Iscrizioni aperte al cammino per fidanzati che partirà l’8 ottobre

Costruire il proprio rapporto di coppia richiede molto impegno e spesso spaventa quelli che decidono che sia una cosa importante per la propria vita. Fondamentale, fondante. Perché non si sa bene a quali punti fare riferimento, cosa sia imprescindibile e cosa trascurabile.

La mia felicità? Il benessere di entrambi? La sicurezza economica? La realizzazione lavorativa? L’intesa sessuale? Le capacità educative? Cosa dire poi della maternità? Siamo tutti pronti e capaci di diventare genitori?

Durante questo ultimo anno di cammino, le coppie che hanno vissuto con noi le Giare, hanno condiviso senza paura, la fatica, i timori, le resistenze ad impegnarsi per tutta la vita in un cammino esigente, impervio, a tratti sconosciuto, come è percepito il matrimonio. Un po’ come gli apostoli con Gesù, quando ha negato ai farisei la possibilità del ripudio nei confronti della moglie: “se sono queste le condizioni, non conviene sposarsi!”

Siamo consapevoli che il nostro mondo ha tante alternative da offrire a due innamorati. Non è un male in sé cercare di provare, capire e capirsi, sperimentarsi dentro la vita, le relazioni, la società!
Quello che viviamo alle Giare è soprattutto una compagnia, una fraternità, nella quale scopriamo, addentrandoci nella vita gli uni degli altri, che siamo destinatari di una chiamata irrinunciabile.

È Gesù che vi invita alle Giare, nel senso più profondo di attingere alla sua Vita per riempire il vuoto di senso e l’abisso di desideri che portate dentro di voi. Da soli, senza la sua presenza, senza invitarlo a fare parte della vostra storia, due abissi, che sono i vostri cuori, si avvicineranno e saranno da risalire a mani nude, con tanta buona volontà e sacrificio, cercando di prendersi cura uno dell’altra, ma con fatiche a volte insormontabili.

Un momento particolare, tra tanti, nel cammino di quest’anno, che ha segnato una svolta nella consapevolezza di noi come fratelli in cammino, verso la pienezza, verso la gioia, è stata la mattina della condivisione in San Damiano, ad Assisi, seduti in un orto assolato, tra gli ulivi, abbiamo raccolto a piene mani le grazie seminate nella storia di ciascuno di noi, grazie scaturite dal dolore, dalla fatica, da incontri provvidenziali, da una ricerca sincera e dalla compagnia di chi ci ha preceduto nel Regno dei cieli e da lì continua a vivere con noi. Grazie vissute e riconosciute di Amore divino.

Siamo grati di ricominciare ogni volta con nuovi volti a camminare, perché la nostra strada verso il Cielo si arricchisce di testimonianze sempre nuove, di miracoli compiuti dalla multiforme Grazia dello Spirito Santo, che agisce in modi sorprendenti a partire da cose ingnificanti, povere, banali, dalla nostra mediocrità, per trasformare la piccolezza e la paura che ci portiamo dentro, in un capolavoro di bellezza, che è il matrimonio cristiano con Lui, per Lui, a testimoniare Lui, Gesù risorto, nel mondo.

