Teologia / Fidanzati, matrimonio, catecumenato: alcune note sul recente documento vaticano

vinonuovo.it – A metà giugno scorso è uscito, a nome del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, un documento dal titolo: Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le chiese particolari. Come al solito un documento corposo, che dichiara due obiettivi espliciti.
Il primo è quello di «esporre alcuni principi generali e una proposta pastorale concreta e complessiva, che ogni Chiesa locale è invitata a prendere in considerazione nell’elaborazione di un proprio itinerario catecumenale per la vita matrimoniale» (n. 2). Quindi linee guida generali, che ogni chiesa locale considererà come «un vestito che va cucito su misura per le persone che lo indosseranno (papa Francesco, nella prefazione), per ristrutturare la pastorale di accesso al sacramento del matrimonio.

La crisi della famiglia e del matrimonio è sotto gli occhi di tutti. Il documento vuole tentare di essere «un antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti» (prefazione). Perciò, così come all’epoca del concilio di Trento l’istituzione dei seminari cercò di ridare spessore e qualità alla vita sacerdotale, ora si tenta di fare lo stesso con gli sposi. È questo è già un elemento positivo, perché finalmente si recepisce e si cerca di colmare una discrepanza tra differenti vocazioni, che lo stesso Papa evidenzia: «La Chiesa è madre, e una madre non fa preferenze fra i figli. Non li tratta con disparità, dedica a tutti le stesse cure, le stesse attenzioni, lo stesso tempo. Dedicare tempo è segno di amore: se non dedichiamo tempo a una persona è segno che non le vogliamo bene. Questo mi viene in mente tante volte quando penso che la Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio. Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta» (prefazione). Dunque, oltre alla cura che la Chiesa, nei suoi vari organismi e gradi, riserva alla formazione al sacerdozio, così è necessario che medesima cura e simile attenzione, almeno nelle intenzioni, sia riservata ai fidanzati, dimostrando davvero che non esistono ‘preferenze’ tra vocazioni.

Ma ad attirare la nostra attenzione è anche il secondo obiettivo dichiarato nel testo: «Solo riscoprendo il dono dell’essere cristiani – nuove creature, figli di Dio, amati e chiamati da Lui – è possibile un chiaro discernimento sul sacramento nuziale, in continuità con la propria identità battesimale e come realizzazione di una specifica chiamata di Dio» (n. 45). In altre parole ci si è resi conto che dietro la crisi della famiglia e del matrimonio c’è una vera e propria crisi di fede. Perciò, non si può dare per scontato che le coppie che chiedono il sacramento siano coppie che effettivamente vivono la fede in Cristo. Così accade, ed è esperienza diffusa tra gli operatori pastorali, che «coloro che si affacciano alla preparazione al matrimonio con una esperienza di fede molto approssimativa e senza partecipare attivamente alla vita ecclesiale” (n. 35), “[…] oltre a fare un primo discernimento nel fidanzamento, hanno bisogno di approfondire la propria identità battesimale” (n. 37). Per questo motivi il percorso proposto ha le forme tipiche del catecumenato, cioè del cammino di ingresso (o riscoperta) della fede.

Nel percorso proposto sono soprattutto la prima fase (pre-catecumenale) e il primo tempo (accoglienza) della fase catecumenale, ad essere pensate come «annuncio del kerygma, in modo che l’amore misericordioso di Cristo costituisca l’autentico “luogo spirituale” in cui una coppia viene accolta» (n. 38).

Bella idea, abbiamo pensato. Visto che ancora qualcuno entra in Chiesa per sposarsi, quale occasione migliore affinché ciò diventi una riscoperta della propria fede, qualora essa si sia un po’ sopita…. Ed è apprezzabile che, in questo tentativo, si ipotizzi di dover ricominciare proprio dal fondamento della fede: il kerygma, cioè l’esperienza di essere toccati dall’annuncio gioioso della morte e resurrezione di Cristo, esperienza che può cambiare profondamente la mia vita. Era questa già un’intuizione di Evangelli Gaudium, che non a caso è citata nella nota 18: «Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti (EG 164-165).
In realtà, da tempo la nostra pastorale sperimenta come le forme e i modi che abbiamo di evangelizzare non siano per nulla in grado di andare in questa direzione. E da qui poi la necessità, ormai dichiarata da tutti di una nuova evangelizzazione. Ma è pure evidente come proprio su questo la Chiesa sia ancora quasi tutta al palo, e le strade concrete di questo “secondo annuncio” (come ben lo definisce E. Biemmi) siano ancora molto difficili da tracciare.

