Don Milani e la Chiesa, don Milani e la scuola, don Milani e la pace

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Mario Lancisi, giornalista e scrittore fiorentino, continua a farci riflettere su Don Milani. La conoscenza della vita e degli scritti del priore di Barbiana è arricchita, in questo nuovo racconto, da ciò che nel frattempo è stato pubblicato, in particolare TUTTE LE OPERE raccolte in due tomi dei “Meridiani” Mondadori – edite sotto la direzione di Mari Melloni – e la ricerca dagli archivi di famiglia che hanno consentito alla pronipote Valeria Milani Comparetti di ricostruire i rapporti tra don Milani e il padre (Don Milani e suo padre, carezzarsi con le parole – Ed. Conoscenza). Nuova occasione di confronto e di approfondimento è il centenario dalla nascita, avvenuta il 27 maggio 1923.

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Don Milani e la Chiesa, don Milani e la scuola, don Milani e la pace. Attorno a questi tre snodi del percorso di vita e di fede del prete fiorentino – ebreo per parte di madre, arrivato alla fede cristiana a vent’anni –, l’autore ci offre un racconto vivo e coinvolgente, grazie al quale c’è da sperare che continui a crescere nella Chiesa e nella società italiane il numero di quanti possono trovare nel priore di Barbiana occasioni di conoscenza storica, motivi di seri esami di coscienza e generosi impegni. C’è davvero bisogno che il milaniano “I CARE” continui a interpellarci come cristiani e come cittadini.

Lasciando ad altri di approfondire la figura del maestro, mi vorrei qui soprattutto fermare sul percorso del sacerdote, su don Milani e la Chiesa: chi è ed è stato don Lorenzo per la Chiesa e che cosa è stata la Chiesa per lui. Forse è più giusto dire “la Chiesa di don Milani” (parallelamente, altri potranno riflettere grazie al testo di Lancisi su “la scuola di don Milani” e anche “la pace secondo don Milani”), perché in tutto ciò di cui si è occupato non è mai stato un esecutore di programmi e di attività prestabilite, ma soprattutto un soggetto creativo, propositivo, provocatore di novità, totalmente libero e totalmente dedito alla sua missione.

Il suo modo di fare e di essere diede luogo a tensioni, incomprensioni e scontri con le autorità curiali e altri soggetti sia ecclesiali che laici, ma sia la ricostruzione storica che il confronto con gli attuali scenari ecclesiali e civili ce lo confermano nella statura del “profeta”, a cui il titolo del volume aggiunge “disobbediente”. Come certamente egli appare, ma chi riesce almeno un po’ a entrare in sintonia con la sua anima di conquistato dal Vangelo, con la sue altissime qualità intellettuali e anche con il suo spirito libero (da ebreo convertito e da toscano verace) si troverà davanti, al di là dei contrasti e delle polemiche, al suo desiderio e addirittura al suo bisogno di sentirsi accolto nella Chiesa come figlio fedele, obbediente e pienamente ortodosso quanto alla dottrina, alla prassi pastorale, alla predicazione e soprattutto totalmente speso per il bene delle persone a lui affidate. Quante volte, di fronte a richiami o addirittura a sanzioni, chiede in tutti i modi che gli venga detto con precisione in che cosa ha mancato, dove ha deviato.

Per questo si preoccupò che le ESPERIENZE PASTORALI uscissero con l’imprimatur della Chiesa fiorentina e con la presentazione di un vescovo.

Dal libro apprendiamo che Giorgio La Pira, legato a don Milani da un rapporto di amicizia e condivisione di ideali sia religiosi che civili, cercò come prefatore addirittura Montini, allora arcivescovo di Milano, per poi ripiegare sul vescovo di Camerino D’Avach (quella prefazione merita ancora di essere letta).

L’imprimatur del card. Dalla Costa non valse a evitare il ritiro dal commercio che, dopo l’iniziale favorevole accoglienza di vari organi di stampa e di ambienti sia cattolici che laici – tra cui una lettera personale di apprezzamento da parte del presidente emerito Luigi Einaudi –, fu decretato dal Sant’Uffizio e comunicato a don Milani da Florit, a quel tempo ancora vescovo ausiliare e che però ebbe un ruolo non secondario nello sviluppo della vicenda.

Lancisi parla addirittura di «trame di Florit, in un susseguirsi di scambi tra Firenze e il Vaticano». E costruisce nei dettagli come la “condanna” fu il risultato di un fuoco di fila di letture e di giudizi parziali o malevoli – tra cui spicca una recensione della Civiltà Cattolica – e di un ritratto negativo del prete fiorentino, sottolineandone anche l’origine ebrea, circolanti negli ambienti vaticani più ostili al rinnovamento ecclesiale.

