“Giuseppe Dossetti. La politica come missione”

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Martedì 13 Febbraio 2024 alle ore 18.15, presso la Sala  Paganelli di Palazzo Europa (Via Emilia Ovest 101 – Modena) si terrà la presentazione del libro di Luigi Giorgi “Giuseppe Dossetti. La politica come missione”.
Alla presenza dell’autore dialogano: Daniele Menozzi,  Professore Emerito di Storia Contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa; Paolo Pombeni, Professore Emerito Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali all’Università di Bologna.
Modera l’incontro: Maria Elisabetta Gandolfi, Giornalista Caporedattrice de “Il Regno – Attualità”

Dossetti e la pace. Tormento di una vita

Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira nel 1956

Riteneva che unirsi alla Nato mettesse a rischio i principi cristiani. La guerra in Vietnam fu per lui una conferma e così criticò la scelta del Papa di ricevere Nixon Sia da politico che da sacerdote e, ancor prima, da partigiano fu su questo tema particolarmente intransigente al punto di entrare in conflitto con De Gasperi riguardo all’adesione al Patto atlantico

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Dossetti e la pace, un tormento interiore costante. Quasi un’ossessione. Che lo rese “scomodo” persino dopo aver indossato la tonaca. Il costituente, il politico, il religioso: aiuta a mettere ordine nella sua complessa biografia Giuseppe Dossetti. La politica come missione (pagine 272, euro 27) appena uscito per Carocci in occasione dei 110 anni dalla nascita, che ricorrono domani.

Dirigente di Azione cattolica, partigiano e presidente del Cln di Reggio Emilia, entrato in semiclandestinità nel gennaio 1945 insieme al fratello Ermanno per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi e delle brigate nere fasciste, «non autorizzò mai azioni che comportassero l’eventuale uccisione di un’altra persona, per quanto nemico» ricostruisce Luigi Giorgi, coordinatore delle attività culturali dell’istituto Sturzo e autore del volume.

Dossetti, al pari di Lazzati, «cercò di dividere la propria strada da quella della Dc, in quanto riteneva, con ogni probabilità, che il periodo costituente avesse di fatto esaurito la sua partecipazione politica. Così non sarà. Alla “chiamata” delle elezioni epocali del 18 aprile 1948 non potrà sottrarsi. E alla prima legislatura il primo vero motivo di attrito con Alcide De Gasperi si ebbe sull’adesione al Patto atlantico. Arrivata al Viminale, dov’era allora la sede della presidenza del Consiglio, la notizia che da Washington era partito l’invito all’Italia («Non ho mai visto De Gasperi così felice », riferì Paolo Emilio Taviani) si avviò un confronto molto intenso nel Consiglio nazionale della Dc. Dossetti scrisse una lettera al presidente del Consiglio in cui, accanto a calorose attestazioni di amicizia, non mancava di contestare, scrive Giorgi, «di aver portato alla valutazione del partito decisioni già prese, alludendo anche all’influenza che sullo statista trentino potevano avere “tecnici” della politica estera per di più appartenenti al mondo dell’Italia liberale». Una lettera che Giulio Andreotti definì, con una punta di ironia «molto complessa e quasi auto-psicoanalitica». Alla fine non mancò il voto finale favorevole di Dossetti, anche per non dare argomenti a chi l’accusava di offrire una sponda ai veti comunisti. Convinto di aver combattuto una buona battaglia e, non essendo in discussione nelle sue intenzioni la collocazione occidentale, si accontentò del dibattito scaturito, che non considerò certamente chiuso. Ne parlò anche con monsignor Angelo Dell’Acqua sostituto della Segreteria di Stato vaticana, con il quale aveva una lunga dimestichezza sin dalla Costituente, maturata nell’ambito della discussione sul recepimento dei Patti Lateranensi. Dietro alla natura asseritamente “difensiva” del patto, Dossetti, come riferì lo stesso Dell’Acqua, espresse la propria contrarietà a un patto che era di natura militare. «Propugnava una neutralità non equidistante, ma benevola verso gli occidentali». E a fronte delle preoccupazioni di De Gasperi, sostenne con l’interlocutore vaticano che «ciò non avrebbe portato l’amministrazione americana a sospendere gli aiuti all’Italia».

