GIORGIO SAVIANE E LA VOGLIA DI TEOLOGIA VERA
VINCENZO ARNONE – avvenire
Rubacchiando allo scrittore Giorgio Saviane (scomparso dieci anni fa) mi verrebbe da dire: «Voglio parlare con Dio». Voglio parlare di Dio, voglio sentire Dio, voglio sentire l’alito di Dio, «salire sulla gioia per toccarti la mano, o Dio». Ho una grande sete di ‘teo-logia,’ di un Discorso su Dio, di un Discorso per Dio, senza girare troppo alla larga, senza tanti preamboli che mi portano lontano. Ho tanta sete di una ‘teo-logia’ né salottiera, né accademica, né giornalistica, né occasionale, bensì di una ‘teo-logia’ che squarcia il velo di Dio, che ti fa vedere il volto paterno di Dio, il volto soteriologico (che salva) di Dio, il volto umano-divino di Dio. Ho bisogno di ‘teo-logia’ prima e ancora di più della pastorale, della struttura, della organizzazione, della programmazione, delle cene, dei pranzi, dei pellegrinaggi, dei campi scuola; ho bisogno della teologia che mi fa dialogare con Dio; ho bisogno di una ‘teologia’ seria, impegnata, sconvolgente, biblica, che ti inquieta. Mi dicono gli amici: Ma a noi che interessa se Gesù è Dio, se Gesù ti ama, se Gesù è la seconda Persona della Santissima Trinità, se Dio ti parla nella Parola Sacra… a noi interessa vincere la droga, la violenza, la delinquenza… a noi interessa raccogliere i soldi per Le missioni… Che dire? Ogni cosa a suo tempo e nel suo ambito; ma ciò che cambia la vita non è la struttura, o il tirar fuori di tasca 10 euro, ma la riflessione, la mente, il pensiero, il metterti in questione, il silenzio, la preghiera prima quella personale e poi quella comunitaria. Se acquisti la coscienza di parlare con Dio e di Dio, allora verranno da sé le cose buone, il porgere la mano agli altri, ma se non c’è Dio dentro di te che ti disturba, allora tu farai solo azione di gentilezza… di educazione civile e non proverai rimorso se odierai… la tua suocera. Ho sete di teologia oltre che di pastorale: un prima temporale e di consistenza, di quantità e di qualità, «una coscienza teologica tutt’altro che superficiale o episodica. Per dare Dio occorre sempre di nuovo tornare a Dio con la passione e la l’audacia del pensiero, con la verità delle domande e con tutto il pungolo delle contraddizioni della vita; nella fede si vive di motivazioni, sempre nuove e sempre vive, e dunque di riflessione profonda, di teologia vissuta e nutriente» (Bruno Forte). Ecco perchè Giorgio Saviane diceva: «Voglio parlare con Dio». Anche se nella sua vita aveva vagato un po’ di qua e un po’ di là, tuttavia nella prova del dolore aveva ripreso coscienza che l’unica cosa che lo poteva salvare era la ‘teo-logia’ e non il cumulo dei libri pubblicati fino a quell’ora. «Mi pare assurdo ora vivere senza cercarti, o Dio. Ed è questo assurdo a spalancare il cammino verso di te. Perché se è impossibile esistere senza di te deve pure aprirsi quella ‘ianua coeli’ che mi porterà a udire la tua voce». Io non so se nell’itinerario della nostra vita, più o meno accidentato, c’è posto per un soffio delicato di Dio così da poterlo percepire, come un venticello leggero e piacevole, non so; ma al di là di tutto, dobbiamo scoprirlo, percepirlo perché questo rimane sopra le strutture e la pastorale ridondante.
Rubacchiando allo scrittore Giorgio Saviane (scomparso dieci anni fa) mi verrebbe da dire: «Voglio parlare con Dio». Voglio parlare di Dio, voglio sentire Dio, voglio sentire l’alito di Dio, «salire sulla gioia per toccarti la mano, o Dio». Ho una grande sete di ‘teo-logia,’ di un Discorso su Dio, di un Discorso per Dio, senza girare troppo alla larga, senza tanti preamboli che mi portano lontano. Ho tanta sete di una ‘teo-logia’ né salottiera, né accademica, né giornalistica, né occasionale, bensì di una ‘teo-logia’ che squarcia il velo di Dio, che ti fa vedere il volto paterno di Dio, il volto soteriologico (che salva) di Dio, il volto umano-divino di Dio. Ho bisogno di ‘teo-logia’ prima e ancora di più della pastorale, della struttura, della organizzazione, della programmazione, delle cene, dei pranzi, dei pellegrinaggi, dei campi scuola; ho bisogno della teologia che mi fa dialogare con Dio; ho bisogno di una ‘teologia’ seria, impegnata, sconvolgente, biblica, che ti inquieta. Mi dicono gli amici: Ma a noi che interessa se Gesù è Dio, se Gesù ti ama, se Gesù è la seconda Persona della Santissima Trinità, se Dio ti parla nella Parola Sacra… a noi interessa vincere la droga, la violenza, la delinquenza… a noi interessa raccogliere i soldi per Le missioni… Che dire? Ogni cosa a suo tempo e nel suo ambito; ma ciò che cambia la vita non è la struttura, o il tirar fuori di tasca 10 euro, ma la riflessione, la mente, il pensiero, il metterti in questione, il silenzio, la preghiera prima quella personale e poi quella comunitaria. Se acquisti la coscienza di parlare con Dio e di Dio, allora verranno da sé le cose buone, il porgere la mano agli altri, ma se non c’è Dio dentro di te che ti disturba, allora tu farai solo azione di gentilezza… di educazione civile e non proverai rimorso se odierai… la tua suocera. Ho sete di teologia oltre che di pastorale: un prima temporale e di consistenza, di quantità e di qualità, «una coscienza teologica tutt’altro che superficiale o episodica. Per dare Dio occorre sempre di nuovo tornare a Dio con la passione e la l’audacia del pensiero, con la verità delle domande e con tutto il pungolo delle contraddizioni della vita; nella fede si vive di motivazioni, sempre nuove e sempre vive, e dunque di riflessione profonda, di teologia vissuta e nutriente» (Bruno Forte). Ecco perchè Giorgio Saviane diceva: «Voglio parlare con Dio». Anche se nella sua vita aveva vagato un po’ di qua e un po’ di là, tuttavia nella prova del dolore aveva ripreso coscienza che l’unica cosa che lo poteva salvare era la ‘teo-logia’ e non il cumulo dei libri pubblicati fino a quell’ora. «Mi pare assurdo ora vivere senza cercarti, o Dio. Ed è questo assurdo a spalancare il cammino verso di te. Perché se è impossibile esistere senza di te deve pure aprirsi quella ‘ianua coeli’ che mi porterà a udire la tua voce». Io non so se nell’itinerario della nostra vita, più o meno accidentato, c’è posto per un soffio delicato di Dio così da poterlo percepire, come un venticello leggero e piacevole, non so; ma al di là di tutto, dobbiamo scoprirlo, percepirlo perché questo rimane sopra le strutture e la pastorale ridondante.