15 Agosto: Maria rappresenta la riuscita perfetta della redenzione

di Inos Biffi

Maria, quando è assunta in cielo in anima e corpo, non viene sottratta alla Chiesa e all’umanità. Compiutamente redenta e resa conforme al Signore risorto, la sua divina maternità si espande dal Figlio Gesù a tutti i suoi discepoli. Anzi l’intera umanità ritrova in lei la madre di tutti i viventi. È Gesù stesso che, come per solenne decisione testamentaria, fa questo dono dall’alto della croce, quando dice alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” e a Giovanni: “Figlio, ecco tua madre!” (Giovanni, 19, 26-27). La fede di Maria, espressa dall’inizio col suo “sì” alla Parola di Dio, si consuma sul Calvario nella comunione con la passione e la morte del Figlio, quando si avvera la drammatica profezia di Simeone: “e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca, 2, 35) e in questa sua passione diviene la nuova Eva. La Vergine, nel suo silenzio, accoglie questa volontà del Figlio, che chiama i suoi discepoli a fruire della stessa tenerezza e premura da lui goduta nella sua vita terrena. Dall’assunzione sarà presente nella Chiesa lo stesso abbraccio, che consacra ogni gioia e ogni cura materna, divenendone il modello.
Alle nozze di Cana, Maria, già chiamata da Gesù col termine “Donna” (Giovanni, 2, 4), dice ai servitori: “Qualunque cosa vi dica, fatela” (ivi, v. 5), e, grazie al suo intervento, Gesù inizia i suoi segni e l’epifania della sua gloria. L’opera della Vergine gloriosa, che rappresenta la riuscita perfetta ed esemplare della redenzione, non intralcia e non oscura la signoria del Figlio; essa è invece tutta al suo servizio. Maria nella Chiesa è l'”ancella” esemplare del Vangelo, prossima a ogni credente, anzi a ogni uomo, perché divenga discepolo di Cristo.
La sua condizione celeste l’ha resa vicina. Per l’immaginazione l’essere nella gloria potrebbe far pensare alla lontananza da quanto esiste ancora nel tempo; è vero l’opposto: la gloria include il tempo, lo sovrasta e insieme lo abbraccia. Le apparizioni della Vergine sono come l’affacciarsi e l’insinuarsi singolare e in qualche misura visibile della sua gloria dentro i nostri confini, segnati dallo spazio e avvolti dal tempo: confini paragonabili a un velo sottile che in quel caso si apre al mondo celeste, cioè al mondo del Signore risorto e dei suoi santi. La gloria del cielo è sottratta alle successioni cronologiche e non c’è limite che la contragga; anzi, essa già attrae il nostro mondo terreno, infinitamente meno vero e consistente, e si rivelerà alla fine dei secoli. Per questo diciamo che Maria, assunta nella gloria, ci è quaggiù maternamente vicina, ed è possibile volgere a lei una tacita preghiera o anche soltanto uno sguardo affettuoso, che fa scaturire la gioia e il pianto. E qui viene in mente La Vierge au midi, la più incantevole e toccante delle poesie di Paul Claudel dedicate a Maria: “È mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare. / Madre di Gesù Cristo, non vengo a pregare. / Non ho nulla da offrire e nulla domandare. / Vengo solo, o Madre, per guardarvi. / Guardarvi, piangere di gioia, sapere / che io sono vostro figlio e che voi siete lì. / Solo per un momento mentre tutto si ferma / Mezzogiorno! / Essere con voi, Maria, in questo luogo dove voi siete. / Non dire nulla, guardare il vostro viso, / Lasciare cantare il cuore nel suo linguaggio”.
In questo suo sguardo intenso e prolungato, il poeta soprattutto contempla la bellezza di Maria. Lo rapisce il suo candore di creatura incontaminata, plasmata in grazia dalle mani del Creatore. Egli ringrazia la Vergine: “Perché siete bella, perché siete immacolata, / la donna nella Grazia finalmente ridonata”. La ringrazia perché essa è “La creatura nel suo onore dell’inizio e nel suo ultimo dispiegarsi, / qual è uscita da Dio il mattino del suo splendore originale”; perché è “La donna, l’Eden dell’antica tenerezza dimenticata / il cui sguardo trova subito il cuore e fa piangere le lacrime accumulate”.
In questa ammirazione di Maria “ineffabilmente intatta”, innalzata al cielo e divenuta compagna sulla terra, le parole diventano superflue e restano spente. Subentra al loro posto un quieto silenzio, colmo di dolcezza e rigato di pianto, che son poi i sentimenti che più si confanno dinanzi a tutti i misteri della salvezza.

