La cieca ferocia dell’Is

Annunciati nuovi raid della coalizione internazionale

Il 2015 si è aperto con una conferma dell’intensificazione del conflitto sui fronti iracheno e siriano. Mentre la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti annuncia ogni giorno un numero crescente di raid aerei contro le milizie del cosiddetto Stato islamico (Is), queste ultime appaiono tutt’altro che indebolite e radicalizzano la loro feroce determinazione.

I miliziani dell’Is circondano il pilota giordano catturato e poi ucciso (Ansa)

Ne hanno dato una riprova ieri le esecuzioni di prigionieri. In Siria i miliziani jihadisti hanno ucciso il pilota giordano catturato una decina di giorni fa, mentre in Iraq sono stati giustiziati quindici giovani del clan Al Jamilat di Falluja, una comunità sunnita, cioè della confessione islamica alla quale pretende di appartenere l’Is, le cui azioni sono peraltro giudicate incompatibili con l’islam da tutte le principali autorità religiose tanto sunnite quanto sciite.

Secondo notizie non smentite né dal Governo giordano né dall’Is stesso, il pilota Muadh Al Kassasbe è stato ucciso dopo che erano falliti due tentativi di blitz delle forze speciali statunitensi di liberare i prigionieri nel carcere dell’Is ad Al Raqqah, il capoluogo dell’omonima provincia siriana diventata la loro roccaforte. Secondo fonti citate dalle agenzie di stampa, che peraltro le definiscono non verificabili, mentre alcuni aerei bombardavano postazioni dell’Is attorno ad Al Raqqah, almeno due elicotteri avevano tentato di atterrare nei pressi di una delle possibili prigioni dove poteva essere detenuto Kassasbe. Altri elicotteri avevano condotto un’operazione analoga a est di Al Raqqah, nei pressi del carcere di Akaryshe. Ma in entrambi i casi il fuoco della contraerea dell’Is aveva costretto i velivoli ad abbandonare la missione. Poche ore prima della notizia della morte del pilota giordano in Siria c’era stata quella dei quindici giovani iracheni a Falluja.

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Per un futuro di pace in Medio Oriente

pace

L’invito a riscoprire la fede nel lavoro caritativo è stato rivolto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ai partecipanti all’incontro della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), conclusosi venerdì 18 gennaio. Il porporato ha celebrato in mattinata la messa alla tomba dell’apostolo Pietro nelle Grotte Vaticane, prima della chiusura dei lavori, avvenuta nel pomeriggio.
In precedenza monsignor John E. Kozar, segretario generale della Cnewa, aveva tracciato un quadro ampio e particolareggiato dell’impegno caritativo dell’associazione, ricordando soprattutto la situazione di alcune popolazioni che beneficiano degli aiuti: i poveri di Gaza che cercano di tenere acceso un barlume di speranza; il milione e oltre di iracheni che sono fuggiti dalla patria a causa delle persecuzioni; le famiglie copte bisognose di un lavoro in Egitto; i siriani che aspirano alla pace.
Dopo aver ricordato che la Cnewa si occupa insieme con la Congregazione per le Chiese Orientali di assistere le comunità ecclesiali dell’area – anche attraverso le scuole aperte a tutti fin nelle zone più sperdute, l’aiuto ai bambini abbandonati e agli anziani soli, ai malati e alle vittime delle guerre civili, ai seminaristi e alle novizie – il prelato ha sottolineato come la collaborazione con il dicastero si estenda a vari Paesi: Egitto, Libano, Giordania, Siria, Iraq, Israele e Palestina. Fuori dai confini mediorientali, la Cnewa è attiva e sostiene le Chiese orientali in Eritrea, India, Armenia, Bielorussia, Ucraina ed Etiopia.
Dovunque, ha detto il relatore, le Chiese Orientali “soffrono e chiedono il nostro aiuto, la Cnewa risponde, in collaborazione con la Congregazione”.

(©L’Osservatore Romano 19 gennaio 2013)