Qualche anno dopo a Florit (nel frattempo diventato arcivescovo e cardinale) che gli scrive e gli manda dei soldi per le sue necessità, insieme ai ringraziamenti don Lorenzo risponde: «mi fanno piacere più di tutti gli altri perché i ragazzi mi vedono tangibilmente legato alla Chiesa che da ventidue anni servo come un cane fedele». Aggiungendo il desiderio che sia annullato il decreto contro le Esperienze non perché gli importi ormai più del libro, ma come un gesto riparatore verso i suoi ragazzi.

Era una sua costante preoccupazione che non si pensasse di lui come un prete punito dalla Chiesa (incluso l’esilio a Barbiana) per aver commesso chissà quali nefandezze. E, comunque, i rapporti con Florit restarono di un’incomprensione profonda che, al di là dei duri scontri di cui Lancisi dà conto, troviamo riassunta in questa frase rivolta dal prete al cardinale: «Sa qual è la differenza, eminenza, tra me e lei? Io sono avanti di cinquant’anni».

A quasi cinquant’anni esatti da quelle parole, Francesco è salito a Barbiana. Il papa venuto dalla periferia del mondo aveva già rivelato di conoscere bene Milani, che in un discorso alle scuole cattoliche aveva definito «un grande educatore italiano».

Il 20 giugno del 2017 il papa, dopo essere stato a Bozzolo sulla tomba di don Mazzolari, sosta sulla tomba del priore e afferma: «la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa».

Don Lorenzo profeta, dice Lancisi. Cioè anticipatore della “Chiesa in uscita”, come quella che sognava quando, per una processione alla quale pochi partecipano e molti assistono a distanza (come da foto nelle Esperienze), mette a confronto due preghiere: quella dell’anziano parroco che dice a Dio «Perdonali, perché non sono qui con te» e quella del giovane cappellano: “Perdonaci, perché non siamo là con loro».

Anticipatore del Concilio, afferma mons. Castellucci in Don Milani e il Concilio (EDB): rispetto all’opinione secondo cui il prete fiorentino «non è stato toccato dalla dottrina del Vaticano II o addirittura aveva elaborato e mantenuto un pensiero distante da quello conciliare», per il vescovo di Modena egli «non ha avuto bisogno di evoluzioni sostanziali perché anticipava alcuni tratti fondamentali dell’impostazione dottrinale e pastorale del Vaticano II».

L’atteggiamento missionario del pastore don Milani è attestato dalla sua costante attenzione ai piccoli, agli emarginati, ai “senza parola”.

Proprio a proposito del primato della parola, Lancisi cita il card. Martini, per il quale il priore di Barbiana «ha colto la parola nella sua pregnanza biblica, nella sua potenza creativa, che in Esperienze pastorali chiama la sua dignità vivificatrice (…) la parola che fa essere uomo. L’uomo è ciò che è per la parola».

Per stare con i poveri, dalla loro parte, Milani sentiva come una macchia lo stigma della ricchezza come quando, ancora seminarista, nell’estate trascorsa nella villa di campagna era “il signorino”. Ma ciò voleva dire prendere le distanze da ogni tipo di alleanza col potere che non mette al primo posto i diritti dei poveri, quella che per La Pira era «l’attesa della povera gente».

Il rapporto tra Don Milani e La Pira si colloca in quella fioritura ecclesiale e civile sbocciata a Firenze sul finire degli anni ’50, in qualche modo precorrendo novità laiche (il centrosinistra) e religiose (il Concilio) grazie a figure di ecclesiastici del calibro di Turoldo, Balducci, Barsotti, Bartoletti, Facibeni e di laici quali (oltre La Pira) Meucci, Gozzini, Bernabei, Pistelli… Un mondo che Lancisi aveva già ricostruito nella sua precedente pubblicazione I FOLLI DI DIO e contro cui il cosiddetto partito romano – un misto di destra cattolica e destra democristiana – si preoccupò «di fare terra bruciata intorno a La Pira».