L’équipe delle Giare

lalaiberta.info

L’amore che supera ogni barriera. Il sì all’altare di due ragazzi Down

Lorena e Simone si scambiano gli anelli durante il rito nuziale

Il loro amore ha resistito alle distanze, ai viaggi Bergamo-Roma e viceversa, a tante difficoltà. E finalmente sabato 3 giugno Lorena Chiesa e Simone Sciarrini, entrambi nati con trisomia 21, hanno detto il loro sì nella parrocchia di Sant’Alessandro a Villongo, nella Bergamasca, dopo qualche anno di vita condivisa nella mansarda della casa di Lorena. Che ha avuto come testimone l’attore Alessio Boni, originario di Sarnico, paese a neppure cinque chilometri da Villongo. Lui aveva promesso alla mamma di Lorena, Liliana Ducci, che avrebbe onorato questo impegno quando la ragazza aveva appena 7 anni. Ora ne ha 31 e lo scorso 21 marzo, Giornata mondiale delle persone con Sindrome di Down, aveva scritto in un post sul suo profilo Facebook: «L’amore non ha differenze», cogliendo l’occasione per annunciare le nozze con Simone. «Realizzeremo il nostro sogno d’amore», aveva aggiunto. Un sentimento consolidato e cresciuto negli anni: si erano conosciuti all’ostello In& Out di Barcellona nel 2010, durante un tirocinio lavorativo di tre settimane organizzato dall’Aipd (Associazione italiana persone down) nell’ambito del progetto europeo “Metteteci alla prova!”.

Galeotti furono gli sguardi: da allora la relazione non si è mai interrotta. « Lorena in precedenza aveva un altro ragazzo, che però non era certo dei suoi sentimenti. Invece Simone la chiamava ogni giorno per sapere come stava », ricorda la mamma Liliana. I due passano a lunghe videochia-mate quotidiane su Skype, ma il desiderio di rivedersi era forte: «Si vedeva che ci tenevano a continuare seriamente. Così abbiamo accompagnato Lorena a Roma per incontrare lui, che ha 7 anni più di lei, e conoscere la sua famiglia. Una volta rientrati a casa, non sapevamo come gestire la distanza. Visto che loro volevamo continuare a tutti i costi la loro storia, hanno imparato a viaggiare da soli in treno. Come genitori eravamo un po’ titubanti e anche preoccupati, pensavamo che si sarebbero stancati a motivo di tante difficoltà: invece non si sono più lasciati », dice con gioia Liliana, che ha accompagnato i neo-sposi in viaggio di nozze.

La crociera con giro delle isole greche si conclude proprio oggi e «loro sono felicissimi. Sulla nave hanno ricevuto tanti complimenti. Certo, non è facile orientarsi in un posto nuovo e molto vasto, ma Lorena mastica qualcosa d’inglese e sa dire il numero della sua cabina. Se hanno problemi, chiedono informazioni e per loro è una soddisfazione raggiungere da soli i loro obiettivi. Li lascio liberi anche di sbagliare e soprattutto di trovare le loro soluzioni, magari diverse dalle nostre. A volte noi mamme mettiamo paletti per le nostre paure, ma quando vediamo i figli felici lo siamo anche noi», osserva Liliana. Che ha visto giorno dopo giorno la maturazione di sua figlia e della coppia nell’autonomia e nella relazione: «Ci hanno messo tantissimo impegno. Quando lei di mattina è al lavoro come socio occupazionale in pasticceria, lui l’aiuta in casa, fa i letti e le pulizie. Hanno trovato un buon equilibrio a livello affettivo e pratico; fanno anche volontariato presso il bar dell’oratorio parrocchiale. Con i consuoceri collaboriamo e ci confrontiamo, ma sempre in punta di piedi».

Il primo messaggio che Lorena e Simone lanciano con la loro esperienza? «L’amore supera ogni barriera e confine. Spero anche in un cambiamento di mentalità: non dovrebbe essere strano o tabù che due persone con la sindrome di Down si sposino. Noi ci siamo accodati a credere insieme a loro in questo sogno, reso possibile perché sono stati accompagnati non solo dalle loro famiglie, ma da associazioni e tante persone che hanno contribuito a questa crescita nell’autonomia e nell’amore», sottolinea la mamma di Lorena. Dal titolare della pasticceria al maestro di ballo: sì, perché Simone ha condiviso la passione per la danza della sua dolce metà e insieme gareggiano per la Dance Academy Asd, raggiungendo il titolo di campioni italiani come coppia nel merengue e nel latinoamericano. Lo scorso 1° ottobre si sono anche esibiti con un passo a due di merengue durante la trasmissione televisiva “Tú sí que vales”.

