. «Hanno il diritto di venire e noi abbiamo il dovere di non impedirglielo. Non possiamo cavarcela con un ignobile scaricabarile. Quello che sta succedendo si affronta con comprensione, non con superficialità».

Proviamo a capire. E a farlo ci aiuta Carlotta Picco. Sedici anni. Un volto impertinente. Viene da Chiavari. Frequenta l’istituto Giovanni Caboto. Hanno vinto loro il premio pensato da Miur e Comunità ebraiche. L’idea era mettere sotto la lente di ingrandimento i discorsi di Liliana Segre, senatrice a vita e testimone dei campi di concentramento. Di analizzare parole come Reclusione, cenere, giusti. Parole ‘nuove’ per un ragazzo di sedici anni. Carlotta sembra però più grande. «C’è sempre la tentazione di trovare un ‘nemico’. Oggi sono loro. I migranti. Sì, sono loro i nuovi perseguitati. È così, oggi i campi di concentramento sono in Libia. E poi la politica… Perché non è riuscita a coniugare accoglienza e integrazione? Perché non è riuscita a spiegare che i migranti sono una risorsa e invece ha creato le condizioni perché venissero percepiti come un problema?».

Poco lontano Marcello Pezzetti riflette a voce alta sull’equazione ebrei-migranti. I perseguitati di ieri e quelli di oggi? Lo storico tira fuori un racconto privato per spiegare. «Ho passato anni dell’infanzia a Torino. Mamma mi portava a vedere le case con orribili cartelli sulle entrate: ‘qui non si affitta ai meridionali’. Poi mi portava alla stazione di Porta Nuova. Guardavamo questa umanità che arrivava dal Sud. Ricordo le valigie legate con la corda. Mamma mi diceva: ‘Marcello, questi nessuno li vuole, ma hanno fatto grande Torino’. Aveva ragione.Tutti i genitori dovrebbero insegnare una cosa semplice: mai rifiutare, mai respingere, mai emarginare. È questo l’antitodo ai muri di Trump, ai fili spinati di Orban, ai rigurgiti di xenofobia che scuotono il mondo…». Da Birkenau ad Auschwitz sono una manciata di chilometri. La prima immagine è un cancello e una scritta. Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi. Un messaggio beffardo, di scherno: qui tutti erano pezzi da usare, da esaurire, da gettare. Non è una visita. È più un pellegrinaggio. Gli studenti camminano silenziosi. Spesso con gli occhi bassi. Marcello Pezzetti racconta ancora orrori. «Nelle camere a gas per eliminare gli ebrei veniva usato l’acido cianitrico, quello che si usa per disinfestare i vestiti ed eliminare i pidocchi ». «Per i tedeschi gli ebrei erano cadaveri in vacanza. Gli uomini pesavano mediamente 42 chili e le donne 29». Lo storico usa un linguaggio crudo. Gli studenti si guardano in silenzio. Qualcuno entra nel blocco 11. Nella cella numero 18 tanti rosari sono appesi a tre grandi ceri. Era la cella di padre Massimiliano Kolbe, il prete santo polacco che decise di dare la sua vita per salvare quella di un compagno di prigionia. Venne rinchiuso con altri condannati senza cibo. Non chiedeva nulla. Non si lamentava. Restava appoggiato alla parete e pregava. Tanti uomini cominciarono a morire. Dopo due settimane erano vivi solamente in quattro. Tra questi padre Kolbe. Nel campo si parlava di miracolo. Era troppo per i tedeschi. Padre Massimiliano venne ucciso con una iniezione di acido fenico al braccio sinistro. E mentre moriva recitava l’Ave Maria. Era il 14 agosto del 1941.

da Avvenire

Papa Francesco stabilisce la memoria di Maria “Madre della Chiesa”

In attuazione della decisione di Papa Francesco, con decreto del giorno 11 febbraio scorso, 160.mo anniversario della prima apparizione della Vergine a Lourdes, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha disposto l’iscrizione della memoria della “Beata Vergine Maria Madre della Chiesa” nel Calendario Romano Generale. Considerando l’importanza del Mistero della maternità spirituale di Maria, che dall’attesa dello Spirito Santo a Pentecoste, non ha mai smesso di prendersi maternamente cura della Chiesa pellegrina nel tempo, Papa Francesco ha quindi stabilito che, il Lunedì dopo Pentecoste, la memoria di Maria Madre della Chiesa sia obbligatoria per tutta la Chiesa di Rito Romano. Con questa memoria, evidenzia il documento, Francesco auspica “la crescita del senso materno della Chiesa nei Pastori, nei religiosi e nei fedeli, come anche della genuina pietà mariana”.

“ Questa devozione possa favorire la crescita del senso materno della Chiesa ”

Paolo VI dichiarò Maria “Madre della Chiesa”

Il Decreto sottolinea che Maria “è al contempo madre di Cristo, Figlio di Dio, e madre delle membra del suo corpo mistico, cioè della Chiesa”. Rammenta inoltre che questo titolo era già presente nel “sentire ecclesiale” a partire da Sant’Agostino e che, nel corso dei secoli, la Chiesa ha onorato Maria con titoli in qualche modo equivalenti, come appare in testi di autori spirituali e pure nel magistero di Benedetto XV e Leone XIII. Proprio su tale fondamento, il Beato Paolo VI – a conclusione della terza sessione del Concilio Vaticano II – dichiarò la Beata Vergine Maria, “Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano”. Successivamente, si legge nel Decreto, la Sede Apostolica propose, nel 1975, una Messa votiva in onore della Madre della Chiesa, inserita poi nel Messale Romano. Era stato anche approvato, nel corso degli anni, l’inserimento della celebrazione della “Madre delle Chiesa”, nel Calendario proprio di alcuni Paesi, come la Polonia e l’Argentina.

Card. Sarah: Maria aiuta a riempire la vita dell’amore di Dio

Dal canto suo, in un commento al Decreto, il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, si augura che “questa celebrazione, estesa a tutta la Chiesa, ricordi a tutti i discepoli di Cristo che, se vogliamo crescere e riempirci dell’amore di Dio, bisogna radicare la nostra vita su tre realtà: la Croce, l’Ostia e la Vergine”. Tre misteri, sottolinea, “che Dio ha donato al mondo per strutturare, fecondare, santificare la nostra vita interiore e per condurci verso Gesù Cristo”.

da Radio Vaticana