Il travaglio della Chiesa e quello personale di Dossetti, procedono di pari passo. Ma, annota Giorgi, «nelle durezze dello scontro politico, e di una diversa visione di sistema e strutture, non voleva lasciare strascichi di risentimento», volendo solo «andare incontro alla sua vera vocazione». Scrive ai colleghi della sua ultima avventura politica, i consiglieri comunali di Bologna, una lettera molto delicata a spiegare la sua scelta. Con il “rivale” De Gasperi, andò anche oltre, con una lettera che fece pervenire alla famiglia. Scriveva a Francesca De Gasperi il 31 dicembre 1958: «Gentile signora, il giorno dell’Epifania, a Dio piacendo, sarò ordinato sacerdote. Il Signore Misericordioso mi porta così là dove da sempre mi voleva. Penso che se il Presidente fosse con noi goderebbe, vedendo così chiarita la mia strada». De Gasperi all’ordinazione non andò, c’era però Giorgio La Pira.

Qualche giorno dopo, il 25 gennaio 1959, presso la basilica di San Paolo fuori le mura Giovanni XXIII annunciò la decisione di convocare un nuovo Concilio. In quegli anni Dossetti, che aveva scelto la purezza nell’imitazione di Cristo, si andò convincendo di aver fatto la cosa giusta e rafforzò il suo legame spirituale con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Lercaro, di cui era stato consigliere e che nel gennaio 1967 lo chiamò al suo fianco in qualità di pro-vicario: per molti fu questa una chiara indicazione per la sua successione. Lercaro, che aveva compiuto 75 anni, aveva offerto le sue dimissioni che però erano state respinte, manteneva un ruolo importante nell’attuazione della riforma conciliare: presidente del Consilium per l’attuazione della riforma liturgica.

Si entra nel Sessantotto, e Dossetti vede, nella crudele guerra del Vietnam, la conferma che l’adesione acritica all’alleanza con gli Stati Uniti espone l’Italia e, nel loro rispettivo ambito, anche la Dc e la stessa Chiesa, al rischio di complicità inaccettabili. Il nuovo pontefice Paolo VI, pur sentendo quel conflitto come «la guerra che più lo sollecitava sul piano spirituale e umano », scrive Giorgi, raccomandò a Lercaro di non assumere posizioni pubbliche sull’argomento, nella preoccupazione di non aprire uno scontro con i vescovi americani. Ma la celebre omelia del primo gennaio 1968 contravvenne a quell’impegno preso: «La Chiesa non può essere neutrale, di fronte al male da qualunque parte venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia; cioè il parlare in nome di Dio, la parola di Dio». E deve «secondo le parole di Isaia riprese dall’Evangelista san Matteo (12,18) – “annunziare il giudizio alle nazioni”». Questo il passaggio più pesante del cardinale, attribuito, nella vulgata generale, all’ispirazione dossettiana.

Per Lercaro la mancata riconferma che ne scaturì, fu vista come una rimozione, e tale la considerò Dossetti, che scelse di lasciare l’incarico di pro-vicario, come peraltro aveva già deciso , e di tornare a Gerusalemme. Il tema però tornò prorompente esattamente due anni dopo, il primo gennaio del 1970, quando, nell’ambito dei commenti biblici che teneva ciclicamente a Monteveglio, arrivò a criticare la scelta di Paolo VI di incontrare il presidente americano Nixon, nell’abito di una visita in Italia al centro di dure contestazioni: «Questo pone dei problemi, suscita degli interrogativi, che sono interrogativi di coscienza».