« I genitori di Lorena e Simone hanno creduto fermamente in loro, li hanno presi sul serio e trattati da adulti, com’era giusto che fosse. Non hanno liquidato il loro amore come un gioco di bambini, come purtroppo a volte accade, ma hanno sostenuto il loro sogno fino a vederlo realizzato. La loro storia parla molto di autodeterminazione, che può realizzarsi solo se la rete intorno alle persone con disabilità, in particolare intellettiva, partecipa e si mette a disposizione per il suo compimento », ha dichiarato in occasione del matrimonio Gianfranco Salbini, presidente di Aipd nazionale, ricordando all’ultima assemblea dei soci una delegazione di persone con trisomia 21 ha portato all’attenzione di tutta l’associazione una mozione «in cui è stato esplicitamente richiesto il sostegno degli operatori e delle famiglie per la realizzazione delle loro esigenze, messe nero su bianco con grande consapevolezza. Insomma, le persone con sindrome di Down sono pronte a mettersi in gioco, tocca a noi tutti sempre di più fare la nostra parte e sostenerle perché questo accada».

COSA DICE LA CHIESA – PADRE MARCO VIANELLI (CEI)

«Nessun ostacolo per queste persone, ma…»

«Non c’è nessun ostacolo di tipo pastorale da parte della Chiesa per la celebrazione di un matrimonio tra persone con sindrome di Down, a patto che il percorso di preparazione sia stato fatto in modo serio, con l’obiettivo di far comprendere per quanto possibile a questi giovani il significato del sacramento», osserva padre Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia. «Sono certo che il parroco che ha accompagnato questi ragazzi al matrimonio si sia fatto tutte le domande del caso e abbia cercato di accogliere il loro desiderio sollecitandone il discernimento nel rispetto della loro sensibilità», osserva ancora padre Vianelli che è anche un esperto di diritto canonico. Va anche detto che ogni situazione va considerata in modo specifico, secondo quanto insegna Amoris laetitia, e che non va sottovalutato il significato positivo che assume per la comunità il cammino tenace di questi due ragazzi «che ora – conclude il direttore dell’Ufficio famiglia – non dovranno essere lasciati soli». (L.Mo.)

Lo ha ribadito Patrizia Danesi, coordinatrice di Aipd nazionale, evidenziando che le nozze di Lorena e Simone sono diventate una notizia sui media proprio perché «non si è ancora affermata l’idea che le persone con sindrome di Down possano, vogliano e sappiano avere una vita affettiva piena e costruire una relazione profonda e duratura. La nostra associazione lo sperimenta ogni giorno, tanto che da anni promuove e propone percorsi di educazione all’affettività ed esperienze di autonomia per ragazzi e ragazze con sindrome di Down. Lorena e Simone non sono la prima coppia che nasce e cresce all’interno dell’Aipd e che costruisce una vita matrimoniale: i romani Marta e Mauro sono sposati da più di otto anni e altre coppie stanno pensando di sposarsi. Non dovrebbe fare notizia, ma essere la quotidianità».
avvenire.it

Post-Covid. Istat: triplicati i matrimoni religiosi. In aumento anche le separazioni

Dai dati Istat risulta che nel 2021 sono stati celebrati in Italia 180.416 matrimoni, l'86,3% in più rispetto al 2020, anno in cui, proprio a causa del Covid molte coppie avevano rinviato le nozze. Nella foto una coppia di sposi a Palazzo Reale a Milano

In Italia torna la voglia di progettare un futuro in coppia. Matrimoni e unioni civili sono in ripresa anche se non hanno raggiunto ancora i livelli che c’erano prima della pandemia. Dai dati Istat risulta che nel 2021 sono stati celebrati in Italia 180.416 matrimoni, l’86,3% in più rispetto al 2020, anno in cui, proprio a causa del Covid molte coppie avevano rinviato le nozze. L’aumento non è stato però sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente, rispetto al 2019 si registra infatti un -2,0%.