Il documento sembra essere consapevole di questa situazione tanto da dire che: «si rende necessario un serio ripensamento del modo in cui nella Chiesa si accompagna la crescita umana e spirituale delle persone» (n. 15). E, in effetti, ci prova ad aprire alcune prospettive di un “serio ripensamento”, almeno ad uno sguardo sintetico. Qui si aprirebbe un discorso anche sul tema dell’Iniziazione cristiana, che però non vogliamo prendere in considerazione al momento; già è bene aver detto che bisogne rivedere e ripensare i modi di accompagnamento della crescita.
Certamente, da ciò deriverebbe che la preparazione al matrimonio richiede una certa serietà e una maturazione, domanda tempo, cammino, verifica, condivisione. Che la dimensione umana della relazione sponsale non può essere separata da quella spirituale, perché altrimenti questa diventa una pure etichetta di “cristiano”, senza consistenza. Che chi è chiamato ad accompagnare le coppie in questi cammini deve avere una formazione solida, pluridisciplinare, relazionale e continuativa (su cui il documento anche interviene). Infine, che le comunità locali possono essere in grado di dare attuazione con creatività, elasticità e personalizzazione alle linee programmatiche. Già questo basterebbe, se realizzato davvero, a segnalare un “serio ripensamento” della pastorale media per le coppie. Perciò sarebbe già molto.
Ma temiamo che, scendendo in una lettura più analitica del documento, si mostrino alcuni aspetti che finiscono per essere veri e propri freni e impedimenti a questo stesso “serio ripensamento” dichiarato. Sembra che permangono alcune tensioni non risolte, talune spinte un poco contraddittorie.

Negli articoli successivi proveremo a mettere a fuoco, passo passo, tali nodi e tali tensioni, anche in dialogo con i lettori, perché ci sta a cuore che la riflessione sulla preparazione al matrimonio non sia solo questione di ‘addetti ai lavori’: come riconosce il papa, «Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti»: in questo modo crediamo di rispondere anche a un appello dello stesso Francesco: «Faccio appello, perciò, alla docilità, allo zelo e alla creatività dei pastori della Chiesa e dei loro collaboratori, per rendere più efficace questa vitale e irrinunciabile opera di formazione, di annuncio e di accompagnamento delle famiglie, che lo Spirito Santo ci chiede di realizzare in questo momento» (prefazione).

Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale

Matrimonio alla Basilica di San Pietro: la Cappella del Coro

di: Papa Francesco
Un dono e un compito per la Chiesa. Si tratta degli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», uno dei frutti dell’Anno speciale dedicato alla famiglia, a cinque anni dalla pubblicazione della esortazione Amoris laetitia, che ora il pontefice, come spiega, affida ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare, come strumento che risponde alla necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Riprendiamo di seguito la Prefazione del papa (qui il testo integrale degli Itinerari).

Settimana News

«L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia» (Amoris laetitia, 1). Questa affermazione della relatio finalis del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia meritava di aprire l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia. Perché la Chiesa, in ogni epoca, è chiamata ad annunciare nuovamente, soprattutto ai giovani, la bellezza e l’abbondanza di grazia che sono racchiuse nel sacramento del matrimonio e nella vita familiare che da esso scaturisce.

A cinque anni dalla sua pubblicazione, l’Anno «Famiglia Amoris laetitia» ha inteso rimettere al centro la famiglia, invitare a riflettere sui temi dell’Esortazione apostolica e animare tutta la Chiesa nell’impegno gioioso di evangelizzazione per le famiglie e con le famiglie. Uno dei frutti di questo Anno speciale sono gli «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale», che ora ho il piacere di affidare ai pastori, ai coniugi e a tutti coloro che lavorano nella pastorale familiare.

