«COSÌ MARIA MONTESSORI COLTIVAVA LA SPIRITUALITÀ DEI PIÙ PICCOLI»

La maestra Anna Maria Pipoli racconta la pedagogista scomparsa 70 anni fa: «Attraverso i sensi portava i bambini a uno sviluppo, la stessa cosa avviene nella catechesi. Diceva che i fossero capaci di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali e portati naturalmente a conoscere Dio, a partire dall’ambiente che li circonda»

Laura Badaracchi
La Madonna della Seggiola troneggiava su una parete della prima Casa dei bambini fondata dalla Montessori. Il quadro ne divenne il simbolo e in seguito, in tutte le nuove Case dei Bambini sarà affissa una riproduzione. (c) Archivi della Association Montessori Internationale

La Madonna della Seggiola troneggiava su una parete della prima Casa dei bambini fondata dalla Montessori. Il quadro ne divenne il simbolo e in seguito, in tutte le nuove Case dei Bambini sarà affissa una riproduzione. (c) Archivi della Association Montessori Internationale

«Aiutaci, o Dio, a penetrare nel segreto del bambino, affinché possiamo conoscerlo, amarlo e servirlo secondo le Tue leggi di giustizia e secondo la Tua divina volontà». È una preghiera scritta non da una catechista o da una santa, ma dalla geniale Maria Montessori, laureata in medicina e specializzata in psichiatria, di cui il 6 maggio ricorrono i 70 anni dalla morte. Della sua passione educativa molto è stato detto, ma non altrettanto della sua profonda fede che l’accompagnò non solo nelle vicende personali, ma che ha irrorato e ispirato molti aspetti del suo metodo. Lo ricorda con dovizia di particolari ed episodi Martine Gilsoul, educatrice montessoriana di origine belga trapiantata a Roma, nella sua accurata biografia scritta in collaborazione con Charlotte Poussin e intitolata Maria Montessori. Una vita per i bambini, appena pubblicata da Giunti. «Una copia del celebre dipinto di Raffaello “La Madonna della Seggiola”, che troneggiava su una parete della prima “Casa dei bambini”, la sua prima scuola, ne divenne il simbolo. In seguito, in tutte le nuove Case dei Bambini sarà affissa una riproduzione del quadro. E per la sua grande apertura mentale, Maria pensava che non ci fosse incompatibilità tra il suo approccio razionale e la religione che sua madre le aveva trasmesso. Nelle conferenze e negli scritti, non esita a fare largo uso di esempi tratti dalla Bibbia, dalle vite dei santi e dai Padri della Chiesa. Era una donna profondamente spirituale, abitata dal senso del sacro», sottolinea Gilsoul.

«Nel 1922 Maria manifesta il desiderio di creare un Centro cattolico di formazione degli insegnanti e pubblica in Italia I bambini viventi nella Chiesa. Note di educazione religiosa. Nel 1931 vede la luce La vita in Cristo e nel 1932 La Santa messa spiegata ai bambini. I tre volumi, che avevano tutti ricevuto l’imprimatur, costituiscono un metodo di insegnamento religioso». Inoltre la Montessori criticava «il metodo tradizionale di insegnare la religione “con le parole”: riteneva infatti che la religione dovesse far parte della vita». Anche perché, come lei stessa scrive, «i bambini sono così capaci di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali, che la loro intuizione ci ha fatto pensare ad un periodo sensitivo religioso: la prima età sembra congiunta con Dio come lo sviluppo del corpo è strettamente dipendente dalle leggi naturali che lo stanno trasformando».

Lo ricorda con dovizia di particolari ed episodi Martine Gilsoul, educatrice montessoriana di origine belga trapiantata a Roma, nella sua accurata biografia scritta in collaborazione con Charlotte Poussin e intitolata Maria Montessori. Una vita per i bambini, appena pubblicata da Giunti. «Una copia del celebre dipinto di Raffaello “La Madonna della Seggiola”, che troneggiava su una parete della prima “Casa dei bambini”, la sua prima scuola, ne divenne il simbolo. In seguito, in tutte le nuove Case dei Bambini sarà affissa una riproduzione del quadro. E per la sua grande apertura mentale, Maria pensava che non ci fosse incompatibilità tra il suo approccio razionale e la religione che sua madre le aveva trasmesso. Nelle conferenze e negli scritti, non esita a fare largo uso di esempi tratti dalla Bibbia, dalle vite dei santi e dai Padri della Chiesa. Era una donna profondamente spirituale, abitata dal senso del sacro», sottolinea Gilsoul.