Tornano i matrimoni religiosi, quasi triplicati rispetto al 2020, pur essendo in calo -5,1% rispetto al periodo pre-pandemico. Anche se più di un matrimonio su due, il 54,1% nel 2021, si svolge con rito civile, ovviamente più diffuso nelle seconde nozze (95,0%), va però diffondendosi sempre di più anche nel caso dei primi matrimoni (43,1% nel 2021).
Anche nel 2022 ci sono segnali di ripresa per matrimoni e unioni civili +4,8% dei matrimoni nei primi 9 mesi, considerato un primo vero piccolo segnale di recupero. Secondo l’Istat il rito civile è chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (95%), essendo in molti casi una scelta obbligata, e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (91,9% contro il 48,2% dei matrimoni di sposi entrambi italiani). La scelta del rito civile va però diffondendosi sempre di più anche nel caso dei primi matrimoni (43,1% nel 2021).

Considerando i primi matrimoni tra sposi entrambi italiani (89,0% del totale dei primi matrimoni) l’incidenza di quelli celebrati con rito civile è del 37,5% nel 2021 (33,4% nel 2019 e 20,0% nel 2008). Per tale tipologia di coppia è spiccata la variabilità territoriale: si riscontrano incidenze di celebrazioni con rito civile più basse nel Mezzogiorno (25,4%) e più alte nel Centro (47,5%) La scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni, tendenzialmente in crescita rispetto al passato (62,7% nel 2008, 40,9% nel 1995), mostra una lieve contrazione nel 2021, risultando l’opzione prescelta dagli sposi nel 73,4% dei casi (74,7% nel 2020).

Tra i giovani c’è sempre meno desiderio o possibilità di convolare a nozze. Il protrarsi degli anni di studio, le difficoltà ad entrare nel mondo ed il sempre maggior numero di coloro che rimangono in famiglia fino alla soglia dei 35 anni, determina un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Amplificato dalla crisi economica. Sul posticipo del primo matrimonio incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali.

Dal report “Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi, anno 2021” dell’Istat emerge anche che più di un matrimonio su 10 ha “almeno” uno sposo straniero, che aumentano i matrimoni misti con un nuovi cittadini e che è calo anche il “turismo matrimoniale”, cioè di quanti dall’estero scelgono il Bel Paese per la celebrazione delle nozze.
Le unioni civili tra coppie dello stesso sesso nel 2021 sono state 2.148 con un aumento pari al 39,6% rispetto al 2020, tornando quasi a livelli del del 2019 (erano 2.297). Il 34,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). Tra le regioni in testa si posiziona la Lombardia con il 21,8%; seguono Lazio (13,8%) ed Emilia-Romagna (10,1%). Nel 2021 l’8,5% delle unioni civili è avvenuto nel Comune di Roma e il 6,6% in quello di Milano. Si conferma anche nel 2021 la prevalenza di unioni tra uomini (1.225 unioni, il 57,0% del totale).

Crescono anche separazioni e divorzi. Nel 2021, le separazioni sono state 97.913 (+22,5% rispetto all’anno precedente), tornando esattamente ai livelli pre-pandemici.

Nello stesso anno i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2020 e il 16,0% in meno nel confronto con il 2016, anno in cui i divorzi sono stati finora più numerosi (99.071).
Nel 2021 i divorzi consensuali presso i Tribunali sono stati 34.225, questa tipologia registra l’aumento più consistente con il + 31,7% rispetto al 2020.

avvenire.it

Mancanza di fede e nullità matrimoniale

di: Emanuele Tupputi – settimananews.it

Sono sempre più frequenti, nelle nostre parrocchie, i matrimoni celebrati tra una persona battezzata nella Chiesa cattolica e credente e una persona che, pur essendo stata battezzata nella Chiesa cattolica, non si dichiara più credente o ha dubbi di fede, o vive la fede senza un’assidua pratica sacramentale, che considerano facoltativa e liberamente disponibile[1].