Il libro è ricco di memorie e interviste interessanti, che offrono significativi punti di osservazione da parte di persone che, in vario modo, si confrontarono o si coinvolsero con la complessa vicenda milaniana: Indro Montanelli che, pur dissentendo su molte cose, tuttavia si domandava che cosa la Chiesa aspettasse a farlo santo; Adele Corradi, che da insegnante vecchia maniera si convertì alla scuola di Barbiana fino a diventare braccio destro del priore; Francuccio Gesualdi, uno dei ragazzi a cui don Lorenzo fece da padre e dei quali scrisse nel testamento «ho voluto più bene a voi che a Dio»; Nadia Neri, oggi psicanalista affermata e gran conoscitrice di Etty Hillesum, che ricorda l’attenzione con cui don Lorenzo, ormai in una fase avanzata della malattia, scrisse a lei diciannovenne una bellissima lettera, che è un condensato della propria vita: «Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come un premio. Ti toccherà trovarlo per forza, perché non si può far scuola senza una fede sicura. È una promessa del Signore…».

  • MARIO LANCISIDon Milani – vita di un profeta disobbediente, Terra Santa Edizioni 2023, pp. 352, € 26,00,  EAN: 9791254710593.

settimananews.it

Scaffale basso. Shoah, continuare a raccontare per non perdere la memoria

avvenire.it

LA BIBLIOTECARIA DI AUSCHWITZ. SALVA RUBIO E LORETO AROCA; IL CASTORO;15,50 EURO

Fin dall’infanzia Dita era come stregata dai libri. Per lei leggere è sempre stato indispensabile, come respirare, bere, dormire. È solo una ragazzina, e la sua biblioteca già zeppa di volumi, quando viene deportata ad Auschwitz con i genitori, che non sopravviveranno allo sterminio. Al campo i libri sono proibiti ma nascostamente e a rischio della vita alcuni, pochissimi, circolano tra i prigionieri. È così che Dita si offre di prendersene cura, e diventa la bibliotecaria di Auschwitz, organizzando letture clandestine che diventano piccole ma preziose fughe con la fantasia dalle privazioni e gli orrori quotidiani, i dispiaceri per le famiglie separate, la fame, le malattie, le violenze inaudite – sopra tutte gli esperimenti del terribile dottor Mengele – e ancora le uccisioni di massa nelle camere a gas. Ispirato alla storia vera di Dita Kraus, una delle ultime sopravvissute all’Olocausto ancora in vita, e basto sul romanzo di Antonio Iturbe, “La bibliotecaria di Auschwitz”, questo graphic novel parla ai più giovani di una vita che ha saputo brillare anche nella disperazione e di una tragedia che va continuamente raccontata perché non se ne perda la memoria. Dai 13 anni

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IN CERCA DI GIORNI FELICI. ANA NOVAC; MONDADORI; 16,50 EURO

Un mozzicone di matita smangiucchiato trovato nel fango del campo di Auschwitz, pezzi di carta staccati dai manifesti, girati, ritagliati e nascosti con una cura ossessiva dentro gli zoccoli, persino una foglia di cavolo ingiallita: tanto è bastato alla quattordicenne ebrea ungherese Ana Novac per riuscire a tenere un diario segreto, un raccontare per provare la propria esistenza, per annotare la rabbia e il dolore per quello straccio di vita spietata patita al campo. Un modo per resistere, nonostante la fame, il freddo, le malattie, il sudiciume, le prepotenze e le umiliazioni. Per un anno Ana si è sentita viva solo grazie a questo diario che in qualche modo ha rappresentato il suo bisogno di inseguire i fatti, da quelli più semplici a quelli più strazianti, per farne memoria. Sopravvissuta allo sterminio, Ana ci ha lasciato queste pagine sul lager come una testimonianza da opporre a chi può pensare che Auschwitz sia una vecchia leggenda, e perché quello che è accaduto lì non debba mai più ritornare. Dai 13 anni

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#ANNEFRANK- VITE PARALLELE. SABINA FEDELI E ANNA MIGOTTO; UP FELTRINELLI; 13 EURO