(©L’Osservatore Romano 13-14 agosto 2012)

Assunzione della Beata Vergine Maria 15 agosto

L'Immacolata Vergine, preservata immune da ogni colpa originale, finito il corso della sua vita, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell'universo, perché fosse più pienamente conforme al Figlio suo, Signore dei dominanti e vincitore del peccato e della morte'. (Conc. Vat. II, 'Lumen gentium', 59). L'Assunta è primizia della Chiesa celeste e segno di consolazione e di sicura speranza per la chiesa pellegrina. La 'dormitio Virginis' e l'assunzione, in Oriente e in Occidente, sono fra le più antiche feste mariane. Questa antica testimonianza liturgica fu esplicitata e solennemente proclamata con la definizione dommatica di Pio XII nel 1950. (Mess. Rom.) Martirologio Romano: Solennità dell’Assunzione della beata Vergine Maria, Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo, che, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta anima e corpo nella gloria celeste. Questa verità di fede ricevuta dalla tradizione della Chiesa fu solennemente definita dal papa Pio XII. Maria compare per l'ultima volta negli scritti del Nuovo Testamento nel primo capitolo degli Atti: Ella è in mezzo agli apostoli, in orazione nel cenacolo, in attesa della discesa dello Spirito Santo. Alla concisione dei testi ispirati, fa riscontro l'abbondanza di notizie sulla Madonna negli scritti apocrifi, soprattutto il Protovangelo di Giacomo e la Narrazione di S. Giovanni il teologo sulla dormizione della santa Madre di Dio. Il termine "dormizione" è il più antico che si riferisca alla conclusione della vita terrena di Maria. Questa celebrazione venne decretata per l'Oriente nel VII secolo con un decreto dell'imperatore bizantino Maurizio. Nello stesso secolo la festa della Dormizione viene introdotta anche a Roma da un papa orientale, Sergio I. Ma trascorse un altro secolo prima che il termine "dormizione" cedesse il posto a quello più esplicito di "assunzione". La definizione dogmatica, pronunciata da Pio XII nel 1950, dichiarando che Maria non dovette attendere, al pari delle altre creature, la fine dei tempi per fruire anche della redenzione corporea, ha voluto mettere in rilievo il carattere unico della sua santificazione personale, poiché il peccato non ha mai offuscato, neppure per un solo istante, la limpidezza della sua anima. L'unione definitiva, spirituale e corporea, dell'uomo con il Cristo glorioso, è la fase finale ed eterna della redenzione. Così i beati, che già godono della visione beatifica, sono in certo senso in attesa del compimento della redenzione, che in Maria era già avvenuta con la singolare grazia della preservazione dal peccato. Alla luce di questa dottrina, che ha il suo fondamento nella Sacra Scrittura, nel cosiddetto "Protoevangelo", contenente il primo annunzio della salvezza messianica dato da Dio ai nostri progenitori dopo la colpa, Maria viene presentata come nuova Eva, strettamente unita al nuovo Adamo, Gesù. Gesù e Maria sono infatti associati nel dolore e nell'amore per riparare la colpa dei nostri progenitori. Maria è dunque non solo madre del Redentore, ma anche sua cooperatrice, a lui strettamente unita nella lotta e nella decisiva vittoria. Quest'intima unione richiede che anche Maria trionfi, al pari di Gesù, non soltanto sul peccato, ma anche sulla morte, i due nemici del genere umano. E come la redenzione di Cristo ha la sua conclusione con la risurrezione del corpo, anche la vittoria di Maria sul peccato, con la Immacolata Concezione, doveva essere completa con la vittoria sulla morte mediante la glorificazione del corpo, con l'assunzione, poiché la pienezza della salvezza cristiana è la partecipazione del corpo alla gloria celeste.

Autore: Piero Bargellini / santiebeati.it

Lunedì 15 agosto alle 11 il tradizionale pontificale del Vescovo con le comunità del Centro storico

Nel Giubileo della nostra Cattedrale ci piace proporre questa tela di Francesco Vellani (secolo XVIII), che per lungo tempo, fino al 2006, è rimasta esposta alla contemplazione dei reggiani in fondo al coro del Duomo, prima di essere sostituita da quella di Federico Zuccari (secolo XVII) e di tornare alla sua destinazione originale, l’altare della cappella delle reliquie.
Il dipinto si discosta dai canoni classici, che prevedono la presenza degli Apostoli attorno alla tomba scoperchiata. Qui è raffigurato invece l’Angelo della Risurrezione, che ci indica Maria, Colei che «brilla come segno di sicura speranza e consolazione per il popolo di Dio in cammino» (Lumen Gentium, 68).
(dalla prima pagina de La Libertà del 6 agosto 2011)