Nel 1990, in occasione della prima guerra del Golfo, intervenne preoccupato per l’innesco di una possibile guerra di religione: «Di fronte a una minaccia che investe i princìpi di convivenza pacifica dell’intero sistema internazionale, le nazioni debbono dimostrare di voler mettere la forza al servizio del diritto ». E anche a Gerusalemme il tema della pace fu il suo cruccio costante. Colpito dal massacro nei campi palestinesi di Sabra e Chatila in Libano, nel settembre 1982, restò scandalizzato dal fatto che la responsabilità fosse attribuibile alle falangi cristiano-maronite. «Ho scelto di vivere gli ultimi anni della mia vita in questa terra perché è la terra della Rivelazione di Dio e dell’Incarnazione del Figlio di Dio, Gesù: in nome del Dio unico e in nome di Gesù e del suo vangelo debbo dire che tutto in me si ribella al massacro di Beirut e debbo dichiarare con forza “Non è lecito in assoluto e per nessun motivo”».

Giuseppe Dossetti, biografia di una «sentinella»

di: Giulia Cella

copertina

Esce in questi giorni, per i tipi delle EDB, Giuseppe Dossetti di Fabrizio Mandreoli, un volume agile e intenso che ripercorre la biografia di una personalità difficilmente compendiabile, oggetto di «tenacissime resistenze», «sentinella» dei grandi problemi dell’umanità, per sua stessa definizione «strumento e non sostituto» dell’azione del Signore.

Le tappe fondamentali di questa singolare esperienza di vita vengono ripercorse con cura storica e bibliografica. L’impegno politico nella DC e il successivo ritiro proprio all’apice del consenso personale e di quello raccolto dal partito, perché «bisogna guardarsi dal fare per il fare, da un attivismo dissennato. Occorre il contatto con il mondo contemplativo e la dimensione storica degli elementi del sistema». La partecipazione ai lavori preparatori della Costituzione, considerata uno strumento per guardare al futuro e porre «le basi di un ordine nuovo e andare verso nuovi rapporti sociali». La presenza, accanto a Lercaro, al concilio Vaticano II e l’apporto teologico su temi quali la povertà della Chiesa e il superamento della sua visione prevalentemente giuridica in favore della dimensione sacramentale, il rapporto dei cristiani con Israele, il problema della pace e della guerra. Poi ancora la fondazione della Piccola Famiglia, l’esperienza in Medio Oriente e i contatti con i relativi mondi culturali e spirituali, il ritorno in Italia e la proposta di un progetto per Bologna e per l’attività politica dei cristiani.

Quale contributo apporta, oggi, questo libro alla riflessione comune e in particolare al cattolicesimo contemporaneo? Nell’introduzione di Enrico Galavotti leggiamo: «Non si può comprendere la vicenda di Dossetti senza tenere conto del dato che essa è anzitutto la storia di un cristiano sul serio», che ha mostrato una particolare capacità di mettere a disposizione le proprie risorse culturali per favorire radicali processi di riforma basati su un’adesione sempre più netta al dettato evangelico e una sincera apertura all’azione della grazia in vista di un’autentica promozione degli ultimi.

«Sicuramente – spiega Mandreoli – l’itinerario biografico, di discepolato e di pensiero di Giuseppe Dossetti permette di rinvenire nuclei generatori di vita e modi di procedere utili a chi cerca strumenti interpretativi del nostro presente. In particolare, credo sia importante ricordare il suo metodo del “circuito delle due parole”: un incessante confronto tra il discorso dei libri biblici e l’analisi approfondita della storia dei popoli ad ogni livello attraverso un’attenzione ai dinamismi profondi che la percorrono interamente».