Il 4 agosto 1944, nazisti e poliziotti olandesi facevano irruzione ad Amsterdam nel nascondiglio segreto dei Frank che venivano arrestati, insieme ad altri quattro altri ospiti della casa, e deportati. Anne scompare nel nulla come oltre un milione e mezzo di bambini e ragazzini come lei. Sarebbe morta a Bergen-Belsen di tifo, appena dopo la sorella Margot, nel febbraio del 1945. La giovane vita di Anne incrocia quella di Caterina, una ragazzina riflessiva e intraprendente dei nostri giorni che, quando legge con la sua classe il Diario ne resta colpita e sente che quella tredicenne le assomiglia. Mentre mille domande cominciano a martellarle in testa, Caterina sente urgente il bisogno di saperne di più e capire le ragioni profonde di quel che era successo agli ebrei durante il nazismo. Di toccare quella sofferenza. Decide quindi di partire da sola, zaino in spalla e cellulare pronto a documentare tutte le tappe, per attraversare mezza Europa e raggiungere il campo dove erano morte Anne e Margot. Ma per lei è anche l’occasione di incontrare cinque donne: Arianna, Sara, Andra, Tatiana ed Helga tutte deportate da bambine o da adolescenti, come Anne, ma sopravvissute alla Shoa. Tutte legate da una memoria dolorosa che le ha rese testimoni. Il libro è liberamente tratto dal documentario “#AnneFrank-Vite Parallele” con il premio Oscar Helen Mirren, scritto e diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto. Dai 13 anni

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SOTTO FALSO NOME. FREDIANO SESSI; EINAUDI RAGAZZI; 12 EURO

Uno scambio di identità. Un atto di coraggio e di generosità da un’amica a un’amica, un’intera famiglia ebrea che si salva da deportazione e morte sicura. Scrittore mantovano, traduttore, docente di sociologia a Brescia oltre che studioso appassionato di storia della seconda Guerra mondiale, della Resistenza e della deportazione degli ebrei, Frediano Sessi racconta come un romanzo una storia semplice, vera e dimenticata, ricostruita attraverso testimonianze e documentazioni. Tutto incredibilmente succede tra il settembre 1943 e l’aprile 1945 a Mantova al numero sei di viale Gorizia. Qui Francesco e Luisa Rampi che hanno già una bambina, Maria Anita, decidono di lasciare il loro appartamento a una famiglia di amici ebrei che ne fa, alla luce del sole, il proprio nascondiglio: sono Lilli Gizelt, il suo fidanzato e altre tre persone in fuga da Fiume, dove tedeschi e fascisti avevano messo in atto una feroce persecuzione e deportazione di ebrei. Lo scambio non si era limitato all’appartamento, ma comprendeva il cognome stesso: è stato così che i Gizelt sono diventati i Rampi. All’epoca Francesco Rampi era militare in Sardegna mentre Luisa Rampi lasciando la casa di Mantova aveva deciso di raggiungere la madre, anche lei a Fiume. La città dove era nata e dove aveva conosciuto Lilli, la sua più cara amica e compagna di studi. Va da sé che quell’operazione comportava un grande rischio per tutti, per i protagonisti e per i vicini di casa che in silenzio e con la loro solidarietà furono di grande aiuto. Tutti hanno dimostrato quanta differenza possano fare le scelte di ognuno, anche dentro una grande follia collettiva, come è stato il nazifascismo. Dai 13 anni

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IL RIFUGIO SEGRETO. LUCA AZZOLINI; DEAGOSTINI; 13,90 EURO

Un vecchio edificio come tanti sul Prinsengracht, il canale che attraversa Amsterdam: al 263 c’è un modesto edificio a tre piani, annesso ai magazzini sul retro del fabbricato. È un giorno di luglio del 1942, piove a dirotto: è il giorno in cui una famiglia ebrea costretta a nascondersi dalle persecuzioni naziste e dalla deportazione, entra in un piccolo appartamento mansardato trasformato in rifugio segreto. Sono i Frank. Con loro anche altre tre persone, i Van Pels. Al sottotetto si accede da una scala ripida, la porta è nascosta dietro una libreria mobile. Ma nessuno deve sapere chi abita al di là; vietato affacciarsi alle finestre, vietato fare rumore, perché nei piani sotto ci sono gli uffici e qualcuno potrebbe insospettirsi. In questa casa, la tredicenne Anne scriverà il suo Diario, rivolgendosi all’amica immaginaria Kitty, confidandole pensieri, sogni, paure e speranze in un mondo davvero migliore. A raccontare questa storia, fatta di una quotidianità inquietante è proprio l’alloggio in cui Anne e gli altri sono vissuti in clandestinità due anni. Fino a quel 4 agosto 1944 in cui gli uomini della Gestapo, fanno irruzione urlando e arrestano tutti quanti. Pochi giorni prima Anne aveva scritto nel Diario: “Ecco che cos’è difficile in quest’epoca: gli ideali, i sogni e le belle aspettative non fanno neppure in tempo a nascere che già vengono colpiti e completamente devastati dalla realtà piú crudele. È molto strano che io non abbia abbandonato tutti i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili. Invece me li tengo stretti, nonostante tutto, perché credo tuttora all’intima bontà dell’uomo”. Dai 12 anni