Nuovo catecumenato
Si tratta di uno strumento pastorale preparato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita dando seguito a un’indicazione che ho espresso ripetutamente, cioè «la necessità di un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio»; infatti, «è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio (n. 66), che cioè, come per il Battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti» (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio 2017).

Emergeva qui senza mezzi termini la seria preoccupazione per il fatto che, con una preparazione troppo superficiale, le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo o con basi così deboli da «sfaldarsi» in poco tempo e non saper resistere nemmeno alle prime inevitabili crisi. Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone. Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano.

C’è dunque anzitutto un dovere di accompagnare con senso di responsabilità quanti manifestano l’intenzione di unirsi in matrimonio, affinché siano preservati dai traumi delle separazioni e non perdano mai fiducia nell’amore. Ma c’è anche un sentimento di giustizia che dovrebbe animarci. La Chiesa è madre, e una madre non fa preferenze fra i figli. Non li tratta con disparità, dedica a tutti le stesse cure, le stesse attenzioni, lo stesso tempo.

Dovere di giustizia
Dedicare tempo è segno di amore: se non dedichiamo tempo a una persona è segno che non le vogliamo bene. Questo mi viene in mente tante volte quando penso che la Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio. Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta.

Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti. Sono veri e propri «custodi della vita», non solo perché generano i figli, li educano e li accompagnano nella crescita, ma anche perché si prendono cura degli anziani in famiglia, si dedicano al servizio delle persone con disabilità e spesso a molte situazioni di povertà con cui vengono a contatto.

Dalle famiglie nascono le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; e sono le famiglie che costituiscono il tessuto della società e ne «rammendano gli strappi» con la pazienza e i sacrifici quotidiani. È dunque un dovere di giustizia per la Chiesa madre dedicare tempo ed energie alla preparazione di coloro che il Signore chiama a una missione così grande come quella famigliare.

Perciò, per dare concretezza a questa urgente necessità, «ho raccomandato di attuare un vero catecumenato dei futuri nubendi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione al matrimonio, della sua celebrazione e degli anni immediatamente successivi» (Discorso ai partecipanti al corso sul processo matrimoniale, 25 febbraio 2017).

È quello che si propone di fare il Documento che qui presento e di cui sono grato. Esso si articola secondo le tre fasi: la preparazione al matrimonio (remota, prossima e immediata); la celebrazione delle nozze; l’accompagnamento dei primi anni di vita coniugale.

Un dono e un compito
Come vedrete, si tratta di percorrere un importante tratto di strada insieme alle coppie nel cammino della loro vita, anche dopo le nozze, soprattutto quando potranno attraversare crisi e momenti di scoraggiamento. Così cercheremo di essere fedeli alla Chiesa, che è madre, maestra e compagna di viaggio, sempre al nostro fianco.

È mio vivo desiderio che a questo primo Documento ne segua quanto prima un altro, nel quale vengano indicati concrete modalità pastorali e possibili itinerari di accompagnamento specificamente dedicati a quelle coppie che hanno sperimentato il fallimento del loro matrimonio 10 e che vivono in una nuova unione o sono risposate civilmente. La Chiesa, infatti, vuole essere vicina a queste coppie e percorrere anche con loro la via caritatis (cf. Amoris laetitia, 306), così che non si sentano abbandonate e possano trovare nelle comunità luoghi accessibili e fraterni di accoglienza, di aiuto al discernimento e di partecipazione.

Questo primo Documento che viene ora offerto è un dono ed è un compito. Un dono, perché mette a disposizione di tutti un materiale abbondante e stimolante, frutto di riflessione e di esperienze pastorali già messe in atto in varie diocesi/eparchie del mondo.

Ed è anche un compito, perché non si tratta di «formule magiche» che funzionino automaticamente. È un vestito che va «cucito su misura» per le persone che lo indosseranno. Si tratta, infatti, di orientamenti che chiedono di essere recepiti, adattati e messi in pratica nelle concrete situazioni sociali, culturali ed ecclesiali nelle quali ogni Chiesa particolare si trova a vivere.