Maria Montessori a Londra nel 1951 visita la Gatehouse School dove utilizzano il suo metodo di insegnamento.(c) Archivi della Association Montessori Internationale

Maria Montessori a Londra nel 1951 visita la Gatehouse School dove utilizzano il suo metodo di insegnamento.(c) Archivi della Association Montessori Internationale

Così a Roma, dopo la sua morte, l’insegnante montessoriana Gianna Gobbi e la biblista Sofia Cavalletti hanno messo a punto La catechesi del Buon Pastore, rivolta ai bambini a partire dai 3 anni, adottata anche da tanti docenti di religione e di sostegno.

Come la 67enne Anna Maria Pipoli, per 42 anni maestra di scuola primaria a Foggia. «Maestra» vuole essere definita, anche ora che è in pensione e fa la formatrice montessoriana di altri colleghi: ha sposato il metodo montessoriano anche nelle ore di religione, sperimentando concretamente con materiali bidimensionali e tridimensionali che i bambini apprendono con estrema facilità il linguaggio e il significato delle parabole evangeliche, come la perla preziosa e il seme piantato nella terra, e restano affascinati dalla storia della salvezza, dai simboli presenti nella liturgia.

La tomba di Maria Montessori a Noordwijk nei Paesi Bassi.a Noordwijk (Paesi Bassi). (c) Archivi della Association Montessori Internationale

La tomba di Maria Montessori a Noordwijk nei Paesi Bassi.a Noordwijk (Paesi Bassi). (c) Archivi della Association Montessori Internationale

«I bambini erano sempre attenti e coinvolti, usando i materiali messi a loro disposizione: dalle sagome del pastore con l’ovile e le pecore al cofanetto con la perla preziosa, dal piccolo granello di senape al lievito messo nella farina sul tavolieri per fare il pane. «Siamo chiamati a spargere semi senza indagare e interrogare: nessuna verifica. È il tempo che dice cosa sei riuscita a trasmettere nel profondo, nel cuore del bambino. Siamo come i servi inutili del Vangelo», sottolinea la maestra. «Maria Montessori diceva che il bambino è portato naturalmente a conoscere Dio, a partire dall’ambiente che lo circonda. Attraverso i sensi portava i bambini a uno sviluppo, la stessa cosa avviene nella catechesi. Bisogna offrire materiali sensoriali per assorbire questi valori, anche con i diorami (riproduzioni di varie scene in scala ridotta, ndr): così nei bambini scaturisce il contatto con il loro maestro interiore. Si pongono loro delle domande, si chiede cosa ne pensano, si stimola l’interiorizzazione e autoanalisi senza portarli dove vogliamo noi. Possono esprimere i loro pensieri con disegni o durante il colloquio». Con un atteggiamento costante da adottare: «La pedagogia dell’attesa. Ce l’ha trasmessa Maria Montessori», convinta che i bambini fossero capaci «di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali».

Famiglia Cristiana

Maria Montessori: i 150 anni dalla sua nascita siano l’occasione per una memoria attiva, consapevole, che riporti al centro dell’attenzione i temi dell’educazione e della buona crescita dei bambini

La pedagogista, nata 150 anni fa, è stata una figura centrale del Novecento e premio Nobel per la Pace mancato. Mise al centro l’educazione alla libertà del bambino

La foto di Maria Montessori e un bimbo esposta al Vittoriano, a Roma, 9 dicembre 2011, in una mostra

La foto di Maria Montessori e un bimbo esposta al Vittoriano, a Roma, 9 dicembre 2011, in una mostra – Ansa/Ufficio Stampa Vittoriano

Per celebrare i 150 anni della nascita di Maria Montessori e soprattutto l’attualità del pensiero della pedagogista, originaria di Chiaravalle, nei pressi di Ancona, le Marche organizzano un convegno internazionale, promosso dalla Fondazione Chiaravalle Montessori, in partenariato con la società Eurocentro Srl Jesi e l’Università degli studi di Macerata. Con il titolo “Maria Montessori: un’aula grande come una regione” avrà luogo il 15 aprile a Macerata presso la Domus San Giuliano (via Cincinelli). Partecipano Paola Nicolini, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso la UNIMC, il pedagogista Daniele Novara (di cui pubblichiamo qui un intervento) del Cento psicopedagogico per la gestione dei conflitti di Piacenza, Mariana Norele e Daniela Veronica Necsoi della Transilvania University di Brasov, Howard Gardner in collegamenteo dalla università di Harvard dove è docente di Cognitivismo e Pedagogia alla facoltà di Scienze dell’Educazione, e la pedagogista Francesca Ciabotti.

La storia di Maria Montessori è esemplare: una delle prime donne a laurearsi in medicina, con non poche e ovvie difficoltà in un mondo completamente dominato dagli uomini, si impegnò da subito nel movimento di emancipazione femminile e iniziò le sue attività professionali nel settore che all’epoca si definiva “dei deficienti”, quello che oggi chiameremmo “delle malattie mentali e psichiatriche”.

