Ritorno in Albania: Storie di chi ce la fa «L’esperienza all’estero una risorsa per il Paese»

 DAL NOSTRO INVIATO A SCUTARI (ALBANIA) GIOVANNI RUGGIERO

In ‘rruga’ don Bosco ufficio delle Acli-Ipsia per formare, assistere e attivare i bandi per trovare i fondi d’inizio attività

L’inaugurazione del Centro catechistico di Scutari realizzato con l’aiuto di imprenditori ex immigrati

C’è un piccolo ufficio a Scutari in r­ruga Don Bosco cui si accede per una ripida scala. Sulla porta sta scritto ‘Shtegtaret per zhvillim’. Chi bussa, e molti albanesi lo stanno facendo, sarà aper­to da due giovani sposi, Mauro Platè e Cri­stiana Paladini, i responsabili del Progetto ‘Risorse Migranti’ ideato dalle Acli-Ipsia, che si avvale della collaborazione della Caritas I­taliana e della Cooperazione del ministero degli Esteri. Hanno capito qui che il migran­te, se torna, è una risorsa per l’Albania. Gli al­banesi sono i più convinti. Dicono: «Guri i rende ne vendt te vet», la pietra pesa di più sulla propria terra. L’hanno sempre pensata così. «L’idea – spiega Mauro Platè – è quella di valorizzare le competenze di persone che hanno avuto l’occasione, anche da clande­stini, di fare esperienza all’estero, specie in I­talia e in Grecia. Puntando su questi migran­ti che rientrano, spontaneamente o perché respinti, si può stimolare la formazione di u­na cultura imprenditoriale per creare un tes­suto più idoneo, magari sul modello Italia». Sua moglie, Cristiana, dalla scrivania accan­to, aggiunge: «Questo è il primo passo per la­vorare sui loro diritti. Chi ritorna porta per bagaglio quanto all’estero ha raccolto. Chi è vissuto nell’illegalità la riporta in Albania con­vinto, probabilmente, che è questa la regola. Il progetto, invece, tende alla formazione del lavoratore creando in lui la coscienza dei pro­pri diritti». Dal 1991 al 2005, secondo una stima del Na­tional Strategy of Migration, 710mila perso­ne hanno lasciato l’Albania; le loro rimesse nel 2007 ammontavano a 952 milioni di eu­ro con un’incidenza sul pil del 14%. Scutari è stato il distretto più colpito da questa emor­ragia. Proprio per questo il progetto delle A­cli nasce qui e nella vicina Lezhe. Si sviluppa in tre anni. Adesso siamo soltanto nella fase Uno, quello della formazione al piano di im­presa. «La prima difficoltà di chi rientra e vuo­le impiantare in Albania una piccola impre­sa – spiega Mauro Platè – nasce proprio dalla difficoltà di immaginare un piano imprendi­toriale. Qui si dice ‘intanto partiamo’, ma questo è il primo motivo dell’insuccesso». La fase Due del progetto è quella della consu­lenza e dell’accompagnamento nell’attività della piccola impresa; infine, l’ultima fase, che deve ancora partire, dell’attivazione di bandi per la concessione del credito ‘start up’, vale a dire la somma necessaria per ini­ziare o per l’acquisto dei primi materiali. Evidente che la partita non si gioca solo tra il migrante di ritorno e questo piccolo ufficio. Anche il ‘pubblico’ è chiamato a fare la sua parte. Fino ad oggi, soltanto il 6% delle per­sone rientrate percepisce un magro assegno familiare dal governo albanese. «Saranno coinvolti – lo hanno scritto in italiano e in al­banese nella presentazione del progetto – gli apparati amministrativi, le autorità locali e imprenditoriali affinché siano in grado di sfruttare le potenzialità rappresentate dai mi­granti ». Sulla scaletta ripida di rruga Don Bo­sco sono salite già 200 persone. Animate da belle speranze. In ‘rruga’ don Bosco ufficio delle Acli-Ipsia per formare, assistere e attivare i bandi per trovare i fondi d’inizio attività

avvenire 22 agosto 2010