Il volume mostra come questo rapporto venga vissuto costantemente da Dossetti all’interno di un dialogo continuo, un «modo sinodale di riflettere» fatto di riflessioni personali e comuni, preghiera, letture attente. Ma soprattutto – conclude Mandreoli – è praticato «a partire dalla vicinanza con i poveri e dal tentativo di condividere la vita dei “senza storia”, di coloro che, per ingiustizie sistemiche, sono deprivati della capacità di esprimere la propria potenzialità e creatività umana. Una storia letta quindi dal basso, dalla prospettiva dei liminali, di coloro che nella corsa globale non riescono a gareggiare, dei popoli, dei subcontinenti e delle categorie marginalizzate. In definitiva, Dossetti ci mostra che la prospettiva preziosa di coloro che nella vita non ce la fanno è il contesto dentro il quale ascoltare la parola di Dio e le parole della storia umana».

Fabrizio MandreoliGiuseppe Dossetti, Prefazione di Enrico Galavotti, EDB, Bologna 2020, 152 pp., 13,50 euro. Recensione pubblicata su Avvenire «Bologna Sette» del 12 luglio 2020.

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Inediti Barsotti e Dossetti. Lettere sulla Chiesa

Don Divo Barsotti e Giuseppe Dossetti si incontrano nella prima metà degli anni Cinquanta, molto probabilmente a Firenze. Sono anni difficili, non solo per la società italiana, che comunque sta per vivere il boom economico, ma anche per la Chiesa, che avverte, in molte delle sue componenti, la necessità di un rinnovamento.

Anche Barsotti, sacerdote da diverso tempo, e Dossetti, ancora laico impegnato in politica, uomo pubblico a livello nazionale, «sembrano tutt’altro che giunti ad una configurazione definita nella loro personale ricerca di vita e di fedeltà evangelica. Dal loro incontro, in questo contesto incandescente per la vita del Paese e della Chiesa, scaturisce un rapporto destinato a durare nei decenni e ad incidere in maniera profonda in diversi ambiti delle loro vite».

Lo spiega bene Fabrizio Mandreoli nell’introduzione all’epistolario tra Dossetti e Barsotti, La necessità urgente di parlare. Carteggio 1953-1995, curato a quattro mani con Elisa Dondi e in uscita in questi giorni per i tipi del Mulino (pp. 226, euro 20). L’epistolario, che va ad arricchire le iniziative editoriali in quest’anno centenario della nascita di don Barsotti (nato a Palaia in provincia di Pisa e diocesi di San Miniato nel 1914), è una delle testimonianze più significative di questo intenso e complesso rapporto spirituale e culturale che lascia «intravedere, come attraverso una sorta di prisma, le vicende del Paese e della Chiesa del Novecento».

Sia pure incompleto, il carteggio si snoda in un arco temporale molto lungo e contiene sicuramente le lettere più importanti tra le quali quella (e non è la sola) in cui Dossetti, ex deputato alla Costituente, riconosce a don Divo il merito di averlo guidato al sacerdozio. Siamo nel 1958, la lettera porta la data del 21 gennaio, Sant’Agnese, Dossetti (che è nato a Genova nel 1913) si è ritirato ormai da sette anni dalla politica (a parte la parentesi del 1956) e ha già fondato a Monteveglio, in provincia e diocesi di Bologna, la comunità monastica della Piccola famiglia dell’Annunziata. Collabora con l’arcivescovo Giacomo Lercaro, ma non è ancora sacerdote. Lo diventerà l’anno successivo, il 6 gennaio 1959.

La ricostruzione dei contatti iniziali tra Barsotti e Dossetti è invece complicata: le testimonianze si sovrappongono e a volte si contraddicono. Al momento del loro primo incontro, quasi certamente alla fine del 1951, entrambi hanno sentito parlare o letto dell’altro. Sicuramente è Dossetti a conoscere meglio don Divo perché ne ha sentito parlare da Giorgio La Pira e da Gian Paolo Meucci e ha già letto il volume del 1951 Il mistero cristiano nell’anno liturgico, che rese Barsotti una delle figure teologiche e spirituali di rilievo nel panorama della Chiesa preconciliare.