Queste fattispecie creano non poche difficoltà tra i Pastori, i quali, da una parte, si pongono il problema di quale percorso di preparazione proporre a questi nubendi, dall’altra, si domandano che tipo di matrimonio celebrano e se assistono ad un matrimonio di fatto nullo, a causa della mancanza di fede di uno dei due nubendi.

Inoltre, con la pubblicazione del Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI) di papa Francesco si è divulgata un’errata interpretazione di un articolo del documento pontificio, precisamente l’articolo 14 § 1 delle Regole procedurali del MIDI[2] (dove si parla della mancanza della fede come circostanza che può essere considerata per la trattazione della nullità matrimoniale per mezzo del processo più breve davanti al vescovo), secondo cui si ritiene che la mancanza di fede possa essere invocata come un nuovo capo di nullità matrimoniale.

In realtà, così non è, in quanto è dottrina costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa che la situazione soggettiva di fede del nubendo, non incide sulla validità del sacramento del matrimonio (cf. Familiaris consortio n. 68). Secondo il Codice di diritto canonico, infatti, ciò che fa sorgere il sacramento del matrimonio è il consenso degli sposi, il quale consiste in un atto di volontà attraverso il quale si vuole costituire il patto coniugale (cf. can. 1057). Così, ciò che fa sorgere il matrimonio non è la fede degli sposi, ma la volontà di sposarsi secondo il disegno di Dio sul matrimonio.

Pertanto, un matrimonio si costituisce validamente anche se uno dei due nubendi (sebbene battezzato) si dichiara non credente, purché voglia celebrare un matrimonio come lo intende la Chiesa. Perciò non si richiede una fede piena e totale sull’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, ma si richiede di volere un matrimonio sacramentale come lo intende la Chiesa.

Questa affermazione, però, non significa chiedere ai nubendi non credenti un atto fede sul sacramento del matrimonio, bensì di verificare che la loro volontà sia orientata al contenuto del matrimonio come voluto da Dio.

Fare ciò che vuole fare la Chiesa significa volere, e quindi non escludere, che il matrimonio sia un patto tra un uomo e una donna, esclusivo e indissolubile, finalizzato al bene degli stessi sposi e a quello della prole. Qualora i pastori non riscontrassero questi requisiti, sono chiamati a differire la celebrazione del matrimonio o, in alcuni casi, a proibirla, poiché assisterebbero ad un matrimonio nullo per mancanza di volontà.

Alla luce di queste precisazioni, si comprende che la mancanza di fede non costituisce un nuovo capo di nullità e, nell’art. 14 § 1 del MIDI, tale mancanza viene menzionata «sia in quanto è alla base dell’errore che determina la volontà circa l’unità, l’indissolubilità o la sacramentarietà del matrimonio (per es.: “Voglio un matrimonio che si possa sciogliere o che non sia sacramentale”), sia in quanto causa o motivo per escludere il matrimonio o una sua proprietà/elemento essenziale (per es.: “Escludo il bonum coniugum, i figli, l’indissolubilità, la sacramentalità”). Tuttavia, non si può negare che la fede personale abbia un ruolo importante nel matrimonio cristiano.

La fede si colloca allora non direttamente al livello della validità del matrimonio, ma a quello della sua fruttuosità [NdA (cf. Sacrosanctum concilium, n. 59)]. Occorre quindi un’evangelizzazione o una catechesi pre e post-matrimoniale, perché ogni persona possa celebrare il matrimonio non soltanto validamente, ma anche fruttuosamente.

Non per nulla papa Francesco, nell’allocuzione alla Rota Romana del 21 gennaio 2017, ha insistito sulla formazione dei giovani a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio[3], parlando di “un nuovo catecumenato”.

Il papa ha ribadito questa idea nella sua allocuzione alla Sacra Rota del 29 gennaio 2018 con queste parole: “Ho già avuto modo di raccomandare l’impegno di un catecumenato matrimoniale, inteso come itinerario indispensabile dei giovani e delle coppie destinato a far rivivere la loro coscienza cristiana, sostenuta dalla grazia dei due sacramenti, battesimo e matrimonio”.