Rinnovamento pastorale
Faccio appello, perciò, alla docilità, allo zelo e alla creatività dei pastori della Chiesa e dei loro collaboratori, per rendere più efficace questa vitale e irrinunciabile opera di formazione, di annuncio e di accompagnamento delle famiglie, che lo Spirito Santo ci chiede di realizzare in questo momento. «Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi» (At 20,20).

Invito tutti coloro che lavorano nella pastorale famigliare a fare proprie queste parole dell’apostolo Paolo e a non scoraggiarsi di fronte a un compito che può sembrare difficile, impegnativo o addirittura al di sopra delle proprie possibilità.

Coraggio! Cominciamo a fare i primi passi! Diamo inizio a processi di rinnovamento pastorale! Mettiamo la mente e il cuore a servizio delle future famiglie, e vi assicuro che il Signore ci sosterrà, ci darà sapienza e forza, farà crescere in tutti noi l’entusiasmo e soprattutto ci farà sperimentare la «dolce e confortante gioia di evangelizzare» (Evangelii gaudium, 9), mentre annunciamo alle nuove generazioni il Vangelo della famiglia. 

Matrimonio Giuliano Razzoli ed Elisa Bonini: il sì a Reggio Emilia

reggio matrimonio razzoli

Anche per Giuliano Razzoli, parafrasando il noto brano del “Liga” quando ancora era tale, è stato ieri “il giorno dei giorni”. Il noto sciatore del nostro appennino ha infatti celebrato, nella mattinata, nella caratteristica chiesa di Santa Maria Assunta a Minozzo, le sue nozze con la fidanzata: Elisa Bonini. La lieta cerimonia è stata officiata dal vescovo emerito della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, monsignor Massimo Camisasca, coadiuvato dallo zio del campione olimpico di Vancouver 2010, il frate francescano missionario, Antonio Razzoli, dal parroco di Minozzo, don Fernando Imovilli e da quello di Casina, dove la coppia andrà ad abitare. Entrambi elegantissimi e bellissimi i due sposi si sono scambiati gli anelli sotto lo sguardo commosso dei familiari e degli amici; questi ultimi peraltro non hanno rinunciato, poco prima della messa e al successivo rinfresco, ai proverbiali scherzi e goliardie.

Successivamente i neosposi partiranno per il viaggio di nozze alle Seychelles, una meritata luna di miele prima che il “Razzo” torni ad allenarsi in vista della prossima stagione di Coppa del Mondo.

La diocesi di Livorno ha reso nota oggi una disposizione in cui si dà possibilità a chi magari da tempo convive o ha contratto solo un matrimonio civile, di poter celebrare il Sacramento del matrimonio nella semplicità della propria casa, insieme anche solo ai testimoni

La disposizione ha ricevuto il via libera da parte del consiglio presbiteriale e fa riferimento all’esortazione apostolica Amoris laetitia: “Nel cuore di tanti conviventi e di coloro che hanno celebrato un matrimonio solo civile, spesso vi è il desiderio di celebrare un matrimonio religioso, ma vi sono alcuni impedimenti di natura morale e sociale che creano ostacoli. Dobbiamo far sentire la vicinanza della Chiesa che accompagna la coppia nel loro discernimento, affinché nei futuri sposi cristiani vi sia quella maturità umana, sostenuta dalla grazia di Dio, che li sostenga durante la vita coniugale”.