Libri in podcast IN 36 EPISODI IL MEGLIO DELLA LETTERATURA ITALIANA E INTERNAZIONALE

Guido, cammino, cucino e ascolto libri- Sette
(DIRE) Napoli, 17 dic. – “Libri in 3 minuti” è il titolo del nuovo progetto audio indipendente firmato Podcastory. Dedicato al meglio della produzione letteraria mondiale di tutti i tempi è un racconto immersivo attraverso la storia dell’umanità che si evolve grazie all’intreccio di culture e civiltà diverse. Una sorta di sinossi editoriale narrata dalle voci di attori professionisti e doppiatori di fama come Giuppi Izzo e Christian Iansante.

“Libri in 3 minuti”, si legge nella nota di presentazione, utilizza tecnologie aggiornate e un mezzo fortemente attrattivo e coinvolgente come il podcast per rendere la cultura letteraria maggiormente fruibile e accessibile in maniera pop e snackable e invitare gli ascoltatori a leggere e rileggere i fondamenti della cultura, scoprirne la bellezza e comprenderne l’importanza con l’obiettivo di stimolare creatività e fantasia e facilitare la costruzione di un pensiero critico che si appoggi a una sempre più ampia conoscenza.

I 36 episodi del podcast “Libri in 3 minuti” potranno essere ascoltati gratuitamente ogni martedì fino al 18 luglio su Spreaker, Spotify, Amazon Music, Apple Podcast e Google Podcast e su Podcastory App (applicazione gratuita disponibile su App Store e Google Play). L’uscita del podcast è accompagnata da un divertente quiz sul profilo Instagram @podcastory_it che metterà alla prova i follower sulla conoscenza delle trame dei romanzi della letteratura più conosciuti.

Questo il link all’ascolto: https://www.spreaker.com/show/libri-in-tre-minuti

Annie Ernaux “Nei miei libri c’è tanto cinema italiano”

Premio Nobel a Festa Roma con docu nato da filmini famigliari

(ANSA) – ROMA, 22 OTT – Il cinema italiano “è fra quelli che mi hanno più segnato e ispirato.

Penso a film come il posto di Olmi di cui parlo nel mio libro L’evento.

Un altro film molto importante per me è stato La strada di Fellini, che ho visto da giovane. Mi sono resa subito conto di quanto il cinema italiano parlasse attraverso il realismo. Mi colpiva molto di più di quello francese che trovavo spesso troppo al di sopra delle cose che raccontava e troppo parlato”. Lo dice la scrittrice francese Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura 2022 alla Festa del Cinema di Roma, dove ha incontrato il pubblico dopo la presentazione di Annie Ernaux: I miei anni Super-8, documentario da lei realizzato insieme al figlio David Ernaux-Briot (con lei protagonista dell’incontro) che sarà distribuito prossimamente in Italia da I Wonder Pictures.
Un viaggio nel tempo attraverso i filmini famigliari senza voce in super 8, girati dagli Ernaux tra il 1972 e il 1981, che prendono vita nel testo sul filo dei ricordi scritto dall’autrice, anche voce narrante. Il legame tra cinema italiano e letteratura della scrittrice c’è anche per uno dei suoi romanzi più celebri, Gli anni: “Una fonte d’ispirazione è stata Ballando ballando di Scola. Dopo aver visto il film mi è venuta l’idea di scrivere un libro con quel tipo di racconto, ma mi serviva la formula giusta. La scelta è stata di utilizzare quello che avevo sentito dire durante la mia infanzia”.
Arrivano anche le domande del pubblico, fra le quali una su quale libro di un altro autore avrebbe voluto scrivere: “Avrei risposto facilmente 30 anni fa, oggi è più difficile. E’ come se invecchiando sentissi che il mio percorso sarebbe potuto essere solo in una direzione, un po’ come in quel libro di Kafka (il processo, ndr) dove si apre per uno dei personaggi una porta destinata solo a lui. Tra i libri che ho ammirato di più ad esempio c’è Le cose di Georges Perec ma questo non vuol dire che avrei voluto scriverlo io”. Fra le domande invece per il figlio della scrittrice c’è quella su come lui abbia reagito alla notizia del Nobel: “E’ stata una cosa molto naturale non c’è voluto molto per abituarsi – dice sorridendo – anche perché lo considero pienamente meritato”. (ANSA).

(segnalazione web a cura di Turismo Culturale – https://viagginews.blogspot.com/