Dopo aver insistito sul fatto che “matrimonio e famiglia sono il futuro della Chiesa e della società” e che “la fede è luce che illumina non solo il presente, ma anche il futuro”, papa Francesco ha ricordato la necessità di “favorire uno stato di catecumenato permanente, affinché la coscienza dei battezzati sia aperta alla luce dello Spirito”.

L’intenzione sacramentale non è mai frutto di un automatismo, ma sempre di una coscienza illuminata dalla fede, come il risultato di una combinazione tra umano e divino. In questo senso, l’unione sponsale può dirsi vera solo se l’intenzione umana degli sposi è orientata a ciò che vogliono Cristo e la Chiesa»[4].

[1] Su questo tema si rinvia al documento della Commissione Teologica Internazionale, Reciprocità tra Fede e Sacramenti nell’economia sacramentale, pubblicato il 3 marzo 2020, il cui testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa Sede (www.vatican.va). Cf. anche: D. Marrone, «Fede e matrimonio. Il matrimonio tra battezzati non credenti», in L’amico del Clero 104 (2022/5), 282-286. In questo articolo l’A. evidenzia come la crisi sacramentale che è in atto ha a che fare: «con un più generale smarrimento del senso di Dio che imperversa in Occidente, con la perdita dei significati simbolici o la sua riduzione a pura emotività, con un certo tramonto della dimensione festiva del tempo e della vita perlopiù ridotto a puro godimento estetico nello stordimento del consumismo, con l’emorragia della pratica credente soprattutto tra i giovani, con l’avanzare di un secolarismo individualista che induce alla dimensione comunitaria, con l’incomprensibilità di cui gesti e parole cristiane, e in generale la stessa ars celebrandi, sono vittime. I motivi di una tale crisi sono variegati e numerosi e in generale ci riferisce ai modelli culturali del secolarismo occidentale, a quel graduale svuotamento di significati, di domande, di speranze e di sogni cui ci conduce il principio della merce di scambio che regola la nostra società e che – come già affermava il teologo tedesco Metz – ci vuole rendere tutti “analfabeti felici”, “adatti alla routine” […] La crisi sacramentale, a ben vedere, è complessa e ha radici profonde e lontane e richiede una riflessione generale e approfondita di tipo ecclesiale e pastorale. Pastorale significa, a mio avviso, anzitutto mettere al centro di ogni riflessione il compito fondamentale della Chiesa di annunciare il vangelo del matrimonio e della famiglia alle donne e agli uomini del nostro tempo […] un aspetto così determinante per la solidità e verità del sacramento nuziale, richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intellegibile e reale in loro la relazione tra «foedus» («patto») e «fides» («fede»). Occorre passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, ad una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus elevato da Cristo a sacramento».

[2] «Tra le circostanze che possono consentire la trattazione delle cause di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve […] si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà»: Francesco, Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, 32.

[3] NdA: A tal proposito è stato saggiamente evidenziato come il tempo della preparazione al matrimonio debba essere «un tempo favorevole per rinnovare il proprio incontro con la persona di Gesù Cristo, con il messaggio del Vangelo e con la dottrina della Chiesa. La finalità di questa preparazione consiste, quindi, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e vivere la realtà del sacramento del matrimonio che intendono celebrare, perché, lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede […] È necessario promuovere nei nubendi la consapevolezza che l’esperienza antropologia del patto coniugale è portatrice di un riferimento teologale, così da non poter essere assunta integralmente senza la minima apertura al trascendente. Abbiamo un chiaro riferimento di tutto questo al n. 52 della Lumen fidei: “Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore umano con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede”»: D. Marrone, «Fede e matrimonio. Il matrimonio tra battezzati non credenti», 286.

[4] G-H. Ruyssen, «Mancanza di fede e nullità matrimoniale. La questione dei battezzati non credenti», in La Civiltà Cattolica II (2018), 444-445.