Poco tempo dopo, come testimonia un appunto del 24 ottobre 1952, Dossetti avverte la necessità di un padre spirituale per fare chiarezza sulla sua vita e sulla sua vocazione. Cercherà di «fare di tutto per accelerare da Dio la grazia di un direttore saggio e santo» al quale presentarsi «in piena apertura e limpidità di cuore». Sarà così che nel 1953 Barsotti diventerà il direttore spirituale di Dossetti. Da quel momento gli incontri saranno sempre più frequenti. Dossetti passerà lunghi periodi presso don Divo. Sono gli anni in cui a Bologna, dove vive Dossetti, prende avvio l’esperienza pionieristica del Centro di documentazione e della Piccola famiglia dell’Annunziata (1955). Ma sono anche gli anni in cui Dossetti dovrà tornare in politica per la richiesta del cardinale Lercaro a candidarsi a sindaco di Bologna come capolista della Dc alle elezioni amministrative del 1956. Ma l’esito del voto lo costringerà per due anni al ruolo di capo dell’opposizione, mentre il pensiero sarà sempre alla sua piccola comunità.

Don Divo intuisce che la vicenda di Dossetti e quella della sua fondazione hanno bisogno della paternità del ministero presbiterale e propone all’amico di farsi prete. Indicazione che Dossetti accoglie e che presenta al cardinale Lercaro con il quale, dopo l’ordinazione, collaborerà attivamente negli anni del Concilio. Allo stesso tempo prosegue e si sviluppa il rapporto con don Barsotti, fino a che, nel febbraio 1970, quest’ultimo non chiede a Dossetti di interrompere immediatamente i rapporti con lui in quanto non se la sente di essere più la sua guida spirituale. Barsotti ha saputo delle posizioni critiche di Raniero La Valle e di Giuseppe Alberigo nei confronti del magistero di Paolo VI e le reputa ispirate dallo stesso Dossetti. Cosa che il diretto interessato smentisce categoricamente in un’accorata, lunga e documentata lettera del 5 febbraio.

Il rapporto si ricompone, ma i contatti si diradano comunque con la partenza di don Giuseppe per la Terra Santa, che nel 1972 si stabilisce a Gerico. Riprenderanno all’inizio degli anni Ottanta fino a quell’ultima commossa visita di Dossetti a Settignano (a Casa San Sergio dove Barsotti vive con la Comunità dei figli di Dio da lui fondata) prima del suo ricovero urgente in ospedale nel luglio del ’95. Da allora le condizioni di don Giuseppe si aggraveranno e don Divo, nel novembre del ’96 si recherà all’ospedale vicino a Monteveglio per un ultimo incontro, «che avviene in silenzio – racconta Mandreoli – perché Dossetti non parla più». «Stamani alle sei e mezzo è morto Dossetti – annota Barsotti il 15 dicembre 1996 –. Quanta della mia vita si è conclusa alla sua morte!». Barsotti, però, morirà dieci anni dopo, il 15 febbraio 2006.

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Voglio Svegliare l’aurora…Centenario Giuseppe Dossetti 1913-2013. Oggi in Sinagoga Reggio Emilia presentazione libro

Domenica 27 Gennaio 2013 ore 16 

Sinagoga di Reggio Emilia, Via dell’Aquila

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Nell’ambito delle celebrazioni del Giorno della Memoria

Presentazione del volume alla presenza dell’autore Giambattista Zamperi

con Alberto Mandreoli e don Athos Righi

in collaborazione con comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia

(segnalazione web a cura di webmastersantostefano@simail.it – cell. 3207505116)

Zampieri Giambattista – Giuseppe Dossetti. La storia, la croce e la Shoah – >>> scheda libro online con 15% sconto

Giuseppe Dossetti. La storia, la croce e la Shoah Titolo Giuseppe Dossetti. La storia, la croce e la Shoah
Autore Zampieri Giambattista
Prezzo
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(Prezzo di copertina € 18,00 Risparmio € 2,70)
Dati 2012, 347 p., brossura
Editore Aliberti  (collana Unipress)
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