Lavorò a fianco di Giuseppe Montesano con cui ebbe una relazione (mai sfociata nel matrimonio), dalla quale nacque un figlio quando lei aveva 28 anni. In accordo con il collega e padre del bambino, questi venne affidato a una famiglia dell’Agro Pontino. Questa sofferenza segnò inequivocabilmente la sua vita e il suo interesse si spostò completamente verso i bambini. In questo settore, applicò quello che era lo spirito dei tempi dal punto di vista scientifico: positivista e molto concreto. Recuperò i materiali di Édouard Séguin e Jean Itard, che avevano lavorato tantissimo con i bambini cosiddetti “deficienti” agli inizi dell’Ottocento, in piena rivoluzione illuministico– rousseauiana, e su quella base costruì i suoi straordinari materiali con cui ottenne risultati favolosi proprio nell’alfabetizzazione dei bambini ritardati. Risultati che all’inizio del Novecento lasciarono sbigottiti alcuni importanti rappresentanti della borghesia romana dove la Montessori fece i primi esperimenti e che le consentirono di aprire, nel 1907, la famosa Casa dei Bambini nel quartiere San Lorenzo.

Qualche anno dopo (1912), pubblicò il suo Metodo, una grande opera pensatissima con tutti i dispositivi, i materiali e l’organizzazione delle sue scuole che nel frattempo avevano incominciato a diffondersi in tutto il mondo. Durante l’epoca fascista, Mussolini cercò di “appropriarsi” di Maria Montessori, vista la sua fama internazionale, ma l’operazione fallì: è un metodo che con il dispotismo non può avere alcuna affinità. Venne il momento in cui fu costretta a lasciare l’Italia. Un regime totalitario non vuole avere scuole dove i bambini vengono rispettati come individui pensanti perché potrebbero costituire un pericolo per il sistema. Per la stessa ragione in Spagna durante la dittatura franchista e nella Germania di Hitler non ci sono state scuole montessoriane.

Vale la pena ricordare i basilari scientifici e pedagogici su cui si basa la rivoluzione di Maria Montessori: 1. Il bambino e la bambina rappresentano le basi della vita umana, ossia delineano le condizioni perché risulti degna di essere vissuta. Fare le cose giuste da piccoli, almeno nei primi sei anni, rappresenta quella che anche i grandi scienziati hanno definito la costruzione di una “base sicura”. La Montessori lo intuì in un’epoca in cui l’attenzione ai bambini non era quella che promuoviamo oggi. 2. Per far crescere bene i bambini ci vuole metodo e lei ne inventò uno basato sulla costruzione di un ambiente dove i piccoli possono fare esperienza e dove gli adulti sostengono queste esperienze senza sostituirsi, e dove la sensorialità costruisce l’apprendimento.

Le famose letterine smerigliate ne rappresentano un esempio straordinario, così come i materiali concreti utilizzati in matematica (i fuselli e i gettoni in legno, le aste numeriche, le perle dorate). 3. La libertà: l’introduzione del tema della libertà nel sistema educativo fu una novità forte. Un secolo prima, Rousseau l’aveva dichiarato nell’Émile, ma la Montessori lo concretizzò in un metodo: sono i bambini che scelgono cosa fare, cosa non fare e come organizzarsi.

Ha sempre ripetuto due cose: «voglio andare in una Casa dei Bambini e non accorgermi della presenza delle maestre» e il famosissimo «Aiutami a fare da solo», la sintesi perfetta dello spirito montessoriano nella logica che la libertà è sempre formativa. Ricordiamo Maria Montessori a 150 anni dalla nascita, avvenuta il 31 agosto 1870, ma anche la crisi della pedagogia che stiamo vivendo, quella buona, non quella dei baroni e delle accademie, quella pratica che organizza i processi educativi e di apprendimento. L’Italia sta subendo gravi conseguenze, sia sul piano scolastico che su quello genitoriale, per la mancanza di una scienza riconosciuta che regoli questi processi.

Per capirla fino in fondo bisogna andare sulla sua tomba, in Olanda a Noordwijk sul Mare del Nord. Aveva chiesto di essere sepolta dove fosse morta, dichiarando da sempre di sentirsi cittadina del mondo. E quel giorno, il 6 maggio 1952, a 82 anni, si trovava lì nella casa di vacanza del figlio Mario che l’aveva seguita per tutta la vita. Le parole che compaiono sulla sua pietra non lasciano dubbi sulla costante missione di questa grande scienziata: “Io prego i cari bambini, che possono tutto, / di unirsi a me per la costruzione della pace / negli uomini e nel mondo”.

Candidata due volte al Nobel per la Pace, non le fu mai attribuito, lasciando un vulnus enorme nella storia di questo prestigioso Premio, mai consegnato a figure del mondo educativo. Che i 150 anni dalla sua nascita siano l’occasione per una memoria attiva, consapevole, che riporti al centro dell’attenzione i temi dell’educazione e della buona crescita dei bambini

da Avvenire