“Su questa base – sottolinea il vescovo mons. Simone Giusti – con questa disposizione abbiamo pensato di facilitare in parte un ritorno al matrimonio religioso. È paradossale che alcune coppie rifiutino di sposare in chiesa dicendo che non hanno i soldi per il matrimonio, come se il Sacramento costasse ed anche molto! In realtà è la festa del matrimonio che è diventata sempre più costosa nell’era del consumismo: con suonatori in chiesa, servizio fotografico da star, ricevimenti da favola, viaggi di nozze nelle località più incredibili. La celebrazione del Dacramento del matrimonio non costa nulla, al massimo se una coppia lo vuole, lascia un’offerta per i poveri e non per il prete. Ma la situazione d’impoverimento delle famiglie italiane, ha provocato già a partire dal 2008, un crollo drastico dei matrimoni celebrati in chiesa e purtroppo da molti la motivazione apportata è proprio quella di natura economica.  Certo sappiamo bene che accanto a questa reale motivazione ce ne sono anche altre legate alla privatizzazione del matrimonio, divenuto evento intimo che si pensa riguardi solo la coppia; pertanto persa la sua valenza sociale non si afferra più perché ci si debba sposare con rito pubblico alla presenza di un rappresentante della comunità civile o religiosa. Perché, molti dicono, il prete deve inserirsi in una questione che viene percepita come solo privata, solo riguardante la coppia: “cosa c’entra il prete con il nostro amore?” Le motivazioni quindi sono diverse e complesse ma occorre dare dei segnali di accoglienza ai tanti che sono cristiani ma hanno difficoltà oggi a sposarsi in chiesa”.

Come si afferma nell’esortazione apostolica Amoris laetitia: “Nel cuore di tanti conviventi e di coloro che hanno celebrato un matrimonio solo civile, spesso vi è il desiderio di celebrare un matrimonio religioso, ma vi sono alcuni impedimenti di natura morale e sociale che creano ostacoli. Dobbiamo far sentire la vicinanza della Chiesa che accompagna la coppia nel loro discernimento, affinché nei futuri sposi cristiani vi sia quella maturità umana, sostenuta dalla grazia di Dio, che li sostenga durante la vita coniugale”.

“Su questa base – sottolinea il vescovo mons. Simone Giusti – con questa disposizione abbiamo pensato di facilitare in parte un ritorno al matrimonio religioso. È paradossale che alcune coppie rifiutino di sposare in chiesa dicendo che non hanno i soldi per il matrimonio, come se il Sacramento costasse ed anche molto! In realtà è la festa del matrimonio che è diventata sempre più costosa nell’era del consumismo: con suonatori in chiesa, servizio fotografico da star, ricevimenti da favola, viaggi di nozze nelle località più incredibili. La celebrazione del Dacramento del matrimonio non costa nulla, al massimo se una coppia lo vuole, lascia un’offerta per i poveri e non per il prete. Ma la situazione d’impoverimento delle famiglie italiane, ha provocato già a partire dal 2008, un crollo drastico dei matrimoni celebrati in chiesa e purtroppo da molti la motivazione apportata è proprio quella di natura economica.  Certo sappiamo bene che accanto a questa reale motivazione ce ne sono anche altre legate alla privatizzazione del matrimonio, divenuto evento intimo che si pensa riguardi solo la coppia; pertanto persa la sua valenza sociale non si afferra più perché ci si debba sposare con rito pubblico alla presenza di un rappresentante della comunità civile o religiosa. Perché, molti dicono, il prete deve inserirsi in una questione che viene percepita come solo privata, solo riguardante la coppia: “cosa c’entra il prete con il nostro amore?” Le motivazioni quindi sono diverse e complesse ma occorre dare dei segnali di accoglienza ai tanti che sono cristiani ma hanno difficoltà oggi a sposarsi in chiesa”.

toscanaoggi.it

VIA LE MASCHERINE PER GLI SPOSI SULL’ALTARE. LO HA DECISO LA CEI. GUANTI NON PIÙ OBBLIGATORI PER COMUNIONE

Cade già da oggi l’obbligo per gli sposi di indossare la mascherina al momento della celebrazione del matrimonio. Resta invece per il sacerdote l’indicazione di proteggere le vie respiratorie e di mantenere la distanza di almeno un metro dagli sposi. A riferire la novità è la Conferenza Episcopale Italiana. Il Comitato Tecnico Scientifico, interpellato dal Viminale, osserva che, “non potendo certamente essere considerati estranei tra loro, i coniugi possano evitare di indossare le mascherine, con l’accortezza che l’officiante mantenga l’uso del dispositivo e rispetti il distanziamento fisico di almeno un metro”.

ansa